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CODICE ROSSO

La strada percorsa nel contrasto alla violenza di genere.

Pubblichiamo di seguito un interessante inserto di “Polizia Moderna” – mensile ufficiale della Polizia di Stato – del novembre 2019 redatto dal Commissario Capo della Polizia di Stato Antonio Magno in tema di misure apportate dal c.d. CODICE ROSSO inserito nel nostro ordinamento dalla Legge n. 69 del 2019 (già oggetto di analisi in un articolo pubblicato sul sito dello Studio dall’Avv. de Lalla il 3 settembre 2019: https://www.studiolegaledelalla.it/tag/codice-rosso/) per il contrasto alla violenza di genere.

 

In questa pagina pubblichiamo la prima parte dell’intervento del Commissario Capo Magno con il commento dell’Avv. de Lalla.

In particolare, dopo una breve premessa sul fenomeno della violenza sulle donne e dopo aver ripercorso l’evoluzione del nostro ordinamento giuridico volta ad eliminare le diverse forme di violenza di genere, l’articolo analizza le principali novità apportate dalla riforma soffermandosi, nel dettaglio, sia sugli interventi che hanno interessato il diritto penale sostanziale, sia sugli interventi aventi ad oggetto la disciplina processuale.
Particolare rilievo è dato all’inasprimento del trattamento sanzionatorio per i reati di maltrattamenti verso familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e violenza sessuale di gruppo.
Inoltre, vengono analizzate le nuove figure di reato introdotte, ossia:
– deformazione dell’aspetto della persona tramite lesioni permanenti al viso (art. 583 quinques c.p.);
– diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612 ter);
– costrizione o induzione al matrimonio (art. 558 bis);
– violazione dei provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387 bis).
Per quel che riguarda, invece, la disciplina processuale si vedrà, in primo luogo, l’introduzione dei c.d. corsi specifici di formazione per il personale delle Forze dell’Ordine sulla prevenzione e il perseguimento dei reati suindicati e per il personale che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate.
Oltre a ciò, si analizza l’accelerazione dei procedimenti che riguardano i delitti di genere, a partire dalla denuncia che avrà una c.d. “corsia preferenziale”.
Certamente, vi sono degli aspetti del CODICE ROSSO del tutto opportuni ma, come già evidenziato nell’articolo pubblicato sul sito dello Studio il 3 settembre 2019, come tutte le norme che introducono accertamenti sommari a carico di un soggetto, il CODICE ROSSO si presta ad un uso potenzialmente strumentale da parte delle asserite vittime che hanno indubbiamente a disposizione un mezzo potente (e veloce) per limitare la libertà personale della persona denunciata, presunta innocente fino alla Sentenza definitiva (o che, perlomeno, dovrebbe essere considerata tale).

I primi mesi di applicazione della norma in commento, peraltro, hanno messo in rilievo le problematiche applicative della stessa; soprattutto sotto il profilo della pronta reazione dell’ordinamento (Forze di Polizia in primis) a seguito di una notizia di reato o della richiesta di intervento della persona offesa in sede amministrativa con l’istanza di ammonimento del Questore. In particolare, si registra una discrasia tra quelli che dovrebbero essere dei tempi contratti (così come ipotizzati dal Legislatore) e quelli che effettivamente si realizzano posto che le risorse coinvolte (Forze dei Polizia, Giudici e personale amministrativo) pur rimanendo numericamente le stesse (spesso NON debitamente formate ed aggiornate), devono fronteggiare una richiesta maggiore e di più difficile gestione.

Peraltro, la richiesta di applicazione di una misura cautelare – quella che spesso è l’intervento che la persona offesa percepisce come più urgente ed opportuno proprio per interrompere le condotte dell’offender – è rimessa comunque all’iniziativa del Pubblico Ministero e, pertanto, soggetta ai tempi che lo stesso può e considera necessario adottare (senza contare che spesso il PM deve a sua volta attendere l’esito degli accertamenti delle Forze di Polizia prima di potersi pronunciare per l’applicazione della misura di cui si tratta).

