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Analizziamo per sommi capi in questo articolo quello che impropriamente è stato ribattezzato dagli organi di stampa il Decreto (il secondo del 2013) “svuota carceri” ovvero il Decreto Legge 146/2013 entrato in vigore il 24.12.2013.
Il provvedimento legislativo di cui trattiamo – sollecitato anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo con la sentenza del 8.1.2013 che condannava l’Italia per il trattamento carcerario inumano riservato ai ricorrenti – si intitola Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.
Occorre puntualizzare subito che il Decreto Legge 146/2013 non prevede alcun provvedimento clemenziale (amnistia o indulto) né alcun automatico sconto di pena per i detenuti e gli internati ma solo un potenziamento di alcuni istituti già esistenti nel diritto penitenziario e nella procedura penale e l’introduzione di alcuni istituti e Autorità (come il Garante nazionale dei diritti del detenuto) deputati alla salvaguardia dei diritti delle persone recluse.
Sul punto, prima ancora di affrontare l’analisi dei punti più salienti del decreto in commento, chi scrive desidera fare una riflessione che – credo – possa essere condivisa in linea di principio se si approccia il problema sociale del sovraffollamento carcerario con l’opportuno equilibrio.
La pena della detenzione – ovvero la restrizione della libertà personale presso una struttura statale c.d. totale a ciò deputata – è una pena disciplinata e prevista dal codice penale quale rimedio special e general preventivo (ovvero, rispettivamente, affinché il reo non delinqua dopo il commesso reato e tutti i cittadini siano spinti a non farlo poiché consapevoli delle conseguenze di condotte illegali) che nel nostro ordinamento deve tendere (costituzionalmente) alla rieducazione del reo (il Legislatore ha espressamente utilizzato il verbo “tendere” poiché la rieducazione non deve essere imposta al condannato ma verificarsi con la sua collaborazione).
Questi sono principi base del nostro ordinamento frutto di una storia secolare fatti propri anche da tutti gli Stati europei che riconoscono i dettami della Carta Europea dei diritti dell’uomo.
Non esistono (né potrebbero esistere) nel nostro ordinamento norme che impongono per i detenuti delle pene accessorie oltre la restrizione della libertà che sanciscono (e rendono legale) l’opportuno ed indefettibile sovraffollamento delle strutture penitenziarie (con tutte le conseguenze che ne derivano) o che le pene detentive siano eseguite in strutture fatiscenti, malsane, senza attrezzature di sorta e, comunque, non adatte alla permanenza prolungata dei soggetti ivi rinchiusi.
E’ evidente che la pena – in quanto tale – deve essere afflittiva per chi la subisce (e sul punto non è possibile fare alcuna osservazione di segno contrario); ma, come detto, l’afflittività non deve superare quella soglia oltre la quale si trasforma in un trattamento inumano assolutamente lontano da quella rieducazione che dovrebbe essere lo scopo della pena (e, ad esempio, costringere dieci persone adulte a dividere 24 ore al giorno uno spazio appena sufficiente per cinque uomini è sicuramente un trattamento non rispettoso dei diritti umani).
Non è possibile negare che molto spesso si è portati a ritenere i detenuti del tutto responsabili della loro condizione e, in alcuni casi e per certi reati, assolutamente meritevoli di ogni surplus di pena che la condizione di detenzione può determinare.
Non è questa la sede per riflettere sulla dimensione filosofica della pena detentiva; ma sul punto occorre fare una duplice osservazione:
– Il nostro Stato (a torto o a ragione, dipende dalle posizioni) ha sancito a livello costituzionale (riconoscendo anche norme ed Autorità internazionali) che la pena per il reo non deve consistere in trattamenti disumani e deve tendere alla rieducazione del condannato;
– La rieducazione è un obbiettivo possibile (non è una valutazione soggettiva:i numeri lo dimostrano in quelle strutture dove effettivamente è cercata ed attuata) ed è utile dal momento che scongiura la commissione di nuovi crimini.
Ciò posto, il Legislatore ha il dovere – senza alcuna concessione ad un supposto “buonismo” delle istituzioni – di provvedere ad eliminare il sovraffollamento carcerario sia in virtù della concezione della pena adottata dal nostro Paese sia in attuazione di una utile politica criminale volta a diminuire il fenomeno del recidivismo.
Non si fraintenda l’intervento del Legislatore (e, nello specifico, il Decreto Legge 146/2013) come un colpo di spugna o un trattamento di favore per coloro che sono stati condannati.
Peraltro, come sopra accennato, le disposizioni del Decreto in esame non comportano né comporteranno nell’immediato alcuna emorragia di condannati o l’indistinta concessione di benefici carcerari.

