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Che fare, oltre alla denuncia, se sono rimasto vittima di un reato? Con quali mezzi e modalità potrò esigere un risarcimento per il danno subito? Quali diritti posso far valere – e come – nel processo penale quale vittima di un reato? Posso affiancarmi alla Pubblica Accusa (il Pubblico Ministero) per apporatere elementi a carico dell’accusato? Potrò chiedere al Giudice – ancora prima di una condanna – che i beni dell’accusato siano posti a garanzia del futuro risarcimento? Che tipo di assistenza tecnica potrà assicurarmi un difensore?

Queste, solitamente, le domande che si pone il soggetto vittima di un reato (sia che si tratti di un danno di lieve entità sia che il crimine abbia avuto conseguenze irreperabili) e per la quali è previsto un apposito istituto dalla procedura penale denominato costituzione di parte civile.

La costituzione di parte civile è – sostanzialmente – un atto scritto (necessariamente da un difensore) con particolari modalità e contenuti (vedi oltre) che assicura alla vitttima di un reato particolari diritti e facoltà.

Senza tale tipo di atto colui che è danneggiato da un reato non potrà:
Chiedere un risarcimento in sede penale ovvero all’esito del processo penale (e dovrà farlo intentando una causa civile ad hoc) e non potrà nemmeno avanzare istanza per l’ottenimento di una cd. provvisionale ovvero una “quota” del risarcimento liquidata dal Giudice già al termine del primo grado del processo;
– Non potrà citare nel processo penale il responsabile civile ovvero il soggetto – come ad esempio una compagnia assicurativa – obbligato per legge a risarcire i danni cagionati da altri;
– Non potrà essere effettivamente rappresentato nel processo da un difensore che ne curi gli interessi attivamente;
– Non potrà depositare una propria lista testi;
– Non potrà esercitare – accanto a quella pubblica – l’accusa privata ovvero sarà grandemente limitato nella possibilità di apportare in giudizio elementi che corroborino in aula la responsabilità dell’imputato;
– Non potrà controinterrogare – a mezzo del proprio difensore – i testimoni citati dalla difesa dell’imputato;

La costituzione di parte civile (che è un atto scritto con particolari formalità di legge previste a pena di decadenza) può avvenire solo ed esclusivamente avvalendosi di un avvocato e deve essere formulata nel momento opportuno ovvero con delle precise scadenze cronologiche di legge che vanno rispettate a pena di inammissibilità della richiesta: un motivo in più per affidarsi ad un legale il prima possibile, per evitare di interessarsi al procedimento penale in modo tardivo, ovvero quando l’ingresso nel processo quale “protagonista” dell’accusa privata (con le facoltà sopra indicate) non è più consentita.

L’azione volta al risarcimento del danno, infatti, appartiene alla giurisdizione civile e solo eccezionalmente l’ordinamento consente che la vittima del reato possa chiedere il risarcimento del danno anche nel processo penale, branca del diritto che, invece, è volta precipuamente all’accertamento della responsabilità penale ed alla punizione dell’autore del reato.
Il processo penale segue il suo corso anche senza la parte civile. Si dice che la parte civile è parte eventuale del processo penale per evidenziare che, appunto, può mancare, senza per questo menomare la funzionalità del processo penale.

Tuttavia, la parte civile (ovvero la vittima danneggiata che si sia ritualmente costituita con l’atto di costituzione di parte civile) ha un ruolo effettivo nel processo, diventa destinataria di una serie di facoltà e diritti che non le si può negare e che non sono riconosciuti, al contrario, al danneggiato da reato che NON si costituisce parte civile (ovvero che attraverso un difensore NON deposita il relativo atto con le sue formalità nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge).

Questo aspetto è molto importante: la costituzione di parte civile NON è solo e solamente un mezzo per chiedere il risarcimento conseguente a reato; bensì la formalità necessaria affinchè il danneggiato da reato possa divenire parte attiva nel processo penale ed entrare pienamente in contraddittorio con Il Giudice, il Pubblico Ministero e con il difensore dell’imputato facendo valere le proprie “ragioni” anche elementi di prova (documentale e testimoniale).

