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Pubblichiamo nelle news un interessante articolo comparso sulla rivista Tactical Magazine nel numero di marzo/2013 a firma di Fabio Muntesu relativo alla contravvenzione ex art. 707 c.p. derubricata possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli.

La contravvenzione in parola (punita con l’arresto da sei mesi a due anni) prevede che i soggetti che abbiano  subito una precedente condanna per reati contro il patrimonio possano essere ritenuti responsabili della commissione della contravvenzione di cui si tratta se trovati in possesso di:

– chiavi alterate o contraffatte;

– chiavi genuine o strumenti atti ad aprire o forzare serrature dei quali non giustifichi l’attuale destinazione.

Precedentemente, la norma prevedeva anche altre categorie di soggetti punibili in relazione al possesso di cui all’art. 707 c.p. quali il condannato per mendacità, il sottoposto alla misura di sicurezza, si ammonito o sottoposto alla cauzione di buona condotta ma in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 14 del febbraio del 1971 tale parte dell’articolo è stata dichiarata costituzionalmente illegittima.

Sotto certi aspetti la contravvenzione può ritenersi “a consumazione anticipata” poiché punisce una condotta (il possesso di chiavi e grimaldelli) che non si è ancora tradotta in una lesione concreta dei diritti (patrimoniali) di terzi ma che appare solo prodromica (per la natura del soggetto e per la specie del possesso) alla consumazione di un reato.

Può dirsi che la punizione del possesso come sopra tratteggiata sia una sorta di cautela che il Legislatore pone quasi in contraddizione con il principio di lesività (ovvero quel principio base di tenore costituzionale secondo il quale il reato è punibile quando lede o mette effettivamente e concretamente in pericolo – secondo i dettami del tentativo punibile ex art. 56 c.p. – i diritti di terzi).

Si è più volte sollevata (sia in Giurisprudenza che in Dottrina) la questione tutt’altro che secondaria relativa alla effettiva costituzionalità della norma tutta (e non solo di quella parte oggetto della richiamata sentenza della Corte Suprema) che parrebbe punire da una parte delle intenzioni del soggetto agente non tradotte nemmeno in un tentativo punibile (ad es. di furto) e dall’altro operare una discriminazione di cittadini di fronte alla Legge in violazione del principio costituzionale di uguaglianza ex art. 3 Cost..

Attualmente la norma è in vigore e spesso applicata.

il bell’articolo di Fabio Muntesu si intitola IL POSSESSO INGIUSTIFICATO DI CHIAVI ALTERATE O GRIMALDELLI – FIGURE VECCHIE E NUOVE DI SCASSINATORI

Già migliaia di anni fa, diverse civiltà avvertirono la necessità di realizzare congegni idonei a proteggere i propri beni materiali e le loro abitazioni, ideando le prime serrature a chiave che, per quanto rudimentali, denotavano una certa similitudine con quelle tutt’oggi in uso, oltre a una discreta efficienza. Quattromila anni fa infatti, in Mesopotamia, l’odierno Iraq, si realizzò una serratura con un congegno molto simile a quelle odierne, e parimenti, dall’altra parte, poteva assistersi ai primordi dell’arte di violare tali protezioni con dei rudimentali grimaldelli a gancio. Serrature di analoghe fattezze furono costruite dagli Egizi (chiavistello egizio) e anche da altre popolazioni del Nord-Africa e in generale nell’area mediterranea.

Nell’antica Roma, i magistri clavarii (i costruttori di serrature o fabbri, ma quest’ultima accezione non rende loro giustizia) tentavano di realizzare meccanismi tali da contrastare l’azione, sempre più spregiudicata, effractores (gli scassinatori) i quali, nel loro arsenale, potevano contare su grimaldelli all’uopo costruiti oltre che, extrema ratio, anche su estrattori da utilizzarsi con la forza bruta. Non solo, gli artigiani romani erano in grado di costruire lucchetti di ridotte dimensioni (pochi centimetri) con meccanismi anche complicati. Un lucchetto romano, particolarmente sofisticato, rinvenuto a Pompei, è esposto al British Museum di Londra.