I PUNTI SALIENTI DEL DECRETO LEGGE 146/2013
Come detto, la norma ha previsto sia la modifica di alcuni istituti già esistenti nel nostro ordinamento sia la creazione di nuovi presidi giuridici che dovrebbero portare ad una graduale diminuzione del sovraffollamento carcerario con un più ragionato impiego di misure alternative alla detenzione e con l’introduzione dell’autonoma figura di reato ex art. 73 comma 5 DPR 309/1990 ovvero lo spaccio di lieve entità (fino ad oggi considerato NON un reato a sé ma una circostanza solo attenuante della fattispecie più grave prevista dal primo comma del medesimo articolo. Vedi oltre).

Ecco nel dettaglio gli aspetti più caratteristici della nuova disciplina:
 – Incentivo all’utilizzo del braccialetto elettronico ex art. 275 bis c.p.p. per permettere una maggiore applicazione della detenzione e degli arresti domiciliari.
Il braccialetto elettronico era già stato introdotto dal Legislatore nel 2000 ma non ha mai avuto una reale diffusa applicazione per la difficoltà di reperimento sia del personale deputato al controllo sia delle attrezzature necessarie. Con il Decreto Legge 146/2013 il Legislatore ha inteso facilitarne l’utilizzo imponendo ai giudici di motivare specificatamente le ragioni per le quali tale dispositivo, nel caso concreto, non è ritenuto idoneo al controllo del soggetto al quale si dovrebbe applicare. Nel frattempo (dal 2000 ad oggi), inoltre, l’innovazione tecnologica ha permesso un ammodernamento dei dispositivi di controllo, una maggiore affidabilità degli stessi ed una più semplice attività di controllo che le Forze dell’Ordine dovrebbero esperire. Va da sé che una maggiore applicazione del controllo presso il domicilio comporterebbe una diminuzione degli ingressi in carcere di quei soggetti, ad esempio, sottoposti a custodia cautelare in carcere (soggetti che, evidentemente, dovrebbero possedere in ogni caso le risorse morali e materiali per rispettare il regime di restrizione della libertà personale presso il domicilio con controllo remoto).

– Autonoma configurazione del reato di spaccio di lieve entità ex art. 73 comma 5 DPR 309/1990 e diminuzione della pena per tale ipotesi da un massimo di sei ad uno di cinque anni.
Lo spaccio di lieve entità (per i mezzi e la quantità di sostanza stupefacente oggetto della cessione a terzi) diviene un reato autonomo e non più una circostanza attenuante della cessione a terzi di cui al primo comma del medesimo articolo.
Tale innovazione permetterà un trattamento sanzionatorio più mite per il microspaccio (in tema di bilanciamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e, soprattutto, della recidiva ex art. 99 comma 4 c.p.) e, quindi, un minor ricorso alla pena detentiva.
E sul punto occorre sottolineare che la popolazione carceraria è attualmente composta per quasi un terzo da soggetti tossicodipendenti effettivamente coinvolti nel c.d. spaccio di strada.
Inoltre, il braccialetto potrà essere utilizzato anche per il controllo dei soggetti detenuti ammessi ai permessi premio, al lavoro esterno ed alle misure alternative alla detenzione. Rimane ancora in vigore l’arresto facoltativo in flagranza per tale reato e, quindi, un effettivo contenimento della portata deflattiva della novella sulla popolazione carceraria.

