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Lo Studio Legale dell’Avv. de Lalla è specializzato da anni nella difesa di soggetti accusati di reati sessuali (c.d. sex offender).

Per reati sessuali si intendono – al di là di una rigida schematizzazione di ordine solo giuridico – tutti quei crimini che trovano nella soddisfazione della libidine dell’agente lo scopo e la causa primaria: violenza sessuale (anche di gruppo), atti sessuali con minorenni, corruzione di minorenne, le diverse variabili di pedofilia, condivisione e conservazione di files a contenuto pedopornografico, pedopornografia c.d. virtuale etc..
La necessità di una specializzazione per la difesa in tale campo (pur a fronte di un’attività difensiva esclusivamente in ambito penale come quella assicurata dallo Studio legale de Lalla) è dovuta agli elementi caratteristici e particolati che accomunano tutte le ipotesi di reato di cui sopra ed alla comune necessità di una difesa pensata, organizzata ed attuata secondo canoni tipici delle fattispecie di reato a sfondo sessuale.

Nel caso dei reati sessuali, invero, la difesa che l’avocato deve assicurare al proprio assistito deve avere caratteristiche peculiari che non si riscontrano in nessun altro reato previsto dal codice penale.

Gli elementi particolari che contraddistinguono i reati sessuali e ne caratterizzano la difesa.

In altre pagine di questo sito abbiamo già evidenziato per sommi capi i tratti salienti dei reati sessuali che li contraddistinguono dalle altre ipotesi di reato.
In questa sede – nell’illustrazione delle specifiche competenze dello Studio legale de Lalla – bisogna tornare ad evidenziare (con riflessioni anche di più ampio respiro puramente tecnico) proprio quei tratti salienti dei reati sessuali che devono necessariamente essere analizzati e valutati nell’organizzazione della difesa tecnica fin dalle sue prime battute.

Innanzitutto – presupposto centrale e scontato ma che necessita di una attenta razionalizzazione per la miglior difesa – si tratta di reati caratterizzati da una diffusa, condivisa, perdurante e stigmatizzante riprovazione sociale poiché coinvolgenti una delle sfere più intime, sensibili e private dell’animo umano sulla quale incidono pesantemente convinzioni, concetti, convenzioni sociali e religiose, preconcetti e tabù tanto radicati e giustificabili quanto condizionanti un approccio anche solo dal punto di vista tecnico come quello giuridico-forense.

Praticamente tutte le culture moderne vietano l’abuso sessuale inteso quale pratica sessuale inflitta ad un soggetto non consenziente o il cui consenso non può ritenersi valido (come nel caso dei minori) e ciò al di là del sistema giudiziario e religioso che le caratterizzano.
Le esigenze sessuali degli individui – seppure comuni a quasi tutti i soggetti sotto multiformi aspetti – sono e rimangono per antonomasia un “bagaglio” individuale e privato (essendo lecito condividerle, per il diritto, solo con chi validamente può accettare di farlo) anche nella nostra società caratterizzata da grande libertà di costumi.

Proprio per l’effettiva maggiorata sensibilità dell’opinione pubblica in relazione ai reati sessuali, quasi sempre (parafrasando l’esimio Prof. Gulotta) quando si parla di abuso (o di violenza sessuale), l’abuso si è già verificato e non si tratta di verificarlo partendo da un’ipotesi di innocenza dell’accusato; bensì ci si concentra ad evidenziare gli elementi che confermano l’accusa che si è portati a ritenere a priori fondata.
Questo è un dato di fatto: quando incombe l’accusa di violenza e di abuso la posizione dell’indagato è automaticamente più delicata poiché la necessità di “controllare e reprimere” tali esecrabili condotte spinge tutti i soggetti coinvolti (dalla Polizia Giudiziaria, ai Giudici alla stessa opinione pubblica) ad avere un atteggiamento verificazionista alla luce del quale vi è una grande sensibilità (direi, quasi, una naturale e per certi aspetti giustificabile inclinazione) a cercare gli elementi a conferma dell’ipotesi accusatoria formulata piuttosto che a vagliarne effettivamente la fondatezza.
Si verifica spesso, invero, in un errore procedurale (un c.d. bias) che spinge a considerare rilevanti solo (o principalmente) gli elementi che supportano l’accusa senza approfondire quelli che potrebbero contraddirla o a leggere questi ultimi forzandone la portata con una interpretazione contraria rispetto a quella più logica (a discarico dell’accusato).