La manifattura delle serrature, in particolare, divenne un’arte e gli artigiani ricercarono sempre più precisione al punto da progettare le prime serrature a combinazione e senza chiave, così almeno da precludere agli scassinatori l’utilizzo dei grimaldelli, costruttivamente già più evoluti. In realtà, l’arte di congegnare serrature divenne complementare alla costruzione del manufatto cui le stesse erano poste a protezione. Spesso questi oggetti erano preziosi, il che obbligava il costruttore a dotarlo di una serratura altrettanto pregiata, ma soprattutto sofisticata, sia dal punto di vista estetico che funzionale.
Gli scassinatori, tuttavia, senza rassegnarsi, affinarono nuove tecniche per ricercare il più rapido e idoneo metodo d’ingresso, perfezionando sempre di più la loro arte di costruire grimaldelli e addestrandosi all’uso precipuo della mano sinistra (più sensibile perché meno utilizzata e quindi meno rozza nelle sue funzionalità tattili). Congiuntamente alle funzioni tattili, affinarono anche l’udito per ascoltare gli scatti dei meccanismi fino all’epilogo, ossia all’apertura della serratura. Nella modernità, in ausilio all’orecchio sarebbe intervenuto lo stetoscopio. Nel ‘700 nacque la prima fabbrica di casseforti alzando realmente il livello dello scontro tra buoni e cattivi; non solo, iniziarono anche a sorgere rivalità tra gli scassinatori più abili per i qual era un punto d’onore, rispetto ai colleghi, riuscire ad avere ragione della cassaforte ritenuta più inattaccabile. Con alterne fortune, la serratura, sempre in perenne lotta con l’ingegno criminale, evolve fino a coinvolgervi l’elettronica, con le tessere magnetiche e i badge i quali, probabilmente in un domani non troppo lontano, soppianteranno le più comuni serrature e le rispettive chiavi.

IL CONCETTO DI EFFRAZIONE
Il sostantivo femminile deriva dal latino “effractus”, participio passato del verbo “effringo”, che significa rompere. Ciò è riferito al rendere inutilizzabile non solo serrature, ma muri, porte e quant’altro venga posto a protezione di qualcosa. I vari dizionari italiani sono concordi nell’indicare grosso modo il suo significato nella forzatura di sistemi di chiusura o dispositivi di sicurezza.
Può essere usato anche in senso figurato, se riferito alla violazione di un principio o di una consuetudine. Il suo sinonimo popolarmente conosciuto è “scasso”.

VENIAMO AL SODO
Nel Codice Penale possiamo individuare immediatamente la sottonotata norma, che per meglio analizzarla è riportata integrale e poi scomposta:
art. 707 c.p.: Possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli
Chiunque essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro il patrimonio (o per mendicità o essendo ammonito o sottoposto ad una misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta), è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l’attuale destinazione, è punito con l’arresto dai sei mesi a due anni.

La parte in parentesi e corsivo era stata abrogata con sentenza nr. 14 del 19/07/1968 dalla Corte Costituzionale. Vi erano altresì, sino a poco tempo fa, altre due norme specifiche sulla materia, gli artt. 710 e 711 c.p., entrambi abrogati dall’art. 18 della legge 205/1999. Il primo articolo puniva sia chiunque (reato comune) fabbricasse chiavi su richiesta di persona diversa dal proprietario o possessore del luogo o dell’oggetto cui le chiavi erano desinate, sia il fabbro o chiavaiolo (reato proprio) che nella sua attività consegnava a terzi grimaldelli o altri strumenti idonei a sforzare serrature o altro posto a difesa di un luogo od oggetto, su richiesta di terzi non aventi diritto sul luogo o l’oggetto.
L’art. 707 c.p., invece, diversamente da quelli sopra citati, meno fortunati, ed altri simili reati di sospetto come l’art. 708 c.p. (possesso ingiustificato di valori), parimenti abrogato, è sopravvissuto quasi indenne ai diversi tentativi di epurazione e cancellazione che nel corso degli anni lo hanno visto bersaglio delle varie Corti.

