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legge 67 del 2014
legge 67 del 2014

Trattiamo qui alcuni brevi ma importanti cenni di una legge – la n. 67 del 28.4.2014 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in data 2 maggio 2014 – davvero rivoluzionaria per il nostro sistema penale (sia nel campo del diritto sostanziale che procedurale) che potenzialmente dovrebbe mutare notevolmente la geografia e la natura degli interventi punitivi dello Stato ad oggi tradizionalmente ispirati alla comminazione di una pena prevalentemente detentiva comminata all’imputato ritenuto colpevole.
Come poi approfondiremo, il cuore del nuovo sistema punitivo – solo ed esclusivamente per alcuni reati di gravità relativa ma non certo bagatellari – consta della possibilità per il Giudice, previa richiesta dell’imputato, di sospendere il processo e di disporre per il richiedente l’esecuzione di lavori socialmente utili (di concerto con l’UEPE ovvero l’Ufficio Esecuzione Pene Esterne) nonché attività tese all’eliminazione del danno e del pericolo arrecati con il reato anche nell’ottica di un concreto risarcimento alla vittima.
Se al termine del periodo stabilito dal Giudice (periodo durante il quale, come detto, il processo è sospeso così come è interrotto il decoroso del termine della prescrizione) il richiedente avrà assolto i suoi obblighi (lavorativi, riparatori e risarcitori), il Giudice dichiarerà estinto il reato (e non già la sola pena).
Si tratta, quindi, di una effettiva innovazione per il nostro diritto concentrato fino ad oggi più che altro ad una prevenzione generale (ovvero rivolta a tutti i cittadini quale monito) e speciale (ovvero diretta al reo affinché non delinqua in futuro) attuata in entrambi i casi per mezzo della minaccia e dell’applicazione della detenzione quale “mera” restrizione della libertà personale (l’istituto della messa alla prova era già previsto per gli imputati minorenni; ma quello che qui si commenta ha una natura ed una disciplina diversa non foss’altro poiché il Giudice può disporla solo a fronte di una richiesta dell’interessato – e non di ufficio come per gli imputati minori degli anni diciotto – ed altresì poiché la prova per gli imputati maggiorenni consta di una partecipazione attiva della vittima del reato e di meccanismi risarcitori sconosciuti al diritto procedurale penale minorile).
La nuova disciplina in esame, al contrario della “tradizionale” pena detentiva (o, almeno, che tale è in via teorica), tende a coinvolgere il reo in un processo rieducativo e riparatorio più dinamico, assolutamente imprescindibile dalla sua collaborazione (fin dalle battute iniziali: è lo stesso interessato, come detto, che deve fare istanza in tal senso e presentare una “proposta” di programma) teso effettivamente a ricomporre quella frattura degli interessi e dei diritti verificatasi a seguito del commesso reato.
Peraltro, la messa alla prova della legge 67/2014 dovrebbe anche avere il pregio di deflazionare per il futuro la popolazione carceraria per reati relativamente poco gravi (in relazione alle pene ed alle conseguenze per la vittima) nonché di promuovere soluzioni processuali alternative rispetto alla celebrazione del dibattimento o di altri riti speciali (considerando anche tutti e tre i gradi del processo).

messa alla prova testo legge 67/2014
messa alla prova testo legge 67/2014


La Legge 67/2014 introduce nel nostro sistema il principio della c.d. Giustizia riparatoria che non ha più quale riferimento il reo e la condanna che si considera proporzionata al reato; bensì le esigenze di composizione degli interessi in gioco promuovendo la tutela della vittima e l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato attraverso la partecipazione attiva del reo.
Certamente, tale modello non può sostituirsi per tutti i reati al paradigma classico della pena detentiva; ma rappresenta senz’altro uno strumento efficace ed opportuno da affiancare alla pena tradizionale per tutti quei reati meno gravi che destano minore allarme sociale e che costituiscono, soprattutto, una lesione degli interesse privati della vittima e solo indirettamente della collettività (alla quale, in ogni caso, deve essere assicurata anche con l’irrogazione della pena al reo, la pace sociale).

