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Pubblichiamo in questa news un caso DI RICHIESTA DI REVISIONE DEL PROCESSO di cui si è occupato qualche anno addietro lo STUDIO LEGALE DELL’AVV. DE LALLA.

La vicenda – solo per certi aspetti – è simile a quella che proprio oggi è riportata sulle pagine del Corriere della Sera e che ho personalmente commentato sulla pagina facebook dello Studio (https://www.facebook.com/StudioLegaleDeLalla).
Nel caso che qui tratto, l’imputato, condannato in Italia con sentenza passata in giudicato, era stato ritenuto responsabile dell’uccisione della moglie avvenuta in Italia ed il cui corpo era stato rinvenuto diverso tempo dopo in una remota regione della Spagna ove, successivamente allo svolgimento dell’autopsia, era stato custodito per anni in una apposita cella frigorifera e solo successivamente, scopertane l’identità, collegato alla marito ed alla di lui condotta omicidiaria.
La richiesta di revisione del processo, presentata dallo STUDIO LEGALE DE LALLA decorsi anni dalla condanna, poggiava le basi sulle nuove tecniche tanatologiche attraverso le quali sarebbe stato possibile datare con precisione la morte della vittima e così confermare l’alibi dell’imputato che aveva sempre sostenuto (ed in parte dimostrato) di trovarsi in Italia al momento del decesso della moglie.
Individuato l’Istituto di medicina legale spagnolo ove erano depositati i prelievi effettuati al momento dell’autopsia correttamente conservati in formalina per anni, il Difensore redigeva e depositava una richiesta al competente Giudice spagnolo affinché gli fossero consegnati i reperti da sottoporre a nuova analisi istologia al fine di addivenire, come detto, ad una corretta datazione del decesso.

Come è noto, la datazione della morte della vittima di morte violenta (ma non solo) è uno degli incombenti più complessi della tanatologia anche perché influenzata da diversi fattori (clima, vestiario della vittima, tipologia della morte, contesto in cui viene ritrovato il corpo, presenza o meno di animali saprofagi, stato del corpo).
I tre parametri che vengono solitamente misurati sono ALGOR, RIGOR e LIVOR ovvero la temperatura del corpo, la rigidità dello stesso e la presenza e lo stato delle macchie ipostatiche di color vinaccia date dal raccoglimento del sangue nelle parti declivi del corpo.
Evidentemente, questi tre parametri diventano vieppiù meno indicativi peggiore è lo stato del corpo e la risalenza del decesso.

Nel caso che qui commentiamo, il corpo era stato conservato a lungo in una cella frigorifera di tal che non vi erano più i presupposti per un nuovo esame del corpo finalizzato alla datazione della morte.
Tuttavia, durante l’autopsia svolta subito dopo il ritrovamento del cadavere quando ancora non era stato possibile dare una identità alla salma, erano stati prelevati diversi campioni di tessuto poi conservati in formalina ovvero con una procedura che permetteva di “fotografare” e conservare quei reperti nelle medesime esatte condizioni di quando erano stati prelevati.
Cosicché, effettuando un esame istologico su quei prelievi, sarebbe stata possibile una datazione della morte basata – a parere della Difesa – su tecniche scientifiche NON accessibili al momento del processo (peraltro, la datazione della morte effettuata dai Giudici spagnoli ma disattesa dal Giudice italiano, era effettivamente incompatibile con la presenza dell’imputato in Spagna. Vedi oltre per la dettagliata relazione sul caso).

Fondamentali per la richiesta di revisione furono – oltre agli esami istologici di cui sopra – anche le informazioni assunte dai medici in forze presso l’Istituto medico legale di Barcellona che, interpellati da chi scrive, specificarono alcune imprecisioni circa il meccanismo di morte della povera vittima e le possibili anomalie del corpo avvenute post mortem in esito alla manipolazione della salma per il trasporto nel luogo del ritrovamento.

Pubblichiamo qui di seguito due interessanti documenti:

  1. la relazione dell’Anatomo Patologo consulente della Difesa in esito agli esami effettuati;
  2. la richiesta (poi tradotta in spagnolo) effettuata dallo Studio Legale de Lalla al Giudice Spagnolo per la consegna (poi concessa) dei prelievi effettuati sul corpo della vittima.