Ampliamento da tre a quattro anni del termine entro il quale è possibile usufruire (anziché della detenzione intramuraria) dell’affidamento in prova al servizio sociale (ovvero la misura alternativa alla detenzione che è possibile espiare presso il proprio domicilio sottostando a limitazioni orarie e di libero movimento sul territorio;

– Prolungamento e stabilizzazione dell’espiazione delle pene detentive entro i 18 mesi presso il domicilio e, quindi, abolizione del termine dell’istituto in parola originariamente previsto in vigore fino al 31 dicembre 2013;

Potenziamento dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato a titolo di pena alternativa al carcere.

 – Ripensamento e nuova applicazione della liberazione anticipata e potenziamento della stessa.
Come noto, prima della riforma di cui qui si tratta, ogni detenuto che collaborava all’opera di rieducazione aveva diritto a 45 giorni di detrazione della pena ogni sei mesi di pena scontata.
Il Decreto Legislativo 146/2013 ha ridisegnato l’istituto in questi termini:
1. I giorni di detrazione della pena per coloro che espiano una pena detentiva presso il carcere sono oggi aumentati a 75 gg per ogni semestre di pena espiata;
2. Tutti coloro che hanno espiato la pena in carcere a partire (o successivamente) al 1° gennaio 2010 e sono già stati ritenuti meritevoli di liberazione anticipata per i semestri espiati (ovvero i 45 giorni previsti prima della riforma del Decreto in esame) avranno diritto – FACENDONE APPOSITA RICHIESTA al Magistrato di Sorveglianza – ad una ulteriore detrazione di giorni 30 per i semestri già espiati qualora abbiano tenuto una condotta corretta e partecipe all’opera di rieducazione;
3. I richiamati giorni 75 di liberazione anticipata saranno riconosciuti anche ai condannati per i reati particolarmente gravi ex art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario qualora abbiano dato prova di un concreto recupero sociale.
4. Da sottolineare che la liberazione anticipata di cui si tratta (i 75 giorni detratti per ogni semestre espiato e la maggiore detrazione dei 30 giorni per i semestri espiati a partire dal 1° gennaio 2010) NON si applicano a coloro che hanno espiato (e stanno espiando la pena) in detenzione domiciliare o in regime di affidamento in prova al servizio sociale (e anche sotto questo profilo si intuisce come il Legislatore del Decreto in esame abbia inteso porre un freno al sovraffollamento e non già alleggerire accorciandole in maniera indiscriminata le pene inflitte).
5. In ogni caso, la liberazione anticipata “potenziata” sarà in vigore esclusivamente per due anni dall’entrata in vigore del decreto ovvero fino al 24 gennaio 2015.

Nuova disciplina del reclamo opposto dal detenuto avverso provvedimenti disciplinari che ne compromettono sensibilmente i diritti (e non già tutti i provvedimenti di ordine disciplinare).
Prima della riforma – come aveva rilevato la Corte Costituzionale nel 2006 – il reclamo del detenuto avverso provvedimenti disciplinari inflitti dall’amministrazione penitenziaria erano privi di tutela giurisdizionale (ovvero la trattazione in contraddittorio tra le parti avanti ad un Giudice terzo) ed erano decisi in difetto di una efficace difesa tecnica della posizione del ricorrente.
La novella in esame introduce (oltre ad un più ampio ventaglio dei soggetti giuridici ai quali il reclamo può essere inoltrato) un vero e proprio giudizio avanti al Magistrato di Sorveglianza con possibilità di successiva impugnazione del provvedimento decisorio avanti alla Corte di Cassazione.

– Istituzione di un nuovo ente – il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale – deputato al controllo ed alla supervisione delle condizioni dei detenuti con poteri di raccomandazione, ispezione, documentazione ed investigazione (in tema di trattamento intramurario) assolutamente ampi e mai prima esercitati da un collegio unitario con il dovere di riferire annualmente direttamente ai Presidenti di Camera e Senato e ai Ministri dell’Interno e della Giustizia.

