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Il condannato che ha subito un periodo di detenzione presso una struttura penitenziaria potrebbe ricevere da parte del Ministero della Giustizia l’invito al pagamento delle spese di mantenimento presso la predetta struttura penitenziaria ex DPR 30 maggio 1975/354 art. 212 comma 2.
La richiesta viene effettuata al fine di ottenere la restituzione delle spese sostenute dalla Casa Circondariale presso la quale è stata scontata la pena per il mantenimento in carcere del condannato.

Il termine per effettuare il versamento è di trenta giorni dalla data di ricezione della notifica dell’invito.
Nel caso di mancato pagamento entro il termine di cui sopra, l’amministrazione provvederà al recupero coattivo della somma richiedendo anche il pagamento degli interessi di mora.

Tuttavia, entro 30 giorni dalla notifica dell’invito, il condannato può effettuare richiesta di remissione del debito di cui all’art. 56 L. n. 354/1975 al fine di ottenere la sospensione della procedura di riscossione.

L’istanza dovrà essere depositata presso la cancelleria del Magistrato di Sorveglianza competente documentando al Giudice – che fisserà apposita udienza in camera di consiglio per la trattazione della richiesta – le disagiate condizioni economiche che impediscono al debitore di effettuare il pagamento dell’importo richiesto, a volte anche a distanza di molti anni dalla data in cui è cessata la detenzione.

Invero, la ragione per la quale il nostro ordinamento prevede la concessione della rimessione (ovvero la “cancellazione”) del debito di cui si tratta si fonda proprio sulla dimostrazione dell’effettiva impossibilità del debitore di provvedere al pagamento per effetto delle sue disagiate condizioni economiche.

Per maggiore completezza sarebbe opportuno documentare al Giudice la costante buona condotta mantenuta dal condannato all’interno della struttura penitenziaria (eventuale partecipazione ad attività ricreative, sociali e culturali svolte all’interno) e, altresì, l’eventuale percorso di reinserimento sociale, familiare e lavorativo intrapreso dallo stesso una volta cessata la detenzione.

Al fine di ottenere la sospensione dell’esecuzione coattiva è opportuno depositare una copia della istanza di remissione del debito per le spese di mantenimento in carcere anche presso la Direzione della struttura penitenziaria che ha inoltrato l’invito di pagamento.
Tale accorgimento eviterà che il debitore, che ha tempestivamente proposto istanza di remissione del debito al Magistrato di Sorveglianza entro i richiamati 30 giorni, subisca la procedura di riscossione coattiva del debito maturato nei confronti della Amministrazione Penitenziaria (la quale può non aver avuto notizia del deposito dell’istanza).

Il Magistrato di Sorveglianza, a seguito  dell’udienza che verrà celebrata in camera di consiglio, effettuerà una valutazione di tutti gli elementi rappresentati e documentati alla luce dei quali deciderà se accogliere l’istanza di remissione del debito oppure rigettarla dando corso all’azione di recupero coattivo delle somme.

Bisogna anche osservare che molto spesso coloro (ex detenuti) che versano in disagiate condizioni economiche (e che, quindi, sarebbero loro malgrado nelle condizioni di chiedere la remissione del debito) risultano anche effettivamente nullatenenti e, quindi, non titolari di beni aggredibili in sede di recupero coattivo delle somme dovute all’Amministrazione penitenziaria.

Tale evenienza – tutt’altro che rara – potrebbe essere la ragione per la quale viene spesso ritenuta superflua dagli interessati la presentazione dell’istanza di remissione del debito (invero: “…se non ho beni che potrebbero essermi sottratti nella fase esecutiva, non alcun interesse pratico a vedermi annullato il debito maturato…”).

Tuttavia, occorre sottolineare che una eventuale istanza di riabilitazione (vedi nel sito) tesa a cancellare gli effetti penali di una sentenza di condanna espiata, potrebbe essere rigettata – anche se soddisfatti tutti gli altri presupposti – proprio preso atto del debito maturato (non rimesso, appunto) per le spese di mantenimento in carcere. Pertanto, appare opportuno che anche soggetti nullatenenti valutino la possibilità di avanzare istanza di remissione del debito proprio in vista di una eventuale futura richiesta di riabilitazione.

(articolo redato dall’Avv. Giuseppe Maria de Lalla e dall’Avv. Elvira La Ferrera. Ogni diritto riservato).

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