Una volta costituitosi parte civile, il danneggiato – salva un’eventuale esclusione o una rinuncia volontaria – è parte del processo penale in ogni grado (primo grado, appello e cassazione) senza dover assumere particolari iniziative successive alla “prima” costituzione (è il c.d. principio di immanenza della parte civile).

Si diceva che per “costituirsi” parte civile occorre rispettare una tempistica determinata e sottostare ad alcune formalità tecniche particolarmente significative. Quanto al tempo, la costituzione di parte civile può avvenire solo dopo che il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale ovvero abbia definito con una formale imputazione (redigendo il relativo capo di imputazione) l’accusa che muove all’indagato (che diventa, quindi, imputato), il che avviene ad esempio con la citazione diretta a giudizio o con la richiesta di rinvio a giudizio.
Il codice di procedura penale, inoltre, prevede anche un termine “finale” (e sopra, infatti, si accennava alla necessità che la costituzione di parte civile avvenga secondo tempi stabiliti dalla legge) entro cui la costituzione deve essere eseguita e tale termine è il momento in cui il giudice accerta in udienza (durante la prima udienza solitamente) la regolare costituzione delle parti (tale momento è diverso a seconda del rito in cui ci si trova: giudizio con udienza preliminare, rito immediato, rito abbreviato). Per “regolare costituzione delle parti” si intende sostanzialmente il controllo della avvernuta corretta notifica legale delle citazioni delle parti per il Giudizio.

Quanto alle modalità, la costituzione di parte civile è sostanzialmente un atto scritto contenente determinati elementi stabiliti dalle legge tra i quali: le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o ente che si costituisce parte civile, nonché le generalità del legale rappresentante; le generalità dell’imputato oppure altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo; il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura speciale rilasciata; la sottoscrizione del difensore, nonché l’esplicitazione delle ragioni che giustificano la domanda, cioè che legittimano le richieste della parte. Quest’ultimo requisito consente al giudice di valutare se il richiedente ha titolo per costituirsi parte civile ovvero se è legittimato.

A seconda del momento in cui il difensore strategicamente intende procedere alla costituzione, la modalità pratica può consistere nel deposito direttamente in udienza dell’atto oppure nella notifica dello stesso da effettuarsi prima dell’udienza. In ogni caso, l’atto va portato a conoscenza dell’imputato e del pubblico ministero mentre l’originale dell’atto notificato (o depositato in udienza) confluisce nel fascicolo del giudice che procede ovvero del giudice del dibattimento. La scelta delle modalità con le quali costituirsi parte civile può dipendere da precise scelte strategico/difensive utili alla tutela dei diritti della persona offesa. Per allargare il campo di scelta e consentire oculate strategie difensive, evidentemente, è preferibile rivolgersi al più presto ad un avvocato, che studierà la via migliore adatta al caso concreto.

Tra i diritt della vittima costituita parte civile vi è il diritto alla prova e, quindi, anche (ma non solo) quello di chiedere l’ammissione della lista testi nel caso in cui abbia effettuato la propria costituzione nei termini utili al deposito della suddetta lista (almeno sette giorni prima della prima udienza dibattimentale). In ogni caso, permane il potere del difensore della parte civile (anche in difetto del deposito di una sua lista testi) di effettuare l’esame dei testi della pubblica accusa e il controesame dei testi dell’imputato. Alla parte civile spetta, inoltre, il diritto di nominare un consulente tecnico, produrre atti e documenti. Inoltre, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo, come vedremo tra poco.

