L'utilizzo nel processo penale della Prova video. Sia in fase di indagini preliminari che nel corso del dibattimento.
Riportiamo in queste pagine un parere redatto dallo Studio Legale de Lalla in tema di restituzione del termine ex art. 175 c.p.p. che disciplina:
1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore
2. L’imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato. 2-bis. La richiesta indicata al comma 2 è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In caso di estradizione dall’estero, il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato.
3.(…) La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.
4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione.
5. L’ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione.
6. Contro l’ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione .
7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell’imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine.
8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione.
Il primo comma è sicuramente il più importante. Il senso e lo scopo della norma riguarda la possibilità dell’interessato di richiedere al Giudice un nuovo decorso dei termini di legge per il deposito di un atto per il quale sono stabiliti dei termini di decadenza. Di scuola è l’esempio della scadenza dei termini di legge per il deposito dell’atto di Appello (o di altra impugnazione). Se l’imputato dimostra di non aver potuto depositare – per caso fortuito o forza maggiore – nei termini di legge l’atto di Appello, il Giudice concederà al richiedente un nuovo termine per il deposito dell’impugnazione. Qui di seguito saranno delineati i punti più importanti della normativa in oggetto ed i presupposti per la sua applicazione. Nello specifico, si affronta qui il caso del difensore nominato fiduciariamente che omette di informare ed avvertire il cliente dell’esito del processo di tal che l’imputato condannato non ha potuto depositare l’atto di impugnazione tempestivamente. L’analisi riguarda la possibilità di comprendere la condotta del difensore in questione quale caso fortuito o forza maggiore presupposti per l’applicazione dell’art. 175 c.p.p..
PARERE PRO VERITATE
Oggetto: se e a quali condizioni è legittima – e se si quale proiezione di successo è possibile individuare – l’istanza di rimessione in termini ex art. 175 c.p.p. qualora l’imputato:
– Abbia nominato efficacemente un difensore di fiducia e presso lo Studio del difensore abbia eletto domicilio;
– Lo abbia nominato prima dell’inizio della fase di merito;
– Il difensore di fiducia abbia nominato per l’udienza un sostituto (dopo aver depositato una lista testi); – Successivamente all’udienza di cui sopra nessun difensore
– né quello di fiducia né il sosituto nominato ad hoc
– abbia presenziato alle udienze successive con conseguente nomina del difensore di ufficio per la sola udienza ex art. 97 4^ comma c.p.p.;
– L’imputato abbia scoperto solo successivamente di essere stato condannato e nulla gli sia stato comunicato dal difensore di fiducia;
– Non vi sia documentazione alcuna circa le eventuali comunicazioni intercorse tra il sotituto nominato dal difensore di fiducia e tra i sotituti nominati per l’udienza ed il difensore di fiducia e/o l’imputato.
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1. La nomina del difensore di fiducia – il rapporto fiduciario tra professionista e assistito – obbligo di informazione – differenze tra difensore di fiducia, sostituto processuale e difensore nominato ex art. 94 comma IV c.p.p.
Con l’atto di nomina al difensore viene conferito non solo il potere di rappresentanza processuale, ma ogni e più ampia facoltà di legge per espletare al meglio il mandato professionale conferito dall’assistito. L’art. 96 del Codice di Procedura Penale prevede che:
1. L’imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia.
2. La nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata
3. La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2.
Ovviamente, la nomina del difensore ha quale base fondamentale il rapporto “fiduciario” tra l’assistito e il professionista così come espressamente previsto dall’art. 35 del Codice deontologico. Tale rapporto è altresì caratterizzato dall’autonomia, in quanto:
“L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici. L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità”.I. L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare l’identità del cliente e dell’eventuale suo rappresentante. II. In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto attiene al segreto, l’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili a un cliente esattamente individuato. III. L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che essa sia finalizzata alla realizzazione di una operazione illecita.
Ulteriore componente di fondamentale importanza del rapporto professionale tra assistito e legale è ovviamente l’informazione.
