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La Corte Costituzionale con la Sentenza 12 – 25 febbraio 2014 n. 32 è di fatto intervenuta pronunciandosi in merito all’incostituzionalità (per contrasto con l’art. 77 della Costituzione) della Legge Fini-Giovanardi del 2006 che parificava il trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73 del DPR 309/1990 (testo unico sugli stupefacenti) nel caso di detenzione a fini di spaccio delle droghe c.d. pesanti e leggere.
Vi è subito da specificare che il percorso argomentativo seguito dalla Corte è di altissimo profilo tecnico/giuridico concernente non già una disamina di merito sulla “potenza drogante” delle sostanze di cui si tratta (ovvero in ordine alle eventuali conseguenze sul singolo individuo, la società e la criminogenesi); ma la formulazione del decreto legge poi convertito nel 2006 in legge con la richiamata Fini-Giovanardi.

La Corte, invero, censura “…il difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto legge e quelle impugnate (impugnate dai soggetti che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale Ndr), introdotte nella legge di conversione…”.
In pratica, la Corte ha ritenuto non costituzionale che la legge di conversione (la legge già richiamata n. 49/2006 Fini Giovanardi) riguardasse anche le norme in materia di stupefacenti già introdotte in via di urgenza in un decreto legge (il n. 272 del 2005) dedicato quasi esclusivamente ad altre questioni (tra le quali: assunzione di personale della PS, finanziamenti per le olimpiadi invernali, recupero dei detenuti tossicodipendenti etc.).
Si tratta, quindi, di un intervento del Giudice di legittimità che ha rilevato una illegittimità puramente formale della norma di cui trattiamo (l’art. 73 del DPR 309/1990) ma che, comunque, avrà robuste ricadute pratiche nelle aule di Giustizia.
La Legge Fini-Giovanardi parificando il trattamento sanzionatorio nel caso di spaccio delle sostanze stupefacenti di qualsiasi natura fossero, partiva dal presupposto secondo il quale il principio attivo presente in alcune sostanze stupefacenti è “incomparabilmente” maggiore che in passato; ciò era stato apprezzato soprattutto per la cannabis, rispetto alla quale, normalmente a motivo di diversificate modalità di coltivazione, il pricipio attivo (…) risulta essere passato dallo 0,15/1,5 per cento che caratterizzava i derivati della cannabis negli anni 70/80 a valori attuali pari al 20/25 per cento con punte anche superiori…” (Guida al diritto n. 12 -15 marzo 2014, Giuseppe Amato).

L’intervento della Consulta ha – come detto – un’importante conseguenza pratica ovvero la reintroduzione di quelle sanzioni per il reato di spaccio vigenti prima della Legge Fini-Giovanardi ovvero quelle previste dalla Legge Iervolino-Vassalli basate sul sistema tabellare che distingueva le droghe pesanti (tabelle I e III) e droghe leggere (tabelle II e IV) (peraltro, nel caso delle droghe pesanti il “vecchio” sistema tabellare reintrodotto dalla Corte Costituzionale risulta essere più severo di quello della Fini-Giovanardi: da otto a vent’anni di reclusione anziché da sei a vent’anni previsti dalla (neo-incostituzionale) Legge 46/2006).

Con la reintroduzione del sistema tabellare, quindi, lo spaccio di sostanze stupefacenti sarà punito:
– Nel caso delle droghe pesanti con la reclusione da otto a vent’anni;
– Nel caso delle droghe leggere con la reclusione da due a sei anni.

Altra importante conseguenza sarà la realizzazione di due reati distinti e di due trattamenti sanzionatori diversi nel caso in cui un individuo sia sorpreso a detenere con il fine di spaccio sia droghe pesanti che leggere (prima dell’intervento della Corte il problema non si poneva poiché, appunto, il trattamento sanzionatorio era uguale per ogni droga detenuta ai fini di spaccio).
Non sfugge certamente l’attuale – impellente – necessità di aggiornare le tabelle classificanti in pesanti o leggere le sostanze stupefacenti (si pensi ai cannabinoidi sintetici e alle altre nuove droghe come lo shaboo sconosciute ai tempi della formulazione della Iervolino-Vassalli).