Questa vicenda (come quella riportata sulla pagina dello Studio e sopra già menzionata), evidenzia l’importanza delle indagini investigative Difensive.
Indagini disciplinate dall’art. 391 bis e ss c.p.p. che permettono al Difensore di effettuare accertamenti di diversa natura (dai sopralluoghi, alle analisi scientifiche, all’audizione di persone informate sui fatti etc.) personalmente ed attraverso i suoi consulenti nominati quali esperti dello specifico campo di interesse.
Indagini investigative Difensive che possono essere sia PREVENTIVE ovvero prima ancora che vi sia una iscrizione del cliente nel registro degli indagati o prima ancora che venga depositata la denuncia querela nell’interesse del cliente persona offesa da reato (accertamenti in questo campo vieppiù necessari dopo l’entrata in vigore della legge Cartabia che ha ristretto le maglie del processo penale ammissibile solo quando vi è una “ragionevole probabilità di condanna del denunciato), sia SUCCESSIVE ALLA CONDANNA in tema di ESECUZIONE DELLA PENA e, appunto, REVISIONE.

Qui di seguito gli atti richiamati.

1. LA RELAZIONE DEL MEDICO CONSULENTE DELLA DIFESA.

Egregio Avvocato Giuseppe Maria de Lalla,

Le invio relazione relativa alla visione ed interpretazione dei preparati istologici riferentesi alla Sig.ra H A
Questo è quanto mi pare possa dichiarare secondo scienza e coscienza.
Voglia gradire i miei più cordiali saluti.

Prof. FB

Prof. Dott. FB
Medico Chirurgo
L. D. in Anatomia Patologica
Dell’Università di Milano

Relazione istopatologica richiesta dall’Avv. Giuseppe Maria de Lalla, relativa a materiale prelevato in corso di autopsia alla Sig.ra H A

Sono pervenuti dall’Istituto di Medicina Legale di Barcellona, tramite il dott. B., i prelievi conservati in formalina e ottenuti nell’anno 1993 nel corso dell’esecuzione dell’autopsia della Sig.ra H A. Inoltre sono stati consegnati n. 17 preparati istologici contrassegnati dal n. 89/93 e colorati con E.E. e relativi blocchetti inclusi in paraffina, tutti riferentesi a prelievi di utero, cute e polmone.
Altri preparati istologici (15) recanti lo stesso numero sono stati colorati con PAS,PAS-D Fibre elastiche e G.M.S. e si riferiscono esclusivamente a prelievi di parte di utero e di cute.

I prelievi conservati in formalina non permettono, all’osservazione macroscopica di riconoscere l’organo o gli organi da cui possono essere stati prelevati.
Pertanto si effettua un campionamento ulteriore relativo a tutti i prelievi pervenuti per il riconoscimento microscopico degli stessi e del tessuto di origine.
Le sezioni ottenute vengono colorate con E.E. ed esaminate al microscopio ottico assieme ai preparati allestiti presso l’Istituto di Medicina Legale di Barcellona.

Per quanto riguarda i preparati relativi a campioni di utero, si riconosce agevolmente la struttura fibromuscolare tipica della parete uterina. I fasci fibromuscolari sono ben conservati, mostrano nuclei centrali , ovoidali, allungati, ben riconoscibili e si intrecciano variamente tra di loro.
Meno conservata appare la mucosa endometriale che presenta qualche iniziale fenomeno di autolisi postmortale. Tuttavia sono agevolmente riconoscibili le ghiandole endometriali , anche se con discreto sfaldamento cellulare, immerse in uno stroma citogeno altrettanto ben identificabile.
Tra i prelievi in esame è possibile riconoscere anche l’epitelio pavimentoso pluristratificato della portio e della vagina in cui si ha desquamazione cellulare degli strati più superficiali in alcune aree, ma dove, complessivamente, è conservata la pluristratificazione, riconoscendo gli strati più profondi basali, gli strati intermedi e superficiali.
Meno agevole il riconoscimento di tratti di canale endocervicale, dove non è certa la presenza delle cellule cilindriche mucosecernenti che sono desquamate e sfaldate.

Tra i prelievi effettuati si identificano anche la cute , prelevata, come si evince dal riscontro necroscopico, a livello della regione del collo (nuca).
Anche in tali prelievi la cute è discretamente conservata. Sono riconoscibili gli strati dell’epidermide ; in particolare è possibile evidenziare i ponti intercellulari a livello delle cellule dello strato spinoso.
Lo strato basale presenta numerose cellule contenenti una discreta quantità di pigmento melanico.
Le ghiandole sudoripare e sebacee presenti sono identificabili agevolmente.
Tutti questi reperti sono sovrapponibili sia nei preparati istologici pervenuti dall’Istituto di Medicina Legale di Barcellona, sia in quelli ottenuti dai nuovi campionamenti effettuati.
I preparati istologici relativi a materiale contenuto nella cavità vaginale nulla aggiungono ai fini della determinazione dell’epoca della morte.