L’art. 40 del Codice Deontologico – attualmente vigente – prevede espressamente che: “l’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta. I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo. II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di determinati atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione. III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto di quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse di questi”.
Dall’esame della documentazione fornita allo scrivente emerge che veniva conferito mandato fiduciario ad un legale dall’ora indagato e che il professionista alle udienze del 24 maggio 2014 e 4 giugno 2014 non compariva. Pertanto, il Tribunale in assenza del difensore di fiducia nominava ex art. 97 comma IV^ c.p.p. un difensore prontamente reperibile in aula per la prosecuzione dell’attività istruttoria. Il difensore (come di fatto si evince dai verbali di udienza) era designato dal Tribunale solo temporaneamente, limitatamente alla singola udienza al fine di garantire all’imputato la continuità della difesa tecnica. La nomina del difensore ex art. 97 comma IV^ c.p.p. era dunque limitata al singolo momento processuale.
A tal proposito si evidenzia, infatti, che il difensore nominato per l’incombete dal Tribunale ex art. 97 comma IV c.p.p., come nel caso in esame, prevede che:
“Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all’ufficio di cui al comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell’urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell’elenco di cui al comma 2”.
Tale situazione si differenzia rispetto al caso in cui l’indagato non abbia nominato un difensore di fiducia, o ne sia rimasto privo (per rinuncia del difensore o revoca del mandato difensivo da parte dell’assistito). Come sappiamo, peraltro, nel caso che qui interessa l’imputato NON era rimasto privo del difensore (nominato in precedenza) né il difensore aveva rinunciato al mandato. Di tal che, il Giudice NON provvedeva alla nomina di un difensore di ufficio per tutto il procedimento ma – come detto – provvedeva alla nomina di UFFICIO di un SOSTITUTO del difensore di fiducia che formalmente era ed è rimasto il titolare della difesa dell’imputato. Il codice prevede, solo per l’indagato/imputato, l’istituto della difesa d’ufficio quando non vi è nomina alcuna del difensore di fiducia o questi abbia rinunciato o abbandonato il mandato: ovvero, il Legislatore ha previsto a tutela del diritto di difesa costituzionalmente sancito che comunque sia presente nel procedimento un soggetto tecnicamente idoneo a difendere l’imputato e non coinvolto emotivamente (la difesa tecnica nel nostro ordinamento è obbligatoria). La designazione del difensore d’ufficio spetta al Consiglio dell’ordine degli avvocati di ciascun distretto di Corte d’Appello, che predispone gli elenchi dei difensori idonei sulla base di turni di reperibilità (gestititi da un sistema informatizzato che fornisce telefonicamente i nominativi dei difensori d’ufficio a richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria).
A tal proposito, alla luce del quesito sottoposto, nonché della documentazione fornita in visione, si evince che alle udienze di cui sopra venivano reperiti in aula dal Tribunale (si tratta infatti di due professionisti differenti) due legali che effettuavano la SOSTITUZIONE del difensore di fiducia assente e, altresì, che i legali non erano stati nominati quali difensori d’ufficio. E’ QUESTO UN ASPETTO CENTRALE: i difensori nominati in udienza NON erano i difensori di ufficio dell’imputato; MA sostituti nominati di ufficio del difensore di fiducia assente in quel momento. SE – e solo SE – fosse stato nominato un difensore di ufficio per tutto il procedimento; solo in quel caso il professionista avrebbe dovuto perlomeno informare l’assistito della avvenuta nomina. Il SOSTITUTO DEL DIFENSORE DI FIDUCIA NOMINATO DI UFFICIO IN UDIENZA, NON ha tale obbligo nei confronti dell’imputato né del Collega nominato di fiducia (è, semmai, una forma di cortesia professionale avvertire il Collega della sostitutizione di ufficio).
