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Il reato di stalking è stato inserito nel nostro codice penale con la legge n. 11 del 23 febbraio 2009.

In realtà il codice lo riporta all’art. 612 bis con la derubricazione di “Atti persecutori”.

Effettivamente – anche dal punto di vista strettamente tecnico – l’innovazione ha colmato una lacuna che da anni affliggeva il codice ed a causa della quale diverse famiglie piangono giovani vittime quasi prevalentemente di sesso femminile.

Antecedentemente all’innovazione, invero, i reati di molestie, ingiurie e minacce (ovvero quelli che principalmente erano realizzati dallo stalker) non permettevano l’applicazione di alcuna misura cautelare e prevedevano delle condanne (addirittura in certi casi solo pecuniarie) che certamente erano del tutto insufficienti a rappresentare un deterrente per il persecutore.

Le stesse Forze dell’Ordine ed i Giudici, il più delle volte, non potevano che assistere praticamente inermi allo stillicidio quotidiano a cui era sottoposta la vittima che non riusciva ad uscire dal tunnel della persecuzione nemmeno presentando denunce querele a ripetizione.

Non a caso il delitto in questione richiama immediatamente il caso non infrequente dell’amante che assoggetta a vessazione quotidiana la ex compagna o, comunque, la donna verso la quale dirige la sua totale e totalizzante attenzione.

Il più delle volte lo schema è effettivamente questo e molti tra gli operatori della giustizia lo qualificano come delitto di genere poiché la vittima è al 90 – 95% dei casi una donna ed il carnefice è quasi sempre l’ex compagno.

La condotta materiale che realizza il reato è estremamente varia: pedinamenti, telefonate, appostamenti, regali non desiderati, bigliettini lasciati al lavoro a casa o sull’auto, messaggi ripetuti su fb, e mail ossessive, fino ad arrivare a minacce di morte, ingiurie, percosse, lesioni ed altro sia dirette verso la vittima oppure agite nei confronti dei suoi cari, amici o conoscenti.

Tutte azioni che sono in grado – per la loro invasività e ripetitività – di ingenerare nella vittima, ansia, paura stato continuo di stress costringendola a mutare il proprio stile di vita ed abitudini.

Il reato è punito severamente (nel caso base da sei mesi a quattro anni di reclusione) e sono previsti pesanti aumenti di pena se il persecutore è l’ex marito o compagno della vittima o se è agito nei confronti di un minore.

Il delitto è procedibile a querela (e questa è una particolarità poiché l’iniziativa non può di regola essere di ufficio come per la violenza sessuale) ma il termine per proporla validamente è di sei mesi dall’ultimo fatto (e non già di tre mesi).

La pena edittale permette oggi di applicare eventualmente allo stolker una misura cautelare (ad esempio la custodia in carcere) ma sono previsti dal Legislatore anche altri meccanismi per la pronta dissuasione del persecutore.

Invero:

  • la persona offesa, prima di sporgere la querela, si può rivolgere (anche tramite un difensore) alla Polizia o ai CC e chiedere che il persecutore venga ammonito. A seguito della richiesta l’istanza è trasmessa al Questore che – assunte le necessarie informazioni – potrà convocare il soggetto segnalato redigendo un verbale con il quale lo avverte di interrompere la sua condotta molesta e di rispettare le norme di legge:
  • se l’ammonito persevera, le pene in caso di condanna sono più severe;
  • a seguito dell’ammonimento il reato non è più perseguibile a querela ma di ufficio (ovvero al di là di una iniziativa di parte della vittima);

Tuttavia, è importante segnalare che il reato di atti persecutori non è applicabile solo e solamente nel caso di soggetti che hanno intrattenuto una relazione sentimentale.

Il Legislatore non pone alcun limite e l’art. 612 bis c.p. rappresenta oggi una fattispecie che tutela potenzialmente tutti coloro che sono vittime di comportamenti compulsivi, ripetuti e gravi agiti al fine o con la conseguenza di ingenerare nella vittima stress, ansia o paura (si pensi ai casi di rapporto di vicinato gravemente deteriorati).

***

Se da un lato l’intervento del Legislatore è del tutto coerente con la necessità di assicurare una fattiva tutela in casi in cui precedentemente la vittima soccombeva, non si può non segnalare che a volte tale istituto viene applicato in maniera fin troppo “disinvolta” colpendo soggetti (ad esempio uomini abbandonati dalla propria compagna senza troppe spiegazioni e dopo una serena e duratura relazione sentimentale) che in maniera sostanzialmente civile cercano di riconquistare/contattare l’ex amante.

Ed ecco allora che le richieste di spiegazione, l’attesa per una sera sotto casa dalla quale si è dovuti andare via una volta cessata la coabitazione e l’invio di un paio di mazzi di fiori, vengono interpretati con un eccesso di zelo che trasforma la fine di una relazione d’amore piuttosto frequente in un procedimento penale.

In questi casi – ovviamente (lo ripetiamo poiché la riflessione non venga fraintesa) deve trattarsi di condotte assolutamente non violente e sporadiche tipiche solo di un tentativo di riallacciare i rapporti e nulla più – chi ha bisogno di un bravo difensore è proprio colui che viene denunciato.

Lo Studio si occupa di assistenza tecnica sia nel caso di vittime del reato di atti persecutori (anche nella fase dell’ammonimento) sia di coloro che sono indagati per tale reato.

La difesa deve spesso essere contraddistinta da grande celerità, chiarezza e completezza onde garantire alla parte assistita (sia persona offesa che denunciato) la pronta tutela della sua posizione trattandosi il più delle volte di soggetti fino a quel momento del tutto estranei ad esperienze giudiziarie.

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