Inoltre, laddove è effettivamente realizzata quella “prontezza di risposta” tipica del CODICE ROSSO, il terreno della pratica è risultato fertile per potenziali lesioni dei diritti di coloro che vengono incolpati. Tema questo assolutamente rilevante già oggetto di riflessioni del sottoscritto all’indomani della promulgazione della Legge in esame. Il Legislatore del CODICE ROSSO, invero, ha operato una scelta di politica criminale assolutamente chiara: tutela rinforzata alle supposte vittime del reato sia dal punto di vista del diritto penale sostanziale che processuale tale da provocare un effettivo sbilanciamento dell’equilibrio legale e giuridico a favore della potenziale vittima. E questo è un dato di fatto tanto oggettivo quanto oggettivamente pericoloso per tutti i casi “falsi positivi” che molto più spesso di quanto si pensi si realizzano in danno di persone (al 99% uomini) falsamente accusati.

Se da una parte tale meccanismo era necessario proprio in vista della pronta repressione dei delitti di genere (e per assicurare la protezione – sacrosanta – delle vittime), dall’altro ha creato una concreta ed effettiva potenziale lesione dei diritti difensivi del soggetto accusato; lesione che si traduce in un danno non controbilanciato dalla efficacia delle norme in commento nel momento in cui il soggetto accusato non è responsabile delle accuse mossegli.

Accuse la cui infondatezza è accertata solo dopo che la persona indicata come il responsabile è GIA’ stata colpita da afflittivi provvedimenti giudiziari ed amministrativi.

A ciò si aggiunga che la prova nei procedimenti penali che nascono da accuse di crimini sessuali e di genere sono per lo più contraddistinti da una prova asfittica che si identifica nelle dichiarazioni della supposta vittima NON supportate da elementi di prova esterni in difetto di testimoni terzi e di evidenze medico/scientifiche obbiettivamente interpretabili. Procedimenti penali che vengono spesso condotti con un approccio verificazionista ed una visione a tunnel tanto della Pubblica Accusa che – e questo è un aspetto ancor più pernicioso e preoccupante per la tutela dei diritti dell’incolpato – del Giudicante portati a  dare maggiore rilievo agli elementi in linea con l’ipotesi accusatoria omettendo di approfondire (quand’anche di considerare) quelli a discarico.

In ogni caso, il nostro Ordinamento era effettivamente carente di quei mezzi oggi assicurati dal CODICE ROSSO destinati alla effettiva e concreta (soprattutto perché repentina) tutela della vittima.

Estremamente completa e approfondita l’analisi qui di seguito illustrata – come detto – dal Commissario Capo della Polizia di Stato Antonio Magno che ci permette di considerare l’Istituto in parola anche dall’ottica di un Ufficiale delle Forze dell’Ordine.

(Introduzione dell’Avv. Giuseppe Maria de Lalla).

*****

1. PREMESSA
In questi ultimi anni vi è stata una crescita dell’attenzione sull’odioso fenomeno della violenza sulle donne, sia da parte dei mass media, che hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica, che dagli organi deputati a porre in essere norme giuridiche di contrasto.
Il primo passo è rappresentato certamente dalla creazione di un neologismo, quello di “femminicidio”, che ha permesso di far emergere un problema e di identificarlo con chiarezza. Nato nella letteratura criminologica degli anni ’90, il termine ha una valenza più ampia di quella conferita dall’assonanza con la parola omicidio: esso indica infatti qualunque forma di violenza (fisica e sessuale, psicologica ed emotiva) subita dalle donne in quanto tali; in altre parole, il genere costituisce l’elemento scatenante dell’azione criminosa. A rafforzare tale concetto è intervenuto anche l’articolo 1 della Dichiarazione ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne che definisce tale forma di violenza come “ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”.
Il secondo passo, di grande importanza per la presa di coscienza del problema, è stato la raccolta sistematica di dati aggiornati ed affidabili, che ha messo in evidenza le dimensioni del fenomeno e ne ha impedito la sottovalutazione.
Il terzo momento di questo percorso investe invece direttamente il piano giuridico: il 18 dicembre 1979 l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma e discriminazione contro le donne (Cedaw), entrata in vigore nel 1981. A oggi è stata ratificata da 187 Paesi (l’Italia lo ha fatto nel 1985). I paesi che ratificano la Convenzione si impegnano a uniformarvi la propria legislazione e accettano di sottoporsi a un monitoraggio internazionale almeno ogni quattro anni. Nel luglio 2011 è stata la volta dell’Italia e il rapporto finale del Comitato Cedaw (Concluding observations of the Committee on the elimination of discrimination against Woman. Republic of Italy), pur apprezzando i progressi normativi fatti dall’ispezione precedente, si era detto “preoccupato per l’elevato numero di donne uccise da partner ed ex partner, che può indicare un fallimento delle autorità pubbliche nell’assicurare adeguata protezione alle donne vittime dei loro partner o ex partner”, richiedendo a Governo e Parlamento di intervenire.

