Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
E’ diffusa a torto l’ipotesi che l’eventuale stato di ebbrezza del conducente sottoposto a cure mediche in conseguenza di un sinistro stradale NON possa essere provato tramite le analisi del sangue a meno che lo stesso non abbia espresso il proprio consenso alle analisi stesse (o, meglio, alla ricerca dei metaboliti dell’alcool nel sangue ovvero ad una ricerca mirata).
In realtà, il Codice della Strada (e l’interpretazione dello stesso da parte dei Giudici di merito) pemette che lo stato di ebbrezza sia accertato tramite analisi del sangue anche senza consenso dell’interessato quando:
– la persona oggetto delle analisi sia sottoposta a cure mediche in conseguenza di un sinistro stradale;
– il soggetto sia il conducente di un mezzo coinvolto;
– le analisi siano effettuate per scopi e con finalità mediche;
– le analisi NON siano eseguite specificatamente per l’accertamento dello stato di ebbrezza e NON siano precipuamente disposte dalle forze di polizia eventualmente intervenute.
Quindi, il carattere “invasivo” dell’accertamento NON ne fa venire meno a priori l’effettuabilità (ed il conseguente valore di prova scientifica) anche in caso di mancato consenso espresso dell’interessato.
Inoltre, la disposizione in commento evidenzia:
• che l’accertamento invasivo (prelievo) sarebbe illegittimo se effettuato per disposizione delle forze di polizia (e non per esigenze mediche) in assenza di consenso dell’interessato e per fini processuali;
• il dissenso del conducente ricoverato opposto al prelievo richiesto dalle forze di polizia per soli fini processuali (e non già effettuato dai sanitari per scopi medici di cui si è già detto) farà scattare il reato ex art. 186 comma 7 Cds che sanziona il rifiuto all’accertamento (sanzione penale equivalente a quella prevista per l’ipotesi di intossicazione alcolica più grave di cui all’art. 186 Cds);
• l’accertamento ematico potrà essere disposto solo in ambito ospedaliero e, quindi, nel caso in cui venga proposto – e rifiutato – in qualunque altra sede potrà essere rifiutato senza che ciò comporti la contestazione del rifiuto all’accertamento.
Leggiamo la massima estrapolata della Sentenza n. 34519 della IV^ Sezione della Corte di Cassazione pubblicata su “Guida al diritto” n. 44 del 3 novembre 2012 e approfondiamo il commento al massimo redatto sulla medesima rivista da Giuseppe Amato.
I risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso l’ documentazione medica e restando irrilevante ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso”.
E’ pacifico in giurisprudenza, che è legittimo acquisire ed utilizzare il certificato medico relativo all’accertato tasso di alcool nel sangue dell’interessato, se e qualora l’analisi del sangue sia sta effettuata dal personale ospedaliero, non a richiesta specifica degli agenti di polizia stradale, ma unicamente per motivi clinici e a scopo curativo delle lesioni riportate dal predetto nell’incidente stradale in cui questi sia stato coinvolto (tra le tante, Cassazione Sezione IV^, 4 novembre 2009, Boraco). Per converso , tale accertamento “invasivo” sarebbe illegittimo e processualmente inutilizzabile (a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 9 luglio 1996 n. 238) se e solo se effettuato, in assenza del consenso dell’interessato, a iniziativa dell’organo di polizia a fini processuali. Ne discende che il “consenso” dell’interessato può rilevare – per escludere la possibilità di effettuare il prelievo ematico – solo nel caso si tratti di accertamento richiesto dalle forze di polizia con l’unico fine di accertare l’eventuale stato di ebbrezza. Invece, qualora il prelievo ematico venga effettuato con scopi sanitari e terapeutici (in occasione del ricovero a seguito di incidente stradale) non si pone un problema di invasione indebita della sfera privata e, con esso, un problema di consenso. Anzi, nel caso di ricovero ospedaliero a seguito di incidente stradale, l’eventuale “dissenso” dell’interessato a sottoporsi a prelievo ematico farebbe scattare l’ipotesi del rifiuto sanzionata penalmente ex articolo 186, comma 7, del codice stradale, espressamente estesa proprio al caso, previsto dal precedente comma 5, dl”conducente coinvolto in incidente stradale sottoposto a cure mediche”. In ambiente ospedaliero, invero, l’accertamento alcolimetrico non può che essere “ematico”, vuoi perché comunque maggiormente attendibile rispetto a quello effettuato con l’”etilometro”, vuoi perché comunque tale strumento è riservato all’uso delle forze di polizia. Da quanto esposto, discende però una conseguenza importante, desumibile del resto dall’inequivocabile formulazione dell’art. 186, comma 7: l’esame ematico può essere svolto, ovviamente in ambiente ospedaliero, non ad libitum, ma solo nell’ipotesi indicata dal comma 5 dell’articolo 186 (conducente coinvolto incidente stradale e ricoverato per essere sottoposto in ospedale alle cure mediche). In tutte le altre situazioni, l’eventuale rifiuto al prelievo ematico non sarebbe direttamente utilizzabile per farne discendere la responsabilità a titolo di rifiuto ex articolo 186, comma 7 (per riferimenti, Cassazione, sezione IV^, 25 settembre 2009, Acosta).
(Da guida al diritto n. 44 – 3 novembre 2012 pag. 87).