Skip to content

Il codice di procedura penale impone all’art. 390 comma 2 che il Pubblico Ministero ed il difensore in caso di arresto di un cittadino siano avvertiti senza ritardo.
L’avvertimento al difensore è strumentale affinchè il professionista nominato (di fiducia o di ufficio) non solo possa conferire con il proprio assistito (anche se ristretto in camera di sicurezza); ma anche e soprattutto per permettere all’avvocato di partecipare all’udienza di convalida dell’arresto che si deve tenere per legge entro 96 ore – al massimo – dall’arresto (il Pubblico Ministero deve richiedere al Giudice l’udienza di convalida entro 48 ore ed il Giudice competente deve fissare l’udienza “al più presto” e comunque entro le 48 ore successive. L’arresto è inefficace se il Pubblico Ministero non rispetta le 48 ore previste dalla Legge per la sua richiesta così come l’arresto decade se la pronuncia del Giudice non interviene entro 96 ore dall’effettuazione).
Orebene, è di tutta evidenza – soprattutto nel caso di difensore nominato di fiducia dall’arrestato o nominato dai familiari dello stesso (vedi “domande e risposte” circa la facolà di nomina dei prossimi congiunti) – l’importanza che riveste il corretto ed effettivo avviso al difensore (da parte delle Forze dell’Ordine che hanno operato l’arresto) dell’udienza di convalida sì da permettere al professionista di presenziare efficacemente.
Con l’avvento dei cellulari che ormai tutti possiedono, il problema è relativo poichè solitamente il professionista è sempre reperibile direttamente.
La Sentenza in commento, tuttavia, è particolarmente interessante perchè sembra avvallare una forma di avviso al difensore che – per certi aspetti ed a parere del sottoscritto – non ne assicura in modo alcuno l’effettiva conoscenza e, in via mediata, sembra affievolire il diritto dell’arrestato ad essere assistito durante l’udienza di convalida dal professionista designato.
Invero, la Sezione IV^ della Corte di Cassazione nella Sentenza del 11 – 30 luglio 2012 ha stabilito che anche il messsaggio inviato dalle Forze di Polizia sul telefonino del difensore – anche in assenza di un riscontro da parte di questi – deve essere considerato quale avviso effettuato nei termini di legge ed idoneo in ogni caso a costituire la conoscenza ex lege da parte del destinatario.
Così la Corte:

” In tema di udienza di convalida dell’arresto o del fermo, l’articolo 390 comma II del c.p.p. prevede che dell’udienza sia dato avviso “senza ritardo” al pubblico ministero e ai difensori, non configurando così alcuno specifico termine in considerazione della presenza di una obiettiva situazione di urgenza, che impone l’intervento di una decisione rapida dell’autorità giudiziria. Ne deriva la possibilità di utilizzare forme atipiche di avviso, la cui validità prescinde dalla conoscenza effettiva dell’informazione da parte dell’interessato. (da queste premesse, la Corte ha ritenuto valida la notificazione dell’avviso al difensore a mezzo di “Sms” sull’utenza cellulare e irrilevante la circostanza della mancata conoscenza del emssaggio a causa del mancato ascolto della registazione. Nel medesimos enso cfr sezioni Unite della Corte di Cassazione 30 ottobre 2002)”

Rimane il fatto che tale tipo di comunicazione – ancor più di quella a mezzo telefax o del messaggio sulla segreteria telefonica dello Studio – non solo può essere facilmente non notato/letta/ricevuta dal destinatario (per uno dei molti motivi per i quali i messaggi sms non giungono a colui al quale sono inviati) ma – forse aspetto ancora più rilevante dal punto di vista più strettamente giuridico – soprattutto non permette una prova legale di effettivo invio.
Infatti, il telefax e la mail, ad esempio, possono essere provati con una ricevuta di spedizione/invio mentre, come detto, il messaggio non è provato da alcuna traccia producibile da parte di colui che lo invia (considerando che è assai improbabile – per non dire impossibile – che le Forze di Polizia producano al giudice durante l’udienza di convalida il cellulare o la sim card con la quale veniva effettuato l’invio del messaggio).

Tale conclusione della Corte implica, a parere del sottoscritto, una conoscenza legale che non solo è molto probabile non giunga effettivamente al destinatario, ma anche una presunzione che NON si basa su dati di fatto immediatamente riscontrabili; con tutto detrimento della posizione dell’arrestato che potrebbe non vedere in aula il suo difensore non raggiunto dall’Sms inviatogli dai CC o dalla PS.
(la massima della Sentenza è stata tratta dal n. 41 del 13 ottobre 2012 di Guida al Diritto alle pagg. 81 e 82).

Torna su
Cerca