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Il decreto penale di condanna è un provvedimento che viene emanato al termine di un procedimento penale di tipo speciale, denominato “procedimento per decreto”; il procedimento da cui scaturisce è “speciale” e alternativo rispetto a  quello denominato “ordinario” ovvero dibattimentale che si svolge oralmente in udienza secondo le regole del contraddittorio.

Si concretizza sostanzialmente in una pena pecuniaria che viene inflitta a colui il quale, indagato per un reato, viene ritenuto resposnabile dalla Pubblica accusa che chiede l’emissione della predetta pena pecuniaria al Giudice per le indagini preliminari.

E’ una procedura “veloce” per definire procedimenti in fase di indagine omettendo il passaggio da un vero e proprio processo (con costi umani ed economici sempre piuttosto rilevanti) che comporta di fatto la trsformazione dell’illecito penale (o, meglio, le sue conseguenze) in una sanzione di tipo esclusivamente economico.

Si tratta, dunque, di una sorta di “megamulta” che viene decisa dall’Accusa e che il soggetto al quale viene comminata può decidere di accettare o di opporre ripristinando l’accertamento di tipo processuale.

Il tratto distintivo del procedimento speciale per decreto è proprio l’assenza di contraddittorio tra le parti.

Si tratta, tuttavia, di assenza di contraddittorio solo eventuale poichè il soggetto indagato giudicato con il procedimento per decreto ha la facoltà di “innescare” il contraddittorio con l’accusa (avanti al Giudice) opponendosi al decreto penale con i tempi e le modalità che vedremo.

La mancata opposizione equivale, invece, ad accettazione della condanna inflitta con decreto. Non opponendosi, l’imputato presta dunque il proprio tacito consenso alla condanna proposta dalla Pubblica Accusa e ratificata (con decreto) dal Giudce per le Indagini Preliminari.

Non tutti i reati sono passibili di essere giudicati con questo speciale procedimento che oltre a prevedere sconti di pena anche consistenti evita la pubblicità del dibattimento ordinario e, soprattutto, la probabile lunghezza dello stesso.

È da sottolineare, però, che – costituendo il procedimento per decreto un utile strumento di deflazione processuale per la pronta riduzione del carico di lavoro dei Tribunale – il Legislatore ha negli anni aumentato il campo di applicazione del procedimento in parola.

I PRESUPPOSTI E LA PROCEDURA DI APPLICAZIONE.

Innanzitutto, per procedere con tale rito, il Pubblico Ministero (dal quale deve partire la richiesta al GIP di emissione del decreto penale di condanna) deve verificare che si tratti di reato perseguibile d’ufficio o – se a querela – che questa sia stata validamente presentata.

La Pubblica Accusa (che, come detto, è la sola che può proporre l’emissione del decreto penale di condanna e non già la difesa o il Giudice) deve altresì verificare che quella comminabile sia una pena pecuniaria anche in sostituzione di una pena detentiva (quindi anche nei casi in cui si verifica una conversione da pena detentiva a pena pecuniaria).

E’ proprio alla luce di tale possibilità di trasformare la pena detentiva in pecuniaria che permette l’emissione di una pena pecuniaria al posto di quella detentiva.

Bisogna immediatamente sottolineare che:

– la persona offesa nella presentazione della denuncia querela può dichiarare di opporsi all’eventuale emissione del decreto penale di condanna (richiesta alla quale il P.M. non può sottrarsi). Richiesta che sarà opportuna dal punto di vista della persona offesa che in caso di decreto penale di condanna NON è contemplata quale destinaria di un risarcimento per i danni subiti.

– la pena detentiva (arresto o reclusione) è convertibile in pena pecuniaria quando è di durata uguale o inferire a mesi 6 (ed ogni giorno di detenzione è convertito in € 250,00 di pena pecuniaria);

Verificati i presupposti di cui sopra, il PM potrà procedere con la richiesta di decreto penale di condanna solo entro sei mesi dall’iscrizione nel registro degli indagati del nome della persona a cui il reato è attribuito.

il Magistrato dell’accusa proporrà al giudice per le indagini preliminari – che è il giudice competente per l’emissione – una richiesta motivata di emissione di decreto penale di condanna indicando la misura della pena che ritiene applicabile.

