Skip to content

Ho il piacere di pubblicare qui un articolo (anzi, direi un piccolo e completo compendio motivo per il quale pubblicheremo l’articolo anche nella sezione APPROFONDIMENTI del sito) apparso sul numero di OTTOBRE della rivista in questo sito più volte citata POLIZIA MODERNA a cura di MAURO VALERI tratto ed aggiornato dal manuale “La polizia Giudiziaria” di Pietro Caserta, Walter De Fusco, Maria Rosaria Giannuzzi ed Egidio La neve disponibile nella sezione biblioteca/temi professionali del portale Doppiavela.

L’articolo è interessante poiché è una chiarissima esposizione:

  • dell’organizzazione della Polizia Giudiziaria (Polizia di Stato; Carabinieri, Polizia Penitenziaria; Guardia Di Finanza, Polizia Municipale; Corpo Forestale dello Stato);
  • dei suoi compiti istituzionali;
  • dei suoi rapporti con l’Autorità Giudiziaria.

Spesso infatti alcuni aspetti di carattere giudiziario ed amministrativo risultano – anche per gli addetti ai lavori – piuttosto confusi.

Particolarmente importante è anche la dettagliata illustrazione che gli autori fanno degli atti tipici della Polizia Giudiziaria ovvero:

  • il verbale;
  • la relazione di servizio;
  • l’annotazione;
  • gli atti ripetibili ed irripetibili;
  • la loro valenza ed efficacia e le nullità assolute connesse all’errore di redazione dei predetti atti.

Si tratta di indicazioni e spiegazioni molto precise redatte da “poliziotti per poliziotti” con dettagli tecnici ed operativi fondamentali e di cui è ASSOLUTAMENTE NECESSARIO per ogni Difensore (ma anche cittadino) conoscere perfettamente dal momento che più che mai nel processo penale LA FORMA E’ SOSTANZA.

Buona lettura.

LA P.G E LA DOCUMENTAZIONE DELLA SUA ATTIVITÀ
La polizia giudiziaria
1. FUNZIONI

L’attività di polizia è svolta per assicurare un ordinato e tranquillo vivere sociale, per prevenire comportamenti che possano turbare l’ordine e la sicurezza pubblica (attività preventiva di polizia di sicurezza), nonché per reprimere le violazioni di norme penali, evitandone le ulteriori conseguenze (attività di polizia giudiziaria, svolta dopo la commissione di un fatto-reato). L’art. 55 cpp (1) definisce le funzioni della polizia giudiziaria, svolte da ufficiali e agenti di P.G. alla dipendenza funzionale e sotto la direzione dell’A.G. (art. 56 cpp), ferma restando la dipendenza organica dell’amministrazione di appartenenza, in attuazione dell’art. 109 Cost (2). L’art. 326 cpp, come si è già detto, prevede che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgano, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. In tal senso, la polizia giudiziaria collabora con il pubblico ministero nelle indagini per l’accertamento dei reati.

L’attività investigativa della P.G: e del P.M. è finalizzata all’acquisizione degli elementi che consentono a quest’ultimo di stabilire se deve richiedere al giudice di archiviare o di processare chi è accusato di aver commesso un determinato fatto-reato. Le funzioni di P.G. consistono in attività:
– investigative;
– informative;
– assicurative;
– esecutive.
L’attività investigativa può essere d’iniziativa, disposta o delegata dall’A.G. (P.M. o giudice).

Ai sensi dell’art. 55 cpp, la P.G. deve, anche di propria iniziativa:
1. prendere notizia dei reati (v. art. 330 cpp). Si tratta di un’attività investigativa svolta d’iniziativa oppure mediante la formale ricezione di notizie di reato presentate dalle persone (querela – denuncia – referto – istanza). Le notizie di reato possono essere acquisite anche informalmente (es. notizie giornalistiche, fonti confidenziali, esposti, denunce anonime, ecc.);
2. impedire che i reati siano portati a ulteriori conseguenze. Tale funzione è svolta sia quando si interrompe l’attività criminosa nella fase del tentativo, sia quando il reato è già stato consumato e si deve evitare che si verifichino ulteriori conseguenze offensive. Si pensi, ad esempio, al dovere di impedire a chi tenti di uccidere un altro uomo di riuscire nel suo intento, di liberare il sequestrato o a quello di impedire al ladro di vendere la refurtiva. Da ciò consegue il dovere della P.G. di svolgere immediatamente indagini d’iniziativa, nonché di eseguire le indagini disposte dal P.M., una volta assunta la direzione delle immagini (art. 348 cpp). Questa attività deve essere svolta nel rispetto della legge. In tal senso, la P.G. non può, al fine di aggravare la pozione degli autori del reato, temporeggiare nell’intervento per attendere l’effettiva consumazione della rapina, una volta avuta notizia su giorno, ora e luogo in cui essa verrà eseguita;
3. ricercare gli autori del reato (e quanto altro utile alla ricostruzione del fatto, ai sensi dell’art. 348 c.1 cpp). Tale dovere è strettamente connesso all’attività investigativa della P.G., svolta attraverso gli strumenti tipici previsti dal codice (perquisizioni, intercettazioni, sequestri, atti urgenti, ecc.), e quelli atipici, non disciplinati dal codice (attività di osservazione, controllo, pedinamento, appostamento, riprese video o fotografiche in luogo pubblico, localizzazione mediante sistema di rilevamento satellitare, ecc.);
4. assicurare le fonti di prova (v. artt. 349, 351354 cpp). Si tratta di un’attività assicurativa: è nella fase delle indagini preliminari che occorre individuare e assicurare le fonti di prova da produrre in dibattimento. La P.G. provvede a ricercare e individuare le persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti, a ricercare il corpo del reato, le cose e le tracce pertinenti al reato e ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto;
5. raccogliere quanto altro possa servire all’applicazione della legge. Si tratta di un’attività finalizzata all’individuazione degli elementi che permettono di stabilire la gravità del reato e la pericolosità del reo, le sue condizioni materiali, morali e di vita e quanto altro utile per la determinazione della pena da irrogare all’imputato (art. 133 cp).