Pertanto, i predetti non avevano assunto il ruolo di difensori d’ufficio e non avevano alcun obbligo di inoltrare comunicazione del rinvio dell’udienza o dell’attività svolta in udienza né all’imputato né al collega sostituito. Invece, il difensore nominato di fiducia, che non presenziava alle udienze, senza alcuna giustificazione (legittimo impedimento a comparire documentato al Tribunale) di fatto assente, avrebbe dovuto, in ragione del mandato conferitogli, prendere contatto con gli Uffici Giudiziari (i quali in questo caso non hanno alcun obbligo di inoltrare al legale assente senza giustificato motivo la data di rinvio del procedimento) per avere comunicazione delle date di celebrazione del procedimento. Il difensore, come indicato nel citato Codice deontologico, dovrebbe informare il proprio assistito degli sviluppi della attività processuale fornendo idonea motivazione e comunicando le date successive di trattazione del procedimento (in particolare, qualora l’assistito non abbia presenziato alle udienze).
Dal verbale del 27 febbraio 2014 emerge che il legale nomina di fiducia veniva sostituito ex art. 102 c.p.p. dall’Avv. SC che presenziava all’udienza. La nomina del sostituto processuale, è disciplinata dall’art. 14 della Legge 31.12.2012 n.247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), che stabilisce : • “Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta” ( comma 2, ultimo periodo); • “L’avvocato che si fa sostituire o coadiuvare da altri avvocati o praticanti rimane personalmente responsabile verso i clienti” ( comma 3) ; • “L’avvocato può nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso l’ordine di appartenenza” ( comma 4) . Anche dai riferimenti normativi in esame si evince che nel caso in cui il difensore di fiducia si faccia sostituire in udienza da altro professionista rimane personalmente responsabile nei confronti del cliente.
Ciò posto, dalla documentazione fornita in visione emerge che il difensore di fiducia all’udienza del 27 febbraio 2014 non presenziava delegando quale sostituto processuale l’Avv. CS ex art. 102 c.p.p.. Alle due udienze successive del 21 maggio e 4 giugno 2014 il difensore era assente, non vi era un sostituto processuale designato e, pertanto, il Tribunale procedeva alla designazione d’ufficio di un legale immediatamente reperibile in aula per la prosecuzione della attività di udienza quale SOSTITUTO del difensore di fiducia (e sopra è illustrata la disciplina di tale istituto).
In tali circostanze, il difensore nominato di fiducia, come già ampiamente argomentato, avrebbe dovuto contattare la cancelleria del Tribunale per chiedere la data di rinvio del procedimento e prima – nel caso di nomina dell’Avv. CS quale sostituto processuale – avrebbe dovuto (quantomeno) contattare la sostituta per avere contezza dell’attività svolta. In buona sostanza, quindi, alla luce: – Del codice deontologico degli avvocati; – Della procedura penale ovvero della disciplina della nomina del difensore di ufficio, del sostituto processuale e del sostituto del difensore ritualmente nominato era il difensore di fiducia portatore degli obblighi di informazione nei confronti del cliente/assistito e del correlativo obbligo di farsi parte diligente ed informarsi presso gli uffici giudiziari e la sostituta nominata per avere contezza sia dell’attività svolta in udienza che delle date del rinvio (ed ovviamente del deposito della Sentenza).
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Questa precisazione è il presupposto per comprendere ed approfondire se la mancata informazione (all’imputato e/o al difensore di fiducia) da parte della sostituta ex art. 102 c.p.p. e da parte dei designati dal Giudice ex art. 97 comma 4^ c.p.p. può realizzare quel:
– Caso fortuito;
– O forza maggiore
Che la norma in tema di restituzione nel termine richiede per la valida presentazione della relativa richiesta. Ebbene, come illustrato, la risposta è NO. Non avendo nessun obbligo di informazione le figure di sostituti sopra richiamate, la mancata informazione degli stessi NON può rappresentare causa di restituzione nel termine.
