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La legge n. 199/2010 entrava in vigore il 16 dicembre 2010 ed è possibile – decorso quasi un mese – fare oggi un primo approssimativo bilancio e una analisi (per forza di cose, solo parziale) della sua concreta applicazione.

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Diversamente da come si paventava (soprattutto da parte di alcune forze politiche) non vi è stata nessuna “emorragia” dalle carceri (che non si sono certo svuotate) né sembra vi siano stati gravi e numerosi episodi di reiterazione del reato da parte di quei soggetti – relativamente pochi – che hanno già potuto usufruire del beneficio.

L’iter di applicazione è risultato essere piuttosto lungo e tutt’altro che privo di ostacoli:

1) Innanzitutto (ma questo era già un dato pacifico) la persona interesatta deve presentare apposita istanza o personalmente o per mezzo di un difensore: la concessione della detenzione domiciliare non è automatica ed in assenza di richiesta non si instaura nessun procedimento.
2) L’istanza deve transitare in ogni caso – ovvero sia che sia presentata direttamente dal detenuto presso gli uffici del carcere sia che lo faccia il difensore nominato con deposito presso il Magistrato di Sorveglianza competente – dall’istituto di detenzione (e, quindi, la domanda presentata direttamente dal detenuto – sempre che abbia tutti i documenti disponibili – risulta più “veloce” di quella presentata al Magistrato).
3) Infatti, il fascicolo che si forma a seguito della richiesta deve contenere una relazione da parte degli addetti in servizio presso il penitenziario (psicologi ed educatori) che illustri la condotta tenuta dal richiedente presso l’istituto (un documento che può definirsi una relazione di sintesi parziale);
4) L’istruttoria prevede anche che vi sia una indagine volta ad accertare l’idoneità del luogo indicato dal richiedente (valutando anche i familiari conviventi) per lo svolgimento della detenzione domiciliare (l’indagine è di norma svolta da operatori dell’U.E.P.E ovvero dell’Ufficio Esecuzione Pene Esterne già Servizi Sociali).
5) Terminata l’istruttoria, il fascicolo viene consegnato al Magistrato di Sorveglianza per la decisione.

E’ evidente come tutto il percorso non permetta e preveda “decisioni lampo” e come ogni singolo caso sia attentamente istruito per la migliore e più accurata decisione.

Fondamentale è la corretta presentazione della domanda (e probabilmente, anche a costo di una certa dilatazione dei tempi, tale evenienza giustifica la nomina di un difensore ad hoc) completa di ogni documentazione necessaria poiché, non essendo prevista alcuna udienza di trattazione e preso atto della relativa speditezza di tutto l’iter, il successivo deposito della stessa potrebbe risultare tardivo o eccessivamente difficoltoso.

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