Si ricordi, inoltre, che la P.G. ha anche un dovere di informazione nei confronti dell’A.G. (3). La P.G. svolge, altresì, attività esecutiva, su richiesta dell’A.G. Infatti: provvede alle notifiche degli atti processuali (artt. 148 c.2 – per i procedimenti con detenuti per i delitti di cui all’art. 407 c.2 lett. a nn. 1,3 e 4 cpp -, c.2 ter e 151 cpp), all’accompagnamento coattivo dell’imputato/indagato, dei testimoni, delle persone informate sui fatti, ecc. (artt. 132, 376, 377, 378, e 399 cpp), dà esecuzione alle misure cautelari (artt. 273 ss. cpp) e agli ordini di carcerazione o di internamento (artt. 656 ss. cpp).

1.1 DIPENDENZA GERARCHICA DAI SUPERIORI E FUNZIONALE DALL’A.G.
Le funzioni di P.G. sono svolte da appartenenti a diverse amministrazioni pubbliche (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, Corpo di Polizia Penitenziaria ed altri enti previsti dalla legge). Tali soggetti sono sottoposti ad un duplice rapporto di dipendenza:
– di tipo gerarchico nei confronti dell’amministrazione di appartenenza;
– di tipo funzionale nei confronti dell’A.G. (artt. 109 Cost. e 56 cpp).
La subordinazione gerarchica comporta una piena dipendenza disciplinare, esecutiva ed amministrativa. I soggetti che espletano funzioni di P.G. burocraticamente e amministrativamente dipendono dai loro superiori gerarchici ed espletano l’attività istituzionale prevista dalle leggi e dai regolamenti dell’amministrazione di appartenenza. L’appartenente ai ruoli della Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile, ad esempio, è comunque tenuto al rispetto dei doveri di subordinazione, all’adempimento degli incarichi assegnategli dal proprio superiore gerarchico, al rispetto dell’orario di servizio e a quanto altro previsto dal regolamento di servizio. Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte sotto la dipendenza e la direzione dell’A.G. in generale e del P.M. in particolare (art. 56 cpp), al quale l’attuale sistema attribuisce il potere di impulso e direzione delle indagini (art. 327 cpp). Dalla direzione dell’indagine scaturisce, come naturale effetto, la diretta disponibilità della P.G. Dagli artt. 58 e 59 cpp discendono tre diversi gradi di disponibilità e di dipendenza funzionale della P.G. nei confronti della A.G., a seconda dell’organismo in cui è inquadrato il soggetto che svolge le funzioni di polizia giudiziaria.

1.2 SANZIONI DISCIPLINARI
Il potere disciplinare che l’autorità giudiziaria può esercitare su ufficiali e agenti di P.G. rappresenta la concreta dimostrazione del rapporto di dipendenza funzionale esistente. La potestà disciplinare sui componenti della polizia giudiziaria spetta al procuratore generale presso la Corte d’Appello, nel cui distretto l’appartenente alla polizia giudiziaria presta servizio, su segnalazione del procuratore della Repubblica presso il tribunale. Tale potestà disciplinare è esercitata quando:
– si omette di riferire, senza giustificato motivo, all’A.G. la notizia di reato nei termini indicati dall’art. 347 cpp (art. 16 disp. att. cpp);
– si omette o si ritarda, senza giustificato motivo, l’esecuzione di un ordine (art. 16 disp. att. cpp);
– si esegue solo in parte o negligentemente un ordine, senza un giustificato motivo (art. 16 disp. att. cpp);
– si viola ogni altra disposizione di legge relativa alle funzioni di P.G. (art. 16 disp. att. cpp);
– si viola l’obbligo del segreto d’ufficio o di pubblicazione (artt. 114 e 369 cpp);
– si danno consigli sulla scelta del difensore (art. 25 disp. att. cpp). Ufficiali o agenti di P.G. possono, inoltre, rispondere disciplinarmente nei confronti della amministrazione di appartenenza, per condotte diverse da quelle indicate dalle norme di attuazione del codice di procedura penale, poste in essere nell’espletamento delle funzioni di P.G.

2. UFFICIALI E AGENTI DI P.G.
L’art. 56 cpp stabilisce che le funzioni di P.G. sono svolte, alla dipendenza e sotto la direzione dell’A.G.:
– dai servizi di P.G.;
– dalle sezioni di P.G.;
– dagli ufficiali e dagli agenti di P.G. appartenenti ad altri organi obbligati per legge a svolgere indagini a seguito di una notizia di reato.

L’art. 55 c.3 cpp specifica che le funzioni di P.G. indicate nella norma sono svolte da ufficiali e agenti di P.G. La distinzione tra ufficiali ed agenti di P.G. rileva sia con riguardo all’organizzazione interna alla struttura presso cui operano, sia in ordine alla competenza nel compimento di atti di polizia giudiziaria. In ordine a quest’ultimo aspetto occorre precisare che gli ufficiali di P.G., in considerazione della elevata professionalità che si richiede a coloro che rivestono tale qualifica, possono compiere:
– qualsiasi atto di P.G. previsto dal codice di rito e dalle leggi speciali;
– in caso di urgenza o su delega del P.M., anche atti specificatamente propri del P.M. (si pensi ad es. all’interrogatorio delegato e al sequestro preventivo ex art. 321 cpp).
o Gli agenti di P.G., al contrario, possono compiere:
– solo determinati atti, alcuni dei quali solo in assenza dell’ufficiale di P.G. e solo in caso di necessità e urgenza (si pensi ad es. alle perquisizioni e ai sequestri ex artt. 352 e 354 cpp).
In tal senso, gli ufficiali di P.G. hanno potere direttivo e di coordinamento sugli agenti di P.G. L’elenco di coloro che rivestono la qualifica di ufficiale e agente di P.G. è contenuto nell’art. 57 cpp.

Per la Polizia di Stato sono ufficiali di P.G.:
– funzionari (da vice commissario a primo dirigente, escluso il primo dirigente che svolge funzioni vicarie; art. 2 c.3 dpr 334/2000);
– appartenenti al ruolo ispettori;
– appartenenti al ruolo sovrintendenti.
Per la Polizia di Stato sono agenti di P.G.:
– appartenenti al ruolo assistenti ed agenti.
La qualifica di ufficiale e agente di P.G. è riconosciuta anche al personale appartenente al ruolo professionale e tecnico -scientifico della Polizia di Stato, limitatamente alle attività connesse al profilo professionale d’appartenenza.
Non svolgono funzioni di polizia giudiziaria i dirigenti superiori e i dirigenti generali di P.S. della Polizia di Stato.

