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Il reato di violenza sessuale è sicuramente uno dei reati più gravi previsti dal nostro codice penale; preso atto, peraltro, anche delle diverse (e numerose) fattispecie di cui agli artt. 609 bis e ss c.p. (tra le quali si annoverano ad esempio la violenza sessuale di gruppo e diverse ipotesi di pedofilia).

La gravità del reato ha – giustamente – un diretto riverbero anche sulla massima riprovevolezza morale che tale fatto reato suscita spontaneamente ed immediatamente nell’opinione pubblica soprattutto quando le vittime sono soggetti minori pre-impuberi.

Ed effettivamente, la violenza sessuale nella maggioranza dei casi, produce terribili conseguenze sulle vittime sia sul piano fisico che, soprattutto, su quello psicologico.

In tale quadro, bisogna anche sottolineare che l’indagato incolpato di fatti obbiettivamente percepiti come aberranti e intollerabili anche dal punto di vista del “sentire comune” è esposto al rischio di gravissime pene e fin dall’inizio del procedimento penale (ovvero anche durante la fase delle indagini preliminari) corre anche il serio pericolo di essere penalizzato nell’esercizio del suo costituzionale diritto di difesa proprio perché un’ipotesi di un reato così grave (sotto diversi punti di vista e, quindi, non solo giuridico) è indubbiamente una pregiudiziale impossibile da non tenere in considerazione (basti pensare che l’indagato per un reato sessuale posto in stato di custodia cautelare è tenuto separato da coloro che sono ristretti per reati c.d. comuni) nlla pianificazione ed attuazione della linea di difesa per l’assistito.

In tali casi il difensore – con un approccio tecnico assolutamente dovuto per i doveri istituzionali e deontologici che regolano e sanciscono l’attività dell’avvocato – ha l’imperativo morale e giuridico di tutelare con il massimo impegno, solerzia ed attenzione i diritti del cliente proprio perché a fronte di una ipotesi di reato assolutamente grave, maggiore è il rischio che i diritti dell’incolpato siano lesi.

Peraltro, bisogna sempre tenere presente che non è assolutamente raro che il soggetto indagato sia effettivamente innocente.

In ogni caso, anche qualora fosse colpevole, egli è titolare di diritti assolutamente inviolabili che la Costituzione e l’ordinamento giudiziario riconoscono ad ogni cittadino (indagato o meno che sia e, ovviamente, anche se colpevole).

Vorrei in questa sede riportare fedelmente un articolo credo di grande importanza comparso a pagina 117 del volume “Scienze forensi teoria e prassi dell’investigazione scientifica” edito da UTET (2009 – 2010) a cura del Dott. Massimo Picozzi e del Dott. Alberto Intini; articolo a firma del Dott. Andrea Gentiluomo e della Dott.ssa Cristina Cattaneo.

Si tratta di una analisi attenta, precisa e completa del reato di violenza sessuale sia dal punto di vista generale che da quello dell’inqudramento giuridico.

Articolo che rappresenta un importante punto di riferimento – a giudizio di chi scrive – per la comprensione del reato in parola e utile quale spunto per un’analisi ragionata delle possibili linee difensive (anche a tutela della persona offesa).

Si riporta integralmente il passo citato:

“I reati a sfondo sessuale pongono una complessa serie di problemi a tutti coloro che si trovano a dover affrontare una delle varie sfaccettature della questione.

E’ evidente che un’aggressione sessuale ha implicazioni molteplici che riguardano il contesto ove si è sviluppata (familiare o extra familiare), le specificità soggettive della vittima (nella relazione con l’aggressore, con il suo ambiente di vita), le conseguenze sulla salute della vittima stesse e anche le conseguenze giudiziarie dell’episodio che necessariamente interferiranno con tutti gli altri assi sommariamente richiamati.

Ne deriva che ogni intervento che l’episodio di violenza rende necessario deve necessariamente integrarsi con tutti gli altri, dovendosi necessariamente tenere conto primariamente delle complesse esigenze della persona vittima dell’aggressione.

