Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Il Legislatore nel corso degli anni ha più volte modificato la normativa in materia di stupefacenti ricorrendo anche nell’aprile del 1993 allo strumento referendario che ha portato all’abrogazione dell’articolo concernente il divieto di uso personale di sostanze stupefacenti.
Nel 2006 il Legislatore ha individuato ai fini della rilevanza penale delle condotte illecite il criterio della quantità di stupefacente fissata tramite un’apposita tabella ministeriale.
Il Legislatore, inoltre, ha contemplato al 5^ comma dell’art. 73 DPR 309/1990 (ovvero il Decreto del Presidente della Repubblica che prevede la normativa volta alla repressione dello spaccio di sostanze stupefacenti) un’attenuazione della pena (anche consistente ma sempre prevista tra uno e sei anni di reclusione) nei casi in cui:
– per i mezzi,
– le modalità;
– o le circostanze dell’azione;
– ovvero per la qualità e quantità delle sostanze,
i fatti reato esposti nei commi precedenti dell’art. 73 del D.p.r. sopra richiamato (ovvero, appunto, le ipotesi di spaccio di sostanze stupefacenti) siano considerati di lieve entità con la conseguente diminuzione della pena.
Sia la Dottrina che la Giurisprudenza hanno sempre considerato il 5^ comma dell’art. 73 D.p.r. 309/1990 attenuante speciale (ovvero prevista ed applicabile solo in base alla disciplina sugli stupefacenti e comportante una diminuzione di pena più consistente rispetto alle “normali” attenuanti) tanto da ritenere possibile la sussistenza del concorso con l’attenuante generale di cui all’art. 62 n. 4 del codice penale applicabile – in generale per tutti i reati contro il patrimonio e/o motivati dai fini di lucro – ai reati con conseguenze di lieve entità.
In altre parole, dal momento che l’attenuante ex art. 73 comma 5^ prevedeva già una diminuzione di pena per i casi di spaccio di minore gravità; si è sempre ritenuto che alla fattispecie fosse applicabile anche la più generale attenuante prevista in tutti i casi in cui il reato ccommesso abbia importanto conseguenze di lieve entità ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità.
La Corte d’Appello di Napoli – I Sez. penale con la Sentenza n. 1940/2012 – ha stabilito che il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. non può sempre conseguire automaticamente in tutti i casi di vendite al minuto di poche dosi di stupefacente e, pertanto, la ravvisabilità in concreto dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., anche in concorso con la speciale attenuante prevista dall’art. 73 5^ comma DPR 309/1990, non può che essere frutto di una specifica e puntuale analisi che prenda in esame tutti gli elementi ontologici e referenziali del fatto criminoso si da valutare il coefficiente di lesività o di pericolosità del fatto reato (di speciale “tenuità”) che può legittimare il riconoscimento dell’attenuante.
Sentenza massimata e pubblicata su Guida al Diritto del 25 agosto 2012 n. 33/34