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Analizziamo una recente sentenza della Corte di Cassazione – Sentenza 9 luglio – 17 ottobre 2013 n. 42667 della IV^ Sezione penale della Corte di cassazione – pronunciatasi (ancora una volta) in tema di guida in stato di ebbrezza (art. 186 del Codice della strada) e, in particolare, relativamente al dovere degli agenti accertatori di avvisare il soggetto sottoposto al controllo mediante etilometro della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ed effetto del mancato predetto avviso all’interessato.

Come ho osservato più volte nelle pagine di questo sito, la contravvenzione ex art. 182 C.d.S. – pur non essendo una delle fattispecie penali più gravi in relazione al trattamento sanzionatorio a carattere detentivo (pena detentiva che assai spesso è sospesa) – costituisce concretamente un assai gravoso fardello per coloro che sono condannati dal momento che la Sentenza che accerta la penale responsabilità dell’imputato implica una serie di conseguenze spesso direttamente incidenti sia sulla vita privata che sull’attività lavorativa del condannato.

Si pensi alla sospensione della patente (sia comminata dal Prefetto in via cautelare che dal Giudice a titolo punitivo anche in caso di sospensione condizionale della pena principale), alla necessità di sottoporsi a stringenti e ripetuti controlli sanitari (le periodiche analisi a seguito della quali sono concesse solo validità temporanee della patente sospesa) nonché al frequente sequestro dell’autovettura.

Peraltro, è nota la rinnovata (ed opportuna) politica del Legislatore di robusta ed efficace lotta al drink and drive così come sono noti i molti casi di effettiva contestazione del reato di cui si tratta (spesso l’unico che affligge soggetti del tutto incensurati di qualsivoglia fascia sociale e che costituisce la prima esperienza giudiziaria penale dell’incolpato). Da qui il diffuso interesse sociale per il tema e la fiorente Giurisprudenza di legittimità e di merito relativa all’art. 186 del C.d.S..

Affrontiamo – come detto – un aspetto tecnico della fattispecie direttamente influente sulla pronuncia di merito ovvero il dovere degli operanti di avvisare il soggetto controllato ex art. 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia all’atto dell’accertamento. Il difensore, peraltro, deve essere immediatamente reperibile e non ha diritto di essere preventivamente avvisato dalle Forze dell’Ordine.

Tale disciplina è comune a tutti gli atti di cui all’art. 354 c.p.p. ovvero quella relativa agli accertamenti urgenti della P.G. (Polizia Giudiziaria) sui luoghi, sulle cose e sulle persone (e l’accertamento per mezzo dell’etilometro E’ un accertamento urgente sulla persona).

Nel caso in cui gli operanti intervenuti (che nella fattispecie che qui ci interessa saranno spesso agenti della Polizia stradale o della Polizia Locale) omettano di avvisare l’interessato di tale facoltà difensiva, l’accertamento urgente (il controllo etilometrico) è irrimediabilmente viziato e, quindi, nullo. Nullità che, ovviamente, assume importanza determinante nell’economia della contestazione della contravvenzione di cui si tratta preso anche atto delle tre fasce di gravità della responsabilità del reo collegate alla gradazione della percentuale di alcool rilevata nel sangue (ed accertabile con l’etilometro) una delle quali (la più bassa di cui alla lettera a) comma 1 della norma in commento) implicante esclusivamente responsabilità di natura amministrativa (e non penale).

Il tema centrale della questione è anche fino a quando la parte ha diritto di eccepire tale nullità? E quali sono le conseguenze se tale termine decorre? Ed il Giudice può – d’ufficio – eccepire tale nullità in un momento successivo magari su istanza della parte interessata)?

La forma, nel procedimento penale, si fonde con la sostanza (E’ la sostanza) e tali aspetti rivestono la medesima importanza della concreta verificazione del fatto storico della nullità che l’interessato reclama.

