Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Lo scorso 20 gennaio è entrato in vigore il decreto legislativo n. 212 del 15 dicembre 2015 che, attuando la direttiva europea n. 29 del 25 ottobre 2012, ha introdotto nel nostro sistema penale alcune norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.
Ricordiamo che per vittima di reato si intende il soggetto passivo (o persona offesa) del reato, identificato nel titolare del bene/diritto protetto dalla norma penale che, quindi, subisce l’offesa propria del reato previsto dalla Legge.
Il soggetto passivo è il titolare del diritto di querela.
Qualora poi il soggetto passivo del reato sia anche danneggiato dal reato (non è sempre detto, infatti, che i due soggetti coincidano), nel senso che soffre un danno materiale che sia risarcibile, può costituirsi, a tal fine, parte civile.
Il decreto legislativo n. 212/2015 ha apportato alcune modifiche al Codice di procedura penale e alle relative norme di attuazione che rafforzano certamente la posizione processuale e procedimentale della persona offesa, riconoscendo un effettivo status di vittima del reato e apprestando un efficace strumentario per la tutela, l’assistenza e la partecipazione consapevole della medesima nel procedimento penale.
In primo luogo, si segnala l’introduzione nell’art. 90 del Codice di procedura penale (in materia di diritti e facoltà della persona offesa dal reato) del nuovo comma 2-bis che prevede una specifica disposizione in forza della quale, in caso di incertezza sulla minore età della persona offesa, il Giudice può disporre anche d’ufficio un apposito accertamento peritale.
Ciò è volto a stabilire se alla persona offesa si applichino o meno gli artt. 120 e 121 del codice penale (che sostanzialmente prevedono che, nel caso in cui la vittima sia un soggetto minore degli anni quattordici, il diritto di querela sia esercitato dal genitore, dal tutore o dal curatore speciale).
Ove il dubbio permanga, la minore età viene presunta (ma solo ai fini di garanzia dell’applicazione delle norme processuali).
È stato, inoltre, modificato il terzo comma del citato art. 90 c.p.p. il quale ora prevede che, in caso di morte della persona offesa, le facoltà e i diritti di questa possono essere esercitati anche dai conviventi, oltre che dai prossimi congiunti (in particolare la norma parla di “persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente”).
Questa novità rappresenta sostanzialmente un riconoscimento effettivo – almeno sul piano della tutela penale – della “famiglia di fatto”, intesa come rapporto stabile tra due persone legate sentimentalmente per un apprezzabile lasso di tempo, che comporta, sul piano processuale, il riconoscimento di determinati poteri anche al convivente more uxorio.
Importanti sono poi le modifiche in tema di informazione alla vittima di reato che riconoscono alla persona offesa un diritto generale ad essere informata circa i propri diritti e i propri poteri attribuitigli dall’ordinamento, implementando la disciplina già conosciuta (si veda il disposto di cui all’art. 101 comma 1 c.p.p. come introdotto dalla legge n. 119/2013 in materia di reati c.d. di “violenza di genere”, il quale dispone che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, al momento dell’acquisizione della notizia di reato, devono avvisare la persona offesa della facoltà di nominare un difensore e della possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato.),
In particolare, sono state introdotte due nuove disposizioni nel codice di procedura penale, ovvero l’art. 90 bis e l’art. 90 ter, dei quali per maggior chiarezza e completezza si riporta di seguito il testo integrale:
“Art. 90 bis (informazioni alla persona offesa).
1. Alla persona offesa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, vengono fornite, in una lingua a lei comprensibile, informazioni in merito:
a) alle modalità di presentazione degli atti di denuncia o querela, al ruolo che assume nel corso delle indagini e del processo, al diritto ad avere conoscenza della data, del luogo del processo e della imputazione e, ove costituita parte civile, al diritto a riceve notifica della sentenza, anche per estratto;
b) alla facoltà di ricevere comunicazione dello stato del procedimento e delle iscrizioni di cui all’art. 335, commi 1 e 2;
c) alla facoltà di essere avvistata della richiesta di archiviazione;
d) alla facoltà di avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello Stato;
e) alle modalità di esercizio del diritto all’interpretazione e alla traduzione di atti del procedimento;
f) alle eventuali misure di protezione che possono essere disposte in suo favore;
g) ai diritti riconosciuti dalla legge nel caso in cui risieda in uno Stato membro dell’Unione Europea diverso da quello in cui è stato commesso il reato;
h) alle modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti;
i) alle autorità cui rivolgersi per ottenere informazioni sul procedimento;
l) alle modalità di rimborso delle spese sostenute in relazione alla partecipazione al procedimento penale;
m) alla possibilità di chiedere il risarcimento dei danni derivanti da reato;
n) alla possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all’art. 152 del codice penale, ove possibile, o attraverso la mediazione;
o) alle facoltà ad essa spettanti nei procedimenti in cui l’imputato formula richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova o in quelli in cui è applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto;
p) alle strutture sanitarie presenti sul territorio, alle case famiglia, ai centri antiviolenza e alle case rifugio.