Si esaminano al microscopio anche i due preparati istologici di polmone pervenuti, già colorati, dall’Istituto di Medina Legale di Barcellona .
Questi presentano discreti fenomeni di autolisi postmortale , rottura di setti interalveolari e confluenza di più alveoli da iperdistensione delle vie aeree e raccolta di materiale ematico in sede intraalveolare.
Tali aspetti morfologici sono coerenti con processo asfittico acuto.

Sulla base del materiale disponibile e delle osservazioni alla microscopia ottica e quindi della possibilità di stabilire in base allo stato di conservazione dei tessuti ( purtroppo limitati poiché si tratta esclusivamente di prelievi effettuati a livello dell’utero e della cute e di due prelievi di polmone) l’epoca del decesso si può ragionevolmente ritenere che quest’ultimo sia avvenuto 24-36h, prima del ritrovamento del cadavere. Va inoltre tenuto presente che sono intercorse altre 24 h tra il momento del ritrovamento del cadavere e l’esecuzione del riscontro diagnostico.

Prof. F.R.

2. LA RICHIESTA DELLA DIFESA AL GIUDICE SPAGNOLO PER L’ACCESSO ALLA PROVA.

ILL.MO SIGNOR PRESIDENTE DELLA II^ SEZIONE DELL’UDIENZA PROVINCIALE DI GERONA

Il sottoscritto Avv. Giuseppe Maria de Lalla difensore di fiducia del Signor LUIGI C. ed attualmente detenuto presso la Casa di Reclusine di Opera (MI) in esito alla sentenza n. 2/97 emessa dalla Corte di Assise di La Spezia in data 15.04.1997 nel procedimento penale n. R.G.N.R. 176/94 nel quale il Signor C. veniva condannato alla pena dell’ergastolo per l’uccisione di sua moglie H. A., inoltra la presente istanza per ottenere dal Giudice Istruttore di Figueras (o ad altro Giudice competente) l’autorizzazione al prelievo dei reperti autoptici (vetrini e caMpioni in paraffina) prelevati sul corpo della vittima ed attualmente custoditi presso l’Istituto Nazionale di Tossicologia e scienze Forensi di Barcellona nonché l’autorizzazione a visionare ed estrarre copia dal fascicolo delle indagini svolte.

IL FATTO

In data 9 gennaio 1993 verso le ore 13,45 alcuni escursionisti rinvenivano il corpo di una giovane donna presso il bosco sito nel termine municipale di La Junquera (Gerona) e precisamente nella località nota come Coll. Portas.

Svolti i necessari accertamenti e rilievi, il corpo veniva trasferito presso il deposito cadaveri del cimitero Comunale di Figuers ed ivi, in data 10 gennaio 1993, il Medico Legale Dott. NARCISO BARDALET VINALES  ed il Dott. ROGERIO LACACI DIAZ procedevano all’esame autoptico dei resti della donna.

L’autopsia (All.to 1 in lingua spagnola) metteva immediatamente in evidenza che la donna – priva di documenti e della quale, pertanto, non era dato conoscerne l’identità – moriva di morte violenta per lesioni cervicali per lussazione della colonna cervicale a livello c1 e c2 e precisamente i consulenti intervenuti specificavano che si tratta(va) di una giovane donna non identificata che dopo aver subito violenza sessuale (veniva) uccisa mediante meccanismo che attraverso manipolazione cervicale con laccio o corda e con trazione violenta provoca la lussazione della colonna cervicale e danno neurologico in tale punto, causando la morte per “rottura del collo” oltre che, sebbene la causa principale sia quella riferita, per manipolazione cervicale come dimostrato dall’autopsia che rivela(va) una componente asfittica per meccanismo cervicale (il corsivo è citato letteralmente dal referto autoptico).

Gli stessi sanitari stimavano che la morte fosse avvenuta circa 12 – 24 ore prima del ritrovamento del corpo e che tale stima, a causa delle rigide temperature invernali, potesse subire una variazione di qualche ora.

Le autorità spagnole si attivano quindi per accertare l’identità della giovane vittima e procedevano altresì all’estrazione del D.N.A. da alcune macchie di sperma rinvenute sugli abiti della salma.

Per circa una anno le indagini sul delitto non compivano progressi apprezzabili poiché l’identità della giovane continuava ad essere sconosciuta.