Scomponiamo ora l’art. 707 c.p.
Si tratta di un reato di sospetto, ossia facente parte di quel tipo di norme previste per la prevenzione di illeciti, in questo caso da commettersi a fini di lucro e verosimilmente progettati da chi reca con sé gli oggetti indicati dal precetto. Il reato, inoltre, è punito a titolo di dolo generico, presuppone coscienza e volontà della condotta illecita. Si tratta soprattutto di un reato cosiddetto proprio, altrimenti detto “a soggetto attivo qualificato”.
In soldoni: non tutti possono (meglio dire potrebbero) commetterlo. Elemento costitutivo del reato e conditio sine qua non al suo concretizzarsi è che il soggetto attivo appartenga ad una categoria ben precisa: quella del condannato per delitti determinati da motivi di lucro o comunque contravvenzioni inerenti la prevenzione dei delitti contro il patrimonio.
Condanna, quindi, non mero pregiudizio di Polizia. Per i non addetti ai lavori: fedina penale chirurgicamente sporca da reati contro il patrimonio.
Il motivo di lucro, in questo caso, ha un significato piuttosto ampio: il legislatore vuole indicare qualunque reato per il quale il sospetto sia già stato condannato, che gli abbia conferito un vantaggio patrimoniale. Quindi, eventualmente, oltre ai classici reati predatori quali furti e rapine, andrebbero assimilati anche i reati afflittivi altri beni giuridici protetti, purché il sospettato abbia tratto dalla commissione dell’illecito un indebito beneficio patrimoniale.
Ogni regola, tuttavia, ha le sue eccezioni: consta che la Suprema Corte abbia stabilito che sia possibile il concorso nel reato anche da parte di colui che, sebbene non da afflitto da pregressa condanna di tale natura, sia consapevole di accompagnarsi a soggetto già condannato, in possesso di strumenti atti allo scasso e quindi possa avere coscienza della concretezza della disponibilità e del potenziale imminente utilizzo da parte di questi, potendo poi ragionevolmente supporsi che possa concorrere nell’uso.
L’espressione “colto in possesso” indica una condizione di tempo e luogo tale da presupporre, aprioristicamente, che la detenzione degli strumenti vietati dalla norma avvenga in un contesto spazio-temporale di sospetto attuale ed immediato (tempo di notte, parcheggi di autovetture bui ed incustoditi, obiettivi sensibili od abitazioni isolate ecc.) Il verbo cogliere, in questo caso, esprime infatti la condizione del soggetto nella sua attuale potenziale predeterminazione a compiere illeciti e nell’impossibilità di “giustificare l’attuale destinazione”.
Poi, importante, la giurisprudenza decreta la norma come applicabile anche allorquando, sempre in presenza dei requisiti obbligatori (condanna pregressa e assenza di giustificato motivo), gli strumenti vengano detenuti in un luogo di immediata accessibilità per il sospetto, quale ad esempio la propria abitazione.

