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Il principio della parità tra le parti nel processo penale è una delle principali linee guida che costituiscono le direttive dettate dal Legislatore allorché si pensò di modificare il processo penale e passare dal sistema “inquisitorio” a quello “accusatorio”.
L’art. 111 della Costituzione, oltre a sancire il principio del contraddittorio fra le parti processuali in condizione di parità, stabilisce che la persona accusata di un reato e sottoposta a procedimento penale deve essere informata tempestivamente della natura e dei motivi dell’accusa e deve disporre del tempo necessario e delle condizioni per preparare la sua difesa, nonché per interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico.
Il principio contenuto nella legge delega per la riforma del processo penale e quello sancito dalla Costituzione, in particolare nella parte in cui viene riconosciuto il diritto di disporre del tempo e delle condizioni necessari per preparare la difesa, ha trovato il suo ulteriore sviluppo, specialmente per quanto attiene ai poteri della difesa, con l’entrata in vigore della legge n. 397 del 7 dicembre 2000 meglio conosciuta con il nome “Legge sulle indagini difensive”.
La nuova normativa prevede che i difensori (anche a mezzo di sostituti, investigatori privati, consulenti tecnici) hanno facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e di conferire con le persone che possono dare informazioni. Gli stessi difensori hanno, altresì, la facoltà di presentare direttamente al Giudice elementi che sono reputati rilevanti ai fini della decisione da adottare.
La possibilità della difesa di svolgere indagini costituisce uno degli aspetti cardine fondamentali dell’attuale sistema processuale, che tende a garantire ed assicurare l’effettiva parità delle parti fin dalla fase iniziale delle indagini preliminari. Si è così voluto riconoscere alla difesa la possibilità di svolgere ogni tipo di investigazione, ai fine di ricercare elementi di prova in modo del tutto analogo al pubblico ministero. Questi, avvalendosi della polizia giudiziaria, è titolato ad esercitare l’azione penale ricercando gli elementi di colpevolezza a carico dell’indagato.
Non vi è dubbio che le funzioni ella parte pubblica e di quella privata siano nettamente diverse: mentre, infatti, quella del pubblico ministero è svolta nell’interesse dello stato e rappresenta il potere punitivo dell’ordinamento giuridico, quella della difesa è portatrice di un interesse privato. Inoltre il pubblico ministero ha uno specifico obbligo, sancito dall’art. 358 c.p.p., che è quello di ricercare gli eventuali elementi a discarico dell’indagato, cui non corrisponde in capo al difensore un analogo dovere giuridico nel caso questi, nel corso dell’attività di indagine investigativa difensiva, acclarasse elementi di colpevolezza del proprio assistito.
Nella loro diversità ontologica, la parte pubblica e quella privata trovano, comunque, la loro sintesi nella funzione che entrambe esercitano nel contraddittorio e nella dialettica processuale, elementi questi che costituiscono la garanzia per l’ordinato svolgimento dello stesso processo.
Fra le attività investigative che il difensore ha facoltà di svolgere per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito rientrano anche quelle che riguardano la “prova materialee interagiscono con le indagini di polizia giudiziaria, o meglio di polizia scientifica che costituiscono le indagini tecniche di criminalistica (….).
Ai sensi dell’art. 391 sexies, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati e i consulenti tecnici da lui incaricati hanno la possibilità di accedere ai luoghi di interesse per le indagini (allo scopo di prendere visione dello stato dei luoghi medesimi e delle cose), procedere alla loro descrizione ed eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi.
Nel caso in cui, invece, tale facoltà venga esercitata in luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi sia il consenso di chi ne ha la disponibilità, il difensore dovrà munirsi della preventiva autorizzazione del giudice. La verbalizzazione delle operazioni eseguite a norma dell’art. 391 sexies è solo facoltativa, infatti l’articolo in argomento recita testualmente: “…il difensore, il sostituto o gli ausiliari indicati possono (non, quindi, devono) redigere un verbale nel quale sono riportati la data e il luogo dell’accesso, le proprie generalità e quelle delle persone intervenute, la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose, l’indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell’atto e sono allegati al medesimo”.
La documentazione, invece, relativa ad atti non ripetibili, compiuta in occasione dell’accesso ai luoghi presentata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare viene inserita nel fascicolo per il dibattimento.