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Occorre quindi considerare se: – la mancata informazione all’assistito da parte del difensore nominato di fiducia dall’imputato può rappresentare giusto presupposto per l’applicazione dell’articolo 175 c.p.p. ovvero se la mancata informazione di cui si tratta possa essere definita come caso fortuito o forza maggiore:
Il quesito per la precisione è: la mancata informazione da parte del difensore di fiducia rappresenta quella causa di forza maggiore o caso fortuito che permette la restituzione nel termine per l’impugnazione? Soccorre la Giurisprudenza.
Innanzitutto per comprendere la corretta definizione giuridica di:
– Forza maggiore: consiste in un evento di una forza tale al quale non è oggettivamente possibile resistere. Tale evento, per la sua forza intrinseca determina la persona a compiere un atto positivo o negativo in modo necessario ed inevitabile. Alla pari del caso fortuito, rileva quale causa di esonero da responsabilità.
– Caso fortuito: consiste in un evento naturale o ad esso assimilato, indipendente dalla volontà umana che esca dalla ragionevole prevedibilità a cui non si possa ovviare senza cautele superiori a quelle della media diligenza. Possono considerarsi nel caso fortuito, gli eventi straordinari ed imprevedibili che vengono in rilievo quale causa di esclusione della colpevolezza, sia in relazione alla responsabilità contrattuale sia a quella extracontrattuale.
Ciò posto, occorre precisare che la Giurisprudenza più recente ha attestato che la presunzione è che colui che domanda la restituzione nel termine NON abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e, pertanto, ha prevalso l’orientamento maggiormente garantista per il richiedente con il conseguente onere probatorio per il Giudice di dimostrare che la parte ha EFFETTIVAMENTE avuto conoscenza del procedimento (ovvero anche di aspetti dello stesso come il deposito della Sentenza di condanna):
“……E’ illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di restituzione nel termine fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione dell’atto, in quanto detta notifica, se non effettuata a mani dell’interessato, non può essere, di per sé sola, ritenuta prova dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, tanto più ove quest’ultimo affermi di non averla ricevuta, deducendo a sostegno motivi idonei; pertanto, in tal caso, il giudice non può arrestarsi all’esame della, pur ritenuta, ritualità formale della notifica, ma deve esaminare la prospettazione relativa alla mancanza di effettiva conoscenza dell’atto, considerato che l’art. 175, comma 2, c.p.p. – come modificato dal D.L. n. 17 del 2005, conv. con modif. dalla legge n. 60 del 2005 – ha sostituito alla prova della non conoscenza del procedimento – che in passato doveva essere fornita dall’interessato – una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, ponendo, in tal modo, a carico del giudice l’onere di reperire agli atti l’eventuale prova positiva e, più in generale, di accertare se l’interessato abbia avuto effettivamente conoscenza del provvedimento e abbia volontariamente e consapevolmente rinunciato a proporre opposizione…..” (Cassazione penale sez. V 03 luglio 2014 n. 37442 )
“….In tema di restituzione nel termine per impugnare ex art. 175 c.p.p, la notificazione della sentenza contumaciale al difensore d’ufficio, presso cui l’imputato abbia in precedenza eletto domicilio in fase preprocessuale, non può ritenersi di per sé idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito e abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui; la mera regolarità formale della notifica non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna…..”(Cassazione penale sez. IV 27 gennaio 2015 n. 7981 Cassazione penale sez. V 29 dicembre 2014 n. 3602 )
Bisogna però specificare che la Giurisprudenza sul tema – sebbene maggiormente garantista – tratta del difensore di ufficio preso atto che si tratta di un rapporto professionale maggiormente delicato in tema di fiducia reciproca posto che l’imputato è assistito da un difensore nominato dall’ordinamento. Peraltro, occorre anche specificare che nel caso di specie siamo in un campo diverso ovvero: – È intercorsa la nomina fiduciaria; – L’imputato ha letto domicilio presso il difensore “affidandosi” di fatto proprio all’affidabilità del professionista nominato; – L’imputato NON è rimasto contumace nel procedimento penale.
