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L’art. 660 del Codice Penale sanziona “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”.

cyber bullismo
cyber bullismo

La norma tutela l’ordine pubblico mediante la repressione di fatti che colpendo la quiete privata possono generare situazioni di disordine.
La contravvenzione è solo dolosa, ai fini della punibilità e, infatti, è richiesto che il fatto sia compito per petulanza o per biasimevole motivo.
Negli ultimi anni, soprattutto dopo una sempre più ampia diffusione e utilizzo dei social network e delle community (Facebook, Twitter, Badoo, etc..), la Corte di Cassazione è intervenuta anche in ambito di molestie o disturbo alle persone arrecati tramite le piattaforme informatiche.
In particolare, in data 12 settembre 2014 la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 37596 ha riconosciuto la piattaforma sociale Facebook quale “piazza immateriale” che consente un numero indeterminato di accessi e di visioni (da parte degli altri utenti delle rete), pertanto al pari di ogni social network o community liberamente accessibile, costituisce un vero e proprio “luogo” aperto al pubblico, in cui può essere commesso il reato di molestie di cui all’art. 660 c.p..

A tal proposito, la Suprema Corte nella citata sentenza chiarisce che ”l’espressione “luogo pubblico o aperto al pubblico” che, non accompagnata dalla condizione della contemporanea presenza di più persone ricorre negli articoli 352, 404, 405, 660, 663, 688, 689, 690, 718, 720, 725, 726 c.p., secondo la dottrina e la giurisprudenza consolidate sta a indicare: per luogo pubblico, quello di diritto o di fatto continuativamente libero a tutti, o a un numero indeterminato di persone; per luogo aperto al pubblico, quello anche privato, ma al quale un numero indeterminato, ovvero un’intera categoria, di persone, può accedere, senza limite o nei limiti della capienza, ma solo in certi momenti o alle condizioni poste da chi esercita un diritto sul luogo (ovvero dal titolare dello ius excludendi)”.

bullismo telematico
bullismo telematico

L’invio di messaggi (ad esempio post molesti) sulla pagina Facebook di un soggetto permetterebbe, dunque, di ricondurre la condotta dell’autore alla fattispecie di cui all’art. 660 c.p. proprio per la natura di “luogo” virtuale (“piazza immateriale”) aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete di un social o di una community.

Dopo questo intervento della Cassazione tutti colori che quotidianamente utilizzano social e community inviando messaggi e post sulla bacheca di altri utenti dovranno prestare molta attenzione non solo al contenuto ma alla eventuale natura molesta (per numero e contenuto) dei loro interventi.

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