L’indagato, quindi, è spesso un presunto colpevole e i fatti evidenziati dall’accusa vertono tutti in questo senso mentre quelli di segno opposto non sono ricercati con la stessa efficacia.
Tale riflessione non è una critica generale all’operato degli investigatori (che svolgono il loro lavoro in buona fede) o una difesa a oltranza degli accusati; bensì una chiave di lettura e comprensione di un fenomeno – direi – naturale e fisiologico nel campo dei reati sessuali che deve essere SEMPRE tenuta in considerazione nella difesa di un sex offender sia nell’ottica di una assoluzione sia quando la linea difensiva consta della limitazione della severità della risposta penale.
Ignorare la tendenza verificazionista degli investigatori (e dell’opinione pubblica) da parte del difensore sarebbe un errore madornale poiché gli impedirebbe di attuare la linea difensiva più opportuna – come visto – del tutto specifica per i reati sessuali.

La particolarità dell’approccio degli investigatori è oltremodo peculiare e tipica nel caso dei reati sessuali poiché molto spesso il reato a sfondo sessuale è compiuto (e subito) in assenza di testimoni.
L’unico testimone non è terzo agli accadimenti essendo la persona offesa portatrice di un interesse antagonista rispetto a quello dell’accusato.
La Giurisprudenza ha chiarito che anche solo la “parola” della vittima può fondare una condanna (anche in ordine ai reati diversi da quelli sessuali) non essendo necessari riscontri esterni di particolare rilevanza (a differenza, in vece, di quello che prevede il codice di procedura nel caso della c.d. chiamata in correità ovvero quando un accusato indica un complice)
Ed infatti, molte condanne a carico di soggetti accusati di abuso sessuale e violenza carnale hanno quale presupposto la ricostruzione dei fatti data dalla sola vittima (e si comprende l’entità del fenomeno pensando che vi rientrano anche i casi in cui la violenza non ha alcuno riscontro di tipo medico-legale).
E’ ovvio che non si può pretendere in alcun modo – e sarebbe del tutto inconcepibile – la presenza di testimoni per punire una violenza sessuale (chi delinque, soprattutto in questo campo, ha l’accortezza di farlo senza essere visto) ma, anche in questo caso, tale aspetto è di fondamentale importanza perché la difesa non potrà che partire proprio dall’attenta analisi di quanto riferito dalla vittima (e si pensi alla complessità di tale verifica – come vedremo oltre nello specifico – nei casi in cui la presunta vittima/testimone è un minore pre-impubere magari di 4 o 5 anni).

Proprio per la migliore analisi della deposizione della vittima (sia maggiorenne che minorenne) di fondamentale importanza è la trial consultation ovvero l’apporto di un esperto psicologo in campo forense (si tratta di una specializzazione della laurea in psicologia) di cui lo Studio dell’avv. de Lalla si avvantaggia in ogni difesa.
La trial consultation permette una stretta collaborazione del difensore (depositario del sapere giuridico ed anche dei rudimenti della psicologia forense nel caso dell’Avv. de Lalla a seguito del conseguimento del master dedicato) con lo psicologo forense esperto dei meccanismi psicologici, espressivi, cognitivi e mnemonici delle vittime finalizzata all’analisi della testimonianza delle persone offese (il cui ruolo centrale in tali tipi di reato è – come detto – assai maggiore rispetto a qualsiasi altra tipologia di crimine anche quando si tratta di un minorenne preimpubere).
Si tratta di una collaborazione tra esperti di due branche del sapere concettualmente assi distanti (la psicologia ed il diritto) ma, nella pratica, avvinte in maniera indefettibile dal momento che il processo (o, meglio, il procedimento penale tutto ovvero anche la fase delle indagini preliminari) è la ricostruzione di una vicenda umana attuata a posteriori da degli esseri umani (con tutti i loro limiti e le caratteristiche psicologiche) per l’ottenimento di una Giustizia qui e ora.