2. UNA LENTA EVOLUZIONE
Questi i passi principali compiuti dal nostro ordinamento giuridico per eliminare le forme di violenza verso le donne e gli elementi di disparità tra i sessi.
Fino al 1956 era in vita lo jus corrigendi (il potere correttivo del pater familias che comprendeva anche la forza);
tra il 1968 e il 1969 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 559 del codice penale che puniva unicamente l’adulterio della moglie;
nel 1975 il nostro ordinamento giuridico ha sostituito la famiglia strutturata gerarchicamente con un nuovo modello di famiglia paritaria;
dopo l’entrata in vigore della legge n. 442 del 5 agosto 1981, che ha abrogato la rilevanza penale della causa d’onore, la commissione di un delitto perpetrato per salvaguardare l’onore proprio e della propria famiglia (art. 587 cp) non è stata più sanzionata con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente, cancellando così il presupposto che l’offesa all’onore arrecata da una condotta “disonorevole” costituisse una provocazione gravissima tanto da giustificare la reazione dell’“offeso”;
• dopo la citata legge, inoltre, non ha più trovato spazio, nel nostro ordinamento, l’istituto del “matrimonio riparatore” (art. 544 cp), che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l’onore della famiglia;
• nel 1996, dopo circa vent’anni di iter legislativo, è stata approvata la legge n. 66 che, nel dettare nuove norme sulla “violenza sessuale”, trasferiva questo reato dal Titolo IX (Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) del codice penale al Titolo XII (Dei delitti contro la persona).
A un problema complesso si devono dare risposte articolate che affrontino la questione secondo un approccio integrato, con interventi che perseguano tre obiettivi principali:
prevenire i reati, affiancando agli interventi repressivi (indubbiamente indispensabili) e che in ogni caso intervengono dopo che la violenza ha avuto luogo, altre misure che abbiano la capacità di anticipare la violenza o comunque di stanarla prima che si manifesti in tutta la sua brutalità;
• punire i colpevoli inasprendo le pene a carico dell’autore della violenza;
proteggere le vittime, adottando, accanto agli interventi normativi, sia di tipo punitivo che preventivo, strumenti di intervento sociale (sportelli di ascolto di denuncia, presidi anti-violenza nei vari ambiti territoriali, case-rifugio per donne maltrattate, attivazione di linee telefoniche dedicate, assistenza attraverso personale specializzato, ma soprattutto istituzionalizzazione dei Centri anti-violenza esistenti etc.) nonché culturali e formativi.

Pertanto, in questi anni sono stati adottati diversi interventi legislativi, da quelli di carattere strettamente penale, intesi soprattutto a rafforzare l’effettività delle sanzioni, a specifiche “leggi anti-violenza”. Con l’introduzione nel 2009 del reato di atti persecutori (stalking), che si configurano in ogni atteggiamento violento e persecutorio e che costringono la vittima a cambiare la propria condotta di vita, fino alla legge sulle “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza per il contrasto alla violenza di genere” (conversione in legge del decreto n. 93/2013), risultano infatti rafforzati la tutela giudiziaria e il sostegno alle vittime.
La normativa rientra interamente nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul (2011), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante “sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”. L’elemento principale di novità è il riconoscimento della violenza sulle donne come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. La Convenzione prevede anche la protezione dei bambini testimoni di violenza domestica e richiede, tra le altre cose, la penalizzazione delle mutilazioni genitali femminili.