La pena richiesta dall’accusa (ed ecco il ventaggio maggiore per l’indagato) può essere diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale previsto dalla norma incriminatrice (con un sostanziale “sconto” rispetto a quanto ottenibile in sede dibattimentale).

Inoltre si realizzano i seguenti vantaggi per il soggetto destinatario del decreto:

– esonero dal pagamento delle spese processuali;

– inapplicabilità di pene accessorie;

– inapplicabilità della confisca facoltativa;

– estinzione delr eato e di ogni effetto penale;

– inefficacia extraprocessuale (ad esempio in sede di diritto civile) del decreto Penale di condanna:

Il fascicolo delle indagini preliminari finora transitante in Procura viene trasmesso alla Cancelleria del Giudice per le Indagini preliminari. A partire da questo momento, è il predetto Giudice che deve verificare se esistono i presupposti (di fatto e di diritto) per l’accoglimento della richiesta di decreto penale avanzata dal PM e che può rifiutare, ad esempio, quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale oppure quando la pena proposta sia incongrua.

Il Giudice per le Indagini Preliminari non può modificare l’entità della pena quantificata dal Pubblico Ministero nella sua proposta di condanna; pertanto, se non concorda con quel calcolo, deve restituire gli atti al titolare dell’accusa per l’ulteriore corso del procedimento.

Il decreto penale, se emesso, è sottoscritto dal Giudice per le Indagini Preliminari.

I requisiti che deve contenere il provvedimento sono disciplinati dalla legge in modo tassativo poiché la richiesta di emissione di decreto penale è atto di esercizio dell’azione penale.

Tali requisiti sono: le generalità dell’imputato, l’enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate (cioè, l’imputazione), l’esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui è fondata la decisione, il dispositivo, l’avviso della possibilità di proporre opposizione entro 15 giorni che decorrono dalla data di notifica del decreto, l’avvertimento che in caso di mancata opposizione il decreto diverrà esecutivo, l’avviso del diritto di nominare un difensore nonchè la nomina di un difdensore di ufficio al quale il medesimo decreto sarà ugualmente notificato (la funzione è analoga a quella dell’informazione di garanzia), data e sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che lo assiste.

Il decreto viene notificato al condannato nonché al difensore e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria laddove esistente.

Se la notifica non è possibile perché il condannato è irreperibile, il Giudice revoca il decreto e restituisce gli atti al Pubblico Ministero. Si procederà secondo il rito ordinario. Si noti che l’imputato potrebbe essere del tutto ignaro del procedimento penale a suo carico nel caso in cui non si sia compiuto alcun atto “garantito” che prevede come obbligatoria la nomina di un difensore, fosse pure quello nominato d’ufficio ( a questo psoposito si rinvia in questa stessa categoria all’istanza ex art. 335 c.p.p.).

Del decreto penale è data comunicazione al querelante che non abbia dichiarato di opporsi alla sua emissione, nonché (ovviamente, direi) al Pubblico Ministero richiedente.

L’OPPOSIZIONE AL DECRETO.

Se nel termine di 15 giorni dall’ultima notifica l’imputato o la persona civilmente responsabile per la pena pecuniaria (ovvero il soggetto che per legge è obbligato a farsi carico delle pene pecuniarie a carico dell’incolpato) propongono opposizione avverso il decreto penale – opposizione che può avvenire per mezzo del difensore o anche personalmente – si apre un giudizio che assumerà le caratteristiche di quello che l’opponente avrà dichiarato in fase di opposizione (patteggiamento, giudizio immediato, giudizio abbreviato o oblazione. Per tutti V. in questa categoria o utilizzando la barra di ricerca in home page in alto a destra).

Proponendo l’opposizione l’imputato (o la persona civilmente per esso responsabile) non accetta il giudizio speciale per decreto (che come abbiamo visto priva l’indaghato/accusato delle garanzie del dibattimento “pieno”) e chiede l’ulteriore prosecuzione dell’attività processuale.