Nei primi di gennaio del 1994 il Signor C., di ritorno dal Marocco ove si era recato per trascorrere le ferie natalizie con i familiari della giovane moglie – scomparsa da circa un anno –, decideva di chiedere notizie presso il posto di polizia di frontiera franco/spagnola (non distante dal luogo dell’avvenuto ritrovamento del corpo) circa eventuali decessi misteriosi o di vittime senza nome.

L’agente interpellato, ricordandosi del corpo della giovane donna scoperta non più di un anno addietro, invitava il C. a recarsi presso le autorità competenti per il riconoscimento di un corpo ancora senza nome.

In esito al riconoscimento si apriva un procedimento penale in Italia a carico del Signor C. che, in base a elementi indiziari sicuramente di una certa consistenza, si concludeva, come detto, con la condanna per omicidio volontario pluriaggravato dell’imputato (si allega copia autentica della Sentenza in lingua originale. All.to 2).

Indubbiamente, dalla Sentenza emessa dalla Corte d’Assise di La Spezia (confermata in secondo grado ed in Cassazione) si evince che il quadro indiziario a carico del condannato emerso durante le indagini preliminari successivamente ricostruito, approfondito e confermato in dibattimento, ha il pregio della coerenza e di una certa solidità.

Tuttavia, è possibile formulare alcune osservazioni su taluni aspetti del tragico accadimento così come accertato durante il processo di primo grado e successivamente confermato in Appello ed in Cassazione[1]:

  • secondo la ricostruzione del Giudice di primo grado (v. pag. 10 e pag. 22 della Sentenza di primo grado, All.to 2) il C. avrebbe compiuto il crimine per il quale sconta l’ergastolo nell’arco di tempo che va dalle 18,30 del 4 gennaio 1993 (ora in cui la vittima chiama al telefono la sorella) al pomeriggio-sera del successivo 6 gennaio (data in cui il C. si presenta a casa dell’amica S. L.) lasso temporale nel quale il condannato – al contrario degli altri giorni della medesima settimana – non ha un alibi certo (i testimoni sentiti pur non contraddicendo apertamente il condannato non riescono a collocarlo temporalmente con sufficiente precisione);
  • il cadavere della consorte del C. viene rinvenuto in data 9 gennaio 1993 alle ore 13,45 in un bosco presso il confine franco – spagnolo;
  • i patologi iberici intervenuti sul luogo del ritrovamento successivamente incaricati di eseguire l’autopsia, fanno risalire la morte della giovane nord africana a circa 12 – 24 ore prima (ovvero in un arco di tempo che va dalle ore 1,45 della notte del 9.1.1993 alle ore 13,45 dell’8.1.1993 (v. Sentenza pag. 27 e referto autoptico All.to 1);
  • i medici spagnoli specificano che – stante le temperature rigide di quel periodo – tale valutazione può essere soggetta ad una variazione di qualche ora (v. Sentenza pag. 27 e referto autopsia);
  • il medico legale nominato dal Pubblico Ministero (ovvero il Giudice che in Italia rappresenta l’accusa), oltre a sollevare qualche perplessità circa l’autopsia eseguita dai colleghi spagnoli e sottolineare la difficoltà della tanatocronologia (ovvero la datazione dell’ora della morte), comunica al P.M. di non essere in possesso di dati certi sui quali basare il proprio parere (v. corrispondenza del Dott. Lomi con l’ufficio del P.M. All.to 3) che, infatti (V. Sentenza allegata in originale pagg. 27 e 28), non determina – formalmente – un’altra datazione del decesso della vittima rispetto a quella operata dai medici legali spagnoli che eseguirono l’autopsia;
  • il Giudice di primo grado colma la lacuna del consulente tecnico e sconfessa l’operato dei patologi spagnoli osservando: “…che l’accertamento in esame, sotto il profilo tanacronologico, è stato compiuto in maniera abbastanza frettolosa e superficiale…” e che da ciò è desumibile che “…non possa escludersi che la data della morte della H. sia ulteriormente retrodatabile di almeno 2 – 3 giorni rispetto a quella indicata nel rapporto autoptico, in modo tale da collocare tale decesso nel periodo 5-6 gennaio 1993…”. (v. Sentenza pag. 28);
  • sul punto il Giudice – evidentemente intuendo che il proprio convincimento, non suffragato da una posizione chiara e precisa del consulente tecnico nominato, contrasta con quanto stabilito dai medici legali spagnoli – insiste: “… Si tratta di un dato importante, che merita di essere ribadito: non può escludersi ed è quindi possibile, che la morte della ragazza si sia verificata fra il 5 ed il 6 gennaio 1993 proprio nel periodo in cui esiste quel “buco” temporale relativo agli spostamenti dell’imputato…” (V. Sentenza pagg. 28 – 29);
  • inspiegabilmente, i Colleghi difensori che assistono il C. in questa fase del Giudizio non nominano alcun consulente tecnico (ovvero un medico legale) affinché si pronunci in merito alla datazione effettuata dal Giudice del dibattimento, né – altrettanto inspiegabilmente – acquisiscono in originale la documentazione fotografica del cadavere che MAI viene trasmessa alle autorità italiane (dall’esame delle foto – a colori – sarebbe stato infatti possibile, anche se non semplice, per lo meno analizzare i processi degenerativi della salma e quindi datarne il decesso).