L’avv. de Lalla ha l’onore di collaborare con i migliori giovani specialisti in psicologia forense provenienti dalla prestigiosa scuola torinese forte di un bagaglio conoscitivo frutto di aggiornamento e studio appositamente dedicati e che lo vede oggi impegnato (dopo il conseguimento del Master presso la prestigiosa Fondazione del prof. Gulotta in psicologia forense, criminale ed investigativa) nella preparazione didattica per l’ottenimento della seconda laurea in psicologia forense e presso la scuola di alta formazione in analisi della scena del crimine e scienze forensi (che l’Avv. de Lalla intraprenderà nel novembre del 2013 e terminerà nel giugno del 2014).

L’attenzione per la testimonianza della vittima, pertanto, riveste un’importanza centrale nella ricostruzione degli accadimenti e nella fisiologia del procedimento penale volto all’accertamento dei denunciati abusi sessuali (in ogni loro forma e massimamente in difetto di altre testimonianze dirette o risultanze medico-legali).

In questa ottica merita una particolare attenzione la deposizione del minore presunta vittima che il più delle volte è acquisita tramite incidente probatorio (ovvero nel corso di una audizione protetta condotta dal Giudice con l’ausilio di un esperto in psicologia dell’età evolutiva) svolto prima dell’inizio del processo.
Ebbene, l’audizione del minore sospetta vittima di abusi sessuali è un incombente tra i più difficili ed impegnativi poiché altissimo è il pericolo che un intervento non corretto di colui che pone le domande possa “contaminare” la testimonianza del minore inducendo risposte non corrette e non veritiere date dalla giovanissima vittima nella convinzione di riferire il vero.

Ugualmente, delicatissima è la testimonianza del minore presunta vittima di abusi sessuali poiché chi conduce l’esame deve essere particolarmente attento e consapevole dei meccanismi cognitivi, mnemonici ed espressivi del minore onde evitare di cadere in pericolosissimi fraintendimenti (sia da parte del minore che dell’interrogante medesimo). Ed ancora, massimamente deve essere considerato da chi pone le domande che praticamente sempre (ed in maniera del tutto giustificabile e comprensibile), il bambino è già stato sottoposto a diverse domande formulate dai genitori o da altri membri della famiglia di tal che il bagaglio conoscitivo del minore potrebbe avere già subito una modificazione dovuta all’intervento di un adulto di riferimento.

Nota è, infatti, la fragilità della testimonianza del minore che è portato per lo più ad assecondare le aspettative dell’interlocutore adulto (gli è stato sempre insegnato che gli adulti non si contraddicono ed hanno sempre ragione oltre a sapere tutto o quasi) e a confondere la fabulazione con la realtà effettivamente vissuta.

Ed anche questo aspetto della fabulazione tipica dei bambini (non necessariamente particolarmente piccoli) deve essere conosciuto da colui che pone le domande onde evitarne o ridurne al massimo la verificazione.

Peraltro, un errore commesso durante l’audizione del minore non potrà essere “riparato” da una successiva esame poiché ogni volta che il minore viene sentito il suo ricordo si espone in maniera esponenziale ad una nuova e successiva contaminazione (la sua testimonianza è paragonabile alla c.d. prova scientifica: una volta che è stata repertata ed analizzata in maniera non corretta la stessa è inutilizzabile ed inattendibile).