La disciplina nel dettaglio. L’art. 168 bis c.p..

La legge 67/2014 in commento ha introdotto nel codice penale l’art. 168 bis c.p. che prevede:

La sospensione del processo penale con la messa alla prova può essere chiesta dall’imputato nei processi che riguardano reati punti:
1. Con la sola pena pecuniaria;
2. Con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni;
3. Nonché per i delitti per i quali è prevista dal comma II^ dell’art. 550 c.p.p. la citazione diretta a Giudizio ovvero:
i. Violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.);
ii. Resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.);
iii. Oltraggio a un magistrato in udienza aggravato (art. 343 c.p.);
iv. Violazione dei sigilli aggravata (art. 343 c.p.);
v. Rissa aggravata ad esclusione delle ipotesi ove rimanga ucciso o gravemente ferito taluno dei partecipanti (art. 588 c.p.);
vi. Furto aggravato (art. 625 c.p.);
vii. Ricettazione (art. 648 c.p.).

La messa alla prova comporta per il richiedente una serie di attività dirette a riparare e risarcire il danno sia nei confronti della vittima che, in via mediata, della collettività.
In particolare, comporta l’affidamento dell’imputato al servizio sociale (l’UEPE: Ufficio Esecuzione Pene Esterne) per lo svolgimento di un programma di attività di volontariato e/o l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio medesimo, alla dimora, alla libertà di movimento o al divieto di frequentare determinati locali e persone.

La concessione della misura della messa alla prova è subordinata allo svolgimento di lavoro di pubblica utilità ossia una serie di prestazioni non retribuite per un periodo NON inferiore ai dieci giorni anche non continuativi in favore della collettività. L’attività è scelta in base alle specifiche competenze del richiedente e non deve pregiudicare le sue attività di studio, lavoro, gli impegni familiari ed eventuali esigenze terapeutiche. In ogni caso, tale attività non retribuita non può superare le otto ore giornaliere.

Il beneficio di cui si tratta non può essere concesso all’imputato più di una sola volta.

Il beneficio non si applica nel caso di dichiarazione di abitualità, professionalità e tendenza a delinquere.

Ex art. 168 ter c.p., durante la sospensione del processo per messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso. L’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede ma l’estinzione del reato non pregiudica la possibilità che siano comunque applicate le sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge.

Ex art. 168 quater c.p. la sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata:

1. In caso di grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte ovvero di rifiuto dell’imputato di eseguire il lavoro di pubblica utilità.
2. In caso di commissione durante il periodo di prova di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Bisogna subito sottolineare che l’applicazione dell’istituto di cui si discute non è automatica a seguito dell’istanza dell’interessato.
Ci sono delle esigenze oggettive e soggettive che il Giudice dovrà valutare prima di concedere il beneficio.
Innanzitutto, come visto, la natura stessa del reato e la sua effettiva corrispondenza con quelli previsti dall’art. 168 bis c.p..
Sul punto, tuttavia, bisogna specificare che il Legislatore ha inteso dare un ampio spettro (almeno teorico) di applicazione alla novella legislativa posto che i reati previsti dal comma 1 dell’art. 168 bis c.p. sono quelli tra i più comuni giudicati nelle nostre aule (e si pensi, ad esempio, alle ipotesi anche solo di furto aggravato) e per i quali è già prevista in fase esecutiva la possibilità di richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali (che, come noto, posso essere invocati per l’espiazione di pene uguali o inferiori ad anni quattro di reclusione).
Dal punto di vista soggettivo, per la concessione della messa alla prova il Giudice dovrà valutare:
– Se le modalità assicurano la riparazione dei danni derivanti dal delitto;
– Se la pericolosità soggettiva dell’imputato (valutata secondo i crismi legali della’art. 133 c.p. in tema di quantificazione della pena) sia effettivamente compatibile con gli ampi margini di libertà previsti dalla messa alla prova;
– Non può essere concessa ai delinquenti qualificati per legge (abituali, professionali e per tendenza);
– Non può essere richiesta più di una volta.