Preso atto di queste lacune, il C. nominava il sottoscritto avvocato al fine di reperire ogni elemento utile per presentare istanza di revisione del processo.[2]

A questo scopo, il sottoscritto, come primo atto di indagini investigative difensive (introdotte nell’ordinamento italiano con Legge n. 397 del 7.12.2000 e disciplinate dagli artt. 391 bis e ss del Codice di procedura penale), richiesta ed accordata l’autorizzazione dei Giudici italiani che nel 1997 condannarono il C. (All.to 4), consultava ed acquisiva tutta la copiosa documentazione processuale depositata presso il Tribunale italiano.

Successivamente, verificata la possibilità di presentare istanza di revisione sulla base di una (nuova e) precisa datazione della morte della povera vittima, il sottoscritto difensore riceveva anche l’autorizzazione del Giudice Tutelare amministratore del patrimonio del condannato[3] (All.to 5) per lo svolgimento di ogni accertamento necessario.

LA NATURA DELL’ISTANZA DI REVISIONE.

Più precisamente, l’istanza di revisione si baserebbe proprio su una nuova ed approfondita disamina della documentazione medica agli atti da effettuarsi dal consulente di questa difesa (Dott. Claudio B. specialista in medicina legale) ed in particolar modo avrebbe come architrave una datazione certa del decesso della vittima sulla base dello studio dei rilievi fotografici e dei campioni prelevati in fase autoptica (le fotografie del cadavere in situ come detto, non sono mai entrate in possesso dell’autorità italiana trovandosi tuttora nel fascicolo depositato presso le autorità spagnole).

A questa difesa – e per il suo tramite anche al Signor C. – non sfugge certo la difficoltà del mezzo straordinario di impugnazione: il parere medico-legale non può dirsi un dato assolutamente “oggettivo” ed inopinabile (come ad es. potrebbe esserlo una tardiva ma genuina testimonianza a discarico) il cui apprezzamento dipende grandemente dal Giudice (peritum peritorum ovvero, nell’ordinamento italiano, “il più esperto tra i periti”) tanto che il carattere di “novità”[4] ex art. 630 lettera c) c.p.p. della nuova valutazione tecnica può senz’altro dirsi – usando un eufemismo – meno che scontato.

Tuttavia, non può non rilevarsi come il Giudice di primo grado (che ha condannato il C. e la cui Sentenza è stata poi confermata negli altri due gradi di Giudizio) abbia espresso un parere tanatocronologico (che per stessa ammissione del consulente tecnico dell’accusa risulta essere probabilmente il problema più complesso nella medicina legale, quello in cui è più facile cadere in errore – v. Sentenza pag. 28) basandosi su presupposti dettati più dal buon senso (e forse anche dalla “logica” processuale) che dalla scienza medica.

Invero, il Giudice risolve una questione centrale del processo indiziario a carico del C. alla luce di un percorso logico-argomentativo che pur poggiando su una valutazione puramente empirica e – mi sia concesso – piuttosto superficiale di un dato più che medico, meteorologico (ovvero: faceva freddo ed è quindi possibile – checchè ne dicano i medici spagnoli che pure sulla variazione dell’ora stimata si sono specificatamente pronunciati e nel silenzio del consulente nominato dall’accusa – può essersi conservato in maniera tale da apparire più recente) contraddice – di fatto – il parere di specialisti super partes andando oltre le conclusioni dello stesso consulente nominato dall’accusa.

Si può quindi concludere che alla base della condanna a vita del C. vi sia una evenienza probabilistica non frutto di uno specializzato accertamento in positivo (il decesso è avvenuto in quella data e per quella data gli indizi portano al C.) bensì una pronuncia a-tecnica di ordine contrario (non può escludersi ed è quindi possibile che la morte della Hajate si sia verificata in quel momento e l’imputato per quel momento non ha un alibi).

