Il “novo” codice del 1988 ha mutato robustamente la visione e l’approccio che i difensori devono avere nell’affrontare un processo.
Ancora di più è avvenuto nel triennio 1999 – 2000 – 2001 con le leggi (anche costituzionali) sul cd “giusto processo” che ha ispirato sia il legislatore ordinario che, come detto, costituzionale.
Prima di tali date il processo italiano era un processo di stampo marcatamente inquisitorio ovvero la prova era dominio ed appannaggio principalmente dell’accusa e tipica era la figura del cd Giudice istruttore che oltre a giudicare era anche il dominus ovvero il padrone della formazione della prova.
Era il tempo che vedeva i difensori relegati quasi ai margini di tutto il procedimento penale e la cui funzione – spesso riassunta in chilometriche arringhe tanto lunghe quanto memorabili; vere e proprie piece teatrali nel caso dei più famosi processi italiani – era quella di indicare i punti deboli dell’accusa, le sue contraddizioni i suoi lati maggiormente opinabili.
La difesa consisteva principalmente nella confutazione dell’accusa.
Il codice di procedura penale del 1988 e successivamente le innovazioni legislative annoverabili tra quelle del Giusto processo e successivamente la Legge sulle indagini investigative difensive (del 2000) hanno profondamente ampliato lo spazio di manovra del difensore che non si deve limitare più a confutare la prova ma può (e spesso deve) assistere il proprio cliente fornendo le prove atte a demolire e/o confutare la tesi accusatoria.
E’ la consacrazione del principio del “difendersi provando”.
Tale attività – come detto – è la diretta conseguenza del principio costituzionale che sancisce (almeno sulla carta…) che accusa e difesa sono pari davanti al Giudice che terzo – ovvero imparziale ed equidistante – è chiamato a decidere.
In questo nuovo assetto, il dominus delle indagini è e rimane il Pubblico Ministero; ma il difensore ha comunque il diritto di acquisire egli stesso e direttamente elementi a favore del proprio cliente (indagato o persona offesa che sia) sentendo testimoni, acquisendo documentazione, documentando lo stato di luoghi o persone, facendo intervenire propri tecnici e consulenti.
Tutte attività che la legge del 2000 sulle indagini investigative difensive disciplina in maniera assai minuziosa ed attenta.
Il risultato di tale attività potrà essere utilizzato dal difensore (lo ripetiamo per la massima chiarezza: sia a favore dell’indagato sia della persona offesa) a sostegno della propria tesi e presentato direttamente al Giudice con la formazione di un vero e proprio “fascicolo delle indagini difensive”.
Le indagini, peraltro, sono esperibili anche in via preventiva ovvero ancora prima che il nome del cliente sia iscritto nel registro delle notizie di reato (sia come persona offesa che come incolpato).
Lo svolgimento di tale attività è di tale delicatezza ed importanza che la loro effettuazione è un preciso dovere per l’avvocato penalista che – nello svolgimento – non solo deve adottare precise modalità di legge, ma anche attenersi a cogenti dettami deontologici.
Lo Studio dell’Avv. de Lalla (titolare di un diploma in tal senso) da anni pratica le indagini investigative difensive nell’assistenza dei propri clienti (sia essi persone offese, che indagati sia in sede di indagini preliminari che svolte preventivamente) svolgendo secondo i dettami di legge e documentandole con riprese video o con fonoregistrazione con conseguente trascrizione.
Lo Studio in più occasioni ha tutelato i diritti dei propri assistiti sulla base di prove (documentali e testimoniali) non reperite dal Pubblico Ministero e portate all’attenzione del Giudice che sulla base delle stesse disponeva il proscioglimento dell’indagato.
Lo Studio è in grado di assicurare al cliente la corretta introduzione nel procedimento di evenienze, prove ed indizi che solo una efficace ed attenta iniziativa di parte può portare all’attenzione del Giudice.