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale – come visto – il difensore della parte civile può partecipare attivamente al dibattimento e suo diritto sarà anche quello di pronunciare la sua arringa dopo la requisitoria del Pubblico Ministero e dovrà presentare conclusioni scritte (con le richieste in favore del danneggiato da reato) che sono obbligatorie a pena di revoca implicita della costituzione di parte civile. All’esito del dibattimento, dopo la sentenza di primo grado o di appello, se la decisione finale non è ritenuta corretta nell’interesse del danneggiato da reato, la parte civile può – sempre per il tramite del difensore – impugnare la decisione sfavorevole limitatamente ai capi (ovvero alle disposizioni) che riguardano la pretesa civilistica di risarcimento. La sentenza che eventualmente riformi quella di primo grado limitatamente agli aspetti civili (quindi al risarcimento) rimuove gli effetti pregiudizievoli del profilo risarcitorio della sentenza ma non produce effetti sull’accertamento della responsabilità penale dell’imputato (se è stato giudicato innocente dal punto di vista penale, continuerà ad essere tale anche dopo la riforma in favore della parte civile). La decisione del giudice penale – limitatamente alla resposnabilità pernale dell’imputato – rimane, dunque, intangibile se ad impugnare la sentenza di assoluzione è la sola parte civile. Può quindi verificarsi un oggettivo concreto contrasto tra quanto statuito nella sentenza di primo grado che assolve l’imputato dal punto di vista penale e quella d’appello, a seguito dell’impugnazione della parte civile, che accerta i fatti costituenti reato quale base per statuire sul risarcimento del danno. Si tratta, come si vede, di materia estremamente delicata e tecnica.

Se ad appellare è l’imputato avverso una sentenza di condanna, la parte civile – anziché rimanere semplice spettatore del prosieguo della vicenda processuale – potrà depositare memoria per il tramite del difensore per contribuire al dibattito ulteriore sulla vicenda che l’ha vista nella veste di vittima e, quindi, per ribadire le ragioni per cui ritiene colpevole l’imputato condannato in primo grado anche alla luce delle argomentazioni dell’atto di appello presentato dal condannato.

Concretamente, poi, come si accennava, la parte civile ha uno strumento particolarmente utile per l’effettivo soddisfacimento delle pretese risarcitorie che nasceranno eventualmente dal processo penale: si tratta del sequestro conservativo. Questo tipo di sequestro – che non va confuso con il sequestro probatorio e con il sequestro preventivo – consente di apporre un vincolo giuridico sui beni mobili o immobili dell’imputato quando vi sia fondato timore di ritenere che nel corso del processo manchino o si disperdano le garanzie per l’effettiva esecuzione del disposizioni civili (ovvero in tema di risarcimento) della sentenza di condanna.

La misura cautelare reale (che si sostanzia in un vincolo giuridico ai beni della persona accusata nei cui confronti verrà celebrato il processo) può essere chiesta in ogni stato e grado del processo, ma NON durante le indagini preliminari.
Quindi – riassumendo – al termine delle indagini preliminari, quando il PM ha formulato il capo di imputazione e vi è stata la richiesta di rinvio a Giudizio con la fissazione dell’udienza preliminare, il soggetto danneggiato dal reato si potrà costituire PARTE CIVILE e nel contempo – considerati i tempi necessari per lo svolgimento anche solo del primo grado del processo, potrà fare istanza di sequestro conservativo al Giudice che, se accolta, impedirà che l’imputato venda i suoi beni e sperperi il suo patrimonio per non essere obbligato a risarcire la parte civile in caso di condanna.
Tuttavia, se l’imputato o il responsabile civile (il secondo, lo ricordiamo, è il soggetto che per legge è obbligato a risarcire i danni causati da altri soggeti) offrono cauzione idonea a garantire il credito per cui è disposto il sequestro conservativo, il Giudice dispone di non far luogo al sequestro stabilendo le modalità con cui la cauzione deve essere prestata. È evidente che obiettivo del sequestro conservativo non è quello di apprendere un determinato bene, perché pericoloso, o perché frutto/prodotto/provento del reato, ma solo ed unicamente quello di garantire l’effettività dell’eventuale pronuncia al risarcimento del danno. Se la cauzione è disposta prima che sia disposto il sequestro conservativo questo non ha luogo; se successivamente, il sequestro conservativo viene revocato.

Quando il giudice penale condanna l’imputato al risarcimento ed alla rifusione delle spese legali sotenute dalla parte civile, il condannato dovrà adempiere con la dazione delle somme il cui importo è stabilito dal Giudice penale nella sentenza di condanna.

Qualora le prove acquisite nel corso del processo siano insufficienti per la quantificazione esatta dalle somme di cui sopra, il Giudice penale pronuncia condanna generica al risarcimento e rimette le parti avanti al giudice civile che effettuerà – dopo una vera e propria causa civile finalizzata a raggiungere quella prova dell’entità del risarcimento NON raggiunta durante il processo penale – la concreta quantificazione monetaria del danno.

