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Ritorniamo a trattare nel sito del reato contravvenzionale punito e previsto dall’art. 707 c.p. di possesso ingiustificato di chiavi e grimaldelli con la citazione della seconda parte dell’interessante e completo contributo di Fabio Munteso (che ringraziamo per la disponibilità che ci offre) che affronta con la consueta completezza diversi aspetti dell’illecito anche dal punto di vista della repressione più efficace da parte delle forze dell’ordine.

La trattazione ci permette di apprezzare il fenomeno anche nei suoi aspetti maggiormente pratici il cui apprezzamento e comprensione permette di organizzare la migliore difesa tecnica.

Il reato ex art. 707 c.p. – a dispetto della gravita in termini di pena piuttosto contenuta (arresto da sei mesi a due anni) – è una fattispecie giuridica di rilevante delicatezza interpretativa ed applicativa le cui conseguenze possono in realtà essere piuttosto pesanti per chi dovesse essere condannato poiché condizione necessaria per l’affermazione di responsabilità è che il soggetto accusato non sia incensurato di tal che i benefici come la sospensione condizionale della pena sono spesso non applicabili.

Peraltro, la stessa costruzione lessicale della norma (…chiunque è colto in possesso di chiavi alterate o grimaldelli….) lascia un ampio spazio interpretativo al Giudice nella qualificazione della natura del possesso (quale grado di disponibilità deve esserci degli arnesi da parte dell’offender ?).

Da sottolineare anche che la norma ex art. 707 c.p. è a tutti gli effetti catalogabile quale reato di pericolo poiché viene punito non già un danno effettivamente realizzatosi (come prevede il c.d. principio di offensività che caratterizza la quasi totalità degli illeciti penali) ma il pericolo che ciò accada ovvero con un’azione del diritto penale tutta preventiva.

Dunque una norma dall’interpretazione piuttosto complessa e dagli effetti tutt’altro che trascurabili per coloro che vengono condannati e che grazie all’articolo riportato possiamo analizzare nel dettaglio.

Molto interessante è la seconda parte dell’articolo che tratta precipuamente della definizione e natura degli arnesi da scasso e del rapporto tra la norma dell’art. 707 c.p. ed il furto aggravato ex art. 625 comma 1 c.p. per l’aver usato violenza sulle cose oltre che sulle ipotesi del tentativo.

La terza parte tratta dello studio – detto LOCKPICKING FORENSICS – delle modalità con le quali una serratura è stata forzata al fine di meglio reperire le prove del commesso reato anche grazie alla piena comprensione e ricostruzione delle modalità utilizzate per l’effrazione.

L’ultima parte tratta del migliore approccio per l’investigazione del reato e ci illustra le corrette modalità che gli investigatori dovrebbero adottare per non incorrere in grossolani errori procedurali.

Tactical News Magazine – maggio 2013

Il possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli 2^ parte
Di Fabio Muntesu
IL LOCKPICKING…ED IL SUO CONTRARIO LA LOCKPICKING FORENSICS.

