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Il decreto legislativo n. 28 del 2015 ha introdotto nel Codice Penale l’art. 131 bis c.p. (inserito nel Capo I, Titolo V del Libro I del codice penale, rubricato “Della non punibilità per particolare tenuità del fatto, della modificazione e applicazione della pena”) al fine di evitare che vengano sanzionate condotte che pur essendo reato non appaiono meritevoli di pena.
Da ciò l’ovvio doppio intento del Legislatore: deflazionare il carico dei Tribunali evitando procedimenti aventi ad oggetto condotte di basso cabotaggio e dall’altro l’intento di evitare che la celebrazione del procedimento possa arrecare un maggiore pregiudizio alla professione, allo studio e alle condizioni di vita dell’indagato/imputato.

L’art. 131-bis c.p. “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”, recita:

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69.
La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante”.

L’applicazione della norma richiede la presenza di requisiti ben precisi (indicatti infatti dalla norma stessa):
1. Reati puniti con pena detentiva non superiore a cinque anni anche congiuntamente con la pena pecuniaria (per quanto riguarda la pena edittale prevista);
2. Che l’offesa sia di particolare tenuità per l’esiguità del danno e del pericolo cagionato alla persona offesa;
3. Che la modalità della condotta non si riferisca a comportamenti abituali.

Lo Studio Legale de Lalla già in passato si è occupato della trattazione e della applicazione nella prassi dell’art. 131 bis c.p. (il quale tra l’altro anche in assenza di richiesta delle parti può essere applicato d’ufficio dal Giudice).

A tal proposito si evidenzia che nel nostro sistema processuale vi è già una norma che ha proceduto l’art. 131 bis c.p. ovvero l’art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 circa il procedimento innanzi al Giudice di pace concernente i fatti di minore entità ovvero la “rinuncia” dell’ordinamento a perseguire i fatti- reato di ridotta gravità e allarme sociale.

Da una lettura superficiale è di tutta evidenza che tra le due discipline vi è similarità; anche se il nuovo art.131 bis c.p. appare configurabile, in termini di diritto sostanziale, come causa di non punibilità, così come riconosciuto dalla giurisprudenza sia di merito che di legittimità, mentre l’art.34 del d.lgs. 274/2000 si rivolge, per espressa previsione legislativa, alla procedibilità e all’esecuzione dell’azione penale.

L’art. 34 del d.lgs. 274/2000 prevede, infatti, l’esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto ed in tale evenienza il Giudice di Pace – poiché, come detto. tale istituto è previsto solo per i procedimenti penali di competenza del Giudice di Pace – può, durante le indagini preliminari, dichiarare con decreto d’archiviazione di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, quando, ovviamente, non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.

Tuttavia, l’irrilevanza del fatto innanzi al Giudice di pace, per cui è prevista l’improcedibilità, si differenzia dall’art. 131 bis c.p., in quanto applicabile soltanto ad alcune fattispecie di reato (espressamente identificate nel decreto), ritenute di limitata offensività, il che si evince dalla loro attribuzione al Giudice di pace stesso, quale autorità giudiziaria competente a giudicare.

Un’importante differenza tra i citati istituti è che l’art. 34 del d.lgs 274/2000 trova applicazione nei confronti di illeciti di competenza del Giudice di Pace caratterizzati dall’aggressione di interessi di carattere “individuale”, invece, l’art. 131-bis c.p. è destinato a trovare applicazione con riferimento ad illeciti criminali in cui sono diversi i beni giuridici protetti dall’ordinamento, non solo sotto il profilo della titolarità (dovendosi distinguere i beni giuridici a titolarità individuale da quelli a titolarità diffusa), ma anche per le modalità di aggressione degli stessi (andando differenziati sia i reati di pericolo da quelli di danno, che i delitti dalle contravvenzioni) e per le forme della colpevolezza.

Questa differenza fra le tipologie di illeciti di competenza del Tribunale ordinario rispetto ai quali è destinata ad operare – indifferentemente – la causa di non punibilità della particolare tenuità ex art. 131 bis c.p., rende il ricorso a tale tipologia di decisione assolutamente opinabile ed attribuisce al giudice penale un ampio margine di discrezionalità circa l’esistenza o meno dei presupposti per l’applicazione della norma di cui si tratta.