Per scongiurare il concreto svantaggio di dover intentare una causa civile dopo la costituzione di parte civile nel processo penale finalizzata alla quantificazione di tutto il risarcimento, la parte civile può chiedere – sempre tempestivamente ovvero nelle conclusioni scritte al termine del dibattimento – che l’imputato, appunto in caso di condanna generica al risarcimento del danno, sia condannato dal Giudice penale al pagamento di una somma provvisoriamente esecutiva, detta provvisionale.
Nel caso in cui sia concessa la c.d. provvisionale vi sono due conseguenze:

1) la parte civile può agire immediatamente subito dopo la Sentenza penale di primo grado (con un considerevole risparmio di tempo) chiedendo formalmente al condannato il pagamento della provvisionale. Se lo stesso si rifiuta, la parte civile potrà ottenere immediatamente dal Giudice civile (ovvero senza fare una causa ad hoc) un titolo esecutivo per procedere coattivamente alla pignoramento dei beni del debitore condannato in entrambi casi (sia di collaborazione o meno del condannato) senza dover attendere che la sentenza passi in giudicato, ovvero che siano decorsi i tempi per eventuali impugnazioni (appello e cassazione) oppure che queste impugnazioni siano state “consumate”;

2) la parte civile può agire davanti al giudice civile per ottenere l’esatta quantificazione del danno ulteriore rispetto alla somma concessa a titolo di provvisionale.

Se, invece, il giudice penale ritiene di poter effettuare direttamente la liquidazione di TUTTO IL DANNO reclamato dalla vittima, provvederà con la Sentenza di condanna “risparmiando” alla parte civile la fatica (anche economica) della causa civile.
Nel caso di liquidazione da parte del Giudice penale di TUTTO il risarcimento richiesto dalla parte civile (senza che sia previsto l’intervento del giudice civile) il Giudice potrà – su richiesta del difensore della parte civile – dichiarare la condanna al risarcimento del danno (o alle restituzioni) provvisoriamente esecutiva, quando ricorrano giustificati motivi.

In altre parole e schematizzando:

  • – La condanna ad una provvisionale per un a parte del danno è sempre provvisoriamente esecutiva ma la parte civile per la quantificazione della “restante” parte di risarcimento dovrà intentare causa civile;
  • La condanna al risarcimento integrale il cui ammontare è stabilito dal Giudice penale NON è per legge immediatamente esecutiva e, quindi, sarà esigibile dalla vittima di reato solo dopo che la Sentenza è divenuta esecutiva (ovvero siano stati esperiti tutti e tre i gradi di giudizio o siano scaduti i tempi per esperirli);
  • Il Giudice penale, però, in questo secondo caso (sentenza che condanna e stabilisce il risarcimento integrale senza alcuna provvisionale) PUO’ statuire – alla luce di giustificati motivi – che tale disposizione sia immediatamente esecutiva senza necessità che la senetnza diventi definitiva.
    Tali motivi non sono elencati dalla legge, ma si ritiene siano ragioni collegate alla certezza dell’esecuzione della condanna dal punto di vista civilistico ed alla obiettiva possibilità che il ritardo aggravi le conseguenze del reato per il danneggiato.

Alla condanna al risarcimento, segue anche la condanna alle spese sostenute ed anticipate dalla parte civile per partecipare al processo penale (sostanzialmente le spese per l’assistenza legale quando non si benefici del patrocinio a spese dello Stato, se in possesso dei requisiti previsti).

Ma chi è il danneggiato dal reato legittimato a costituirsi parte civile? Danneggiato non è sinonimo di persona offesa. Danneggiato, più specificamente, è colui che a seguito della commissione del reato può dirsi titolare di un danno risarcibile; per danno risarcibile si intende il danno patrimoniale o non patrimoniale, quindi anche morale, conseguente al reato. Il Danno patrimoniale è quello che consiste nella privazione o diminuzione del patrimonio (es. le spese sostenute per curare le ferite o per riparare un bene, oppure il lucro cessante derivante dal fatto che, ad esempio, a causa del reato la persona ha subito un danno fisico – invalidità – che non le consente di lavorare e, quindi, di guadagnare). Il danno patrimoniale, insomma, viene quantificato “per equivalente” per ripristinare una situazione economica e patrimoniale del danneggiato che preesisteva al reato e che avrebbe dovuto proseguire se il reato non fosse stato commesso.

