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L’interrogatorio dell’indagato è un incombente particolarmente delicato per il significato procedurale ed il significativo carico anche emotivo e psicologico per colui che, accusato di un reato, si trova al cospetto degli investigatori chiamato a chiarire circostanze, fatti, accadimenti e, in generale, un reato del quale è accusato.
Bisogna innanzitutto sottolineare che non è possibile individuare una strategia difensiva effettivamente proficua quale approccio standard valido per tutte le occasioni.
L’interrogatorio, invero, è caratterizzato da una moltitudine di fattori che devono essere analizzati e considerati volta per volta al fine di individuare la linea difensiva più concretamente opportuna.
Tuttavia, prima ancora di effettuare una analisi di alcune delle predette variabili, occorre considerare alcune peculiarità di tale atto di indagine che spesso rappresenta uno snodo fondamentale delle indagini preliminari (in questa sede si tratterà, infatti, soprattutto dell’interrogatorio in fase di indagini preliminari).
Preliminarmente occorre quindi sottolineare una caratteristica scontata, comune a tutti gli interrogatori ma che, straordinariamente, molto spesso viene sottovalutata: tutto quello che viene detto dall’indagato è trascritto e spesso registrato e il contenuto dell’interrogatorio diverrà atto del procedimento penale fino al termine dello stesso.
Atto che, peraltro, sarà tenuto sempre in considerazione sia dal PM che dal Giudice (magari chiamato a decidere in merito alla libertà personale dell’indagato).
Occorre tenere ben presente tale evenienza poiché, spesso, l’indagato è indotto a rispondere velocemente, preso dalla foga di sottolineare circostanze a lui favorevoli, magari in una situazione di grande stress psicofisico (si pensi a colui che è sottoposto all’interrogatorio c.d. di garanzia a seguito dell’applicazione di una misura cautelare in carcere) sottovalutando che tutto quello che dirà molto difficilmente potrà poi essere utilmente specificato o, peggio, ritrattato.
Vi è poi una particolarità comune a tutti gli interrogatori che non ha natura procedurale ma, piuttosto, di psicologia cognitiva.
Stiamo, invero, qui trattando dell’interrogatorio a cui è sottoposto l’indagato (e poi vedremo in quali occasioni) al cospetto degli investigatori delegati dal Pubblico Ministero o avanti al PM medesimo.
Ebbene, in tali casi coloro che porranno le domande sono anche coloro che hanno raccolto gli elementi a carico dell’accusato e, pertanto, non avranno – né potrebbero avere – un approccio davvero “terzo” rispetto all’indiziato e a quanto egli riferisce.
Ciò è di fondamentale importanza poiché accadrà spesso (in maniera più o meno evidente) che le domande poste avranno quale scopo non già quello di fare piena luce su un accadimento; quanto piuttosto quello di ottenere delle conferme della ricostruzione dei fatti già acquisita dagli investigatori.


Tale approccio verificazionista da parte di coloro che hanno svolto le indagini è, peraltro, giustificabile (essi rappresentano, in sostanza, l’antagonista dell’indagato) ed occorre che nel rispondere alle domande sia posta la massima attenzione sia a come viene formulato il quesito (ad es.: non “dove si trovava in data x” ma “è vero che in data x lei era nel luogo y“), sia a come interpretata e compresa la risposta data (e, massimamente, si dovrà curare la verbalizzazione riassuntiva sia delle domande che delle risposte poiché spesso anziché l’intera registrazione ciò che verrà letto dal Giudice e dal PM sarà in primis il predetto verbale riassuntivo).
In ogni interrogatorio, inoltre, è specificatamente vietato utilizzare (anche con il consenso dell’indagato) qualsiasi metodo o tecnica idonea ad influire sulla libertà di autodeterminazione o idonea ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti da parte del soggetto interrogato (resta da valutare, semmai, come dovrebbe essere interpretato un interrogatorio che si protrae per ore magari notte tempo).
In ogni caso, l’interrogatorio si svolge solitamente in un clima di generale collaborazione, correttezza e rispetto ciascuno (investigatori, PM, avvocato, cancelliere etc.) impegnato nel proprio ruolo istituzionale (e spesso non mancano scontri anche duri ma sempre nei limiti dei canoni legali e del rispetto).

Ogni interrogatorio, inoltre, si apre con gli avvertimenti di legge e riguardo a questi si sottolinea che l’interessato ha l’obbligo di rispondere secondo verità in merito alle proprie generalità e qualora riferisca in merito alla responsabilità di terzi (verso i quali potrebbe quindi assumere la veste di testimone). Pe tutte le altre circostanze l’indagato ha diritto:

– a non rispondere ovvero avvalersi della facoltà di non rispondere e naturalmente il procedimento farà ugualmente il suo corso;

– mentire. La menzogna dell’indagato a scopo difensivo (salvo che nei casi sopra richiamati) non è punibile. Non è un reato. E questo è anche comprensibile poiché la menzogna è intesa nel nostro ordinamento quale espressione del diritto di difesa dell’indagato. Negli Stati Uniti, al contrario, l’imputato ha diritto di scegliere se sottoporsi ad interrogatorio o meno (come riconosciuto anche dal nostro ordinamento) ma nel caso scelga di essere interrogato ha anch’egli come qualsiasi altro testimone il dovere di riferire solo il vero. Nel nostro ordinamento non è così ma a fronte di tale diritto a mentire – bisogna sottolinearlo – l’indagato ha spesso scarsa credibilità agli occhi dell’accusa.

