Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
In questo sito abbiamo più volte affrontato (e, per certi aspetti, anche approfondito) il tema delle indagini investigative del difensore ovvero le indagini svolte dal difensore per la tutela dei diritti e della posizione del proprio assistito.
L’argomento è stato più volte trattato poichè – almeno a parere di chi scrive – riveste una particolare importanza teorica ma, soprattutto, pratica dal momento che attraverso le indagini difensive il difensore ha effettivamente la possibilità di raccogliere elementi (dichiarazioni, documenti, risultanze tecniche, rilievi tecnici e scientifici etc.) atti a scagionare il proprio assistito o a ridimensionarne in termini giuridici la resposnabilità penale (e, quindi, la pena) o comunque finalizzati ad evitare l’applicazione di misure cautelari (sia personali che reali).
La Legge 397/2000 introduttiva di tutte quelle norme del codice di procedura penale in tema di indagini investigative difensive (dall’art. 391 bis c.p.p. e quelli seguenti), credo abbia un peso “costituzionale” poichè di fatto realizza (o, dovrebbe realizzare…) l’effettivo diritto di difesa di cui all’art. 111 della Costituzione che postula (tra l’altro) la parità tra accusa (che svolge le indagini preliminari) e la difesa.
Proprio attraverso le indagini investigative del difensore, l’incolpato ha la possibilità di contrastare l’accusa che gli viene mossa argomentando la propria difesa non solo “limitandosi” a mettere in luce gli aspetti più deboli delle accuse mossigli; bensì confutando gli addebiti alla luce di risultanze indiziarie e probatorie di contenuto opposto o, comunque, inconciliabili con gli assunti della pubblica accusa.
Attraverso le indagini del difensore l’avvocato organizza una difesa “dinamica” tesa a raccogliere elementi di prova concreti in favore del proprio assistito.
Tali elementi potranno essere raccolti dal professionista sia nell’interesse:
– della persona offesa da reato,
– sia per la difesa della posizione dell’accusato (anche per scongiurare l’applicazione di una misura cautelare afflittiva come quella della custodia cautelare in carcere),
– sia prima dell’instaurazione del procedimento penale (in via preventiva),
– sia dopo che la Sentenza è divenuta esecutiva (ad esempio per la revisione del processo o per la concessione di misure alternative alla detenzione).
E’ interessante anche notare che negli ultimi dieci anni l’amministrazione della Giustizia (ovvero, in pratica, la fase delle indagini preliminari ed il processo penale) è andata via via “complicandosi” di pari passo con la sempre maggiore complessità della tecnologia propria ormai di moltissimi aspetti della vita umana e dei più diversi campi del sapere scientifico e medico (pochi esempi su tutti: le telecomunicazioni, l’informatica, l’analisi dei profili genetici e delle tracce biologiche ed altro ancora).
Tale aspetto è strettamente connesso al tema delle indagini investigative del difensore che – nella ricerca di tutti gli elementi a favore del proprio assistito – non potrà che confrontarsi (con i propri consulenti) con tale complessità cercando di “risolverla” al meglio apponendo alle conclusioni dell’accusa una tesi difensiva sorretta da solide basi frutto, appunto, di una ricerca della prova contraria (a quella dell’accusa).
Il diritto dell’indagato/imputato di svolgere – attraverso il difensore ed i suoi consulenti – le indagini investigative difensive è attentamente disciplinato dal codice di procedura penale che detta minuziosamente le regole per gli adempimenti più caratteristici delle indagini investigative difensive; ovvero:
– il colloquio e la ricezione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti;
– la richiesta di documentazione alla Pubblica Amministrazione;
– l’accesso ai luoghi inerenti il reato e la documentazione degli stessi;
– l’accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico;
A questi si aggiungano il diritto dell’imputato di nominare consulenti tecnici (solitamente non più di due per materia) in ogni capo del sapere tecnico, scientifico ed artistico in qualunque momento del procedimento penale ed anche se il Giudice procedente NON ha ritenuto di disporre la perizia (ovvero non vi è stato da parte del Giudice l’incarico affidato a propri consulenti che vengono chiamati nel procedimento penale e se nominati dal Giudice “periti”).
Un’attività del difensore di tale portata è accompagnata – giustamente – da uguale delicatezza procedurale ed attuativa ed ogni operazione compiuta dal difensore (e dai suoi consulenti) deve essere attentamente valutata e pedissequamente ispirata alla disciplina legale e deontologica (le Camere penali si sono espresse con delle regole aggiuntive rispetto a quelle del codice di procedura penale) onde evitare inammissibili e gravissime (ed illegali oltre che sanzionabili a livello disciplinare) condotte tese a rappresentare dati di fatto non veritieri.
In ogni attività investigativa difensiva il professionista ha il dovere ed il diritto di evidenziare e raccolgliere elementi a favore del proprio assistito nel pieno rispetto dei ruoli e del genuino contraddittorio con l’accusa (privata – ovvero della vittima – che pubblica) utilizzando solo e solamente elementi veritieri.
Se nel corso delle indagini investigative difensive il difensore dovesse “imbattersi” in elementi di prova a carico del proprio cliente (una deposizione, un documento o altro); egli – nell’esercizio delle sue funzioni di patrono dell’accusato – non ha il dovere di informare l’accusa ma – ovviamente – ha anche il divieto assoluto di utlizzare un dato (di qualsiasi natura testimoniale o documentale sia) la cui falsità gli è nota o che sa essere anche solo in parte falso o incompleto.
L’indagine difensiva diventa un dovere per l’avvocato (deontologicamente secondo le direttive delle Camere Penali) che è al corrente che (se correttamente espletata) avrebbe riflessi postivi sulla sorte giudiziria del proprio assistito.
Le attività di indagine investigativa della difesa (al dilà di quanto espressamente previsto nel codice di procedura penale) possono essere le più varie: la documentazione video dello stato dei luoghi, la ricerca di mappe e altri documenti nella rete internet, l’interrogazione di banche date c.d. “aperte”, l’apporto del sapere di un consulente nell’interpretazione di atti e fatti del procedimento penale, la richiesta di documentazione giuridica e giudiziaria (secondo le modalità di Legge) relativa alle altri parti del processo ed altro ancora.
Va da sè che nella maggiornaza di casi le indagini investigative del difensore verranno espletate per l’acqusizione di prove a discarico (ovvero contrarie rispetto a quelle a carico) da utilizzare nel procvesso; ma è importante rilevare come molto spesso gli elementi acquisiti dal difensore siano necessari in una fase delicatissima e preliminare rispetto all’accertamento del fatto ovvero durante le indagini preliminari per scongiurare l’applicazione di una misura cautelare in danno dell’assistito.
In tale frangente, un’attenta e scrupolosa attività di ricerca degli elementi di prova da parte del difensore (ed eventualmente dell’investogatore privato nominato dal professionista) di segno contrario rispetto a quelli fino a quel momento raccolti dal’accusa potrebbero fare la differenza tra la libertà e la detenzione.
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