Ciò detto, i soggetti tenuti a soddisfare gli obblighi di informazione di cui all’art. 90 bis c.p.p. (oltre all’informazione più generale di cui al citato art. 101 c.p.p.) saranno gli Uffici delle Procure e/o la polizia giudiziaria, a seconda dell’organo che riceve materialmente la denuncia/querela.
Un’ulteriore ed importante informativa in favore della persona offesa riguarda la materia delle misure limitative della libertà personale dell’indagato/imputato/condannato.
In particolare, il nuovo art. 90 ter c.p.p., integrando quanto già previsto dall’art. 299 c.p.p. , arricchisce le informazioni da dare alla persona offesa in conseguenza delle vicende che possono riguardare i provvedimenti limitativi della libertà personale adottati nei confronti dell’autore di delitti commessi con violenza alla persona (violenza che, secondo l’interpretazione giurisprudenziale più accreditata, è da intendersi non solo fisica ma anche psicologica e morale).
Si riporta di seguito il testo della norma:
“Art. 90 ter c.p.p. (comunicazione dell’evasione e della scarcerazione).
1. Fermo quanto previsto dall’art. 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l’ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell’internato all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nell’ipotesi di cui all’art. 299, il pericolo concreto di un danno per l’autore del reato”.
Come accennato sopra, la persona offesa o vittima del reato, secondo quanto prescritto dall’art. 90 bis (comma 1, lettera e)) ha diritto all’interpretazione e traduzione degli atti del procedimento. A questo proposito il d.lgs. 212/2015 ha inserito nel codice di procedura penale il nuovo art. 143 bis c.p.p. che prevede, con riferimento alla persona offesa che non conosca la lingua italiana, la nomina dell’interprete sia quando occorre procedere all’audizione della stessa, sia nei casi in cui la stessa intenda partecipare all’udienza e abbia fatto richiesta di essere assistita da un interprete (anche mediante l’utilizzo di strumenti di comunicazione a distanza); inoltre, la persona offesa che non conosca la lingua italiana ha diritto alla traduzione gratuita degli atti che contengono informazioni utili all’esercizio dei suoi diritti.
A completamento di quanto previsto dall’art. 143 bis c.p.p. è stato introdotto il nuovo art. 107 ter delle disposizioni di attuazione c.p.p. in tema di assistenza dell’interprete per la proposizione o presentazione di denuncia o querela, contemplando la possibilità per la persona offesa che non conosca la lingua italiana, di presentare denuncia o querela (e di ottenere l’attestazione di ricezione delle stesse) utilizzando una lingua a lei conosciuta.
Un’altra importante novità apportata dal d.lgs. 212/2015 riguarda le modalità effettive di partecipazione al processo della persona offesa, con particolare riferimento alle vittime c.d. “vulnerabili”.
In primo luogo, è stato introdotto il nuovo art. 90 quater c.p.p. che definisce una serie di parametri soggettivi ed oggettivi volti a stabilire se la persona offesa versi in una condizione di particolare vulnerabilità.
Tale condizione, secondo quanto disposto dal citato articolo, va desunta “oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato”.
L’intento perseguito dal legislatore attraverso le modifiche di cui si tratta vorrebbe essere sostanzialmente quello di proteggere la vittima vulnerabile da interferenze esterne e contatti con l’autore del reato e di assicurare le sue dichiarazioni al procedimento in modo garantito, genuino e rapido.
Tale intento di garanzia è perseguito attraverso la previsione di particolari cautele per la vittima vulnerabile durante la sua audizione, sia che venga svolta durante le indagini, in incidente probatorio o durante il dibattimento.
Si tratta, invero, di cautele che già sono previste per l’acquisizione delle informazioni e delle testimonianze nei confronti di minori, nel caso in cui si proceda per determinati reati (come ad esempio maltrattamenti e reati sessuali), e che vengono estese anche alla vittima considerata particolarmente vulnerabile.