Il Decreto Legge 146/2013 – che potrà subire diverse modifiche in sede di conversione – affronta, quindi, sotto diversi profili (e anche sotto la spinta di organi ed istanze sovranazionali) il delicatissimo tema del sovraffollamento carcerario e delle attuali condizioni degradanti dei detenuti con interventi ad ampio spettro assolutamente non clemenziali ma dipendenti dalla meritevolezza del richiedente e non venendo meno alle legittime richieste di protezione e certezza della pena provenienti dalla società civile tutta.
Per adesso, è impossibile stilare un bilancio dei risultati che la novella permetterà di raggiungere e solo il tempo consentirà di valutare la correttezza metodologica dei soggetti (Giudici, avocati, operatori sociali, amministrazioni penitenziarie in primis) deputati all’attuazione del Decreto Legge n. 146/2013.

(Articolo redatto dall’Avv. Giuseppe Maria de Lalla. Ne è vietata la riproduzione).

Questo articolo ha 26 commenti

  1. caro Collega buonasera
    ho letto anche il tuo commento relativo al D. legge 23.12.13 n 146 e faccio anche mie le tue considerazioni.
    Forse per mero errore di battitura, quando parli di liberazione anticipata, la detrazione originaria per ogni semestre di pena è pari a 45 gg no 35.
    cordiali saluti e buon lavoro

    1. Caro Collega,
      Ti ringrazio e mi fa molto piacere avere l’approvazione di un “addetto ai lavori”.
      Provvedo immediatamente a correggere l’errore di battitura sfuggitomi durante la rilettura.
      A presto e cordialità.
      Giuseppe de Lalla

  2. Buonasera Giuseppe, di nulla.
    Seguo con piacere le pubblicazioni sul tuo sito, che ho tra i preferiti sul pc.
    daltronde, per noi minatori del diritto, tutto questo rappresenta il nostro pane quotidiano.
    Sei un po piu grande di me, io ho 37 anni e mi prmetto di darti del Tu, ma davvero devo complimentarmi per la tua precisione, semplicità e soprattutto dedizione alla materia.
    Conosco del Foro di Milano Jacopo Cappetta e Fabio De Matteis.
    Sono Calabrese, di Cosenza, e per qualsiasi cosa qui da me in Tribunale se dovesse capitarti, non esitare a contattarmi.
    A presto e buon lavoro.

  3. Scusate se mi intrometto, io non sono un Avvocato ma volevo cogliere l’occasione per complimentarmi anche io con l’avv. de Lalla perché da quando ho scoperto questo sito sono praticamente sempre aggiornato in materia penale, per lo meno in merito agli argomenti più attuali. Infatti, colgo l’occasione proprio per ringraziare per il servizio gratuito che l’avv. fornisce tramite i suoi articoli resi comprensibili anche ai “non addetti ai lavori” come me. Grazie ancora. A proposito di giorni di detrazione originaria, in america o meglio negli USA accordano 4 giorni di liberazione anticipata per ogni libro studiato ! Mica male l’idea !

    1. Caro Collega,
      Ti ringrazio molto per le belle parole che mi sono da sprone per darmi sempre più da fare.
      L’idea made in USA mi sembra ottima anche se da noi i problemi del sovraffollamento delle carceri sono davvero drammatici.
      A presto e tanta cordialità.
      Giuseppe Maria de Lalla

  4. carissimo avvocato, volevo chiederle il mio compagno ha effettuato 22 mesi in carcere e dopo hai domiciliari in questo quinquennio benificera’ della liberazione anticipata di 75 gg almeno per i semestri maturati in carcere? perche’ su questo punto non abbiamo ancora capito nulla.
    nel ringraziarla per la vostra cordiale disponibilita’ aspetto risposta
    la ringra
    zio anticipatamente……

    1. Gentile Signora,
      la norma prevede che la liberazione anticipata di giorni 75 sia concessa:
      – a far data dal 2010;
      – per i periodi trascorsi esclusivamente in carcere.
      cordialità.
      Avv. Giuseppe Maria de Lalla