La Sentenza qui in commento definisce la nullità dell’omesso avviso (in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p.) una nullità a regime intermedio ex art. 180 c.p.p. che:

– deve essere eccepita dalla parte interessata (il soggetto controllato) ex art. 182 comma II^ c.p.p. ovvero prima del compimento dell’accertamento ovvero immediatamente dopo (anche a mezzo di memorie difensive). decorsi tali termini la nullità – dal punto di vista dell’indagato/imputato – è sanata;

dal Giudice (anche su istanza di parte) ex art. 180 c.p.p. (a seguito di decadenza della parte per superamento dei termini sopra detti) che potrà rilevar la nullità dell’accertamento (per omesso avviso alla parte) fino alla Sentenza di primo grado ovvero, nel caso di nullità verificatesi durante il giudizio di primo grado (e non è questo il caso posto che, inevitabilmente, l’accertamento verrà svolto prima del giudizio in fase di indagini), fino alla Sentenza di grado successivo.

Quindi, si tratta di una nullità che potrà essere sollevata sia dall’interessato (o dal suo difensore) già nel momento prima dell’accertamento strumentale o subito dopo (facendone dare atto nel verbale di accertamento o in quello di identificazione) pena la decadenza della facoltà di eccepire la nullità in parola; oppure – successivamente – durante il processo dal Giudice. Il rilevamento e l’accoglimento dell’eccezione comporterà l’annullamento dei risultati dell’etilometro (eseguito illegittimamente e, quindi, non più utilizzabile per l’accertamento dei fatti oggetto del capo di accusa) con la conseguente impossibilità per il Giudice di pronunciarsi circa la fascia di attribuzione della responsabilità penale dell’accusato dovendo limitarsi a contestare la guida in stato di ebbrezza nella fascia meno grave di natura amministrativa di cui alla richiamata lettera a) del comma I dell’art. 186 C.d.S..

Da sottolineare che la nullità dell’accertamento etilometrico non comporta l’automatica assoluzione dell’imputato (anche per la fattispecie meno grave) dal momento che lo stato di ebbrezza può essere provato (ma non quantificato) in giudizio anche da altri elementi documentati in atti (o dedotti nel processo tramite la testimonianza) quali evidenze esterne dello stato alterato del conducente (dal famoso “alito vinoso”, ai disturbi della favella, al difetto di equilibrio etc.).

Certamente – osserverebbe monsieur de La Palice – sarà più conveniente per l’accusato (colpevole) essere ritenuto responsabile della sola violazione di ordine amministrativo rispetto a essere condannato per le più gravi ipotesi di cui alle lettere b) e c) dell’art. 186 C.d.S..

Leggiamo la massima della Sentenza in commento:

“…. In tema di guida in stato di ebbrezza, la nullità derivante dall’omesso avviso all’indagato da parte della Polizia Giudiziaria che procede ad un atto urgente ed indifferibile, quale è la sottoposizione dell’indagato ai test per il rilievo del tasso alcolemico, della facoltà di farsi assistere dal difensore, è di natura “intermedia” e deve ritenersi sanata se non tempestivamente rilevata o se non dedotta prima, ovvero immediatamente dopo, il compimento dell’atto, ai sensi dell’articolo 182 comma 2 c.p.p.. Il fatto che si tratti di nullità a regime intermedio, peraltro, non esclude il potere del Giudice di rilevarla d’ufficio nei più ampi termini di cui all’art. 180 del c.p.p., nonostante che la parte sia decaduta dalla possibilità di eccepirla ai sensi del citato comma 2  dell’art. 182 c.p.p. (Da queste premesse la Corte ha rigettato il ricorso del procuratore generale avverso la decisione del Giudice che aveva mandato assolto l’imputato della contravvenzione di guida sotto l’effetto di alcool, rilevando d’ufficio la nullità dell’alcoltest, siccome effettuato senza il previo prescritto avviso i farsi assistere dal difensore).

(articolo redatto dall’Avv. Giuseppe Maria de Lalla se ne vieta l’utilizzo e la duplicazione. La massima riportata in corsivo è citata da “Guida al diritto” n. 1 gennaio 2014 pag. 52)

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