Anche la Corte Costituzionale con la sentenza è intervenuta sul punto precisando che l’art. 131 bis cp sarebbe una disposizione sensibilmente diversa da quella dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, perché configurante la «particolare tenuità dell’offesa» come una causa di non punibilità, invece che come una causa di non procedibilità, con una formulazione che non fa riferimento al grado della colpevolezza, all’occasionalità del fatto (sostituita dalla «non abitualità del comportamento»), alla volontà della persona offesa e alle varie esigenze dell’imputato (di studio, lavoro e familiari che invece sono citate dal richiamato art. 34).

Sulla base di quanto finora delineato, non dovrebbero sorgere dubbi circa l’applicabilità della suddetta causa di non punibilità – ovvero quella di cui all’art. 131 bis c.p. ANCHE nei procedimenti penali innanzi al Giudice di pace (avanti al quale, quindi, tale norma opererà unitamente all’art. 34 del d.dlgs 274/2000). Sul punto, tuttavia, bisogna già in questa sede segnalare la Sentenza n. 13093 del 31 marzo 2016 della V^ sezione della Corte di cassazione per la quale: “….la nuova causa di non punibilità per tenuità del fatto non si applica nei procedimenti dinanzi al giudice di pace. In tali processi trova applicazione la diversa e specifica esclusione della procedibilità prevista dall’articolo 34 del Dlgs 274/2000. Il Giudice di Pace dispone cioè di una – tenuità propria – diversa da quella cui all’articolo 131 bis c.p…..”

Nella fase degli atti preliminari al dibattimento, invece, si pone il problema di conciliare il nuovo testo dell’art. 469 comma 1 bis c.p.p. (che, al fine di addivenire ad una pronuncia “di non doversi procedere” presuppone la previa audizione in camera di consiglio della persona offesa) con l’art. 34 comma 2 d.lgs. n. 274/2000, secondo il quale, come già chiarito, dopo l’esercizio dell’azione penale, la sentenza di non doversi procedere per tenuità del fatto può essere pronunciata solo se imputato e persona offesa non si oppongono.

Infine, nella fase del giudizio, l’applicabilità delle nuova disciplina sulla tenuità del fatto pregiudica le garanzie delle parti processuali, le quali potranno certamente discutere, nel corso della fase dibattimentale, ma l’eventuale dissenso al proscioglimento per tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., non sarà configurabile come un’opposizione ai sensi dell’art. 34 comma 2 d.lgs. n. 274/2000 ostativa all’applicazione dell’istituto.

Contro la sentenza di proscioglimento per tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. pronunciata dal Giudice di pace, l’imputato, alla luce di quanto sancito dall’art. 37 comma 2 d.lgs. n. 274/2000, potrà proporre ricorso – qualora ne abbia effettivamente interesse – con ricorso per Cassazione (e non già con atto di Appello), con evidente ulteriore dispendio di risorse economiche (sia per la redazione che in caso di eventuale condanna al pagamento delle spese alla cassa delle ammende per inammissibilità del predetto ricorso).

Siamo in presenza, quindi, di due istituti molto simili quantomeno nelle intenzioni del Legislatore: impedire che il costituzionale obbligo dell’azione penale possa diventare causa della moltiplicazione dei procedimenti penali istruiti e celebrati a seguito di fatti assolutamente bagatellari e privi di reale allarme sociale  e destinati a gravare sull’imputato oltre la gravità della sua sua effettiva responsabilità penale.

L’introduzione nel nostro ordinamento dei principi sanciti dalle norme di cui si discute, è effettivamente utile ed espressione di un approccio del Legislatore non solo deflattivo; ma anche destinato a tutelare concretamente i cittadini da una risposta sproporzionata del sistema penale del quale si vuole preservare la speciale gravità ed efficacia proprio limitandone l’intervento nei casi di illecito di minore gravità (e sicuramente chi legge ricorderà quei casi anni fa riportati dalla cronaca in cui sono stati celebrati più gradi di giudizio per il furto di una lampadina o il danneggiamento di beni di valore assolutamente trascurabile).

(articolo redatto dall’Avv. La Ferrera e dall’Avv. de Lalla. Ogni diritto riservato).

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