Valutiamo, quindi, una ipotesi di forza maggiore nel caso di nomina fiduciaria:
“…….E’ configurabile il caso della forza maggiore idonea a suffragare istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza nella malattia invalidante del difensore di fiducia che gli abbia impedito di allontanarsi dal proprio domicilio e di nominare un sostituto per la presentazione dei motivi di impugnazione (nella specie, l’avvocato era stato colto da ictus cerebrale proprio in coincidenza con la decorrenza del termine per proporre impugnazione; a seguito di tale grave patologia l’avvocato era stato ricovero in struttura riabilitativa a lunga degenza fino alla cancellazione dall’ albo degli avvocati)…..” Cassazione penale sez. II 11 dicembre 2014 n. 53399 .
Ed ancora:
“……Integra forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l’impugnazione presentata tardivamente, l’errata informazione rilasciata dal personale di cancelleria al difensore circa il mancato tempestivo deposito della sentenza nel termine di legge…..” Cassazione penale sez. II 03 luglio 2014 n. 31232.
Ed allora, si evince come nel caso di difensore nominato di fiducia si restringa ampiamente il campo delle ipotesi di forza maggiore (e del connesso caso fortutito) proprio perché la nomina fiduciaria e – soprattutto – la presenza dell’imputato anche solo ad una udienza del processo impone termini assai rigidi per la remissione nel termine posto che il Legislatore (ed i Giudici di legittimità e di merito) fanno affidamento sia sulla diligenza del difensore che su quella del diretto interessato.
E da ultimo: la poca accortezza del difensore ovvero la di lui violazione della diligenza in termini di esercizio del mandato difensivo e, nello specifico, la mancata informazione al cliente, può rappresentare un caso di forza maggiore o caso fortuito ex art. 175 c.p.p.? Soccorre anche qui la Giurisprudenza con una RECENTE SENTENZA AD HOC (Cassazione penale sez. V 19 settembre 2014 n. 52242):
“…..Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di partecipare al processo e di proporre impugnazione non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione in termini, né, in caso di sentenza contumaciale, quella dell’assenza di colpa dell’imputato nel non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento ai fini della tempestiva impugnazione, poiché grava sull’imputato l’onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito (disattesa, nella specie, la tesi difensiva dell’imputato che contestava la decisone dei giudici del merito che avevano ritenuto rituale la notifica degli atti del giudizio presso lo studio dell’avvocato, in cui l’imputato aveva eletto domicilio. Secondo il ricorrente, quella elezione di domicilio doveva ritenersi insufficiente, poiché il mandato difensivo non era stato concretamente esercitato, atteso che l’avvocato non aveva presenziato alle due udienze avanti al Tribunale, omettendo di segnalare lo stato di detenzione per altra causa del suo assistito, conseguente a titolo restrittivo intervenuto dopo l’elezione di domicilio)”.
E dunque, sul tema appare che non vi siano orientamenti che rafforzino una eventuale istanza di restituzione nel termine proposta nel caso che qui interessa (ovvero nel caso di nomina fiduciaria, elezione di domicilio presso il difensore e presenza dell’imputato almeno ad una udienza). Tale conclusione appare essere confortata sotto tutti i punti di vista fin qui analizzati e non pare necessario approfondire – almeno in questo stato – la questione dei termini cronologici per la valida presentazione dell’istanza stessa (vedi il comma 2 bis dell’art. 175 c.p.p.). Bisogna però specificare che nel caso che qui ci riguarda non pare vi siano altre strade per ottenere la possibilità di appellare la Sentenza divenuta esecutiva.
Certo le probabilità di accoglimento dell’istanza non appaino assolutamente confortanti; ma in difetto di altre possibili soluzioni, la “strada” della presentazione dell’istanza rimane la sola via sebbene la meno agevole. Sicuramente andrebbe illustrato debitamente ogni passaggio della vicenda comprese le richieste di chiarimento a tutti i legali coinvolti e le relative risposte.
(Articolo e parere redatti dall’Avv. Giuseppe de Lalla. Ogni diritto riservato).
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