3. IL DL 93 DEL 2013
Il provvedimento arricchisce il codice di nuove aggravanti e amplia al contempo le misure a tutela delle vittime di maltrattamenti e violenza domestica. Le principali novità riguardano la relazione affettiva: rilevante sotto il profilo penale è la relazione tra due persone a prescindere dallo stato di convivenza o dal vincolo matrimoniale (attuale o pregresso).
Più in dettaglio, prima il dl 93/2013 e successivamente la derivante legge 119/2013 (cosiddetta legge sul femminicidio) sono, come di seguito, intervenuti:

Sul codice penale
• aggravante comune (art. 61, n. 11 quinquies) se i fatti sono commessi in danno o in presenza di minori o di una donna in gravidanza;
• aggravanti per i delitti di violenza sessuale nei confronti di familiari;
• reato di atti persecutori (art. 612 bis, cosiddetto stalking), con particolare riferimento al regime della querela irrevocabile, prevedendo inoltre un’aggravante se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Sul codice di procedura penale
• possibilità di procedere a intercettazioni anche quando si indaga per stalking;
• allontanamento dalla casa familiare anche d’urgenza, arresto obbligatorio in flagranza e possibilità di controllo a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico);
• obblighi di comunicazione alla persona offesa da stalking e maltrattamenti e modalità protette di assunzione della prova e della testimonianza;
• priorità assoluta per reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking.
Inoltre, a tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere sono stati previsti:
• ammonimento del Questore anche per la violenza domestica;
• gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito;
• obbligo di fornire alla vittima informazioni relative ai centri anti-violenza;
• specifico permesso di soggiorno agli stranieri vittime di violenza domestica;
• analisi criminologica della violenza di genere nella relazione annuale al Parlamento sull’attività delle forze di Polizia;
• stazionamento di fondi per il piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere con azioni a sostegno delle donne vittima di violenza.

4. CODICE ROSSO: STOP ALLA VIOLENZA
Un’ulteriore risposta da parte dello Stato alle tante donne vittime di violenza domestica e di genere che hanno paura di denunciare arriva con l’approvazione della legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) denominata “Codice Rosso”, che ha avuto vigenza dal 9 agosto e rappresenta una corsia preferenziale per le denunce nei casi di violenza di genere.
La legge nasce dalla triste esperienza di donne che sono state uccise o che hanno subito violenze molto gravi, e non punta solo su un generalizzato inasprimento delle pene per combattere il dilagare di violenze, maltrattamenti e femminicidi, ma agisce sul “fattore tempo” come elemento determinante per scongiurare l’esito irreparabile.
Per questo sono stati individuati alcuni reati attraverso i quali si esercita la violenza domestica e di genere e, in relazione a questa fattispecie si è intervenuti sul codice di procedura penale al fine di velocizzare l’instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti di aiuto alle vittime. La legge inasprisce le pene per alcuni dei delitti di cui sopra, ne rimodula alcune aggravanti e introduce nuove fattispecie di reato.
Con il Codice Rosso la giustizia ha l’obbligo di attivarsi con tempestività, prevedendo tempi brevi per lo svolgimento delle indagini nonché un’accelerazione dell’avvio del procedimento penale per alcuni reati come maltrattamento in famiglia, stalking, violenza sessuale, così che possano essere più celermente adottati eventuali provvedimenti di protezione delle vittime. Inoltre, per i reati commessi in contesto familiare o nell’ambito di rapporti di convivenza, le pene saranno più severe; è altresì sancita l’introduzione dei reati di “revenge porn”, sfregi al viso e matrimoni forzati.
A fare la differenza nella tutela della donna a rischio sono i provvedimenti concreti presi dal Giudice per l’immediato: oltre a quelli “tradizionali”, l’allontanamento della persona pericolosa dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

