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Dai reati tributari, occorre distinguere i reati fallimentari che conseguono a una dichiarazione di fallimento cui può essere soggetto un imprenditore o una società.
Le norme incriminatrici trovano collocazione all’interno di una legge speciale, che è la Legge Fallimentare che regola anche gli aspetti civilistici del fallimento.
Se per commettere un reato tributario basta rivestire la qualità di contribuente, perché sia addebitata una condotta rientrante tra i reati fallimentari è necessario che il soggetto sia un imprenditore commerciale o una società, oppure uno dei soggetti (l’amministratore o il liquidatore, ad esempio) che rappresentano la società.

Non potrà essere imputato di un reato fallimentare, ad esempio, un libero professionista titolare di partita iva che, invece, potrà commettere un reato tributario.
Il procedimento penale si apre a seguito della denuncia effettuata dal curatore fallimentare.
Infatti, il curatore fallimentare – che è il soggetto deputato dal giudice delegato a traghettare l’impresa verso la sua estinzione e liquidazione – ha l’obbligo di presentare al giudice una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza prestata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sul tenore della vita privata dell’imprenditore e della sua famiglia, sulla responsabilità di questo e su quant’altro possa rilevare anche ai fini dell’istruttoria penale.
Se la procedura fallimentare riguarda una Società, il curatore dovrà esporre i fatti ed estendere le informazioni anche agli amministratori, ai sindaci, ai soci e ad eventuali terzi estranei.
La Procura della Repubblica riceve una relazione nella quale il curatore deve aver obbligatoriamente evidenziato eventuali fatti che – a suo avviso – integrano gli estremi di reato per il vaglio dell’Autorità Giudiziaria.
I principali reati c.d. fallimentari sono i reati di bancarotta, punibili non in quanto tali, ma solo quando l’imprenditore venga dichiarato fallito.
In sostanza, la dichiarazione di fallimento costituisce elemento costitutivo dei rati di cui si tratta.
Non si esclude, tuttavia, che sussistendone i requisiti, le condotte di seguito descritte possano configurare altri illeciti imputabili all’imprenditore non raggiunto da una dichiarazione di fallimento.

La Legge Fallimentare prevede varie tipologie di reato.

L’ipotesi di bancarotta si articola sostanzialmente in:
1) la bancarotta fraudolenta che si realizza quando l’imprenditore distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, espone passività inesistenti (è la bancarotta fraudolenta patrimoniale); oppure quando sottrae, distrugge o falsifica, in tutto o in parte, in modo tale da procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li tiene in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (bancarotta fraudolenta documentale), oppure ancora, a scopo di favorire taluni creditori rispetto ad altri esegue pagamenti o simula titoli di prelazione (è la bancarotta fraudolenta preferenziale).
Con tale ultima previsione il Legislatore ha inteso garantire anche in via penale la c.d. par condicio tra la massa dei creditori, ovvero la possibilità che ognuno di essi possa essere soddisfatto nei propri crediti dalla procedura fallimentare che è concorsuale e riguarda tutta la situazione patrimoniale del debitore fallito;

Bisogna rilevare che la Corte di cassazione ha ribadito anche recentemente (Sentenza n. 30337, Sezione V^. Vedi nelle news) che affinchè si realizzi il reato di bancarota  fraudolenta documentale non occorre il dolo specifico dell’agente ovvero che lo stesso si prefigga specificatamente di renedere impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale tenendo irregolarmente le scritture contabili; essendo sufficiente che il sogegtto incolpato ne abbia la consapevolezza (ovvero che sappia che la tenuta irregolare implicherà il difetto della ricostruzione del patrimonio sociale).

Si realizzerà il reato di bancarota  documentale semplice e non fraudolenta quando l’agente tenga le scritture contabili in maniera difforme da quelle rpeviste dalla Legge senza consapevolezza di rendere non ricostruibile il patrimonio sociale.

2) la bancarotta semplice imputabile all’imprenditore fallito che ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; oppure ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni manifestamente imprudenti, ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. Responsabile di bancarotta semplice è anche il fallito che nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, ovvero dall’inizio dell’impresa se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge, oppure li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Come si intuisce, la distinzione tra la più grave forma di bancarotta (fraudolenta) rispetto a quella semplice consiste nel fatto che nel primo caso l’agente opera con un volontà e intento fraudolento, nella consapevolezza di commettere condotte che diminuiranno il patrimonio sociale e quindi influiranno negativamente (anche) sui diritti della massa dei creditori.
Nell’ipotesi di bancarotta semplice, invece, l’agente agisce senza dolo ma in modo avventato e imprudente.

3) Un’altra ipotesi di reato prevista dalla legge fallimentare è quella del ricorso abusivo al credito che incrimina l’imprenditore che ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto, salvo che la condotta posta in essere non costituisca più grave reato (ad es. la truffa).

4) L’imprenditore fallito può poi incorrere nel reato di omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare, quando redige un inventario dei beni non fedele alla realtà.
Ancora una volta, si intendono tutelare i creditori che nella procedura di fallimento trovano l’unica via per soddisfare – di solito solo in parte e in misura minima – le proprie pretese creditorie.

5) Commette il reato di denuncia dei creditori inesistenti l’imprenditore che dichiara creditori con i quali non hai mai intrattenuto rapporti patrimoniali.

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