IL FATTO DI LIEVE ENTITA’.

Come è noto il comma 5 dell’art. 73 del DPR 309/1990 prevede la fattispecie di spaccio di lieve entità.
Tale norma ha subito – direi – vorticosi interventi negli ultimi mesi:
– Il decreto legge n. 146 del 23 del dicembre 2013 ha trasformato l’ipotesi di cui trattiamo come una fattispecie autonoma di reato e non già quale circostanza attenuante dell’ipotesi base di cui al comma 1 del predetto articolo 73. L’intervento del Legislatore è stato finalizzato ad una nuova applicazione pratica dell’art. 69 c.p. in tema di bilanciamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e in particolare l’obbiettivo è stato quello escludere che la nuova fattispecie (ovvero quella autonoma di spaccio di lieve entità Ndr) rientri, come una qualsiasi circostanza, nel giudizio di comparazione previsto dall’art. 69 c.p. irrigidito dai vincoli introdotti dalla legge n. 251 del 2005 per il caso in cui risulti applicata la recidiva reiterata (Giuseppe Amato, Guida al diritto n. 12, 15 marzo 2014).
– La Legge n. 10 del 21 febbraio 2014 ha convertito in legge senza modificazioni il predetto decreto legge n. 146/2013.

Pertanto, oggi, il reato di spaccio di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR 309/1990 è un reato autonomo (e non più una mera circostanza attenuante) ed è punito con la pena da uno a cinque anni di reclusione (prima della riforma il massimo edittale era di anni 6 di reclusione).

Si verifica, quindi, un cortocircuito logico giuridico per il quale la differenza sanzionatoria tra spaccio di sostanze stupefacenti pesanti e leggere (re-introdotta, come sopra detto, dal sistema tabellare rivitalizzato dalla Sentenza della Corte Costituzionale) viene meno nel caso di spaccio di lieve entità per il quale la sanzione (da uno a cinque anni di reclusione) è unica qualsiasi sia la sostanza spacciata (con modalità e quantità di lieve entità).

L’ARRESTO FACOLTATIVO NEL CASO DI SPACCIO DI LIEVE ENTITA’.

La Legge 10/2014 ha convertito in legge il decreto legge “carceri” n. 146/2013.
In questa sede di commento alla Sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale in materia di stupefacenti, merita una menzione a parte l’art. 2 comma 1 bis della richiamata legge di conversione che ha modificato l’art. 380 c.p.p. in tema di ipotesi di arresto in flagranza.
Invero, non solo la legge di conversione ha confermato l’autonomia del reato di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR 309/1990; ma ha anche previsto che per tale reato non è più previsto l’obbligo di arresto in flagranza di reato (rimane ovviamente la facoltà per l’autorità di PS di eseguirlo tenuto conto della gravità del fatto ovvero della pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto).
Invero, l’attuale formulazione dell’art. 380 c.p.p. (arresto obbligatorio in flagranza) prevede che l’arresto sia obbligatorio (comma 2 lettere h)) nel caso dei delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’art. 73 del testo unico approvato con DPR 9 ottobre 1990, n. 309 salvo che per il caso dei delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo…

Questo post ha un commento

  1. Buongiorno Sign. Avvocato sono un Padre di un detenuto che è stato condannato a 4 anni di carcere, attualmente ne ha scontati 30 mesi avendo avuti quasi 13 mesi di giorni x la liberazione anticipata, in totale a scontato 43 mesi con rimanenza da scontare 5 mesi con definitivo pena il 2 Agosto 2014 vi informo che 8 maggio tiene l’udienza nel tribunale di sorveglianza x discutere affidamento ai servizi sociali sù questo argomento vorrei sapere se mio figlio tiene buone possibilità di uscire e come mai la svuota carceri non la fatto uscire fino e adesso che rimangono solo 5 mesi di carcere da fare, cortesemente mi potete far sapere qualcosa in merito e se posso fare io qualcosa x farlo uscire se x mille casi 8 maggio fosse negativa la risposta dei giudici della sorveglianza. vi ringrazio con tutto il cuore un Padre disperato. GRAZIE

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