    1. Egregio Signore,
      Si. Il decreto è in vigore dal dicembre 2013.
      Riguardo alla effettiva applicazione, leggendo l’articolo si renderà conto che si tratta di un pacchetto di norme che NON implicano immediatamente la scarcerazione dei detenuti.
      Ogni caso deve essere analizzato singolarmente.
      Sicuramente vi sono state già diverse applicazioni della norma.
      Cordialità.
      Avv. Giuseppe Maria de Lalla

  5. Mi scuso x l’errore che ho commesso riguardo che mio figlio si trova da 6 mesi nel carcere di Palermo tutto ciò e vero però prima si trovava nel carcere di Poggioreale dove aveva scontato 2 anni e poi e stato trasferito a Palermo dove sta finendo di scontare la pena e proprio l’altro giorno sono venuti i carabinieri a casa x sapere se accettavo mio figlio a casa come lo stesso lo hanno domandato alle mie due figlie maggiorenne e proprio su questo vi volevo chiedere se già e stato accettato la detenzione domiciliare x mio figlio, oppure e una prassi normale e poi decideranno. Grazie e scusatemi di nuovo perché come già vi ho accennato vi ho scritto un messaggio prima di questo.

    1. Ho letto con attenzione la Sua mail.
      La risposta è si: si tratta di una prassi normale.
      Viene verificato se effettivamente il richiedente ha la possibilità di essere accolto presso il domicilio che dichiara nell’istanza.
      Avv. Giuseppe Maria de Lalla

    1. Attualmente i limiti di cui all’art. 47 dell’ordinamento penitenziario riguardo all’affidamento in prova ai servizi sociali sono stati aumentati ad anni 4 (prima del Decreto 146 del 2013 erano 3).
      Quindi con una condanna pari ad anni 3 e mesi 6 ci sono i presupposti meramente quantitativi della pena per richiedere la misura alternativa di cui trattiamo.

      1. La ringrazio molto. Preciso che il reato risale al 2004 dieci anni fa e che chi l’ha commesso é incensurato ha un lavoro da 18 anni sempre lo stesso e un figlio di 18 mesi….la tipologia del reato peró è tra quelli gravi….sarà esclusa dai benefici?
        Grazie ancora

  6. La ringrazio molto. Preciso che il reato risale al 2004 dieci anni fa e che chi l’ha commesso é incensurato ha un lavoro da 18 anni sempre lo stesso e un figlio di 18 mesi….la tipologia del reato peró è tra quelli gravi….sarà esclusa dai benefici?
    Grazie ancora

  7. Salve le volevo chiedere alcune informazioni. Ho mio fratello recluso presso il 41bis di Opera, è stato condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione per 416bis. Condannato senza validi motivi ma semplicemente per il cognome che porta, laureato in ingegneria edile ed incesurato. Ha effettuato 8 anni di reclusione, ma non ha mai chiesto la liberazione anticipata. Oggi è stato assolto su un nuovo procedimento accusato di art 629 agg. art 7. Come portiamo noi i conteggi gli resta circa un anno, quindi le chiedo cosa si può fare per farlo tornare fuori. grazie

    1. Ho letto con molta attenzione la mail.
      dopo 8 anni di reclusione dovrebbe giovare di oltre 16 semestri di libertà anticipata ovvero con uno sconto minimo (calcolando i canonici 45 giorni per ogni semestre) di 720 giorni di sconto sulla pena che sono quasi due anni.
      Risulta quindi che la pena residua – poco più di due anni con un calcolo all’eccesso – dà la possibilità di avanzare una richiesta di misura alternativa alla detenzione.
      Si potrebbe ipotizzare una richiesta di affidamento in prova al servizio sociale ma forse prima bisognerebbe provare a chiedere uno o più permessi premio.
      Dipende molto dalla relazione di sintesi ovvero dal resoconto – in buona sostanza – della partecipazione di suo fratello all’opera di rieducazione redatto dal personale preposto in servizio presso il carcere.
      Quindi dal punto di vista teorico sicuramente la situazione è tale da poter esplorare la concessione di una misura alternativa all’attuale regime di detenzione.
      Cordialità.
      Avv. GM de Lalla