4.1 AMBITI DI INTERVENTO
La novella legislativa si compone di 21 articoli e interviene sul codice penale e quello di procedura penale, inasprendo le pene di alcuni delitti, rimodulandone le aggravanti e introducendo nuove fattispecie di reato.
Si è proceduto al potenziamento degli istituti introdotti a seguito dell’attuazione della Direttiva 2012/29/UE in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, all’introduzione di nuove fattispecie criminose, all’inasprimento del trattamento sanzionatorio di talune fattispecie e all’intervento sulla sospensione condizionale della pena e su taluni istituti processuali inerenti le indagini preliminari, le misure cautelari, la testimonianza, la comunicazione dei provvedimenti emessi in sede di esecuzione e il nuovo istituto della trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile.
Inoltre, l’intervento normativo interessa alcuni istituti extracodicistici quali le misure in favore degli orfani e delle famiglie affidatarie ed il trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori.
I reati interessati dall’intervento di tutela e repressione sono quelli di cui agli articoli del codice penale n. 572 (maltrattamento contro familiari o conviventi), 582 (lesioni personali), e 583 quinquies (deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso), 576 e 577 (aggravanti applicabili alle lesioni), 609 bis (violenza sessuale), 609 ter (aggravanti in materia sessuale), 609 quater (atti sessuali con minorenne), 609 quinquies (corruzione di minorenne), 609 octies (violenza sessuale di gruppo), 612 bis (atti persecutori), e 612 ter (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti).

4.2 NUOVI REATI INTRODOTTI
Sono state introdotte 4 nuove fattispecie di reato nel codice penale:

Art. 583 quinques: deformazione dell’aspetto della persona tramite lesioni permanenti al viso.
Diviene autonoma la fattispecie della deformazione e dello sfregio permanente del viso quando prodotte da lesioni personali (con abrogazione della relativa aggravante speciale di cui all’art. 583, co. 2, n. 4).
Questo delitto è punito con la pena della reclusione da 8 fino a 14 anni per la lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso. Alla condanna consegue anche la pena accessoria dell’interdizione perpetua dagli uffici attinenti alla tutela, alla curatela, ed all’amministrazione di sostegno. Il provvedimento, inoltre interviene sull’art. 576 cp, per prevedere l’ergastolo nel momento in cui dalla commissione del reato consegua la morte della vittima. La commissione del delitto incide in materia di divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti (art. 4 bis, co. 1 quater e 1 quinquies, l. 354/1975: modifica).
Questo delitto viene incluso tra i reati violenti di tipo intenzionale che attribuiscono alla vittima il diritto a essere indennizzata dallo Stato.

Art. 612 ter: diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
Introduce una fattispecie ad hoc volta a sanzionare il fenomeno del cosiddetto “revenge porn” e punisce chi, senza il consenso delle persone in esse rappresentate, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati, dopo averli realizzati, sottratti ovvero ricevuti o acquisiti al fine di recare loro nocumento.
Le pene previste sono la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000,00 a 15.000,00 euro. La punizione è prevista anche nei confronti degli eventuali “condivisori” che, avendo ricevuto o acquisito le immagini, le diffondono al fine di recare danno ai soggetti in esse ritratti. La fattispecie risulta aggravata se:
• si realizza all’interno di una relazione affettiva, anche se già conclusa;
• vengono utilizzati strumenti informatici o telematici;
• i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza (in questi casi la pena è aumentata da un terzo alla metà).
• Per tale reato non si applica la preclusione all’applicabilità della custodia cautelare e degli arresti domiciliari giusta modifica dell’art. 275 cpp.

Art. 558 bis: costrizione o induzione al matrimonio.
Il nuovo delitto punisce, con la pena della reclusione da 1 a 5 anni, chiunque con violenza o minaccia costringe una persona a contrarre vincolo di natura personale o unione civile e approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, inducendola a contrarre matrimonio o unione civile. Il reato è aggravato nel momento in cui viene commesso in danno di un minore di anni 18. La pena è da 2 a 7 anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di 14 anni. La norma prevede la punibilità anche se il fatto viene commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.

Art. 387 bis: violazione dei provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Si riferisce a chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari dell’allontanamento della casa familiare (articolo 282 bis cpp) e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282 ter cpp) o della misura precautelare dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (articolo 384 bis del cpp). E’ prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni per rendere tali obblighi e divieti ancora più incisivi.