Ciò posto, e tenuto conto, come detto, della natura indiziaria dell’intero processo ed in minima parte anche di vere e proprie lacune delle indagini (ad esempio non è stato effettuato alcuna ricerca di fibre e/o altre tracce appartenenti alla vittima nell’autovettura che il C. avrebbe utilizzato per trasportare il cadavere della moglie – peraltro – per ben quattro frontiere) questo difensore – confortato in tal senso anche da un parere già espresso informalmente dallo specialista in medicina legale – ritiene che l’istanza di revisione di cui si tratta – benché “fisiologicamente” non dotata di elevate probabilità di accoglimento (ricordiamo che l’ordinamento italiano prevede la revisione come mezzo di impugnazione “straordinario”) non sia affatto priva di fondamento

LA PRIMA TRASFERTA PRESSO LE AUTORITA’ SPAGNOLE

Dal momento che la richiesta di un nuovo processo nei confronti del C. si baserebbe, come detto, su nuovi esami da effettuarsi sui reperti prelevati dalla salma della A., il difensore ed il medico legale si recavano personalmente sia presso l’istituto di medicina legale presso il Tribunale di Gerona sia presso l’Istituto Nazionale di Tossicologia e scienze Forensi di Barcellona per interpellare i sanitari che effettuarono rispettivamente l’esame autoptico sulla salma e gli esami tossicologici sui reperti dalla stessa prelevati

Naturalmente, era intenzione del sottoscritto e del consulente tecnico annunciare preventivamente la loro visita interpellando telefonicamente  le persone che avrebbero incontrato (il Dott. Narciso Bardalet medico legale, il Dott. Boroldo Alcazar tossicologo ed il Prof. Valverde Direttore dell’Istituto di Tossicologia e scienze Forensi di Barcellona) ma i contatti telefonici di questa difesa – soprattutto con il Dott. Bardalet –  venivano ostacolati dalla legge reale (credo sia la traduzione esatta) del 2002 che (ci è stato successivamente detto dai sanitari spagnoli interpellati) ha completamente riorganizzato gli istituti di medicina legali spagnoli.

Dopo diversi tentativi, il sottoscritto riusciva a parlare telefonicamente il Dott. Bardalet presso l’Istituto di Medicina Legale di Girona.

Più semplice è stato conferire con il tossicologo.

Il Dott. Boroldo, infatti, presta ancora servizio presso l’Istituto di tossicologia forense di Barcellona.

Giunti a Barcellona il 5 maggio del 2005, il sottoscritto ed il consulente si recavano a Girona presso l’Istituto di Medicina Legale per incontrare il Dott. Bardalet.

Il medico – che si ricordava molto bene del caso della povera marocchina – non forniva notizie molto esaurienti non solo e non tanto poiché non in possesso di alcun documento (anzi, non aveva idea di dove fosse il fascicolo) ma anche e soprattutto poiché – ci riferiva – senza un’autorizzazione in tal senso del Giudice competente, non gli era possibile rivelare alcunché oltre a quanto già osservato in sede di esame autoptico.

Il Dott. Bardalet confermava esclusivamente che in quel periodo (gennaio 1993) a Figueras le temperature furono davvero rigide e che, pertanto, l’analisi del Giudice italiano che pur lo sconfessava in pieno, non poteva dirsi del tutto azzardata…

Nulla poi aggiungeva circa il Giudice competente a rilasciare l’autorizzazione che in questa sede si richiede (se non alcune indicazioni generiche) e suggeriva a chi scrive di interpellare il Dott. Boroldo.

Nella medesima giornata il difensore ed il medico legale si recavano nuovamente a Barcellona presso l’istituto di Tossicologia Forense ove fissavano un appuntamento per il giorno successivo con il tossicologo e con il Direttore dell’Istituto.

Presa visone dell’autorizzazione del Pubblico Ministero italiano a visionare il fascicolo dell’accusa e del provvedimento del Giudice Tutelare con il quale veniva concesso il fondo spese per le indagini investigative difensive, il tossicologo, che ricordava perfettamente il caso, accennava ai suoi interlocutori alcuni punti sicuramente degni di approfondimento.

Innanzitutto, informava questa difesa che il corpo della vittima presentava a livello del collo un solco che, a prima vista, pareva una traccia chiara di strangolamento mediante laccio ma che poi, successivamente, tale non si rivelò poiché l’esame epiteliale della porzione di tessuto interessante la traccia non presentò alcun residuo di materiale estraneo (ovvero del laccio).