  8. Buongiorno Avv.to la presente per chiederle alcune cose. Mi marito il 19 giungo 2015 a seguito dell’ordine di carcerazione arrivato il giorno prima all’avv.to si è andato a costituire personalmente presso la caserma dei carabinieri in zona alla nostra residenza ed è stato portato presso il carcere di bergamo. Il nostro avv.to ha fatto domanda per l’istanza dell’affidamento in prova in data 21 luglio 2015. La motivazione della condanna è bancarotta fraudolenta ed è stato condannato a 3 anni e 6 mesi. Ad oggi 1 ottobre 2015 non abbiamo ancora la risposta all’istanza. Ovviamente sono stata contattata dal UEPE e dai Carabinieri ed entrambi mi hanno detto di aver stipulato una relazione positiva sulla richiesta in questione. So per certo che anche in carcere mio marito si sta comportando bene tant’è vero che sono stata chiamata dall’educatrice che mi ha detto lei stessa di non aspettare ottobre (come voleva il nostro avvocato) per presentare l’istanza perchè mio marito poteva tornare a casa anche prima di ottobre. Ho telefonato diverse volte in cancelleria a Brescia e la cancelliera gentilissima mi ha detto che l’istruttoria è terminata e che stiamo aspettando la risposta del magistrato. Ora le mie domande sono queste:
    1- se è vero che con lo svuota carceri la pena per richiedere l’affidamento in prova è passata da 3 a 4 anni, come mai mio marito è stato comunque incarcerato e non ha potuto presentare domanda di affido prima di entrare in carcere;
    2 – è vero che il termine di 45 gg entro i quali il magistrato risponde all’istanza non è perentorio…ma qui siamo arrivati a quasi il doppio del tempo e francamente è mooolto frustante – senza considerare che ad oggi, se la risposta fosse no – le udienze le stanno fissando tra gennaio/febbraio
    Immagino che i casi vanno visti singolarmente e che bisogna avere sotto mano tutte le carte, ma secondo lei ci sono buone possibilità che accolga l’istanza considerando che: si è costituito, il reato è stato commesso nel 2007 e se avesse voluto fuggire lo avrebbe già fatto, ha un lavoro che lo aspetta e che aiuto l’economia della famiglia, ha una figlia minore, la relazione del carcere/UEPE/Carabinieri è positiva, la pena è di 3 anni e 6 mesi di cui 3 mesi e mezzo già scontati in carcere???
    Grazie per la risposta e soprattutto per il suo tempo.
    Saluti

    1. Signora Buongiorno,
      Ho letto con grande attenzione la Sua mail.
      Devo necessariamente chiederLe di inviarmi via mail (info@studiolegaledelalla.it) la copia dell’ordine di esecuzione notificato a Suo marito (oppure può mandarmelo via telefax allo 02784001).
      Senza quello non posso pronunciarmi con un minimo di attendibilità. Non Le sarei di nessun aiuto e non sarebbe nemmeno professionale né nei Suoi confronti né in quelli del Collega che assiste Suo marito.
      Dopodiché La contatterò sul Suo indirizzo mail.
      Cordialità.

      Avv. GM de Lalla

  9. salve avvocato vorrei porle un quesito.
    Purtroppo un mio parente stretto e’ stato condannato in primo grado a 4 anni per reati dell’art 609 bis e 314 c.p …in appello la pena e’ stata ridotta a 2 anni e 9 mesi di reclusione e in cassazzione e’ stata confermata, ora la mia domanda e’ questa:
    Considerando che l’imputato e’ incensurato ed ha 63 anni potrebbe usufruire dello svuotacarceri visto che la pena da scontare ammonta a 2 anni e mesi 9 ??? oppure potrebbe usufruire di misure alternative alla detenzione ???
    ringranziandola anticipatamente
    attendo una sua risposta