Il difensore, per l’attività che svolge sui luoghi interessati all’indagine non ha l’obbligo di avvertire il pubblico ministero, il quale, però, ha la facoltà di assistere personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria. Qualora il pubblico ministero o la polizia giudiziaria siano presenti, questi possono procedere, senza intralciare il difensore o i suoi consulenti o gli investigatori a loro volta all’esecuzione delle operazioni tecniche di competenza. Non vi è dubbio che gli atti non ripetibili compiuti dal difensore non possono consistere in operazioni che alterino lo stato dei luoghi e delle cose o in accertamenti e rilievi sulle persone. Nel caso il difensore reputi necessaria l’esecuzione di tali operazioni deve farne richiesta al pubblico ministero, il quale disporrà delegando normalmente la polizia giudiziaria, specie se trattasi di repertazione di materiali e sostanze, sequestri e tutte quelle altre operazioni necessarie, compresi i rilievi sulle persone.
In considerazione di quanto ora detto, si deduce che gli atti non ripetibili che possono essere compiuti dal difensore o dai suoi ausiliari sono quelli la cui irreperibilità dipende dal mutamento dello stato dei luoghi e delle cose provocato da chi li compie; sarà così possibile eseguire le operazioni fotografiche di un luogo aperto, che documentino l’esistenza e la morfologia di impronte di scarpe o di pneumatici destinate in tempi più o meno brevi a essere cancellate dalla pioggia o dal transito di automezzi e/o persone.
Dalla lettura dell’art. 391 sexies si desume che il legislatore abbia voluto attribuire al difensore e ai suoi ausiliari soltanto la possibilità di eseguire rilievi tecnici e non già accertamenti d’iniziativa così come, invece, ha stabilito per la polizia giudiziaria all’art. 354 c.p.p., dove espressamente vengono usate le espressioni rilievi e accertamenti. A tale proposito occorre, però, anche i limiti agli accertamenti che la stessa polizia giudiziaria può effettuare, infatti, allorché gli addetti alla polizia scientifica eseguono le operazioni elencate nell’art. 354 comma II^, essi possono compiere soltanto quegli accertamenti finalizzati alla ricerca delle tracce del reato e all’acquisizione di quegli elementi che potrebbero andare dispersi. Sono, quindi, consentite quelle attività richieste da esigenze investigative immediate, che emergono in sede di sopralluogo, mentre si ritiene non debbano essere ricompresi quegli accertamenti tecnici che alterino il reperto e non abbiano i requisiti dell’indifferibilità, come avviene per le analisi di laboratorio in genere.
In questi casi si dovrà far ricorso alla disciplina prevista dall’art. 360 c.p.p. che prevede l’avviso, senza ritardo, da parte del pubblico ministero alla persona sottoposta alle indagini e al difensore del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico di consulenza che si rende necessario; nello stesso atto deve essere espressamente indicata la facoltà per l’indagato ed il suo difensore di nominare consulenti tecnici di parte, i quali potranno partecipare sia al momento dell’affidamento dell’incarico in argomento, sia successivamente a tutte le sedute i cui svolgeranno le operazioni di consulenza, formulando osservazioni e riserve.
Analogamente il difensore che intenda procedere all’esecuzione di accertamenti di laboratorio su tracce materiali del reato, dovrà darne tempestiva comunicazione al pubblico ministero richiedendone la relativa autorizzazione. Qualora il pubblico ministero non intenda disporre gli accertamenti richiesti, il difensore potrà promuovere incidente probatorio davanti al GIP.
Una ulteriore facoltà prevista per il difensore è disciplinata dall’art. 391 nonies c.p.p., che consetene un’attività di indagine investigativa difensiva preventiva nell’eventualità che si instauri un procedimento penale. In questo caso è necessario, però, che il difensore abbia ricevuto apposito formale mandato difensivo da parte dell’assistito e siano indicati i fatti ai quali si riferisce tale attività, sempre che la stessa non attenga ad atti che richiedono l’autorizzazione o l’interevento dell’autorità giudiziaria.
Da quanto fin qui detto appare di tutta evidenza come le indagini preliminari, sia quelle svolte dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria che quelle attuate da parte del difensore siano indispensabili e di fondamentale importanza nell’attività di accertamento dei fatti nella ricerca del colpevole.

(tratto da “Criminalistica e tecniche investigative” di Francesco Donato, editoriale Olimpia)

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