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Negli ultimi tempi si assiste sempre più sovente a trasmissioni televisive alle quali partecipano (anche) i difensori di soggetti imputati e/o indagati nonchè dei professionisti nominati dalle vittime.

Alle medesime trasmissioni partecipano anche i diretti interessati, gli amici, i parenti, i testimoni e, spesso, tutti coloro che in qualche modo potrebbero avere (anche solo potenzialmente) voce in capitolo.

Si pensi ai recenti tristissimi e gravissimi delitti di Melania Rea e, particolarmente, della giovane Sara Scazzi che davvero pare essersi tramutato – e mi si perdoni il parallelismo azzardato ma azzeccato – in una telenovela.

E’ un fenomeno piuttosto recente anche che molte di queste trasmissioni (sia sulle reti pubbliche che private) siano programmi di puro intrattenimento che vanno in onda nel pomeriggio e che alternano le opinioni di esperti più o meno qualificati su omicidi, sequestri, stupri e distruzioni di cadavere a notizie di puro gossip sentimental/sessuale.

Quale può essere e deve essere il ruolo del difensore in tale circo mediatico che – in ogni caso – riscuote sempre maggiore successo sul pubblico? Quale la sua condotta? La partecipazione a tali trasmissioni giova al cliente?

L’opinione di chi scrive è che è necessario valutare caso per caso.

L’approccio dovrebbe essere sempre molto pragmatico: quale utilità può avere per l’assistito che il suo difensore partecipi ad una di queste trasmissioni dal taglio assolutamente a-tecnico ma che possono essere sicuramente delle sedi ove cominciare ad illustrare e/o corroborare la linea difensiva?

Credo che – potendo scegliere – bisognerebbe che il difensore limitasse la propria partecipazione a quei programmi con un taglio il più possibile di approfondimento e non di intrattenimento. Con un parterre di ospiti e con un conduttore davvero esperti del settore capaci di dare vita ad un contraddittorio serio che dia l’opportunità all’avvocato di esporre dei concetti (a favore del proprio assistito) tecnicamente rilevanti e corretti preziosi per chiarire ed illustrare la posizione del cliente senza essere interrotti dall'”esperto” di turno (che magari non conosce nemmeno la differenza tra arresto e fermo) che chiama l’applauso con un’affermazione populista.

Per chi patrocina la vittima, per la quale – solitamente – il pubblico nutre istintivamente comprensione, le cautele sono minori poichè anche un “contenitore” di cabotaggio anche contenuto potrà dare risonanza e rilievo al drmma patito dalla persona offesa.

Se, poi, l’assistito ha le qualità necessarie (bella presenza, padronanza di linguaggio, una buona dose di freddezza e, se occorre, anche di teatralità), non sarà una cattiva idea (se opportunamente preparato) farlo apparire ed intervenire dandolgi la possibilità di esporre le proprie ragioni (evidentemente attentamente vagliate prima con il difensore).

(continua)

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