    1. Buongiorno,
      dalle indicazioni che mi ha fornito posso comunicarle quanto segue.
      Per quanto riguarda la sua domanda circa la possibilità di scontare la pena presso il domicilio, purtroppo, il limite previsto dalla Legge146/2013 c.d. svuota carceri è di 18 mesi, l’art. 5 ne prevede infatti, la possibilità solo per le pene detentive (anche residue) non superiori a diciotto mesi.
      Tuttavia, per quanto concerne la detenzione domiciliare, pur trattandosi di soggetto ultrasessantenne la possibilità di scontare la pena al domicilio ex art. 47 ter OP, già in questa momento, purtroppo è prevista solo nel caso in cui il detenuto sia affetto da patologie gravi che richiedono costanti contatti con strutture ospedaliere (tra l’atro per il reato per cui è ristretto rientra nelle previsioni dell’art. 4 bis OP che vieta espressamente la concessione dei benefici, ovviamente non conoscendo il capo di imputazione non posso esprimermi con certezza a riguardo).
      La Legge c.d. svuota carceri ha previsto tuttavia, per coloro che sono detenuti, la possibilità di richiedere la liberazione anticipata di 75 giorni per ogni semestre di detenzione in un arco di tempo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il dicembre 2015.
      Pertanto, il suo congiunto potrebbe innanzitutto fare istanza al Magistrato di Sorveglianza per ottenere la liberazione anticipata che ovviamente contribuirebbe ad una significativa riduzione della pena.

      (risosta dell’Avv. La Ferrera dello Studio Legale de Lalla)

  10. Valuta la nota delle autorità di P.G inoltrata a questo ufficio e riferita al detenuto in regime di arresti domiciliari p . D. Osservato che in via interpretativa il supremo collegio a indicato che “e leggittima la revoca della detenzione domiciliare in presenza di ripetute ad accertate violazione delle prescrizioni imposte ” e che quanto precede il supremo collegio ha indicato anche in caso di denunzia o di arresto del detenuto conseguito in riferimento ad un solo episodio di evasione…. osservato che nel caso sottoposto ad esame si è trattato di un del tutto peculiare di evasione , attesa che il condannato e stato ritrovato nella cantina dello stabile ove aveva l’obbligo di dimorare ,a seguito di richiesta di intervento della madre ,che nn lo aveva trovato in casa ; rilevato che l’unica nota di allarme consiste nella circostanza che il condannato è stato trovato in stato di ebbrezza e , probabilmente sotto effetto di stupefacenti. Considerato che tale condotta certamente esecrabile, ma comunque attentamente monitorato ,eventualmente anche con più controlli più frequenti dalla parte delle autorità competenti al controllo e qualora dovesse ripetersi potrà certamente condurre alla provvisoria sospensione della forma alternativa di pena attualmente in essere:. Rilevato in ogni caso che,anche alla luce degli insegnamenti giurisprudenziali sopra riportati ,per la constatata impossibilità di inserire il detto episodio in un contesto di ulteriori elementi che segnalino la tenuta da parte del condannato di una condotta complessiva incompatibile con la persecuzione della misura alternativa ,non paiono sussistere le condizioni e le ragioni per procedere alla revoca della misura alternativa allo stato in essere ,e, quindi, per attivare da parte di questo MS i poteri di cui all’art. 51 ter O.P ritenuto ,nondimeno,di dover formalmente diffidare il condannato a seguire una condotta regolare,altrimenti si procederà alla sospensione della forma alternativa. La mia domanda è questa è un ammonizione di condotta ho posso richiedere i 45 giorni ? Grazie mille

    1. Ovviamente li può e deve richiedere.
      ma non può avere la certezza che glieli concederanno.
      Tenga presente che i c.d. “giorni” vengono concessi quando la persona collabora all’opera di rieducazione e segue le prescrizioni impostegli.
      Pare che nel caso specifico lei non lo abbia fatto.
      comunque li chieda.
      cordialità.

      Avv. GM de Lalla

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