UNO SPORT ESTREMO: IL LOCKPICKING
È l’arte di aprire le serrature senza disporre della chiave dedicata, bensì con due strumenti quali il grimaldello vero e proprio (pick) e il tensore (tension wrench). Esistono tipologie di grimaldelli di varie forme in relazione alla serratura da violare e per la loro costruzione vengono usati materiali di fortuna quali lame di seghetto, lamine delle spazzatrici stradali, lamine dei tergicristalli (chi predilige quelli di una nota marca tedesca per via delle dimensioni che ne consentono una migliore lavorabilità), raggi di bicicletta, ecc. Il principio di utilizzo è piuttosto facile, ci ho provato personalmente con qualche sporadico successo, molto meno semplice è acquisire la sensibilità manuale necessaria ad utilizzare convenientemente e rapidamente gli strumenti. Sulle caratteristiche costruttive di una serratura comune a cilindro, a pistoncini quale quella Yale per intenderci, rimando a più qualificate spiegazioni reperibili ovunque in rete. In una normale serratura a pistoncini quale l’anzidetta, dopo aver introdotto il tensore nel canale, tenendo in tensione, con una leggera pressione, il barilotto, si introduce il grimaldello e si tenta di allineare i pistoncini spingendoli verso l’alto, simulando l’ingresso della chiave. L’allineamento di tutti i pistoncini libera il rotore procurando l’apertura del dispositivo. Sembra agevole, ma non lo è. L’arte della manipolazione può essere acquisita, ma con una lunga pratica. L’argomento è quanto mai di attualità perché da qualche tempo, complice la rete, diversi giovanotti intelligenti e curiosi, chi più chi meno “mefistato”, hanno diffuso dei completi tutorial su come praticarlo ed auto costruirsi gli strumenti, in questo modo il lockpicking è esploso come argomento d’interesse, sport e come veicolo di studio delle serrature e in generale di ogni congegno destinato alla protezione meccanica di beni mobili o immobili. Così, mentre in Italia cominciano ad emergere fans di questa disciplina ed anche i primi sodalizi di appassionati, in Europa, specie nei paesi anglosassoni e poi soprattutto negli Stati Uniti, imperversano da anni lockpickers di ogni età ed estrazione sociale, con i loro convegni ed i loro campionati in cui, in linea di massima, vince chi apre una determinata serratura nel minor tempo. Il lockpicking è inquadrabile nel cosiddetto “hacking non tecnologico” e viene talvolta ospitato nei raduni hackers con pari dignità rispetto alle discipline informatiche, riconoscendo un legame virtuale con la filosofia hacker: la scoperta, la conoscenza e la condivisione. Per l’edificazione personale del lettore, in merito alla parte tecnica, che non è lo scopo di queste righe e capire però i fondamenti del lockpicking, rimando alla lettura dell’interessante e molto completo “Guida all’apertura delle serrature con l’uso del grimaldello – M.I.T. Guide to lockpicking” di Ted The Tool, nella traduzione italiana di Simon Mago, alias di un vero luminare della materia, reperibile in rete. Ho parlato di lockpicking senza demonizzarlo, certo di non aver instillato nel lettore non istituzionale propositi meno che leciti e nella convinzione che la sua conoscenza, sia da parte del semplice curioso sia da quella dell’operatore istituzionale, sia istruttiva per capire la vulnerabilità dei sistemi di difesa passiva a cui viene affidata la sicurezza di beni e infrastrutture. Il lockpicking, se fine a se stesso, in assenza di controindicazioni di legge, non può essere moralmente o penalmente censurato. L’immediata catalogazione del lockpicker, da parte dei benpensanti, tra coloro che perseguono futuri scopi illeciti, è a dir poco superficiale; sarebbe come assimilare chiunque pratichi la caccia o il tiro sportivo ad un potenziale assassino seriale. Ho usato però, nel titolo, la parola sport estremo, perché come abbiamo visto, esiste il concreto rischio di farsi male.