La messa alla prova è un atto personalissimo dell’imputato che deve essere formalizzato dallo stesso o tramite il difensore munito di procura speciale ad hoc (e qui, come detto, sta la grande differenza con l’analogo istituto già previsto da tempo per gli imputati minorenni: il Giudice non può applicarlo ex officio agli imputati maggiori di età se gli stessi non ne fanno esplicita e formale richiesta).
Il Giudice non ha alcun dovere vincolato di concederlo dovendo valutare se effettivamente tutte le caratteristiche del caso concreto siano tali da ritenere soddisfatti i principi della norma in questione ed in primis che il reo non si macchi di ulteriori reati nel corso della sospensione del processo per la messa alla prova.

Nel concedere il beneficio il Giudice deve indicare:
La prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato;
Le attività sono tutte quelle di volontariato di rilievo sociale. Possono altresì essere imposte l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
Come si vede, la legge lascia ampio margine al Giudice nell’individuazione di tali attività e prescrizioni; ma è fisiologico che l’istituto sia così formalizzato posto che saranno le peculiarità del caso concreto a dover guidare il Giudicante nell’individuazione della struttura esecutiva più opportuna delle messa alla prova preso atto degli scopi dell’istituto.
Il rifiuto di prestare tali attività o la violazione delle stesse provoca la revoca della messa alla prova o la declaratoria di esito negativo della prova conclusa.
Il lavoro di pubblica utilità potrà essere svolto presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni anche internazionali, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.
Quindi, massima elasticità per raggiungere gli obbietti tipici della giustizia ripartiva.

L’attività di rilevo sociale dovrà essere calibrata con l’eventuale attività parallela dell’imputato di risarcimento del danno: ove lo stesso sia già impegnato per ristorare concretamente ed efficacemente la vittima, il Giudice eviterà di prescrivere assorbenti e laboriose attività di volontariato anche per non pregiudicare – come per legge – le attività di lavoro, familiari, di studio e di salute dell’imputato.
Potranno accompagnarsi a queste prescrizioni il divieto di frequentare determinati locali, di rispettare l’obbligo di dimora, il divieto di detenere o portare armi di qualunque genere ed il divieto di frequentare soggetti pregiudicati.

– OVE POSSIBILE con l’ordinanza di sospensione e di ammissione alla messa alla prova il Giudice disporrà anche in merito al risarcimento del danno cagionato alla vittima.
Il risarcimento del danno cagionato alla vittima non deve essere considerato solo ed esclusivamente un mero obbligo di natura afflittiva di matrice economica ma deve essere interpretato quale tassello dell’auspicabile percorso rieducativo dell’imputato che deve essere intimamente convinto (secondo il Legislatore) della revisione critica delle proprie condotte.
La centralità del risarcimento (in tale ottica rieducativa) è tale per cui la revoca del beneficio della messa alla prova è prevista nel caso in cui non vi sia risarcimento e, ugualmente, l’esito della prova sarà giudicato negativo in difetto della materiale dazione di quanto stabilito dal Giudice nell’interesse della vittima (e, naturalmente, la fase decisionale del quantum risarcitorio dovrà spesso giovarsi dell’opera di mediazione dei servizi sociali).
Il risarcimento, in ogni caso, sarà stabilito quale profilo della messa alla prova “ove possibile” come recita letteralmente l’art. 168 bis c.p. con ciò prevedendo ipotesi di messa alla prova anche nel caso in cui il risarcimento – anche solo per le condizioni economiche del reo o la natura del danno arrecato – non sia in concreto possibile (si dovrà ovviamente trattare di cause di cause ostative indipendenti dalla volontà dell’imputato come l’irreperibilità della persona offesa, il lungo tempo trascorso dai fatti o la rinuncia della vittima a qualsivoglia risarcimento).

Le modifiche al c.p.p. – la procedura attuativa della messa alla prova durante il processo.