Facciamo altri esempi per chiarire meglio le definizioni: il reato di rapina determina sicuramente un danno patrimoniale ovvero la somma rapinata; il reato di danneggiamento determina certamente un reato patrimoniale che è il danno provocato da riparare. Il danno non patrimoniale è, invece, una categoria ampia in cui va ricompreso il danno morale. Danno non patrimoniale è quello che consiste nella sofferenza fisica o psichica, nel pregiudizio sociale arrecato dal reato contro l’onore. Nel reato di omicidio, infine, si hanno sia un danno patrimoniale che un danno morale.

L’omicidio consente di esemplificare anche chi sia tecnicamente il soggetto “danneggiato” dal reato e, dunque, legittimato a costituirsi parte civile. Evidentemente non lo sarà l’ucciso, che è pur sempre “persona offesa” ma non “danneggiato” in senso penalistico. Danneggiati saranno i prossimi congiunti della vittima.

Persona offesa è, invece, il soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice del reato. Non per tutti i reati è possibile identificare una persona offesa. Vi sono reati in cui il bene giuridico protetto è di esclusiva titolarità dello Stato, oppure reati a vittimizzazione diffusa (ad es. reati ambientali), ma anche reati aventi c.d. natura plurioffensiva che ledono beni giuridici diversi (patrimonio, libertà individuale) e talvolta di “pertinenza” sia dello Stato che del singolo individuo (si pensi, ad esempio, al reato di sostituzione di persona che lede sia la pubblica fede – quindi lo Stato – sia il singolo la cui identità sia illegittimamente utilizzata oppure al delitto di calunnia che offende sia lo Stato, per il pericolo che l’amministrazione della giustizia sia tratta in errore e fuorviata, ma anche il privato accusato ingiustamente). Persona offesa e danneggiato posso coincidere ma non sempre succede.

Il danneggiato – unico legittimato a costituirsi parte civile – potrà farlo solo ed esclusivamente con l’assistenza tecnica di un difensore, “personalmente” (conferendo mandato allo stesso a titolo personale) sia per il tramite di un procuratore speciale ovvero di un soggetto che riceve procura ad hoc per la costituzione di parte civile (che avviene, tecnicamente, sempre tramite un difensore). Solitamente, il danneggiato nomina lo stesso difensore, oltre che suo rappresentante tecnico (avvocato) anche quale suo procuratore speciale al fine della costituzione di parte civile. Questa ulteriore nomina consente al difensore maggiore snellezza operativa, non essendo necessaria la presenza del danneggiato in udienza, nelle ipotesi in cui la costituzione avvenga appunto direttamente davanti al giudice (l’altra ipotesi, lo ricordiamo, è che la costituzione avvenga prima dell’udienza, tramite notifica a imputato e pubblico ministero).

Il difensore che riceva anche la nomina quale procuratore speciale deve però stare attento a non delegare ad altri colleghi o collaboratori l’attività sostanziale di costituzione di parte civile in udienza perché questa è attività non delegabile, in quanto sostanziale e non processuale. Il sostituto processuale del procuratore speciale nominato dalla persona offesa non ha, infatti, il potere di costituirsi parte civile. Tuttavia, quando all’udienza siano presenti il sostituto processuale del procuratore speciale – un collega o collaboratore dell’avvocato nominato – e personalmente la persona offesa danneggiata dal reato che vuole costituirsi parte civile, non vi sono ostacoli all’espletamento delle formalità richieste poichè la parte è personalmente presente davanti al giudice.

Va poi evidenziato che alcuni soggetti che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili. È il caso dei minorenni, ad esempio, in cui la costituzione può avvenire se il genitore esercente la potestà genitoriale la promuove (non occorre l’autorizzazione del giudice tutelare). Si pensi, ancora, all’infermo di mente. In caso di assoluta urgenza, peraltro, l’azione civile nell’interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per minore età può essere esercitata dal pubblico ministero, fino a quando subentri il soggetto a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza ovvero il curatore speciale.

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