SUGGERIMENTI PER L’OPERATORE ISTITUZIONALE
Intanto citare troppe sentenze della Suprema Corte, per Sezioni, numeri, date, ecc, a meno che non siano proprio indispensabili, le lasciamo ai giuristi, quelli veri, a noi non interessano, né è di buona creanza rammentarle alla Magistratura di riferimento, che già le conosce. Oltre alla corretta applicazione della norma, è bene che l’operatore comprenda ai fini investigativi il funzionamento dei vari tipo di serrature, lucchetti e grimaldelli, nonché la tipologia e la qualità costruttiva di questi ultimi, così da poter già individuare superficialmente a quale lucchetto o serratura siano destinati, ma anche il livello di conoscenza della materia da parte dell’eventuale sospetto.
Tutto questo, inoltre, per riuscire poi, in sede di comunicazione, ad utilizzare una terminologia appropriata e univocamente riferibile al particolare oggetto idoneo al preciso scopo. I c.d. Jiglers (i giovani li chiamano spadini) hanno ad esempio quale utilizzo precipuo l’apertura delle serrature di automobili e vengono solitamente ricavati dalla lavorazione degli spessimetri utilizzati per registrare le valvole dei motori a scoppio o dalle lame di seghetto. Esistono poi, a titolo di esempio, grimaldelli “a gancio” (i più comuni), “snake” (a forma di serpente), “half diamond”. “diamond” (la forma romboidale o semi-romboidale ricorda un diamante), “bogotà”, Jackhammer” ed altri. In proposito, destino sospetto i coltellini multiuso della nota marca svizzera dotati di sola lama piatta e lima per unghie che, seppur di dimensioni minime ed ampiamente utilizzati per gli scopi di cui sopra, talora anche senza subire modifiche. La qualificazione di quest’ultimi (strumento atto ad offendere o ad aprire serrature o nessuno dei due) potrà correttamente rilevarsi dall’insieme delle circostanze in cui lo stesso viene reperito. L‘operatore, sul campo, a riscontri eseguiti, deve segnalare all’Autorità Giudiziaria il soggetto e quest’ultima, laddove ne ricorrano i presupposti, procederà con citazione a giudizio, condanna per decreto o viceversa archiviazione, qualora in assenza dello specifico requisito o di quelli ravvisati dai dettami giurisprudenziali. L’oggetto ritenuto in grado di “aprire o sforzare serrature” sarà preventivamente sottoposto a sequestro probatorio e sempre descritto e fotografato. Sarà necessario comunque, come già detto, regolandosi di conseguenza, fare in precedenza un’obiettiva valutazione in relazione allo/agli strumenti rilevati, ossia se da qualificarsi atti “ad aprire serrature” o “a recare offesa alla persona” (talvolta il limite è molto sottile), tenendo presente che quest’ultima opzione può essere agevolmente contestata anche in presenza di utensili dedicati (es. il piede di porco) o non dedicati, ma dotati di un minimo potenziale offensivo, in relazione ai due differenti beni giuridici tutelati. Si tenga presente che, anche volendo agevolare l’Autorità Giudiziaria e sgravarla da inutili procedimenti, non ci si potrà esimere, ancorché disponendo del Certificato del Casellario Giudiziale negativo del sospetto, dal riferire ex art. 347 c.p.p. (obbligo di comunicare la notizia di reato), perché purtroppo la funzione di filtro non è concessa all’Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria.
Allorquando si persegua poi un furto aggravato ed il reo si stato trovato in possesso di strumenti atti allo scasso mediante i quali ha realizzato l’azione delittuosa, il reato ex art. 707 c.p. viene assorbito dall’aggravante prevista dall’art. 625 co.1 nr.2 c.p. (aver usato violenza sulle cose), purché ricorra un nesso di immediatezza e strumentalità tra il possesso degli arnesi ed il loro uso, ed inoltre non vi sia congruo lasso temporale tra il furto e l’accertamento del possesso. Per quanto riguarda il tentativo, nel caso di flagranza, non rileva il fatto che non si sia fatto uso di tali strumenti, rientrando il possesso di questi tra gli “atti idonei diretti in modo non equivoco” che la norma prevede acché si configuri un reato tentato. I reati, quindi, potranno essere contestati entrambi qualora il sospetto venga colto prima di commettere il reato, ma anche, in caso di consumazione, dopo, laddove sussista una frattura temporale tale da consentire alla nostra ipotesi contravvenzionale di disgiungersi dal delitto di furto. Nell’ipotesi di più soggetti colti nella commissione di un delitto contro il patrimonio e solo uno di questi venga trovato in possesso di strumenti idonei allo scasso, al fine di poter rubricare il reato anche ai correi (vi è giurisprudenza in merito) si fornisca ogni riscontro probatorio, sulla base dei dati acquisibili con le risorse a disposizione, circa la pregressa frequentazione o la correità in altri illeciti antecedentemente commessi. In caso inoltre di sopralluogo sulla scena di un crimine, laddove si abbia il sospetto che una serratura sia stata manipolata e ciò possa essere determinante nelle indagini perché può disporsi di fonti di prova comparative, si conosca che esiste una apposita branca delle investigazioni scientifiche dedicata a tale studio, seppure in Italia poco conosciuta e praticata: la Lockpicking Forensics.