Per l’Arma dei Carabinieri sono ufficiali di P.G.:
– ufficiali superiori (da colonnello a maggiore);
– ufficiali inferiori (da capitano a sottotenente);
– appartenenti al ruolo ispettore (marescialli);
– appartenenti al ruolo sovrintendenti (brigadieri).
Rivestono la qualifica di agenti di P.G.:
– appuntati e carabinieri.
Non svolgono funzioni di polizia giudiziaria gli ufficiali generali. Per il Corpo della Guardia di Finanza vale quanto detto per l’Arma dei Carabinieri, mentre il Corpo della Polizia Penitenziaria si omologa alla Polizia di Stato.

Il sindaco assume la qualifica di ufficiale di P.G. nei comuni ove non sia presente un ufficio della Polizia di Stato ovvero un comando dei Carabinieri o della Guardia di Finanza. Il terzo comma dell’art. 57 cpp afferma che la qualifica di ufficiale o agente di P.G. può essere attribuita anche da leggi speciali o regolamenti, nei limiti de servizio che svolge una determinata categoria di soggetti (si pensi ad es. alla Polizia municipale, a quella provinciale, agli ispettori del lavoro, al Corpo dei vigili del fuoco (4) , al Corpo delle capitanerie di porto, ecc.). Nell’ambito degli ufficiali e degli agenti di P.G. si distinguono due categorie: a competenza generale e a competenza limitata. Sono a competenza generale gli operatori che espletano la funzione di P.G. con riguardo a qualsiasi tipologia di reato, sull’intero territorio nazionale, anche al di fuori dell’orario di servizio. Rientrano in questa categoria gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia, i Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia Penitenziaria. Gli ufficiali e gli agenti di P.G. a competenza limitata incontrano tre diversi limiti: di spazio, di tempo e di materia. I limiti di spazio restringono la funzione di P.G. a un determinato ambito territoriale, quelli di tempo circoscrivono l’espletamento della funzione di P.G. al solo orario di servizio, i limiti di materia, in ultimo, fanno sì che la funzione di P.G. sia confinata ai soli reati che riguardano la specifica attività lavorativa svolta. I primi due limiti, ad esempio, si riscontrano nella Polizia municipale e nella Polizia provinciale (5) , mentre incorrono anche nel terzo limite, ad esempio, gli ispettori de lavoro.
Agli appartenenti ai ruoli tecnici e professionali della Polizia di Stato è attribuita la qualifica di ufficiale o agente di P.G. limitatamente alle funzioni esercitate (v. artt. 42 c.2 dpr 337/82 e 7 c.1 dpr 338/82).

2.1 ATTI ESEGUIBILI DA UFFICIALI E AGENTI DI P.G.
Gli ufficiali di P.G. hanno potere direttivo sull’attività degli agenti di P.G. In linea generale si può affermare che gli ufficiali di P.G. possono compiere qualsiasi atto di P.G. Gli agenti, invece, non possono compiere tutti gli atti di P.G. ma la loro attività non è solo esecutiva: infatti, nei casi di necessità e urgenza, in assenza dell’ufficiale di P.G., possono compiere gli atti previsti dagli artt. 352 e 354 cpp, ai sensi dell’art. 113 disp. att. cpp. Sono atti cui sono legittimati gli ufficiali di P.G. di propria iniziativa:
– sequestro preventivo di cose pertinenti al reato (art. 321 c.3 bis);
– assunzione di sommarie informazioni dall’indagato in fase di libertà (art. 350 c.1);
– assunzione di informazioni dall’indagato sul luogo o nell’immediatezza del fatto, anche se arrestato o fermato ex art. 384 cpp (art. 350 c.5) o allontanato d’urgenza dalla casa familiare (art. 384 bis);
– assunzione di informazioni da persona imputata in procedimento connesso o di reato collegato (art. 351 c.1 bis);
– perquisizioni personali o locali (art. 352; anche agenti di P.G. in caso di necessità e urgenza, ex art. 113 disp. att.);
– acquisizione di plichi sigillati o di corrispondenza e loro eventuale apertura, se autorizzata dal P.M. (art. 353);
– accertamenti e rilievi necessari sullo stato dei luoghi e delle cose, se vi è pericolo nel ritardo e se il P.M. non può intervenire tempestivamente (art. 354 c.1);
– sequestro del corpo del reato e delle cose a questo pertinenti se del caso (art. 354 c.2; anche agenti di P.G. in caso di necessità e urgenza, ex art. 113 disp. att.);
– accertamenti e rilievi sulle persone, non implicanti ispezione personale (art. 354 c.3; anche agenti di P.G. in caso di necessità e urgenza, ex art. 113 disp. att.);
– immediata liberazione dell’arrestato e del fermato, se eseguiti per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura è divenuta inefficace (art. 389).

Sono atti eseguibili dai soli ufficiali di P.G., in ipotesi di delega da parte dell’A.G. (P.M. e giudice):
– interrogatorio e confronto cui partecipi l’indagato in stato di libertà (art. 370 c.1);
– ispezioni di luoghi e cose (artt. 245246);
– perquisizioni personali, locali e domiciliari (artt. 249251);
– sequestro del corpo del reato e delle cose a esso pertinenti, anche a seguito di perquisizioni (artt. 252253);
– sequestro di corrispondenza presso uffici postali e telegrafici (art. 254);
– sequestro di documenti, titoli, valori e somme presso banche (art. 255);
– esame di atti, documenti e corrispondenza presso banche, per rintracciare le cose da sottoporre a sequestro o per accertare altre circostanze utili ai fini delle indagini (art. 248 c.2);
– sequestro preventivo di cose pertinenti al reato (art. 321 in relazione all’art. 253 c.3).