Da qui la nascita di diversi protocolli per l’audizione della vittima minorenne di abusi sessuali: la Carta di Noto, le linee guida della Polizia di Roma Capitale per l’audizione del minore, il Protocollo di Venezia per citarne solo alcuni.
Il difensore deve padroneggiare la materia conoscendo i pericoli e le insidie della testimonianza del minore piccola vittima di una ipotesi di reato tanto grave ed anche in questo caso soccorre la trial consultation affinché lo psicologo forense possa evidenziare (e cercare di neutralizzare) tutti gli errori procedurali eventualmente commessi da colui/coloro (PM, GIP, investigatori, assistenti sociali etc.) che hanno raccolto la testimonianza del minore e le discrasie e criticità dovute all’età della persona offesa.

L’individuazione degli errori procedurali nell’audizione e la valutazione dell’attendibilità e della capacità del minore di testimoniare nonché il bagaglio di capacità psicologiche della piccola vittima, è il terreno di elezione dello psicologo forense che affiancherà l’Avv. de Lalla per indicargli tutti gli aspetti più propriamente meta-giuridici della testimonianza del bambino che l’avvocato utilizzerà nell’organizzazione della migliore difesa nel caso di inattendibilità della piccola vittima.

L’identificazione degli errori procedurali dovuti alla mancata adozione dei migliori protocolli per l’audizione del minore abusato possono fare la differenza tra la condanna di un innocente e l’assoluzione di un colpevole e lo Studio dell’Avv. de Lalla coadiuvati da esperti psicologi forensi riserva la massima e più qualificata attenzione all’analisi della testimonianza attuata con lo studio e la verifica di ogni singola domanda e relativa risposta nonché con la verifica delle modalità concrete di audizione adottate dagli inquirenti a partire dalle caratteristiche caratteriali e di età della vittima.

Un altro aspetto particolare tipico dei reati sessuali è l’uso a volte strumentale e calunnioso degli stessi da parte della vittima animata da secondi fini (ad esempio economici o collegati a pendenze tra le parti di vertenze inerenti il diritto di famiglia o, più semplicemente, poiché la falsa vittima è intenzionata a screditare la vittima indicata).
La particolare natura dei reati sessuali senza dubbio si presta a tale scopo: la tendenza verificazionista degli investigatori si associa, come visto, alla massima considerazione della ricostruzione data dalla persona offesa e la gravità del reato prospettato scredita immediatamente il presunto colpevole che sarà macchiato fin dall’inizio delle indagini da una accusa infamante con il conseguente rischio di essere sottoposto ad una misura cautelare in carcere.

Purtroppo i casi sono meno rari di quello che spesso si pensa.

In poco più di un anno lo studio dell’Avv. de Lalla – e la privacy impone di non dare alcun altro dettaglio – si è occupato di tre diversi casi terminati con una assoluzione piena (richiesta anche dal PM al termine del dibattimento) a fronte (in due casi) di lunghe misure cautelari scontate in carcere dagli accusati poi indennizzati dallo Stato per l’ingiusta detenzione subita in fase cautelare.

A fronte delle false denunce (il più delle volte non supportate da documentazione medica) l’accusato si trova letteralmente catapultato in una realtà kafkiana nella quale è spesso assai arduo districarsi.
Anche in questo caso la difesa deve necessariamente essere proattiva e non attendista e consistere principalmente nello “smontaggio” delle singole accuse contestate mediante la rappresentazione in Giudizio di ogni elemento contrario: ricostruzione dei rapporti pregressi tra presunta vittima ed accusato, testimonianze, documentazione ed ogni altro elemento utile a smascherare la macchinazione anche rilevando tutte le contraddizioni nel racconto della vittima della falsa violenza subita.

Lo Studio dell’Avv. Giuseppe de Lalla si occupa da anni dell’assistenza nel campo dei crimini sessuali anche in danno di minori con un approccio di alto profilo tecnico ed una preparazione sia teorica che pratica alla luce dei numerosi casi affrontati e della preparazione specifica nel campo della psicologia giudiziaria, investigativa e forense.
La difesa assicurata dall’Avv. de Lalla in tale delicato campo si avvale – come detto – della collaborazione di psicologi forensi quale ulteriore e qualificata collaborazione per la migliore comprensione di ogni risvolto prettamente emotivo e psicologico della gravissima accusa legata ad ogni genere di abuso in campo sessuale.

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