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Ho il grande piacere di pubblicare nel sito dello Studio Legale de Lalla (nonché sulla pagina Facebook sempre dello Studio) la tesi di laurea magistrale in Giurisprudenza della Dottoressa Manuela Deiola dal titolo: IL TESTIMONE VULNERABILE: NUOVE PROSPETTIVE DI TUTELA. 

La mia gratitudine e soddisfazione è perlomeno duplice. 

Innanzitutto, come ho già osservato su queste pagine in passato, sono davvero lieto di poter dare spazio a giovani appassionati e studiosi di Legge, di diritto e procedura Penale, di Scienze Forensi e, in generale, di Diritto. 

Al di là delle molte pubblicazioni di illustri e più o meno famosi Giuristi, esperti di Scienze Forensi e Criminalistica reperibili on line e che ovviamente anche il sottoscritto consulta, studia e per mezzo delle quali si aggiorna, è assolutamente interessante e utile rivolgersi anche ai lavori di giovani neolaureati capaci di affrontare, analizzare ed illustrare le medesime materie con grande competenza, completezza ed anche con un respiro autenticamente pratico. 

Si tratta molto spesso – come nel caso della Dottoressa Deiola e della Dottoressa Bianconi autrice dell’elaborato già pubblicato sul sito dello Studio (https://www.studiolegaledelalla.it/autopsia-psicologica-e-la-diagnosi-differenziale-tra-omicidio-e-suicidio/) – di veri e propri compendi dedicati ad un argomento inerente il procedimento penale che viene approfondito ed esplicato con un alto livello tecnico ed in maniera assolutamente esauriente. 

Nel caso della tesi di Laurea della Dottoressa Deiola, inoltre (ed è il secondo motivo della mia soddisfazione a dedicarle lo spazio che merita), ho l’opportunità di divulgare un ottimo lavoro dedicato ad un argomento di grande attualità, utilità e di grandissima importanza nel procedimento penale ovvero la Testimonianza dei c.d. “soggetti deboli” (principalmente minori e portatori di fragilità di ordine psichiatrico e psichico) e delle persone offese da  reati di natura principalmente sessuale. 

Si tratta di una disciplina della testimonianza tutt’affatto peculiare tesa a proteggere l’asserita vittima dalla vittimizzazione secondaria (che si verifica ogni qual volta il teste è costretto a ripercorrere i fatti di cui è rimasto vittima) ed al contempo a contemperare tale obbiettivo con la tutela del diritto di difesa dell’accusato. 

Diritto che – principalmente in caso di una imputazione per un delitto sessualmente connotato – rischia spesso di essere leso sia alla luce della gravità della contestazione rivolta all’accusato sia, soprattutto,  poiché il coacervo accusatorio si basa essenzialmente sul portato delle dichiarazioni della persona offesa che può essere, appunto, un minore, un infermo di mente che deve essere escusso dal Giudice (e non direttamente dal Difensore dell’imputato) coadiuvato da un ausiliario esperto di Psicologia. 

 La Tesi della Dottoressa Deiola (che potete trovare scaricabile interamente in formato PDF in fondo a questa introduzione), analizza dettagliatamente la disciplina, gli istituti e le norme dedicati alla testimonianza dei soggetti vulnerabili e soprattutto l’aspetto della vittimizzazione secondaria degli stessi affrontando (non solo) temi quali: 

  • i Disagi e lo stress emotivo del testimone come conseguenze derivanti dal contesto processuale;  
  • La figura del testimone vulnerabile ed il sistema di protezione per essa previsto; 
  • La nascita della vittimologia come scienza autonoma e il fenomeno della vittimizzazione secondaria. 

Vediamo dalle parole stesse dell’Autrice le motivazioni ed il percorso che l’hanno portata ad interessarsi di questo aspetto del processo penale. 

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 Il mio lavoro di tesi ha analizzato lo speciale sottoinsieme di regole processuali che, sotto la spinta di una -relativamente- recente politica criminale internazionale e sovranazionale, anche grazie alla nascita della vittimologia come scienza autonoma, sono state introdotte dal nostro Legislatore a tutela di una particolare categoria di testimoni, i cosiddetti “testimoni vulnerabili”.  

Questi si differenziano dai testimoni “comuni” poiché destinatari di una disciplina maggiormente protettiva da adottare in deroga a quelle che sono le ordinarie regole di assunzione della prova dichiarativa. 

Perciò, in relazione a questo peculiare genere di testimoni, pensiamo in particolar modo al minore, all’infermo di mente o alla persona offesa dal reato che sia maggiorenne, è giustificata l’adozione di particolari modalità di assunzione delle relative dichiarazioni, sia durante la fase delle indagini preliminari sia nell’eventuale incidente probatorio, sia in fase dibattimentale.  

Tutte queste cautele sono mirate a evitare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, ovvero quei pregiudizi ulteriori di natura psicologica e sociale che scaturiscono dall’entrare in contatto con il sistema di giustizia penale che si aggiungono alle conseguenze dirette ed immediate del reato.  

La ratio sottesa a tali interventi protettivi è senz’altro lodevole, ma questi hanno dato vita ad una sedimentazione normativa che, nonostante abbia avuto il pregio di aver progressivamente allargato ed esteso le tutele originariamente previste solo per il minore, ha causato la perdita della coerenza e dell’organicità originaria di tale disciplina e ha condotto ad un vero e proprio ginepraio normativo.  

Un argomento a mio avviso di estremo interesse e attualità, che ha suscitato la mia curiosità già nel momento in cui mi dedicavo alla preparazione dell’esame di procedura penale e che, da quel momento in poi, ho sempre tenuto a mente quale argomento per il mio lavoro di tesi.  

 

La scelta di approfondire questo speciale sistema normativo si è rivelata poi ancor più interessante perché rivela una prospettiva inedita del nostro ordinamento processuale: quella della vittima del reato, fino a quel momento relegata ad un ruolo marginale.  

Ad essa, nel contesto di un procedimento penale prettamente “reocentrico”, si sostituiva lo Stato onde evitare il pericolo di una vendetta privata che ostacolasse l’esercizio delle prerogative difensive del reo ed il garantismo del giusto processo.  

Gli attori principali della scena processuale, infatti, erano proprio lo Stato e l’imputato, mentre la vittima doveva accontentarsi del ruolo di spettatrice del procedimento e spesso era addirittura vittima della cosiddetta “vittimizzazione secondaria”.  

Solo con gli interventi novellatori che si sono succeduti nell’ultimo decennio sono stati adottati dei provvedimenti finalizzati a garantire una maggiore protezione della persona offesa dal reato, e un ulteriore passo avanti nella direzione di una giustizia partecipata dalla vittima è stato fatto dalla riforma Cartabia con l’introduzione della disciplina della giustizia riparativa, nuovo schema di giustizia che consentirà alla persona offesa e all’autore del reato di approdare ad una risoluzione congiunta del conflitto.  

Il processo di rivalutazione che ha avuto al centro la vittima e il particolare statuto dedicato ai testimoni vulnerabili merita pertanto un approfondimento che spero che i lettori possano ritrovare nel mio lavoro.  

SCARICA “Tesi – Il Testimone Vulnerabile – Fronte-Retro”

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