Sono atti cui sono legittimati ufficiali e agenti di P.G. di propria iniziativa:
– arresto in flagranza di reato obbligatorio e facoltativo (artt. 380 e 381) e adempimenti consequenziali (artt. 386387);
– fermo di persona gravemente indiziata di un delitto (art. 384);
– fermo dell’imputato (art. 307 c.4);
– allontanamento dalla casa familiare (art. 384 bis);
– atti diretti all’assicurazione delle fonti di prova (art. 348);
– identificazione dell’indagato e delle persone in grado di riferire sui fatti (art. 349);
–  accompagnamento in ufficio, per finalità di identificazione, delle predette persone, eventuali rilievi dattiloscopici o di altra natura a carico del solo indagato (art. 349);
– ricezione di dichiarazioni spontanee dall’indagato, anche se fermato o arrestato e anche in assenza del suo difensore (art. 350 c.7);
– assunzione di sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti (art. 351);
– conservazione delle tracce e delle cose pertinenti al reato, nonché dello stato dei luoghi e delle cose in attesa dell’intervento del P.M. (art. 354);
– perquisizioni, accertamenti su luoghi, cose e persone, ex artt. 352 e 354, c.2 e 3 (nei casi di particolare necessità e urgenza anche gli agenti ex art. 113 disp. att.);
– atti d’individuazione di persone e di cose,
– confronti tra persone informate sui fatti già assunte a sommarie informazioni ex art. 351 cpp;
– informazioni e acquisizione in copia di documenti presso istituti di credito (es. estratti di conti correnti) e banche dati (es. Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate, ACI, Ufficio del Catasto) in caso di indagini patrimoniali, ex art. 19 dlgs 159/2011 (codice antimafia).

Sono atti eseguibili da ufficiali e agenti di P.G. in caso di delega dell’A.G.:
– esecuzione delle ordinanze del giudice (es. misure cautelari personali coercitive, quale la custodia cautelare in carcere o gli arresti domiciliari, divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla P.G., ecc., ex artt. 272286);
– acquisizione di documenti (artt. 234, 256, 256 ter);
– acquisizione di tabulati.

3. L’ANNOTAZIONE DI P.G. E LA RELAZIONE DI SERVIZIO
L’art. 357 c.1 cpp prevede che la P.G. annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette all’individuazione delle fonti di prova. Annotare significa prendere nota o registrare, in modo sommario e riassuntivo ogni attività svolta, da riferire al P.M. durante la fase delle indagini e poi al giudice. Nel dibattimento, infatti, la P.G. quando è chiamata a testimoniare può fare riferimento agli atti compiuti e documentati anche attraverso le annotazioni. L’annotazione è l’atto destinato a documentare l’attività d’indagine che non deve essere verbalizzata (es. riferire su un intervento effettuato per furto in appartamento). Ha rilevanza esterna essendo destinata all’A.G.: infatti, contiene informazioni che sono strumentali a consentire al magistrato di conoscere il tipo e il risultato dell’attività svolta e, quindi, di compiere le valutazioni necessarie ai fini della prosecuzione delle indagini. Si tratta di un documento semplice che non richiede particolari formalità. È redatta per gli atti atipici (es. pedinamento), compresi quelli rivolti alla individuazione delle fonti di prova, ma anche per quelli tipici di scarsa utilità investigativa (es. indicazione delle dichiarazioni e delle generalità delle persone che abitano nel palazzo dove è avvenuto il delitto e che non forniscono informazioni utili alle indagini). L’art 115 disp. att. cpp stabilisce che l’annotazione contiene:
– l’indicazione dell’ufficiale o dell’agente di P.G. che ha compiuto le attività di indagine;
– l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui le attività d’indagine sono state eseguite;
– l’enunciazione succinta del risultato di tali attività;
– le generalità e le altre indicazioni personali utili per l’identificazione delle persone dalle quali la P.G. ha eventualmente assunto informazioni o delle quali eventualmente si è avvalsa per il compimento di atti.
L’annotazione deve essere diretta o al responsabile del servizio di P.G. oppure direttamente al P.M.  (6). La relazione di servizio , invece, è l’atto con cui gli operatori di polizia informano il responsabile dell’ufficio di quei fatti di cui siamo venuti a conoscenza nell’attività di servizio, e anche al di fuori di essa, che possono non avere attinenza con la funzione di P.G. (es. segnalare un guasto o un incidente anche lieve occorso all’autovettura di servizio; riferire sulle varie attività compiute nel corso del servizio, ecc.). La relazione di servizio (7) è un atto interno. Assume rilevanza esterna quando in essa sono contenute notizie di reato o sono documentate attività di indagine. È indirizzata al dirigente dell’ufficio di appartenenza e dagli altri uffici interessati (8) . Pertanto, mentre l’annotazione costituisce una forma di documentazione dell’attività svolta, la relazione di servizio assolve a una funzione meramente informativa all’ufficio.

4. IL VERBALE
Gli atti compiuti dalla P.G. per assicurare le fonti di prova devono essere documentati, con annotazione o verbale (art. 375 cpp). Il verbale è un documento a contenuto vincolato, redatto nel rispetto di particolari formalità. È redatto per documentare gli atti tipici della P.G. e tutte le volte che l’annotazione è inadeguata. La diversa tipologia di documentazione è prevista in funzione della utilizzabilità che gli atti di P.G. potranno avere in giudizio e della loro forza probatoria. Gli atti per i quali si deve redigere verbale sono indicati espressamente nell’art. 357 c.2 cpp. Tale strumento è utilizzato per la documentazione delle più importanti attività d’iniziativa della P.G. La norma stabilisce che, fermo quanto previsto da specifiche norme in relazione a particolari attività (si pensi ad es. al verbale d’arresto disciplinato dall’art. 386 c.3 cpp), la P.G. deve redigere verbale dei seguenti atti:

  • denunce, querele, istanze presentate oralmente (artt. 333 c.2, 337 c.2, 341);
  • sommarie informazioni rese (art. 350 c.1-4) e dichiarazioni spontanee (art. 350 c.7) ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (art. 351);
  • perquisizioni e sequestri (artt. 352 e 354);
  • identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti (art. 349);
  • acquisizioni di plichi o di corrispondenza (art. 353);
  • accertamenti urgenti su luoghi, sulle cose e sulle persone (art. 354);
  • atti che descrivono fatti e situazioni eventualmente compiuti sino a che il P.M. non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini, es. individuazione fotografica (art. 348).

La P.G., inoltre, deve redigere verbale degli atti che compie su delega o disposizione del P.M. o del giudice. In tal caso deve osservare le regole previste per la documentazione degli atti dell’A.G. (artt. 364, 365 e 373 in relazione all’art. 370 c.2 cpp).