Il Tossicologo avanzava dunque l’ipotesi che il “solco” (peraltro non rilevato in sede autoptica) non fosse altro che una “piega” dovuta alla posizione del cadavere con la testa piegata in avanti.

Secondariamente, il Dott. Boroldo ricordava benissimo che la vittima presentava una lussazione dell’osso del collo ma non una rottura tanto che non era possibile addebitarne sicuramente la morte (come fatto in sede autoptica) alla rottura dell’osso del collo poiché tale rottura non era stata – di fatto – evidenziata con chiarezza.

Anche in questo caso non si poteva quindi escludere che la lesione fosse post-mortem e dovuta, ad esempio, ad operazioni di manipolazione violenta del cadavere (forse per facilitarne il trasporto).

Ugualmente prezioso si rilevava il colloquio con il Direttore dell’Istituto Prof. Valverde.

Innanzitutto, qust’ultimo confermava che i prelievi (che solitamente in caso di morte violenta sono conservati venti anni) erano custoditi presso l’Istituto ed immediatamente disponibili.

Tali prelievi consistono sia nei vetrini approntati per gli esami svolti nel ’93 sia in campioni di tessuto immersi in formalina e trattati in paraffina indispensabili per la preparazione di nuovi vetrini per successive analisi tanato-tossicologiche e, come intuitivo, fondamentali per la difesa del C..

Inoltre, dimostrando davvero una disponibilità forse non conosciuta agli uffici italiani, il Prof. Valverde, telefonando a diverse amministrazioni, riusciva a ricostruire tutto l’iter del fascicolo contenente ogni atto di indagine relativo alla morte della giovane (compresa la documentazione fotografica a colori che è contenuta solo per fotocopie in bianco e nero nel fascicolo del PM italiano…) svolto nel ’93.

Naturalmente, nulla veniva consegnato a questa difesa ed al consulente tecnico italiano poiché, ovviamente, a tal fine occorre una specifica autorizzazione del Giudice Spagnolo competente che, interpellato telefonicamente dal Direttore si è rilevato essere il Presidente della Seconda Sezione dell’Udienza Provinciale di Gerona presso il Tribunale di Gerona ovvero codesto Onorevolissimo Giudice.

Ricostruito il fatto, la natura dell’istanza di revisione nell’ordinamento italiano e l’esito della trasferta del collegio difensivo presso le competenti autorità spagnole, il sottoscritto difensore

CHIEDE

che codesto Onorevole Signor Presidente della II^ sezione dell’Udienza Provinciale di Gerona inoltri la Sua richiesta al Giudice Istruttore di Figueras (o ad altro Giudice competente) affinché quest’ultimo autorizzi l’Istituto Nazionale di Tossicologia e scienze Forensi di Barcellona a consegnare a questo difensore i prelievi autoptici (vetrini  e campioni in paraffina entrambi biologicamente inerti da anni) provenienti dalla salma di H. A. ed altresì che autorizzi questo difensore a visionare il fascicolo delle indagini svolte in relazione al medesimo caso ed in particolare a fare copia della documentazione fotografica ivi contenuta.

Confidando nell’accoglimento.

Avv. Giuseppe Maria de Lalla

All.ti:

  • Referto autoptico sulla salma della H. A. in lingua originale;
  • Sentenza della Corte d’Assise di La Spezia che condannava il C. all’ergastolo;
  • Informativa dell’accusa al Giudice relativamente al difetto di elementi per la determinazione dell’ora della morte della vittima (si precisa che la documentazione fotografica richiesta dal consulente medico dell’accusa non è mai stata nella disponibilità delle autorità Italiane se non sotto forma di fotocopie in bianco e nero);
  • Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di La Spezia;
  • Autorizzazione del Giudice tutelare del Tribunale di La Spezia

PS: qualsiasi comunicazione può essere inoltrata a questa difesa mediante telefax.

[1] L’ordinamento italiano, prima che un imputato possa dirsi colpevole, prevede normalmente tre gradi di Giudizio: il primo grado (che nel caso di specie si è svolto avanti la Corte d’Assise – Tribunale collegiale competente per i reati più gravi); la Corte d’Appello ed infine la Corte di Cassazione che si pronuncia non già circa il merito della questione sottopostagli, ma esclusivamente circa la corretta applicazione della legge durante i due precedenti gradi di giudizio (c.d. motivi di legittimità).