L’opposizione consiste in una dichiarazione ricevuta nella cancelleria del Giudice per le Indagini Preliminari che ha emesso il decreto in cui sono indicati (a pena di inammisibilità dell’opposizione stessa) gli estremi del decreto di condanna opposto, la data e l’indicazione del giudice che lo ha emesso.

Può avvenire contestualmente anche la nomina del difensore di fiducia, laddove non sia già stata effettuata.

In alternativa, la dichiarazione può essere ricevuta nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo ove si trova l’opponente.

È importante sottolineare che l’atto di opposizione non deve necessariamente essere corredato dei motivi della doglianza.

In suddetta dichiarazione, l’opponente può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di procedere con uno dei seguenti riti: giudizio immediato, giudizio abbreviato, patteggiamento (applicazione della pena su richiesta delle parti) o oblazione.

Viene così ripristinato il potere generale dell’imputato di optare per uno dei riti speciali quale facoltà generalmente riconosciuta nel procedimento ordinario ovvero, più in generale, con l’opposizione al decreto penale l’imputato esercita il diritto costituzionalmente garantito di difendersi pienamente ripristinando il contraddittorio pieno tra le parti.

Ne segue che se l’opponente avrà chiesto il giudizio immediato, il giudice emetterà il decreto di giudizio immediato, se avrà chiesto giudizio abbreviato, fisserà con decreto l’udienza dandone avviso almeno 5 giorni prima al Pubblico Ministero, all’imputato, al difensore e alla persona offesa, se avrà chiesto di patteggiare la pena, fisserà con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero dovrà esprimere il consenso oppure il rifiuto alla pena proposta dall’opponente.

La scelta di optare per giudizio abbreviato e patteggiamento – che comportano una sconto di pena – non può più essere validamente espressa nel giudizio che consegue all’opposizione se non indicata contestualmente all’opposizione stessa: il limite ultimo è la dichiarazione di opposizione.

Se l’opponente nulla dichiara, si procederà nelle forme del giudizio immediato (ovvero si celebrerà un dibattimento ordinario senza celebrazione dell’udienza preliminare).

Nel giudizio conseguente all’opposizione, il primo atto del Giudice è quello di revocare il decreto penale.

All’esito del giudizio conseguente all’opposizione, il Giudice potrà applicare una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto penale di condanna, non esclusa la condanna alla reclusione o all’arresto nel caso in cui la pena pecuniaria indicata nel decreto penale fosse stata applicata in sostituzione o in alternativa alla pena detentiva) e revocare altresì i benefici già concessi (non vi è alcun divieto di reformatio in peius ovvero in danno di colui che presente l’opposizione).

È questo un rischio da valutare attentamente nel momento in cui ci si oppone al decreto penale.

Dal punto di vista dell’imputato, oltre allo sconto della pena rispetto al minimo edittale – che può arrivare alla metà – gli altri vantaggi di natura premiale derivanti dall’emissione del decreto penale sono rappresentati dalla circostanza che l’imputato non sarà tenuto al pagamento delle spese del procedimento, né sarà sottoposto a pene accessorie. Il decreto penale, poi, non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il provvedimento di condanna, nonostante sia iscritto nel casellario giudiziale, non sarà menzionato nei certificati del casellario richiesti dai privati (si tratta del beneficio della “non menzione”).

Inoltre, stante il decreto penale di condanna, si verifica poi un’estinzione del reato se nel termine di cinque anni (se il decreto concerne un delitto) ovvero di due (se il decreto è emesso per una contravvenzione), l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole (ovviamente dopo aver sostenuto la pena pecuniria indicata nel decreto).

Se si estingue il reato, si estingue ogni effetto penale e la condanna non è d’ostacolo ad una successiva sospensione condizionale della pena.

Come si vede, gli incentivi affinché l’imputato condannato accetti la decisione fissata nel decreto non mancano, anzi.

Perché vi sia un’opposizione consapevole, occorre che l’imputato condannato abbia solide ragioni e sia edotto – dalla difesa – di ogni aspetto che si potrebbe verificare nella vicenda processuale a seguito dell’opposizione.

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