Il verbale è un atto pubblico redatto da un pubblico ufficiale, fa fede fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il medesimo attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (9) (artt. 2699 e 2700 codice civile). L’eventuale falsità del contenuto del verbale commessa dall’operatore di P.G. che l’ha redatto comporta gravi conseguenze penali e disciplinari. La documentazione dell’attività di indagine della polizia giudiziaria deve rispecchiare fedelmente le operazioni compiute e deve essere redatta con la massima attenzione e precisione dagli ufficiali o dagli agenti di P.G. operanti, nel rispetto delle formalità prescritte dal codice (regole generali previste dagli artt. 134142 cpp; regole specifiche previste dalle singole norme riguardo particolari attività, es. art. 386 c.3 cpp indica il contenuto del verbale d’arresto).
Il verbale può essere redatto in forma integrale o riassuntiva. Il verbale in forma integrale rappresenta nella sua interezza, in maniera fedele e precisa, nulla tralasciando, tutta l’attività svolta, parola per parola, gesto per gesto. Comporta la riproduzione completa delle domande, delle risposte e delle dichiarazioni rese da tutti i partecipanti all’attività. Il verbale in forma riassuntiva, invece, implica una riproduzione fedele ma sommaria e sintetica dell’attività svolta. Quest’ultima forma di verbale deve essere accompagnata dalla contestuale riproduzione fonografica (registrazione), tranne nel caso in cui gli atti abbiano un contenuto semplice o di limitata rilevanza o siano momentaneamente indisponibili gli strumenti di riproduzione o gli ausiliari tecnici (artt. 139 e 140 cpp). Quando le modalità di documentazione sopra indicate sono ritenute insufficienti, può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile o in ipotesi espressamente previste dalla legge, come ad es. nel caso di interrogatorio di persona in stato di detenzione (art. 141 bis cpp, norma che trova attuazione anche in caso di arresti domiciliari e per qualsiasi altra forma di detenzione, mentre non si applica quando l’indagato o l’imputato detenuto o agli arresti domiciliari è escusso in qualità di persona informata sui fatti).

Il verbale contiene (art. 136 cpp):
– la menzione del luogo, dell’anno, del mese, del giorno e, quando occorre, dell’ora in cui è cominciato e chiuso;
– le generalità delle persone intervenute;
– l’indicazione delle cause, se conosciute, della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire;
– la descrizione delle operazioni eseguite, delle dichiarazioni ricevute (indicando se sono state rese spontaneamente o previa domanda, e in tale caso è riprodotta anche la domanda), l’indicazione di quanto avvenuto in presenza del verbalizzante.
Il verbale contiene, altresì, l’indicazione che l’atto di P.G. è stato eseguito con l’aiuto di un interprete nominato dalla stessa P.G. o dall’A.G. delegante, se il verbale riguarda le attività svolte nei confronti di coloro che non comprendono la lingua italiana (art. 143 e 143 bis cpp). Il verbale, previa lettura, deve essere sottoscritto alla fine di ogni foglio dal verbalizzante e dalle persone intervenute. Se qualcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne è fatta menzione con l’indicazione del motivo (art. 137 cpp). La mancata sottoscrizione del verbale da parte della persona intervenuta, diversa dal pubblico ufficiale che ha redatto il verbale, costituisce una mera irregolarità che non dà luogo alla nullità dell’atto (ex multis Cass. Pen., Sent. 45939 del 19.11.2015). Eventualmente può comportare solo responsabilità disciplinare dell’ufficiale e/o dell’agente di P.G. che ha redatto il verbale, ai sensi dell’art. 16 disp. att. cpp.

Il verbale è nullo (art. 142 cpp) (10) :
– se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute;
– se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto.

Il verbale di norma deve essere redatto con strumenti meccanici. Quando non è possibile è redatto con scrittura manuale (art. 134 c.2 cpp).
Quando l’atto è compiuto da più persone, va indicato per primo il cognome e nome dell’ufficiale di P.G. più elevato in qualifica o grado; seguiranno, nello stesso ordine, i cognomi e i nomi degli altri operatori di P.G.