[2] La revisione del processo è disciplinata nell’ordinamento italiano dall’art. 630 codice di procedura penale. La norma prevede quattro casi “straordinari” nei quali un processo ormai conclusosi con sentenza definitiva (e quindi non più impugnabile) può essere nuovamente “riaperto” e sottoposto all’attenzione di nuovi giudici. La lettera c) dell’art. 630 prevede che sia concessa la revisione: se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631 (ovvero con formula piena).

[3] L’ordinamento italiano all’art 32 del c.p. come pena accessoria per determinati reati particolarmente gravi (come ad es. l’omicidio) prevede in caso di condanna la pena accessoria dell’interdizione legale. L’interdetto legale non può – tra gli altri divieti – gestire autonomamente il proprio patrimonio. Nel caso di specie, il sottoscritto difensore al fine di ottenere la concessione di un giusto fondo spese per l’attività di indagini difensive nell’interesse del Cecere, ha dovuto presentare un’istanza al Giudice tutelare del condannato (ovvero al Giudice che si occupa della gestione del patrimonio del Cecere) il quale, ritenuta necessaria l’attività di chi scrive, ha concesso il fondo spese richiesto.

[4] V. nota 1 circa la “novità” della prova.

AGGIORNAMENTO AL 13.11.2023 – L’ACCOGLIMENTO DELLA RICHIESTA DI REVISIONE ED IL RINVIO PER LA CELEBRAZIONE DEL NUOVO PROCESSO DI MERITO.

LA CELEBRAZIONE DEL PROCEDIMENTO AVANTI LA CORTE D’APPELLO E LE RICHIESTE ISTRUTTORIE.

In data 16 ottobre 2023 innanzi alla Corte d’appello di Messina Sez. penale veniva celebrata l’udienza di trattazione del procedimento a seguito dell’accoglimento della richiesta di revisione da parte della Suprema Corte.
I Giudici d’Appello, preso atto dell’Ordinanza di cui sopra, invitavano le parti a formulare le richieste di ammissione prove: Il Procuratore Generale insisteva per la celebrazione del procedimento con l’audizione dei testi, la difesa di parte civile si opponeva argomentando la propria richiesta, il Collegio difensivo composto dai legali avv. de Lalla e avv. La Ferrera insisteva per l’accoglimento argomentano le richieste.
In particolare, i difensori che avevano preventivamente depositato lista testi, sette giorni prima della data fissata per l’udienza di trattazione, chiedevano l’audizione non solo dei due testimoni oculari già escussi in sede di investigazioni difensive (di cui venivano allegati i verbali alla richiesta di revisione) ma, anche, del Consulente di Digital Forensic che aveva redatto l’elaborato tencico contenente la disamina scientifica del materiale fotografico successivamente entrato in possesso del condannato, l’esame del medico legale nominato dalla difesa per visionare le foto che ritraevano la giovane (al fine di constatarne l’entità e la datazione delle lesioni), nonché di un’esperta psicologa e psicoterapeuta forense in riferimento all’elaborato prodotto dalla difesa di parte civile in merito alla condizione psicofisica della giovane a seguito dei fatti dei quali era stata presuntivamente vittima.
Inoltre, il Collegio difensivo sollecitava l’espunsione dal fascicolo dei Giudici del materiale fotografico ivi contenuto (prodotto dalla parte civile in primo grado avanti al Tribunale Collegiale) in quanto privo di riferimenti che ne potessero permettere la fonte di provenienza, la datazione e la certificazione di mancanza di alterazione.
Nella predetta sede veniva inoltre eccepita la costituzione di parte civile dei genitori della giovane in quanto divenuta maggiorenne.
La Corte, preso atto delle richieste formulate, si ritirava in camera di consiglio e successivamente disponeva: “ritenuto necessario, ai fini del decidere ed in ragione del contenuto delle richieste rivolte da parte istante e delle emergenze in atti, accogliere le richieste istruttorie di parte istante in ordine all’escussione dei seguenti testi:1) OMISSIS… 2) OMISSIS, 3) OMISSIS, sulle circostanze in atti indicate da parte istante. Autorizza la parte istante alla citazione dei summenzionati testi per l’udienza di seguito indicata. Rigetta le ulteriori richieste istruttorie in atti avanzate dall’istante, poiché ultronee ed inconferenti nell’ambito delle tematiche riservate ad un giudizio di revisione, essendo incentrate su tematiche di rivalutazione strutturale di singole prove già acquisite, assolutamente non ammissibile in questa sede”.
Pertanto, alla prossima udienza si procederà all’escussione dei testi indicati nella richiesta di revisione per una nuova valutazione che potrebbe sovvertire le sorti del procedimento definito da anni, nonché la sorte del giovane condannato.

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