4.3 INASPRIMENTO DEL TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Si accrescono le sanzioni già previste dal codice penale per i seguenti reati:

Maltrattamenti contro familiari e conviventi.
Pene più severe per i reati che avvengono in contesti familiari: la reclusione da due a sei anni prevista dal cp all’art. 572 diventa da tre a sette anni, aumentata fino alla metà se la violenza è avvenuta in presenza o a danni di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi (abrogata l’aggravante di cui all’art. 61, co. 1, n. 11quinquies cp con riferimento a tale reato). Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui all’art. 572 cp si considera persona offesa dal reato.
Il reato di maltrattamenti costituisce presupposto di applicazione delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria ex art. 4 ss. del Codice delle leggi antimafia che prevede anche la sorveglianza speciale e l’obbligo di dimora in un altro Comune per l’uomo violento.

Violenza sessuale.
La pena della reclusione passa da cinque a dieci anni a da sei a dodici anni ossia la pena che era prevista per i fatti aggravati ex art. 609 ter cp; le condotte aggravate ex art. 609 ter cp sono ora punite con la pena prevista per la violenza sessuale aumentata di un terzo. Tra queste viene meno ogni riferimento alle fasce di età della vittima (minore di quattordici anni ovvero minore di sedici anni se l’autore è l’ascendente o il tutore), rilevando solo la minore età in quanto tale ovvero il fatto che l’autore sia l’ascendente o il tutore della vittima. Le fasce d’età invece rilevano in quanto ora comportano un trattamento sanzionatorio più gravoso, sempre rispetto alla pena prevista all’art. 609 bis: se la vittima non ha compiuto gli anni quattordici la pena è aumentata della metà, se non ha compiuto gli anni dieci è invece raddoppiata. E’ raddoppiato il termine per la proposizione della querela, che può essere proposta entro dodici mesi dal fatto, giusta modifica dell’art. 609 septies cp.

Atti sessuali con minorenni.
La pena è aumentata se il compimento degli atti sessuali con il minore che non ha compiuto gli anni quattordici avviene in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi. Passa da tre a quattro anni la differenza anagrafica che rende non punibile il minore che compie atti sessuali con altro minore che ha compiuto gli anni tredici. Il reato diviene perseguibile d’ufficio in ogni caso.

Violenza sessuale di gruppo
La pena della reclusione passa “da sei a dodici anni” a “da otto a quattordici anni” anche nel caso di ricorrenza delle aggravanti ex art. 609 ter cp.

La legge prevede, al fine di ridurre la recidiva, la possibilità per i condannati di sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno, suscettibile di valutazione ai fini della concessione dei benefici penitenziari. Inoltre viene modificato, l’art. 165 cp, in materia di sospensione condizionale della pena, la quale, nei casi di condanna per i delitti interessati dalla riforma, è subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero (con oneri a carico del condannato), organizzati ad hoc da enti o associazioni che si occupano di assistenza psicologica, prevenzione e recupero di soggetti condannati per reati sessuali.

4.4 DISCIPLINA PROCESSUALE
La legge introduce specifici corsi di formazione per il personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia Penitenziaria “in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere”.
Con riferimento ai reati interessati dalla riforma, le Forze di Polizia devono attivare presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi, a frequenza obbligatoria per il personale individuato dall’Amministrazione di appartenenza, destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di Polizia Giudiziaria sulla prevenzione e il perseguimento dei reati suindicati e al personale che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate.
Va però ricordato che percorsi formativi ad hoc già ci sono ed esistono procedure codificate per interventi operativi per reati domestici e contro le donne. Ad esempio il protocollo EVA (acronimo di esame violenze agite) messo a punto dalla Questura di Milano ed esportato in tutta Italia dal gennaio 2017 ; e l’uso del sistema SARA (dall’inglese spousal assoult risk assessment) per valutare il rischio del ripetersi di abusi, in situazioni concrete.
In particolare, il protocollo EVA è uno strumento che codifica le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia e permette di inserire nella banca dati delle forze di Polizia (SDI), indipendentemente dalla presenza una denuncia o querela da parte della vittima, una serie di informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. Tramite l’utilizzo del protocollo sono state fino ad ora analizzate oltre 9mila segnalazioni, portando in 159 casi all’arresto in flagranza, in 261 casi alla denuncia e in 81 all’allontanamento dalla casa familiare.
Tra le novità in ambito procedurale, è previsto un’accelerazione dell’iter dei procedimenti che riguardano i casi di violenza, a partire dalla denuncia che avrà una corsia preferenziale. In ordine alla velocizzazione delle indagini e dei procedimenti giudiziari la legge prevede la modifica dell’art. 347 e dell’art. 362 cpp, sancendo con l’integrazione dell’articolo 370, l’obbligo per la Polizia Giudiziaria, in presenza di determinati reati, di dare priorità alle indagini, escludendo la possibilità che quest’ultima valuti discrezionalmente l’esistenza dell’urgenza. I reati vanno dai maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale aggravata e non, atti sessuali con minori, corruzione di minori, violenza sessuale di gruppo, stalking, lesioni personali aggravate, commessi in contesti familiari o di convivenza.
Inoltre:
• la Polizia Giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al Pubblico Ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta.
• Dalla comunicazione della notizia di reato, il Pubblico Ministero avrà tre giorni di tempo per ascoltare la testimonianza della vittima; il termine di tre giorni può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni 18 o della riservatezza della indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
• Gli atti di indagine delegati del Pubblico Ministero alla Polizia Giudiziaria devono avvenire senza ritardo.