Il verbale si compone di oggetto, apertura, corpo e chiusura. L’oggetto, formulato in modo sintetico, consente di individuare il contenuto del verbale (es. perquisizione o sequestro). Nell’apertura del verbale sono indicati il luogo, la data e ove occorra l’ora di redazione, le generalità delle persone intervenute (controllate mediante richiesta di validi documenti di identificazione). Nel corpo del verbale bisogna descrivere quanto fatto o constatato in presenza di chi redige il verbale, indicare le dichiarazioni ricevute. È opportuno precisare se la persona che depone si è presentata spontaneamente oppure dietro invito. Il verbale deve essere interrotto quando una persona informata sui fatti rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico (art. 63 cpp). L’art 109 cpp stabilisce che gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana a pena di nullità. Anche il verbale e le annotazioni, quindi, devono essere compilati in lingua italiana. Le persone che sanno esprimersi in lingua italiana devono utilizzarla nel rendere dichiarazioni. Tuttavia, si può trascrivere testualmente all’atto qualche importante risposta in dialetto, nel gergo della persona che rende la dichiarazione, ponendo la parola tra virgolette, se di ciò si ravvisa la necessità o l’utilità, per dare al verbale maggiore chiarezza di espressione. Eccezione all’obbligo dell’uso della lingua italiana, nei verbali, è prevista per i cittadini italiani appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta (11), i quali hanno diritto, a richiesta, di esprimersi nella lingua madre. Anche il relativo verbale deve essere redatto in tale lingua, con l’assistenza di un interprete (art. 143 cpp). Le cancellature che occorre eseguire nel verbale sono fatte in modo da lasciar leggere le parole cancellate. Eventuali aggiunte o variazioni prima della sottoscrizione devono essere fatte con postille (12), da approvare singolarmente con firma autografa (art. 48 disp. att. cpp). Se le variazioni e le aggiunte sono eseguite dopo la sottoscrizione, il verbale deve essere riaperto e nuovamente sottoscritto da tutti. Gli spazi vuoti dovranno essere completati con tratteggio o lineati (art. 46 disp. att. cpc). È consentito l’uso di moduli prestampati già predisposti nella stesura. Dopo la compilazione e prima della chiusura dell’atto (con la formula letto, confermato e sottoscritto), si procede alla lettura del verbale, aggiungendo, di seguito, le eventuali precisioni fatte dalle persone che partecipano all’atto. Il verbale poi, previa lettura, è sottoscritto, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento (art. 137 c.1 cpp). Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni diversi dalla scrittura o con il segno di croce. Per sottoscrivere si deve intendere la firma di proprio pugno con nome e cognome. Le firme devono essere apposte alla fine dell’atto subito dopo la stesura e, possibilmente, una sotto l’altra. Per gli ufficiali e agenti di P.G., la firma dell’agente deve precedere quella dell’ufficiale di P.G. e comunque deve essere apposta per prima la firma del meno elevato in qualifica o grado. Il verbale, come annotazione, è posto a disposizione del P.M. (art. 357 c.4. cpp), mentre copia è trattenuta presso l’ufficio di polizia. Quando la persona offesa non conosce la lingua italiana se vuole o se deve fare una dichiarazione può anche farla per iscritto, in tale caso la dichiarazione scritta rilasciata dalla persona offesa è inserita nel verbale unitamente alla traduzione eseguita dall’interprete (art 143 bis cpp). Quando l’atto è stato redatto nei confronti di persona che non conosce la lingua italiana, se copia del verbale deve essere consegnata all’interessato occorre tradurlo per iscritto tramite interprete (art 143 c.2 cpp). Riguardo alla consegna degli atti eseguiti dalla P.G. occorre precisare che la copia del verbale deve essere consegnata a colui che partecipa all’atto nelle sole ipotesi previste espressamente dalla legge, al fine di salvaguardare l’obbligo del segreto istruttorio di cui all’art. 329 cpp che può essere derogato esclusivamente dal P.M. Il legislatore si limita a indicare i soli casi in cui l’atto deve essere consegnato e cosa debba essere precisamente consegnato al predetto soggetto. Ad esempio gli articoli 249, 250, 253 e 293 cpp, riguardanti attività delegate dall’A.G., precisano che si deve provvedere alla consegna al destinatario dei soli decreti emessi dalla A.G., debitamente notificati, e non anche della copia degli atti consequenziali (perquisizione, sequestro, arresto per custodia cautelare ecc.), mentre all’art. 355 cpp, specifica che copia del verbale di sequestro deve essere consegnata alla persona alla quale sono state sequestrate le cose. Medesimo onore è imposto in caso di controlli, ispezioni e perquisizioni eseguite ai sensi dell’art. 103 dpr 309/1990 o per le ipotesi di perquisizione sul posto disciplinate dall’art. 4 L. 152/1975 (consegna invece non prevista in caso di perquisizione ai sensi dell’art. 352 cpp). A ulteriore conferma, l’articolo 366 cpp, impone al P.M. e alla P.G. l’obbligo del deposito degli atti, ai quali ha diritto ad assistere anche il difensore, affinché quest’ultimo possa anche esternarne copia solo nei successivi tre giorni dal loro compimento. Lo scopo del ritardato deposito è quello di consentire al P.M. di valutare l’opportunità di secretare comunque l’atto (art. 329, c.3 cpp). La consegna del verbale, quando non prevista dalla legge, può dar luogo al reato di violazione colposa del segreto d’ufficio (art. 326, c.2. cp.) oltre che alla responsabilità disciplinare di cui all’art. 16 disp. att. cpp.

5. DICHIARAZIONE/ELEZIONE DI DOMICILIO.
La P.G. nel primo atto compiuto con l’intervento dell’indagato in stato di libertà deve inviarlo a indicare l’abitazione o al luogo dove abitualmente esercita l’attività lavorativa oppure a eleggere o dichiarare domicilio per le notifiche, redigendo il relativo verbale di dichiarazione o elezione di domicilio (art. 161 cpp). L’immediata redazione del predetto atto ha particolare importanza in quanto l’imputato che non ha avuto conoscenza del procedimento pendente a suo carico non può essere giudicato e il processo, ove abbia avuto comunque inizio, deve essere sospeso (artt. 419, 420 bis, 420 quater e 420 quinquies cpp, così come modificati dalla legge n. 67 del 28 aprile 2014). La finalità dell’atto è quella di conoscere l’esatto domicilio dell’indagato presso cui eseguire le notificazioni degli atti a lui diretti ed è di rilevante importanza, poiché evita alla P.G. e al P.M. inutile dispendio di energie, soprattutto per il rintraccio dello stesso indagato. Per tale ragione, la P.G. non deve trascurare tale importante adempimento la cui omissione, tra l’altro, potrebbe comportare per gli ufficiali e agenti di P.G. conseguenze disciplinari (artt. 16 e 17 disp. att. cpp). Infatti, nella fase delle indagini preliminari e in tutte le fasi antecedenti il giudizio, le comunicazioni che il P.M. è tenuto a inviare all’indagato vengono notificate tramite la P.G. (art. 151 cpp) presso il domicilio dichiarato o eletto. Nel verbale di dichiarazione/elezione di domicilio la P.G. deve avvertire la persona indagata dell’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità di tale comunicazione o in caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notifiche verranno eseguite mediante consegna al difensore (art. 161 c.1 e 4 cpp). Si ricordi che la mancanza nel verbale di quest’ultimi avvisi comporta la nullità delle successive notifiche degli atti processuali (art. 171 c.1 lett. e cpp). L’indagato deve essere inviato a nominare un difensore di fiducia e informato che in difetto sarà designato un difensore d’ufficio. In tale circostanza, l’indagato deve essere avvertito dell’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio, ove non sussistano le condizioni per accedere al gratuito patrocinio e che in caso d’insolvenza si procederà a esecuzione forzata (art. 369 bis c.2 cpp). L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se la P.G. procedente non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario (art. 162 c.4 bis cpp). Per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria e per quelli indicati dall’art. 550 c.2 cpp l’indagato, inoltre, deve essere informato della facoltà di richiedere la sospensione del procedimento e di essere ammesso alla prova ai sensi dell’art. 168 bis cp, con l’avvertenza che l’esito positivo della prova estingue il reato. Quando l’indagato non consce la lingua italiana il verbale deve essere redatto con l’assistenza dell’interprete nominato dalla stessa P.G Il verbale deve essere redatto avvalendosi dell’interprete anche quando la persona offesa che non conosce la lingua italiana elegge o dichiara domicilio (art. 143 bis cpp).