Per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, si è intervenuti sugli artt. 351 comma 1-ter e 362 comma 1 bis c.p.p. prevedendo da un lato che la polizia giudiziaria o il pubblico ministero, quando devono assumere sommarie informazioni da una vittima “particolarmente vulnerabile” (e dunque anche maggiorenne) possano avvalersi di un esperto in psicologia o psichiatria; dall’altro che gli stessi organi assicurino che la persona offesa particolarmente vulnerabile, una volta che debba essere sentita, non abbia contatti con l’indagato e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salvo il caso di assoluta necessità per le indagini.
Tale ultima disposizione, ovvero evitare che la vittima sia chiamata più volte a rendere informazioni, sottolinea l’esigenza di evitare inutili ripetizioni dell’esame sia per non causare ulteriori stress psicologici alla vittima, sia per non compromettere (e quindi garantire) la genuinità e attendibilità delle dichiarazioni di quest’ultima.
Altra importante modifica è intervenuta in materia di incidente probatorio, posto che il decreto legislativo di cui si tratta ha esteso, integrando l’art. 392 comma 1 bis c.p.p., le possibilità di ricorrere a tale istituto anche al di fuori dei limiti rigorosi di cui al comma 1 del medesimo articolo (rischio dell’impossibilità di escussione in dibattimento, esposizione a violenza o minacce, etc…) quando la persona offesa versi in condizione di particolare vulnerabilità.
Per quanto riguarda poi le modalità dell’esame in incidente probatorio della persona offesa “vulnerabile” è stato aggiunto all’art. 398 c.p.p. il nuovo comma 5 quater che dispone l’adozione di modalità protette di cui all’art. 498 comma quater c.p.p. (disposizione pure qui introdotta dal d.lgs 212/2015 e di cui si dirà di seguito).
Per quanto attiene all’esame della vittima in dibattimento, è stato, innanzitutto, modificato l’art. 190 bis c.p.p. che rappresenta una deroga al principio fondamentale di oralità della prova nel dibattimento, prevedendo che, in alcuni casi specifici (si tratta di delitti di associazione a delinquere e/o di stampo mafioso), l’esame di testimoni o persone imputate in altri procedimenti connessi che abbiano già reso dichiarazioni sia ammissibile “solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze” (art. 190 bis c.p.p. comma 1). Tale limitazione vale anche in favore del minore di anni sedici, qualora si tratti di procedimenti relativi a reati sessuali e di pedofilia, e ad oggi, a seguito della riforma, è estesa anche alle persone offese che versino in condizione di particolare vulnerabilità.
Infine, il d.lgs. 212/2015 ha modificato l’art. 498 comma 4-quater c.p.p. che si riferisce all’esame dibattimentale della persona offesa che versa in condizione di particolare vulnerabilità, prevedendo la possibilità che esso avvenga con l’adozione di modalità protette (ad esempio l’esame schermato dal vetro specchio) quale che sia il reato per cui si procede (e dunque non solo per certi tipi di delitti, tra cui il reato di maltrattamenti e alcuni reati sessuali, come era, invece, in precedenza).
Alla luce di quanto detto, dunque, le novità introdotte dal d.lgs. 212/2015 dovrebbero rappresentare un passo in avanti nel riconoscimento effettivo dello status di vittima del reato e, soprattutto, nella tutela della stessa nel processo e durante la fase delle indagini preliminari attraverso la previsione di una concreta fruibilità e completezza delle informazioni da rivolgere alla persona offesa in relazione ai propri diritti e facoltà, alla partecipazione al procedimento penale nonché agli strumenti di protezione da apprestare per una migliore tutela delle vittima particolarmente vulnerabile.
Ovviamente, solo successivamente all’entrata in vigore delle norme in esame e tramite l’applicazione pratica sarà possibile appurare se effettivamente le novità di cui si è discusso trovino piena attuazione da parte dell’autorità giudiziaria nelle varie fasi del procedimento penale e se effettivamente le stesse siano concretamente utili per la migliore tutela della vittima del reato.
(articolo redatto dalla Dott.ssa Silvia Meda e dall’Avv. Giuseppe de Lalla)
Questo articolo ha 2 commenti
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Grazie, siete stati utilissimi ho appena ritirato certificato Persona offesa e dopo aer letto il Vs articolo ho avuto maggiore chiarezza
La ringrazio davvero molto per le belle parole.
cordialità.
Avv. GM de Lalla