Ma quali strumenti possono qualificarsi “atti ad aprire o sforzare serrature”, così come intende la norma? Ad esempio, l’intera cassetta del bricolage, senza essere catastrofisti. Non solo quindi quelli specifici per l’uso, come i grimaldelli strictu sensu. Naturalmente non è che il povero condannato per delitto determinato da motivi di lucro, redento o no, non possa detenere in casa un martello o un cacciavite; occorrerebbe una serie di gravi, precisi e concordanti indizi tali da configurare il possesso come pericolo per il bene giuridico protetto. Pertanto, oltre ai citati grimaldelli, i comuni utensili, ancorché non modificati allo scopo, possono rientrare in questa categoria. E allora cacciaviti, martelli, pinze, tronchesi, lime, lame di ogni tipo, sino ad altri materiali il cui connubio potrebbe risultare idoneo a violare serrature o forzare protezioni. Guardate in proposito in rete qualche filmato dove vengono aperte serrature e lucchetti con graffette, forcine, forbici, coltelli, martelli, addirittura tubi “innocenti” o cilindri di cartone della carta igienica o anche una pallina da tennis; l’ingegno dei moderni effractores non ha confini. Chi, poi, non ha memoria dei vecchi ladruncoli anni ’70, che utilizzavano i frammenti di ceramica delle candele delle autovetture per infrangere vetri, sfruttando le caratteristiche di quel material che, a contatto con il vetro, ne attivava la frequenza di risonanza procurandone l’immediata disintegrazione. Oppure coloro i quali, nella stessa epoca, affermavano di forzare una Fiat 500 con la chiavetta di una nota marca di carne da scatola. Ricordiamo ancora le lastre radiografiche, il cui utilizzo per sbloccare porte ed accedere in appartamenti è notorio ed ancora, tessere plastificate utilizzate nello stesso modo. Si cita, in materia di metodi effrattivi, il particolare modus operandi di una banda di criminali di etnia slava dedita alle c.d. “rapine in villa” che utilizzava, per penetrare nelle abitazioni, una verrina utile a praticare silenziosamente un foro nelle persiane di legno, introducendovi quindi il manico di ferro e un secchio da edilizia, all’uopo sagomato, per raggiungere il blocco della persiana stessa ed aprirla; tutto materiale comunemente rilevabile fra attrezzi di un qualunque onesto lavoratore edile.

Parlando poi delle chiavi vere e proprie, quelle citate nella norma, possiamo distinguere alcune categorie. Le chiavi alterate sono chiavi morfologicamente modificate per adattarsi alla serratura da violare, mentre quelle contraffatte sono chiavi simili alle genuine, ma falsamente riprodotte. Le chiavi genuine sono quelle dedicate alla serratura di riferimento, ma illecitamente possedute, non assimilandosi evidentemente tale serratura alla sfera di possesso del soggetto al quale vengono reperite. La norma fa menzione del grimaldello solo nel titolo del reato, ma chiaramente un grimaldello, così come lo possiamo idealmente visualizzare, è di per sé uno strumento clandestino volto ad aprire serrature in luogo della chiave originale. Il suo possesso è quindi di per sé sospetto.
Per serratura, invece, il legislatore intende qualsiasi meccanismo, di qualsivoglia fattezza e materiale, la cui destinazione è la protezione dell’oggetto cui è posto a difesa. La Suprema Corte ad esempio, in una sua Sentenza, assimila il deflettore dell’autovettura a tale congegno, in ragione del suo meccanismo di chiusura. Nel “giustificare l’attuale destinazione”, non deve intendersi l’inversione dell’onere della prova, pur tuttavia il soggetto deve fornire una valida giustificazione in relazione al possesso, in quel preciso momento, per scopi leciti, degli strumenti de quo. L’esimente è quindi la liceità del possesso supportata da convincenti giustificazioni, in quell’immediato frangente. Ma quali sono le circostanze in cui un individuo può giustificare il possesso di strumenti atti ad aprire o sforzare serrature (ci si riferisce a grimaldelli, piedi di porco o altri), ancorché non in condizioni di avere subito una pregressa condanna? Si direbbe molto poche. Quest’ultima considerazione nasce dal fatto che anche in Italia si è diffuso lo sport del lockpicking, ossia l’arte di aprire le serrature con grimaldelli auto-costruiti. Tale pratica è diffusissima in alcuni paesi dell’Unione Europea e negli Stati Uniti dove si tengono gare e campionati. A contrasto di tale attività, laddove venga praticata per scopi illeciti, opera a Lockpicking Forensics, disciplina che si propone di fornire una prova forense dall’esame di una serratura violata.
Lockpicking come sport, così come andrebbe inteso, ma gli esiti di una sua pratica distratta o meno che cristallina lo farebbe assurgere a sport estremo.