6. CONTENUTO, VALENZA PROBATORIO O INDIZIARIA DEL VERBALE D’ARRESTO
L’art. 386 c.3 cpp specifica il contenuto del verbale di arresto o di fermo, in aggiunta a quanto prescritto in via generale dall’art. 136 cpp. Più precisamente, in tale verbale si devono indicare in modo circostanziato il fatto e le ragioni che hanno portato all’esecuzione del provvedimento, mediante una succinta esposizione dei fatti accaduti costituenti reato, con speciale riferimento, in caso di arresto, alle circostanze che contraddistinguono lo stato di flagranza, nonché il giorno, l’ora e il luogo dell’esecuzione della misura precautelare. Nel verbale d’arresto, al pari di ogni altro verbale, l’operatore di P.G. ha l’obbligo di dire la verità, trattandosi di atto destinato a provare la verità dei fatti e che fa fede sino a querela di falso riguardo a tutto ciò che il verbalizzante attesta essere avvenuto in sua presenza (13). Il contenuto del predetto verbale può assumere un valore probatorio assoluto o solo indiziario, qualora le successive indagini e informazioni dovessero o meno riscontrare la situazione di fatto conosciuta dalla P.G. al momento dell’arresto. Infatti, il giudice, all’atto della convalida, deve unicamente limitarsi a valutare la legittimità degli elementi che hanno indotto l’operatore di P.G. ad adottare il provvedimento, non sovrapponendo un’autonoma interpretazione degli elementi oggettivi evidenziati nel verbale di arresto, né tanto meno dovrà tener conto degli elementi emersi dalle successive indagini e delle informazioni in seguito acquisite (14). Elementi questi ultimi che, invece, dovranno essere tenuti presenti dal giudice per la trasformazione della misura precautelare in misura cautelare e per la pronuncia della sentenza. Sul punto si ricordi, altresì, che il verbale d’arresto, in quanto atto irrepetibile della P.G., confluisce nel fascicolo per il dibattimento, ai sensi dell’art. 431 cpp. Pertanto, si tratta di un atto d’indagine utilizzabile in dibattimento per il convincimento del giudice in merito alla responsabilità penale dell’imputato. L’indicazione dell’ora d’arresto o del fermo è poi di fondamentale importanza, in quanto è da questo momento che inizia a decorrere il termine delle 24 ore, entro il quale il soggetto privato della libertà deve essere messo a disposizione del P.M., a pena di inefficacia della misura precautelare (art. 386 c.7 cpp). Spesso la data e l’ora dell’accompagnamento in ufficio e/o la data e l’ora di redazione del verbale non coincidono con il momento in cui la persona è effettivamente dichiarata in arresto o sottoposta a fermo (15) . Infatti si può verificare per procedere all’arresto sia necessario eseguire dei preliminari accertamenti, per avere una chiara visione dell’accaduto e di come si siano svolti i fatti. Si pensi ad esempio, in caso di più persone che hanno riportato lesioni causate da arma da taglio, alla necessità di sentirle preliminarmente e di escutere le persone informate, per farsi spiegare cosa sia accaduto e come si siano svolti i fatti. Una volta redatto, il verbale deve essere trasmesso entro 24 ore dall’arresto al P.M., il quale lo trasmetterà al Gip per la convalida entro le successive 48 ore.

7. ATTO RIPETIBILE E ATTO IRRIPETIBILE
Gli atti di P.G. sono compiuti per consentire al P.M. di prendere le proprie determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale (art. 326 cpp). Gli atti si dicono irripetibili quando nel momento stesso in cui sono compiuti si esaurisce, si consuma ogni possibilità di ripetizione. Una perquisizione o un sequestro, una volta eseguiti e una volta che abbiano raggiunto il loro scopo, di ricerca e d’acquisizione degli elementi di prova, non possono essere rinnovati in modo da rifornire lo stesso risultato già ottenuto. Sono compiuti a sorpresa dell’interessato, altrimenti potrebbe essere compromessa le genuinità della prova. Per questo perquisizioni e sequestri sono atti irripetibili detti anche atti a sorpresa. Gli atti non ripetibili devono essere documentati mediante verbale (artt. 357 e 373 cpp) e la prova così ottenuta è fatta valere nel giudizio ed è utilizzata per fondare la decisione del giudice, perché l’atto non può essere ripetuto in dibattimento. È per questa ragione che i verbali di tali atti entrano nel fascicolo per il dibattimento (art. 431 lett. b, c cpp).

Sono atti d’iniziativa della P.G. non ripetibili:
– arresto e fermo (artt. 380, 381 e 384);
– allontanamento dalla casa familiare (art. 348 bis);
– perquisizioni (art. 352);
– sequestri (art. 354 c.2);
– acquisizione e apertura immediata di plichi (art. 353);
– accertamenti e rilievi urgenti (art. 354).

Sono atti disposti all’A.G. non ripetibili:
– ispezioni (artt. 244, 246 e 364 c.5);
– perquisizioni (artt. 247 ss.);
– sequestri (artt. 253ce ss.);
– intercettazioni telefoniche (artt. 266 ss.).
Gli accertamenti tecnici non ripetibili, che riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, sono di esclusiva competenza del P.M. e devono essere effettuati nel rispetto di particolari garanzie difensive previste dall’art. 360 cpp, altrimenti non sono utilizzabili come prova in dibattimento poiché illegalmente acquisiti (v. art. 191 cpp). In questi casi il P.M. deve avvisare senza ritardo l’indagato, la persona offesa e i relativi difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per la nomina del consulente tecnico incaricato dell’accertamento. I difensori e i consulenti tecnici hanno diritto di assistere al conferimento dell’incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve, un esempio di accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 cpp è l’autopsia oppure l’analisi in laboratorio di un campione che contiene una quantità così esigua di residuo di sparo o di materiale biologico, da no poter ripetere l’accertamento. In tali casi si osserveranno le regole dettate dall’art. 360 cpp e gli accertamenti compiuti durante le indagini saranno utilizzabili come prova in dibattimento. Questo perché possono essere ripetuti anche durante la fase dibattimentale. Si pensi ad esempio alla perizia disposta dal giudice su tipo e qualità di ferro utilizzato per la costruzione di un palazzo crollato: di certo il ferro non è materiale rapidamente deperibile, quindi l’accertamento tecnico è ripetibile.