La Legge 67/2014 in tema di messa alla prova previa sospensione del processo ha introdotto nel codice di procedura penale il titolo V^ bis “sospensione del procedimento con messa alla prova” che consta degli artt. dal 464-bis al 464 novies.

Art. 646 bis c.p.p.: la richiesta può essere fatta sia oralmente che in forma scritta direttamente dall’interessato o per mezzo di procuratore speciale. Il termine è quello delle conclusioni durante l’udienza preliminare o prima dell’apertura del dibattimento (quindi in una fase preliminare del processo e, per la precisione, dell’accertamento del merito). Nel caso di decreto penale di condanna, il termine è quello previsto per l’opposizione allo stesso. Nel caso di Giudizio immediato è quello previsto per la richiesta degli altri riti alternativi.
La richiesta deve essere corredata da apposito programma stabilito di intesa con i servizi sociali (UEPE). Se non è stato possibile farlo tempestivamente per la richiesta, la stessa deve comprendere la richiesta di elaborazione di un programma che deve comprendere:
• Le modalità di coinvolgimento dell’imputato e della sua famiglia nel processo di reinserimento sociale ove ciò sia possibile;
• Le prescrizioni comportamentali che l’imputato si impegna a rispettare anche nel’ottica del risarcimento del danno, delle condotte riparatorie e delle restituzioni nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale.
• Le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.
Il Giudice può acquisire – tramite la polizia giudiziaria – i servizi sociali o altri enti pubblici tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell’imputato.

– Art. 646 ter c.p.p.: la richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova può essere presentata anche durante la fase delle indagini preliminari. La richiesta va presentata al GIP che la trasmette al PM che deve dare il proprio parere entro cinque giorni. Il consenso del PM deve risultare da atto scritto sinteticamente motivato.
In caso di dissenso il PM deve enunciarne le ragioni. In caso di rigetto della richiesta durante la fase delle indagini, l’indagato può rinnovare la richiesta prima dell’apertura del dibattimento di primo grado. In relazione alla possibilità per l’interessato (ovvero l’indagato) di presentare la richiesta di messa alla prova già nella fase delle indagini preliminari, sarà auspicabile che lo stesso sia tempestivamente reso edotto di tale facoltà dalla stessa Polizia Giudiziaria con l’elevazione del verbale di identificazione (che spesso è il primo atto per mezzo del quale l’incolpato prende contezza di essere indagato).

– Art. 646 quater c.p.p.: il Giudice – una volta che è presentata la richiesta decide con ordinanza (se non deve prosciogliere il richiedente ex art. 129 c.p.p.) sentite le parti (accusa e difesa) e la persona offesa. Eventualmente, il Giudice può disporre la comparizione dell’imputato personalmente. Il Giudice disporrà la sospensione del processo se ritiene il programma idoneo e se in base ai parametri dell’art. 133 c.p. (gli stessi che vengono adottati per quantificare la pena da irrogare al condannato) ritiene che il richiedente si asterrà dal commettere ulteriori reati. Nel novero delle valutazioni è compresa anche quella del domicilio dell’imputato che deve essere tale da assicurare la tutela della persona offesa. Con il consenso dell’imputato il Giudice può integrare o modificare – prima dell’inizio della prova – il programma trattamentale presentato per la messa alla prova.
Contro l’ordinanza del Giudice (ammissiva della messa alla prova o di rigetto) possono ricorrere per cassazione l’imputato o il PM (quest’ultimo anche su istanza della persona offesa). La vittima del reato può ricorrere autonomamente nel caso di omesso avviso dell’udienza nella quale è stata adottata la decisione sulla messa alla prova oppure se – pur essendo stata avvertita dell’udienza – non è stata sentita nei termini di legge.

– Art. 464 quinques c.p.p.: nell’ordinanza di sospensione e di messa alla prova il Giudice indica il termine entro il quale devono essere eseguite le indicazioni prescrittive e risarcitorie. Il termine può essere prorogato solo una volta e per gravi motivi. Il Giudice – con il consenso della persona offesa – può autorizzare l’imputato ad un pagamento rateale del risarcimento stabilito. Durante la messa alla prova il Giudice – sentiti imputato e PM – può modificare le prescrizioni della messa alla prova.