Oltre alle informazioni sulle strutture sanitarie presenti sul territorio, alle case famiglia, ai centri antiviolenza e alle case rifugio, sin dal primo contatto con l’autorità procedente vengono fornite alla persona offesa informazioni anche sui servizi di assistenza alle vittime di reato.
La comunicazione dei provvedimenti di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva e di evasione sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per i delitti interessati dalla riforma.
La possibilità di dare lettura alle dichiarazioni rese dalla persona offesa di reati contro la libertà sessuale acquisite in contraddittorio o ai sensi dell’art. 238 cpp si estende ai minori degli anni diciotto (sino ad ora riservata ai minori degli anni sedici).
E’ stata poi modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al Giudice di garantire il rispetto anche per il tramite di procedure controllo attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici. Una delle novità più rilevanti è il braccialetto elettronico che dovranno indossare gli uomini che avranno ricevuto un ordine di allontanamento e di divieto di avvicinamento. Per chi viola la disposizione, la misura cautelare si aggrava e la persona in questione rischia una pena di reclusione fino a due anni. In sintesi, il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.
I provvedimenti di revoca e sostituzione delle misure cautelari di cui agli artt. 282 bis, 282 ter, 283, 284, 285, e 286 cpp relative ai delitti commessi con violenza alla persona non andranno più comunicati al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa bensì alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.
Quando deve essere disposta la scarcerazione del condannato per uno dei delitti interessati dalla riforma, il Pubblico Ministero che cura l’esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della Polizia Giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.
La novità più significativa in materia di diritto di famiglia riguarda invece la cosiddetta “trasmissione obbligatoria dei provvedimenti al Giudice Civile”. La legge prevede che se sono in corso procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative all’affidamento di minori o relative alla responsabilità genitoriale, il Giudice Penale deve trasmettere, senza ritardo, al Giudice Civile copia dei seguenti provvedimenti, adottati in relazione a un procedimento penale per un delitto di violenza domestica o di genere: ordinanze relative a misure cautelari personali, avviso di conclusione delle indagini preliminari, provvedimento di archiviazione, sentenza.
Lo scopo sotteso a tale previsione normativa è quello di informare rapidamente il Giudice Civile il quale terrà conto di tutti questi aspetti ai fini della sua decisione nell’esclusivo interesse dei figli. Sarà dunque necessario creare una vera e propria sinergia tra i Giudici Penali e i Giudici Civili.

4.5 ISTITUTI MODIFICATI
E’ stato esteso l’ambito del trattamento psicologico ex art. 13 bis ord. Penit., rivolto ai condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori in danno sia di minori che di maggiorenni. I condannati così individuati possono essere ammessi a seguire percorsi di reinserimento nella società e di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari.
La dotazione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all’art. 11 l. 4/2018 è incrementata per l’erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione, e di sostegno per l’inserimento dei medesimi nell’attività lavorativa e a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie.

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