8. DISTINZIONE TRA INUTILIZZABILITÀ E INEFFICACIA DEGLI ATTI
L’inutilizzabilità riguarda le prove e gli atti che hanno valenza probatoria. Sono inutilizzabili come prova in dibattimento gli atti acquisiti in violazione dei divieti stabiliti dalla legge (art. 191 cpp). Ad esempio sono inutilizzabili gli accertamenti tecnici irripetibili se compiuti senza la presenza del difensore, che ha diritto di assistervi e di essere avvisato ai sensi dell’art. 360 cpp. L’art 271 cpp prevede l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli artt. 267 e 268 c.1 e 3 cpp. Sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dall’indagato durante l’interrogatorio quando non sono stati dati dli avvertimenti di cui all’art. 64 c.3 lett. a, b cpp. L’atto è efficace quando corrisponde allo schema tipico previsto dalla legge. Pertanto, in via di principio, anche la mancanza di uno solo degli elementi tipici (cioè previsti dalla legge) non dovrebbe consentire all’atto di produrre effetti. Tuttavia, non sempre in tali casi l’atto è inefficace, poiché a volte la mancanza di qualche elemento previsto dalla legge è ritenuta irrilevante. In tali casi si parla di mere irregolarità, che si possono eliminare correggendo l’errore (ad es. v. art. 186 cpp: quando la legge assoggetta un atto a una imposta o a una tassa, l’inosservanza della norma tributaria non è a causa di nullità ma si può regolarizzare, ad es. pagando l’imposta o la tassa). Si pensi ad esempio al verbale di arresto che deve contenere l’indicazione del giorno in cui è stata eseguita la misura precautelare (art. 386 c.3 cpp). La mancanza di questo elemento di norma dovrebbe rendere inefficace l’atto. Tuttavia quando l’individuazione del giorno è desumibile dal contesto stesso dell’atto o degli atti a esso collegati, l’irregolarità è sanata e il verbale è efficace.

NOTE

  1. L’art. 55 cpp stabilisce che la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall’autorità giudiziaria. Tali funzioni sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria.
  2. L’art. 109 Cost., infatti, prevede che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.
  3. La P.G., infatti, una volta acquisita la notizia di reato deve riferirla al P.M. (nei tempi indicati dagli artt. 347 cpp e 107 bis disp. att. cpp), per iscritto o anche verbalmente, a seconda dell’urgenza. In tal senso, ha anche l’obbligo di riferire al P.M. gli esiti delle indagini esperite in seguito alla notitia criminis.
  4. Il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge funzioni di P.G. solo in relazione all’attività espletata nello svolgimento dei compiti d’istituto (prevenzione e vigilanza antincendi, estinzioni degli incendi, servizi finalizzati alla tutela delle incolumità delle persone e alla prevenzione dei beni anche dai pericoli derivanti dall’energia nucleare).
  5. La Polizia municipale e provinciale ha una competenza di P.G. generale per materia, limitata nello spazio e nel tempo. Nello spazio, in quanto la qualità di agente di P.G. incontra il limite dell’ambito territoriale del comune o della provincia (nello stesso senso artt. 4 n. 3 e 12 L. 7/3/1986 n. 65). Nel tempo, in quanto la qualità è attribuita soltanto durante il servizio (ordinario, straordinario o altrimenti comandato) e non è pertanto una qualità permanente. Lo stesso articolo 4, poi, prevede alcune ipotesi in cui regola della territorialità subisce qualche deroga, come nel caso della flagranza di reato e, quindi, ad es., della necessità dell’agente di polizia giudiziaria di intervenire per porre fine alla condotta delittuosa, per accertare il reato e catturare il reo, anche a seguito di un inseguimento. Ai sensi della legge quadro sull’ordinamento della Polizia municipale rivestono anche la qualità di agenti di pubblica sicurezza, trattandosi di funzioni ausiliarie, alle quali si fa ricorso in caso di necessità a giudizio delle competenti autorità di pubblica sicurezza (è proprio in funzione di tale qualifica che viene concesso il porto dell’arma in dotazione “anche fuori servizio purché nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza”).
  6. La documentazione dell’attività di P.G. è posta a disposizione del P.M. (art. 357 c.4 cpp) mentre copia è trattenuta presso l’ufficio di polizia.
  7. V. art. 28 dpr782/85 Regolamento di servizio dell’Amministrazione della P.S.
  8. Se ad es. durante il servizio la Volante interviene per un reato, procede all’arresto e alla perquisizione del reo, si deve redigere: relazione di servizio, per informare l’ufficio dell’attività svolta; annotazione di P.G., che documenta tutta l’attività svolta; verbale d’arresto; verbale di perquisizione personale.
  9. Cass. N. 8579/2011
  10. Si tratta di nullità relativa, che può essere rilevata solo dalla parte interessata e non d’ufficio, nei brevi termini previsti dalla legge ma, se dichiarata dal giudice, rende nulli gli atti successivi che dipendono da quello nullo (artt. 181 e 185 cpp). Alle nullità previste dalla regola generale di cui all’art. 142 cpp si aggiungono quelle disciplinate dalle singole norme del codice di procedura penale, come ad es. quella prevista dall’art. 109 c.3 cpp in merito alla lingua da utilizzare per la redazione degli atti. Se l’indicazione della data di un atto è prevista a pena di nullità, questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa essere stabilità con certezza in base a elementi contenuti nell’atto stesso o in atti a questo connessi (art. 111 cpp).
  11. Sono considerate minoranze linguistiche riconosciute quelle: francese e tedesca della Val D’Aosta, tedesca e ladina del Trentino Alto Adige, slovena delle province di Trieste (comuni di Duino, Aurisina, Sgonico, Monrupino, e San Dorligo della Valle), Gorizia e Udine (v. legge 23 febbraio 2001, n. 38). Sono località ladine i comuni di Campitello di Fassa, Canazei, Mazzin, Moena, Pozza di Fassa, Soraga, Vigo di Fassa (art. 5 dlgs 16 dicembre 1993, n. 592).
  12. Ad esempio, se si vuole cambiare una parola, deve essere cerchiata e numerata. In calce al foglio verrà riportato il numero della postilla e la parola corretta. La firma andrà posta vicino alla parola cerchiata e affianco alla parola corretta.
  13. Cass. n. 8579/2012.
  14. Cass. n. 5048/2012
  15. Cass. nn. 4227/2000 e 42829/2003
Torna su
Cerca