CENNI SULLA LOCKPICKING FORENSICS
Negli Stati Uniti è una vera e propria scienza, ma in quel paese, a differenza del nostro, i grimaldelli sono oggetti largamente commercializzati e usati. Il Locksmith forenser, ossia il “fabbro forense” è colui che svolge la sua indagine con metodi scientifici su serrature e congegni di protezione violati ed è un’autorità nel suo campo professionale. La “lockpicking forensics” ha infatti come scopo l’accertamento del metodo di apertura e del mezzo con cui la stessa è stata attuata, ciò analizzando gli elementi della serratura così da evidenziare lo stato di conservazione dei pistoncini o degli altri elementi della serratura, reperire tracce di materiali risultanti dall’azione invasiva e stabilire la tecnica utilizzata: se ad esempio tramite “racking” ossia rastrellare velocemente l’intero set di pistoncini per allinearli (tecnica usata dai neofiti o dai meno esperti) oppure “pin to pin”, allineandoli uno per uno così da procurare lo sblocco oppure se si è usata una “Bump Key” (chiave particolare in grado, una volta inserita a forza e colpita, di sbloccare il meccanismo) o altri metodi invasivi quali ad esempio l’uso di una “Pick Gun”, un grimaldello comandato elettricamente che, vibrando, riesce ad allineare i pistoncini della serratura e cagionare lo sblocco in tempi rapidissimi; quindi stabilire con certezza il tipo di strumento utilizzato per la violazione della protezione ed il materiale di cui era costituito.
All’uopo si segnala che si sono reperiti grimaldelli in materiali quali alluminio o altri in fibre plastiche in grado di non lasciare tracce di sfregamento ma, proprio per la loro natura, in grado di rilasciare residui dell’uso. Per giungere alle conclusioni investigative, il fabbro forense non disdegna il rilevamento di impronte, capelli o fibre inavvertitamente lasciate dall’attaccante sul supporto esaminato oppure, ad esempio, cera, plastilina o altro, a significare che l’intrusione è stata possibile mediante una chiave illecitamente duplicata. I suoi strumenti sono in primo luogo la microspia e la microfotografia. La microspia rileva, infatti, i segni di usura sui pistoncini delle serrature, i quali possono essere indicatori del livello di abilità dell’attaccante, che più sarà bravo quante meno tracce lascerà, in questo caso esercitando il minimo della forza dei suoi strumenti per provocare l’apertura oppure utilizzando strumenti costituiti da materiale a scarso impatto erosivo. La microfotografia, poi, documenterà le fonti di prova. Quale investigatore, il fabbro forense si porrà inoltre gli interrogativi meglio esposti nel capo che segue.