A parte questi macroscopici aspetti comuni, dicevamo che ogni interrogatorio è particolare non solo per i soggetti che vi partecipano e la ragione che ne ha dato causa; ma anche per il preciso momento procedurale nel quale avviene. Strettamente collegato a questo aspetto vi è la prima fondamentale scelta: rispondere o decidere di tacere?

Questa prima importantissima determinazione deve essere presa con la massima cura ed è collegata ad un aspetto basilare connesso all’interrogatorio: nel momento in cui l’accusato è chiamato avanti agli investigatori che conoscenza ha degli elementi a suo carico? Che conoscenza ha degli atti di indagine raccolti fino a quel momento dai detectives ?

La prima regola aurea, invero, è solitamente (non esistono certezze in campo forense, giudiziario ed investigativo) che se non si ha conoscenza degli atti di indagine e degli elementi a carico è meglio tacere e riservarsi un contributo (al limite scritto sotto forma di memoria) ad un momento successivo quando la discovery degli atti di accusa sarà completa. Decidere di rispondere senza sapere, in sostanza, quali sono “le carte” in mano all’accusa non è mai prudente (a meno che, si badi bene, sia avvenuto un madornale scambio di persona oppure l’interrogato abbia la certezza di poter indicare elementi INCONTROVERTIBILI  a sua discolpa senza tema di essere smentito in alcun modo).

Dunque, la decisione di rispondere solo alla luce di una conoscenza quanto più accurata possibile degli atti è spesso quella consigliabile.

Certamente, è appena il caso di specificare che in ogni caso (conoscenza o meno degli atti) occorre avere la possibilità e la capacità emotiva e le risorse personali per rispondere alle domande in maniera accurata e completa senza imbastire risposte incredibili o semplicemente poco credibili o contraddette dai fatti poiché un interrogatorio di questo tipo (ovvero prova dell’inattendibilità di chi lo rende) è sicuramente più deleterio di un saggio e prudente silenzio.

Unitamente alla necessaria conoscenza degli atti di indagine, altra necessità centrale per il positivo esito dell’interrogatorio è la sua scrupolosa preparazione con il difensore.

Sarà il difensore a dover indicare al proprio assistito quali sono i punti da approfondire per la migliore difesa e, soprattutto, quali potranno essere le possibili domande degli investigatori alla luce – e ci ricolleghiamo a quanto sopra detto – degli atti di indagine. L’interrogatorio deve essere il prodotto (spesso il primo prodotto) di una linea difensiva che caratterizzerà tutto il procedimento penale. Dopo l’interrogatorio non sarà né utile né facile mutare i capisaldi della difesa sostenendo altro rispetto a quanto sostenuto durante l’interrogatorio. Se la linea difensiva non è ancora chiara: meglio tacere che doversi poi trovare a sconfessare quanto prima sostenuto. Sarà sempre il difensore a dover illustrare al proprio assistito (tanto più se alla sua prima esperienza giudiziaria) quali sono le modalità pratiche dell’interrogatorio (dove si svolge, chi è presente, chi prende la parola etc.) suggerendo anche la condotta più opportuna consapevole che il linguaggio del corpo ha una importanza non trascurabile.

La preparazione attenta dell’interrogatorio è d’obbligo perché lo stesso può essere anche uno strumento davvero utile per la difesa dell’indagato che spesso proprio con tale confronto può (per la prima volta) contrastare le accuse mossigli.

Si pensi, invero, all’interrogatorio che segue ad una specifica richiesta dell’accusato a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p.. In tale evenienza si realizza probabilmente la migliore occasione per rendere le dichiarazioni avanti agli investigatori poiché:

– la scelta di richiedere l’interrogatorio è rimessa all’indagato e gli inquirenti sono obbligati a convocarlo qualora la richiesta sia avanzata;

– la richiesta dell’interessato interviene a seguito dell’accesso a tutti gli atti di indagine (resa possibile, come detto, dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini);

– il bagaglio di conoscenza dell’accusato del risultato delle indagini è totale e oltre all’interrogatorio egli ha il diritto di depositare memorie e richiedere ulteriori atti di indagine che potranno essere illustrati anche verbalmente sia dal difensore che dall’indagato;

– le domande potranno essere poste anche dal difensore che – evidentemente – avrà avuto cura di anticiparle sia nel contenuto che nello scopo al proprio assistito.

