Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Pubblichiamo per estratto e com Cassazione – Sezione VI, sentenza 9 maggio/23 settembre 2014 n. 38791 mentiamo in queste pagine una recente sentenza della Corte di – che, ad avviso del sottoscritto, appare quanto meno degna di profonde riflessioni poiché (sembrerebbe) non del tutto in linea con le garanzie difensive della persona accusata di aver commesso un reato (garanzie anche di rango costituzionale e ribadite dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo CEDU).
La pronuncia della Corte (sotto riportata per estratto così come massimata da “Guida al Diritto” n. 1 del gennaio 2015) fa riferimento al caso di un soggetto per il quale è fissata l’udienza di convalida dell’arresto e che non è in grado di comprendere la lingua italiana.
Si tenga presente che:
– La convalida dell’arresto – ovvero la pronuncia del Giudice sulla legittimità dell’arresto – deve obbligatoriamente intervenire entro 96 ore dall’arresto. Se ciò non accade, l’arrestato deve essere rimesso immediatamente in libertà;
– Durante l’udienza di convalida l’arrestato ha il diritto di essere interrogato e di decidere se rispondere oppure di avvalersi della facoltà di tacere (limitandosi a confermare le proprie generalità);
– Nel corso dell’udienza di convalida prendono la parola il Giudice, il PM, il Difensore e di norma anche l’ufficiale di PG che ha proceduto all’arresto e che fa una breve relazione sugli accadimenti che hanno portato all’arresto (quindi, che l’accusato decida o meno di parlare, gli altri soggetti del processo prendono la parola e illustrano i temi ritenuti rilevanti per la posizione che ricoprono).
Nella Sentenza in commento, la Corte osserva che la mancata presenza di un interprete che traduca all’arrestato ciò che avviene in udienza e che traduca, altresì, eventualmente le sue parole…NON è causa ostativa alla regolarità della celebrazione dell’udienza di convalida.
Ovvero, per la Corte di Cassazione:
se una persona è accusata di aver commesso un reato ed è oggetto di una udienza nel corso della quale si deciderà se privarlo (temporaneamente) della libertà o meno e/o se (quantomeno) è stato arrestato legittimamente (e non è rimasto vittima di un errore della Polizia o, peggio ancora, di un abuso)..NON E’ NECESSARIO CHE COMPRENDA LE PAROLE di chi lo accusa, di colui che lo difende, di coloro che lo hanno arrestato, del Giudice che lo giudica e – altresì –, secondo la Corte, non occorre che tutti questi soggetti conoscano la sua versione dei fatti.
Questo – almeno – si comprende dalla decisione in commento.
La Corte, invero, partendo dal presupposto che la persona PUO’ liberamente NON essere presente in udienza e che, comunque, può rifiutarsi di essere interrogata quando:
– Il PM proceda alla convalida in assenza dell’indagato poiché rimesso immediatamente in libertà non essendo intenzione dell’accusa (il PM medesimo) richiedere una misura cautelare in sede di udienza di convalida;
– L’indagato (pur essendo presente in udienza) decida di non rispondere alle domande e si avvalga della facoltà di non rispondere
osserva che il Giudice in queste due ipotesi può decidere in ordine alla convalida anche senza l’apporto dell’accusato e – quindi – anche se non è stato reperito l’interprete, il caso è assimilabile (per forza maggiore) alle due eventualità di cui sopra che, come visto, NON sono ostative alla regolarità dell’udienza di convalida.
Il ragionamento logico-giuridico, a parere di chi scrive, è del tutto fallace ed illegittimo.
Invero:
- La scelta dell’accusato di non essere presente durante l’udienza di convalida o non rispondere alle domande è – appunto – una scelta dell’accusato e tale deve rimanere. Solo a fronte di una libera determinazione dell’accusato di non parlare e di non essere presente in aula (scelta che può essere anche difensiva), il Giudice della convalida – preso atto della libera disposizione ed attuazione del diritto di difesa da parte di colui che ne è titolare – può procedere legittimamente con la decisione che è chiamato a emettere.
- In ogni caso, anche se l’accusato decide di avvalersi della facoltà di non rispondere, egli è e rimane titolare del costituzionale, basilare ed insopprimibile (per uno Stato che è definito “di diritto”) diritto di difesa in base al quale (è ovvio) l’accusato debba capire perfettamente ciò che avviene nel procedimento penale (e quindi anche durante l’udienza di convalida dell’arresto) istruito e celebrato a suo carico.
Davvero appare del tutto singolare che i Giudici di legittimità possano ritenere superfluo che l’accusato comprenda esattamente (e decida, quindi, consapevolmente di dare o meno il proprio contributo) tutti i passi del procedimento penale celebrato a suo carico.
Peraltro, assimilare l’assenza dell’interprete all’udienza di convalida al (giustificabile) caso fortuito non è davvero ammissibile – ad avviso di chi scrive – in un sistema giudiziario di un Paese civile.
Se un soggetto viene arrestato, tradotto in carcere (o comunque in un commissariato o caserma che sia), successivamente portato in tribunale al cospetto del Giudice, vi è tutto il tempo per reperire un interprete iscritto all’albo.
Negare questa evenienza significherebbe ammettere che i nostri processi sono in balia….della fortuna o della sfortuna dell’accusato.
Riportiamo qui di seguito la massima della Sentenza qui in commento.
L’impossibilità di reperire in tempo un interprete in grado di comprendere la lingua dell’indagato non è causa ostativa all’adozione del provvedimento di convalida dell’arresto: l’ordinamento processuale, infatti, richiede che il Giudice decida sulla legittimità dell’arresto in via pregiudiziale e assorbente addirittura anche nel caso in cui l’arrestato sia già posto in libertà dallo stesso pubblico ministero (come si evince dall’articolo 121 (vedi nota 1) delle disposizione di attuazione del Cpp), ovvero non possa essere interrogato per forza maggiore o altro motivo (come deve implicitamente desumersi dal disposto dell’art. 391 comma 3 Cpp (vedi nota 2)). Ne discende che il mancato interrogatorio dell’arrestato per la sua ignoranza della lingua italiana e la rilevata impossibilità di reperire un interprete nel breve termine di legge previsto per la convalida deve essere assimilato ad un caso di forza maggiore che non ostacola la decisione sulla legittimità o no dell’arresto compiuto dalla polizia giudiziaria. (Da queste premesse, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza di non convalida dell’arresto motivata proprio con il rilievo dell’impossibilità di reperimento di un interprete).
1. oltre che nei casi previsti dall’articolo 389 del codice, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dover richiedere l’applicazione di misure coercitive.
2. Nel caso di liberazione prevista dal comma 1, il giudice, nel fissare l’udienza di convalida, ne dà avviso, senza ritardo, anche alla persona liberata.
(@articolo redatto dall’avv. Giuseppe Maria de Lalla. Ogni diritto riservato).
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