Questo articolo ha 9 commenti

  1. Vi esterno la mia gratitudine per avere preso in considerazione il mio modesto scritto sulla disamina dell’art. 707 c.p. da voi inserito il 28/04/2013. Il vostro qualificato feedback mi inorgoglisce.
    Cordiali saluti e buon lavoro
    Fabio Muntesu

  2. Vi ringrazio per l’interessante articolo, nel quale ho anche trovato conferma dell’abrogazione dell’articolo 710.
    Volendo intraprendere l’hobby del lockpicking nei rispetti della legge, non mi è chiaro se sia possibile l’acquisto di grimaldelli (da siti italiani o esteri) o sia possibile esercitarla solo con utensili auto-costruiti.
    Vi ringrazio per la cortese attenzione

    1. L’acquisto di grimaldelli non è – di per sé – vietato dalla legge.
      Tenga presente che il possesso diviene reato per coloro che hanno subito una condanna per reati contro il patrimonio.

      Avv. Giuseppe Maria de Lalla

  3. Buona sera. Quindi, da quanto ho capito, è legale sia comprare che fabbricare grimaldelli giusto? E’ legale anche portarli con se?o se si possono avere ripercussioni?

    1. Secondo quesito chiavi e grimaldelli:
      Egregio Signore,
      la presente per illustrarle quanto segue.
      L’art. 707 cp punisce colui che è stato condannato per reati contro il patrimonio e che venga trovato in possesso di strumenti di chiavi o oggetti idonei ad aprire o forzare serrature.
      Pertanto, ai fini della punibilità occorre che il soggetto sia stato condannato per reati contro il patrimonio.
      La detenzione degli strumenti di cui sopra in assenza di condanne non è penalmente rilevante.

      (risposta redatta dall’Avv. La Ferrera dello Studio de Lalla)

  4. buona sera. lavoro in un negozio di ferramenta ed ho a che fare con chiavi e serrature. vendo serrature e copio le chiavi che i clienti mi chiedono di duplicare. ho di recente fatto un corso per la masterizzazione di cilindri ed ora mi sta nascendo la passione per il lockpicking. potrebbe essere un servizio da offrire ai clienti che perdono le chiavi o quant’ altro e non possono rientrare in casa. vorrei sapere come mi devrò comportare prima di scassinare la serratura per essere per non incorrere a ritorsioni legali nei miei confronti.
    pensavo a una qualche sorta di modulo da scaricare dalle rete da fare firmare al committente che mi sollevi da qualsiasi responsabilità. grazie

    1. E’ un questo originale.
      direi che si è necessario che ci sia un documento che attesti che la persona che le chiede di scassinare la serratura dichiari che ha il diritto di disporre della serratura e di accedere ai locali. Deve essere particolareggiata anche se non le nascondo che potrebbero effettivamente esserci dei problemi.
      Pensi al caso del ladro che fa l’autocertificazione e poi la disconosce dicendo che lei sapeva tutto.
      Certamente potrebbe chiarire l’equivoco…ma a quale prezzo?
      Pensi se poi ciò succede dopo che il ladro ha svaligiato la casa…..con il suo materiale contributo!
      Direi che occorre la massima prudenza sebbene non sia molto diverso da ciò che fanno i fabbri quando aprono le porte blindate delle quali i proprietari di casa hanno smarrito le chiavi.
      Direi che se c’è la portineria o i vicini conoscono il proprietario della casa non ci sono problemi.
      cordialità.

      Avv. GM de Lalla

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