(…)

Anche se le esigenze di cura, da intendere in senso ampio, devono essere l’obiettivo primario dell’intervento, le questioni di natura giudiziaria (nelle loro caratterizzazioni investigative e probatorie) sono nondimeno rilevanti, richiedendo una chiara impostazione in generale delle questioni in modo da poter pianificare le indagini cliniche secondo procedure idonee a dare la massima probabilità di acquisire, se presenti, informazioni e materiali utili per una soddisfacente conclusione della vicenda processuale.

In questa prospettiva, è necessario chiarire subito che la violenza sessuale non è una diagnosi medica.

Anche se l’esame clinico della vittima può permettere di acquisire elementi di valutazione rilevanti per l’assoluzione giudiziaria del problema, proprio perché la vittima è simultaneamente il testimone privilegiato della vicenda e, per così dire, l’elemento centrale della scena del crimine. In ogni caso, pur con cospicue limitazioni cautele, le rilevazioni medico-forensi e biologiche possono avere riflessi importanti sull’esito delle indagini dei giudizi, di modo che si tratta di una possibilità che, fatte salve le esigenze sanitarie generali, non può essere tralasciata.

IL CONTESTO GIURIDICO

È opportuno richiamare in sintesi i profili codicistici che costituiscono ovviamente lo sfondo entro il quale narrare gli interventi medici a finalità giudiziaria.
L’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale) stabilisce che “ chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona…..”.

La 609-ter c.p. prevede varie circostanze aggravanti della violenza sessuale, identificate come segue: “… 1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 14; 2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa; 3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; 5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore. La pena è della reclusione da 7 a 14 anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 10 …”.

L’articolo 600-quater c.p. (Atti sessuali con minorenne) definisce le sanzioni per contatti sessuali al di fuori dell’ipotesi di violenza, minaccia o abuso di autorità (cfr art. 609 bis) nei seguenti termini: “… soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni 14; 2) non ha compiuto gli anni 16, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo una relazione di convivenza.
Al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 609 bis, l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l’abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni 16, è punito con la reclusione da tre a sei anni….”.

Rammentiamo qui che il medesimo articolo stabilisce che: “…non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 609 bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni 13, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni…..”.

In sostanza, si possono individuare aspetti distinti suscettibili di valutazione biomedica, in particolare:
– quelli relativi all’elemento oggettivo del reato, riguardanti quindi le tracce del contatto sessuale;
– quelli riconducibili alle circostanze del reato, relativi cioè alle tracce di costrizione fisica oppure connessi alle condizioni di inferiorità fisica o psichica;
– attinenti alle eventuali ipotesi di aggravamento, quali l’uso di armi di sostanze alcoliche, la cotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
– quelli relativi all’identificazione dell’aggressore.

Un’ultima avvertenza si rende necessaria.

La tipologia di eventi è assai composita, ma dobbiamo necessariamente distinguere due campi essenziali, quello cioè relativo a fatti coinvolgenti soggetti prepuberi e quelli che vedono coinvolte vittime post-puberi.

Fatte salve le inevitabili aree di sovrapposizione ed eventi del tutto particolari, per solito la situazione delittuosa che vede coinvolti soggetti pre-puberi è caratterizzata da lunga durata nel tempo, si realizza in ambiti familiari o a questi prossimi o assimilabili, vede coinvolti atti sessuali caratterizzati da una potenzialità di lesione tissutale molto limitata e, quasi sempre, non comporta una penetrazione vera e propria. In queste condizioni, la ricerca di una traccia del contatto sessuale sul corpo della vittima assume una evidente centralità probatoria, ma, disgraziatamente, e assai infrequente, poter rilevare segni chiaramente interpretabili (…).

Nel caso del soggetto post-pubere, l’evento delittuoso per solito costituisce una circostanza isolata, anche quando si inserisce in un contesto socio ambientale personale multi problematico anche in queste evenienze, peraltro, molto frequentemente l’aggressore è persona nota alla vittima, di modo che lo stereotipo dello sconosciuto che aggredisce e scompare deve essere di molto ridimensionato. Chiaramente, ciò si riflette sulle esigenze probatorie specifiche, nel senso che può divenire meno determinante il rilievo clinico biologico in senso ampio, nel momento in cui non è in discussione se sia avvenuto un rapporto sessuale, ma se questo fosse esente da violenza, nelle varie declinazioni che la giurisprudenza ha dato il concetto generale, o estraneo a un’induzione a carattere abusivo”.

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