Da qui la massima efficacia dell’interrogatorio dopo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari che – quantomeno – potrà essere il primo effettivo contributo dell’interessato alla propria difesa. In tale ottica, tuttavia (e davvero vale la pena sottolineare come la difesa tecnica sia un procedimento strategico articolato di tipo quasi bellico fatto di mosse e contromosse) bisogna anche considerare sempre se vale la pena “scoprire le carte” della difesa in una fase ancora preliminare del procedimento penale ovvero prima di quella deputata all’accertamento del merito. Dare indicazioni sulla propria difesa indicando agli investigatori elementi utili in tal senso potrebbe anche significare illustrare anzitempo ciò che si sosterrà in dibattimento dando così la possibilità agli inquirenti di acquisire ulteriori circostanze esattamente in contraddizione con quelle dedotte dalla difesa durante l’interrogatorio.

E tale aspetto è vieppiù marcato quando l’accusa pubblica (il PM) è affiancata da quella privata ovvero dalla difesa della persona offesa che in maniera anche più dinamica e snella per la tutela della vittima potrà organizzarsi per contrastare le argomentazioni difensive con elementi di segno contrario.

Bisogna, quindi, fare sempre un bilancio preliminare prima di un interrogatorio: ho gli elementi per rispondere con cognizione di causa? quello che dirò ha un suo fondamento? potrebbe essere utile per la difesa? che tipo di sviluppo potrà avere in dibattimento? quali contromisure potranno prendere i miei avversari? il tutto partendo dai presupposti sopra accennati:

– il contributo dell’accusato può essere fondamentale per chiarire i fatti;

– l’interrogatorio affrontato senza preparazione e “al buio” è assai raramente una decisione opportuna;

– il silenzio può essere una strategia consigliata tanto più che il contributo diretto dell’accusato può essere “recuperato” in un secondo momento con il deposito di una memoria difensiva (sempre possibile nel procedimento penale).

Un commento a parte merita l’interrogatorio c.d. di garanzia previsto dopo l’applicazione di una misura cautelare (in caso di custodia cautelare in carcere entro cinque giorni dall’esecuzione della misura).

In tale evenienza è intuitivo il bagaglio pesantissimo di stress psico-fisico per colui che lo subisce (soprattutto se nuovo a tale esperienza) e l’alta probabilità che il soggetto sia pericolosamente incline a “concedere” elementi all’accusa nella speranza (a volte non del tutto inconsapevolmente coltivata dagli investigatori) di essere liberato o, perlomeno, sottoposto ad una misura meno afflittiva. Peraltro, la preparazione dell’interrogatorio è – almeno per certi aspetti – facilitata dalla possibilità di esaminare l’ordinanza applicativa della misura cautelare (e per inciso: l’interrogatorio si terrà avanti al medesimo Giudice per Indagini preliminari che ha applicato la misura cautelare) ove sono riportati tutti gli elementi a fondamento della misura medesima e le ragioni che hanno indotto l’accusa con il consenso del GIP ad applicare la misura cautelare.

Si tenga però presente che l’ordinanza non rappresenta tutti gli elementi raccolti durante le indagini dall’accusa ma solo quelli posti a fondamento della richiesta al GIP; di tal che anche l’attento esame del provvedimento prima dell’interrogatorio non risolverà il centrale problema connesso all’indefettibile rapporto tra conoscenza degli elementi a carico ed interrogatorio.

Ovviamente in questa sede non è possibile esaurire il davvero sterminato argomento; ma quanto scritto deve considerarsi una riflessione sulla complessità dell’interrogatorio (sia sotto il profilo procedurale, che attuativo e strategico difensivo) e sulla necessità di affrontarlo da parte dell’accusato e della sua difesa solo a fronte di una attenta preparazione ed una altrettanto scrupolosa pianificazione avendo ben chiari gli obbiettivi e le risorse della linea difensiva più opportuna.

(articolo redatto dall’Avv. Giuseppe de Lalla. Se ne vieta la riproduzione anche solo parziale).

Questo articolo ha 3 commenti

    1. Caro Collega,
      ricevere questo tipo di riconoscimento (tanto più da un “addetto ai lavori”!!) ci riempie di orgoglio e ci ripaga di tanto impegno.
      Spero continuerai a leggerci e consultarci.
      Saremo lieti di ricevere i Tuoi suggerimenti.
      Con tanta cordialità.
      Giuseppe Maria de Lalla

  1. Salve. una persona informata sui fatti dovrà essere sentita dalla pg. Sicuramente dovrà riferire in merito a dei fatti riportati in una querela presentata dalla madre e nei confronti dello zio paterno e del cugino .
    1) in questo caso la facoltà di astensione, art 199 c.p.p. deve essere applicata? nel senso , da una parte lo zio rientra nei “prossimi congiunti”(…I prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre…) .e dall’altra è stata la mamma a presentare querela (… Devono tuttavia deporre quando…. un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato)
    2) il cugino rientra nei “prossimi congiunti”?
    Grazie anticipatamente

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