– Art. 464 sexies c.p.p.: durante la sospensione per la messa alla prova il Giudice – su istanza di parte – acquisisce con le forme del dibattimento le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell’imputato.

– Art. 464 septies c.p.p.: se la prova ha avuto esito positivo, il Giudice con sentenza dichiara il reato estinto. Dell’udienza per la valutazione è dato avviso alle parti ed alla persona offesa.

– Art. 464 octies c.p.p.: la revoca della sospensione della messa alla prova è disposta dal Giudice anche di ufficio con ordinanza. La data dell’udienza in camera di consiglio (senza pubblico ex art. 127 c.p.p.) è comunicata alle parti ed alla persona offesa almeno dieci giorni prima. L’ordinanza di revoca è ricorribile per cassazione per violazione di legge. Dal momento in cui l’ordinanza di revoca non è più ricorribile il procedimento penale riprende il suo carso e, ovviamente, cessano le prescrizioni per l’imputato.

Art. 464 novies c.p.p.: in caso di esito negativo della prova o di revoca dell’ordinanza di sospensione del procedimento penale per la messa alla prova, la richiesta NON può essere nuovamente proposta.

Le ipotesi di revoca della messa alla prova.

L’art. 168 quater c.p. disciplina le ipotesi di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova.
La norma prevede tre ipotesi di revoca della messa alla prova accumunate dal fatto che sono state pensate dal Legislatore per evitare un uso strumentale dell’istituto di cui si discute ovvero per sanzionare una eventuale recrudescenza della pericolosità sociale del richiedente messo alla prova.

Le ipotesi di revoca sono:
1. Grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte;
2. Rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità;
3. Commissione, durante il periodo di messa alla prova, di un delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Dall’esame della norma nel suo complesso e dalla natura stessa della giustizia ripartiva, parrebbe che al Giudice siano concessi margini di autonomia nella decisone di revoca quand’anche si verificasse una o più delle cause codificate di interruzione della messa alla prova.
Invero, pare corretto ritenere che l’interruzione della probation debba conseguire ad una attenta disamina e valutazione del caso concreto al di là di ogni meccanico automatismo.
Peraltro, prima della revoca il Giudice potrà diffidare l’imputato a seguire quanto disposto con la messa alla prova e, eventualmente, potranno essere modificate le prescrizioni con la procedura sopra evidenziata ex art. 464 quinques comma 3^ c.p.p..
La revoca non potrà seguire alla denuncia per fatti commessi prima della sospensione e della messa alla prova (anche se la denuncia interviene dopo l’ordinanza di sospensione) ma nel caso in cui la denuncia o altra notitia criminis riguardi fatti-reati commessi dopo l’ordinanza di messa alla prova, non pare sia necessaria per la revoca una Sentenza (nemmeno di primo grado) di tal che anche solo con una denuncia il richiedente decadrebbe dal beneficio (evidentemente, il Giudice della revoca dovrà attentamente valutare la natura e l’attendibilità della denuncia a carico dell’imputato ammesso alla prova).
All’udienza fissata per la decisone sulla revoca – che il Giudice potrà disporre di ufficio o su segnalazione dei servizi sociali (l’UEPE) – potranno partecipare le parti e la persona offesa (avvisate con notifica almeno dieci giorni prima) e l’ordinanza sarà ricorribile per cassazione per le sole violazioni di legge.

(Articolo redatto dall’Avv. Giuseppe Maria de Lalla. Ne è vietata la riproduzione).

Questo articolo ha 4 commenti

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    1. La ringrazio.
      Le confesso che occuparsi – oltre che della libera professione – anche dell’aggiornamento del sito è assai laborioso; ma è sicuramente una grande soddisfazione poter divulgare nozioni di diritto in maniera chiara per gli utenti.
      Cordialità.
      Avv. GM de Lalla

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