L’INTERAZIONE CON LA SCENA DELL’EFFRAZIONE
Oltre all’approccio classico e ben conosciuto del sopralluogo e cioè:
Cinturazione dell’area di interesse.
Predisposizione a limitazione al massimo la contaminazione della scena (calzari protettivi, guanti in lattice, ecc.)
Destinazione di un’area pulita alla collocazione del materiale che sarà utile ai rilievi. –Sgombrare la mente da preconcetti in ordine alla realizzazione dell’azione criminosa e ai suoi possibili autori.
Ricercare una spiegazione attendibile ai seguenti quesiti:
1) Quale è la protezione violata ed il suo livello di sicurezza? Occorre descrivere il tipo di protezione, sia essa serratura o altro, dal punto di vista costruttivo e qualitativo, indicando la propria valutazione sull’idoneità o meno a precludere accessi indesiderati, ciò in relazione all’ambiente da proteggere.
2) Quali sono i punti deboli del dispositivo? Verificare se il dispositivo di protezione ha punti deboli e se effettivamente è stato attaccato nel suo punto più debole oppure si è trattato di un approccio random, maldestro ancorché efficace.
3) Quali sono le tracce d’ingresso e se quest’ultimo è avvenuto: valutare se l’accesso al bene da proteggere ha avuto luogo e, in caso contrario, nonostante l’effrazione abbia avuto luogo, vi sia stato recesso nel portare a compimento l’evento delittuoso.
4) Vi sono palesi segni di effrazione? Discernere dal primo esame visivo come l’azione effrattiva è stata portata con la forza bruta o con metodologie più fini oppure con sistemi non immediatamente verificabili.
5) Il dispositivo, prima dell’attacco, era disposto effettivamente alla difesa oppure era aperto? Ciò fa naturalmente la differenza nel caso in cui possa esservi dubbio che l’attaccante possa essere stato favorito da un complice all’interno della struttura da proteggere. In sede poi di richiesta di risarcimento dell’eventuale danno patito, l’inidoneità del dispositivo di protezione ad impedire l’alienazione o il danneggiamento del bene impedirebbe all’avente diritto l’esaudimento dell’invocato risarcimento.
6) A seguito dell’attacco il dispositivo è stato lasciato aperto o chiuso? Poiché influente sulla tempistica di esecuzione, richiudere un dispositivo che si è violato apre scenari diversi: ravvedimento, tentativo di ritardare la presa di cognizione oppure dissimularla proprio?
7) Il tipo di attacco è compatibile con il bene protetto/asportato? Usare il C4 per aprire la serratura di una baracca è senz’altro una soluzione, se non si fa caso al rumore, pur tuttavia si raggiungerebbe lo stesso scopo con metodi meno invasivi. Se analoghe incongruenze si accertassero, sarebbe evidente che l’obiettivo non era l’accesso abusivo alla struttura, ma spedire al Creatore i suoi occupanti. Ogni bene che abbia valore o una struttura con suoi contenuti hanno un minimo sindacale richiesto per la loro protezione, ma anche ragionevolmente un massimo. Raramente sarà presente su un autoveicolo datato un antifurto satellitare di ultima generazione, così come un capanno per gli attrezzi mai presenterà una porta blindata di classe 4. L’accertamento di un particolare accanimento da parte dell’attaccante su un dispositivo di basso profilo difensivo e posto a protezione di beni asseritamente di tenue valore, desti sospetto in quanto il detentore potrebbe non aver detto, o non dire, tutta la verità sulla reale natura del bene ivi custodito. Inoltre, ciò potrebbe indicare che l’attaccante disponeva di informazioni precise su quanto ricercato, perché tali da giustificare il perseguimento dello scopo anche eccedendo nei mezzi.
8) È possibile stimare il tempo che è stato necessario a violare il dispositivo? La risposta a questo quesito, non conoscendo l’abilità dell’attaccante né, nell’immediatezza, l’idoneità dei suoi strumenti, potrà essere data dalla stima della tempistica risultante dai riscontri delle indagini indirette, ossia dalle interviste degli informati sui fatti o dagli orari verificabili su eventuali riprese filmate, se disponibili.
9) A seguito dell’illecito, il dispositivo è stato poi utilizzato lo stesso? Se si tratta di una serratura, e tale ipotesi ha avuto luogo quindi la stessa è funzionante, è evidente che il metodo di attacco possa essere ristretto ai sistemi meno invasivi tra quelli idonei a violarla.
10) Ci sono soggetti riferibili all’obiettivo che hanno avuto parte all’attacco, ancorché dal punto di vista della pianificazione o del supporto, oppure qualcuno di loro possiede cognizioni tecniche per aver realizzato lui stesso l’attacco? Fra gli attori della vicenda, a chi gioverebbe l’intrusione?
Trovare una risposta a queste domande, anche in via di mera deduzione a fine di ipotesi, sarà senz’altro utile anche all’investigatore nostrano per il suo rapporto o la sua indagine…

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