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Continua la lunga e impressionante scia di suicidi in carcere.
Questa volta a scegliere la morte piuttosto che la vita è un uomo detenuto per atti persecutori che prima di impiccarsi con le lenzuola alle sbarre della finestra della cella ha scritto una lettera al figlio di quindici anni.
Non è dato sapere con precisione quali siano le accuse che avevano portato in carcere questo uomo né se era in attesa di giudizio o meno.
Il dato di fatto è che a distanza di pochi giorni si conta un altro suicidio in carcere e che dall’inizio dell’anno nel solo carcere di Torino i morti suicidi sono, ad oggi, quattro.
Riporto anche qui la notizia ed anche qui ribadisco che la posizione dello Studio Legale Giuseppe de Lalla fondato dal sottoscritto è che il senso della detenzione non è costituzionalmente ridotto alla sofferenza ed all’isolamento del condannato dalla società civile ma (anche) la rieducazione (oltre naturalmente alla punizione e alla prevenzione).
La rieducazione intesa pragmaticamente senza retorica alcuna tesa ad impedire o quantomeno limitare la recidiva.
In questi giorni ho potuto constatare il (relativamente) grande dibattito che si sta sviluppando proprio su questa pagina facebook dello Studio in relazione alle notizie dei giorni scorsi in tema di suicidi in carcere (che, lo ricordiamo, sono statisticamente dieci volte piu frequenti rispetto a quelli che si verificano tra la popolazione non detenuta).
Molti i parere e le opinioni per i quali ringrazio tutti i visitatori della pagina che hanno lasciato un loro commento.
Tutti quanti nessuno escluso anche ovviamente tutti coloro che hanno una opinione diversa da quella del sottoscritto.
Per lo più ho letto compassione e comprensione ma non sono mancati commenti caustici ed anche al limite della umana pietas.
Quello che comunque è e rimane importante è parlare di questi accadimenti che avvengono sempre più spesso nelle nostre stesse città in spazi separati da noi da delle mura ma che sembrano avvenire su un altro pianeta.
Ben venga confrontarsi ed anche scontrarsi dialetticamente piuttosto che ignorare delle morti che – a mio avviso, come quelle sul lavoro – non sono accettabili e non devono essere accettate fatalisticamente in una società che si definisce civile.
Per visualizzare tutta la rassegna stampa sul tema e per commentare, collegati alla pagina facebook dello Studio Legale de Lalla:
https://www.facebook.com/StudioLegaleDeLalla
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