Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Nel 2009 è stato introdotto un nuovo reato, “atti persecutori” che punisce chi con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La norma mira a reprimere il fenomeno noto come il cd. stalking (dal termine inglese to stalk, letteralmente fare la posta alla preda, mutuato dal lessico venatorio), fenomeno caratterizzato dall’insistente interferenza nella sfera privata altrui.
L’introduzione della nuova norma mira a colmare una lacuna di tutela determinata dall’incapacità delle incriminazioni di minaccia, molestie e violenza privata a fornire un’adeguata risposta repressiva ai casi di comportamenti criminosi consimili posti in essere in modo seriale e ripetitivo.
Prima di poter ritenere fondata un’accusa di stalking occorre considerare attentamente gli elementi di cui essa si compone, non essendo ogni condotta molesta ascrivibile al grave reato di stalking.
È necessaria la reiterazione di molestie o minacce e, quindi, una pluralità di comportamenti tipici (omogenei o disomogenei) secondo uno schema che evoca la figura del reato abituale (o a condotta reiterata).
Tra i comportamenti che possono essere considerati di stalking vi sono appostamenti, minacce, ricatti, molestie, sorveglianza intrusiva, ripetuti contatti telefonici o tramite e-mail, chat, social network, continui tentativi di contatto, sguardi intimidatori, attenzioni sgradite, eccetera.
È poi necessario che le condotte reiterate nel tempo producano, alternativamente, determinati eventi ossia:
– un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima;
– oppure un fondato timore per l’incolumità propria o di persone vicine alla vittima;
– o, infine, il costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
Se questi eventi non si determinano (o non sono provati), il reato non sussiste, anche se va precisato che potrebbero sussisterne altri, meno gravi, come meglio si dirà oltre.
E’ proprio questo uno dei doveri del difensore dell’incolpato che, per quanto possibile e “provabile”, confuterà la pretesa accusatoria in ordine alla sussistenza di uno degli eventi di danno previsti dalla norma.
Il danno prodotto dalle condotte è alternativo: in ogni caso si tratta di ipotesi che evidenziano la posizione della persona offesa come di un soggetto che vede lesa la propria libertà morale, costretto ad una posizione difensiva a causa dell’invasività degli atti vessatori posti in essere dall’agente.
Nel reato di atti persecutori rileva la risposta in concreto prodotta sul soggetto passivo effettivo e non l’idoneità astratta dei comportamenti.
Dal punto di vista soggettivo stalker può essere chiunque: spesso è l’ex partner, ma può essere anche uno sconosciuto, un vicino di casa, un collega di lavoro.
Il processo deve provare se l’accusato abbia agito con dolo, cioè con coscienza e volontà, comprendendo e volendo le proprie azioni e l’evento come conseguenza delle reiterate condotte tenute.
Il reato è perseguibile a querela della persona offesa.
Il termine per la proposizione della querela è di 6 mesi.
Tuttavia, il reato è procedibile d’ufficio quando è commesso nei confronti di un minore o di una persona disabile o quando è stato preceduto da ammonimento (l’avvertimento orale a cambiare condotta) da parte del Questore.
Le pene previste per il reato di stalking sono il carcere, da 6 mesi a 4 anni. La pena viene aumentata se gli atti persecutori sono commessi dal coniuge legalmente separato o divorziato, o comunque da una persona che sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva. La pena è aumentata, fino alla metà, anche quando gli atti persecutori siano commessi nei confronti di un minore, di una donna incinta o di una persona disabile, oppure quando il reato sia stato commesso con l‘uso di armi o da persona camuffata nell’aspetto.
Attenzione dunque a quelle condotte moleste a margine di rapporti sentimentali e affettivi, che rientrano a pieno titolo nella più frequente casistica del reato si stalking.
Spesso sono contestate nel capo di imputazione condotte moleste collocabili cronologicamente prima della rottura del legame affettivo, quando, dopo la rottura del legame, diventano più frequenti, petulanti e insidiose ed in tale caso (come , in generale, per tutti i procedimenti per stalking) il difensore deve prestare massima attenzione all’esatto arco temporale a cui si riferisce l’accusa (e si deve trattare di episodi al plurale proprio perché è necessaria una certa serialità nei comportamenti perchè sia effettivamente contestabile il reato di atti persecutori).
Riguardo al tempo, tuttavia, va tenuto in considerazione che il delitto è stato disciplinato nel febbraio del 2009 e, quindi, le condotte cronologicamente poste in essere prima di tale momento non possono essere contestate come stalking, in forza del principio cardine di diritto penale dell’irretroattività della legge penale.
Quando si viene a sapere di essere stati denunciati per stalking – o se ne ha il sospetto – è necessario nominare un difensore perché il professionista possa verificare se pendono effettivamente le indagini preliminari (tramite lì’istanza ex art. 335 c.p.p. Vedi nel sito) e si attivi per il miglior contrasto dell’accusa ipotizzata.
Invero, non sempre le accuse di stalking sono effetivamente caratterizzate da tutti quesgli elementi giuridici e fattuali richiamati dalla norma (e sopra illustrati) ovvero l’art. 612 bis c.p..
Alcune volte – benchè l’accusa contestata sia quella di atti persecutori – sussistono gli elementi costitutivi di altri reati (meno gravi) previsti dal codice penale.
Allora il difensore ha un ruolo fondamentale per evidenziare, quando opportuno, l’abbaglio e l’abnormità delle accuse ovvero per ridimensionare la gravità della posizione dell’accusato.
Prima che venisse emanata la norma che incrimina gli atti persecutori come sopra descritti, le singole condotte potevano costituire elementi per riconoscere sussistenti altri reati, tutti meno gravi dello stalking.
La natura del reato e l’iter che ha seguito nella sua nascita consentono (a volte) al difensore la possibilità, da valutarsi caso per caso, non di negare singoli fatti, ma di ridimensionarli facendoli emergere nella loro unicità e minore gravita (anche dal punto di vista delle conseguenze sulla vittima).
Come si è accennato, i fatti in cui può estrinsecarsi lo stalking, prima del 2009 (anno di promulgazione della Legge), venivano puniti singolarmente e in misura meno grave da singole norme che prevedevano singole condotte/reato.
Il reato di stalking consta di una reiterazione di condotte che antecedentemente erano già previste come reati avvinte (nel caso del reato di cui si tratta di atti persecutori) da un disegno unitario da parte dell’offender e tali da provocare eventi lesivi alla vittima di portata maggiore rispetto a quelli solitamente conseguenti alle singole condotte considerate (ed attuate) in maniera isolata.
Ciò non toglie, però, che i singoli fatti, laddove sussistano i requisiti (non ultimo la querela di parte dove necessaria) possono essere perseguiti ai sensi delle norme che li puniscono nella loro unicità (ad esempio la siingola minaccia, la singola ingiuria, la singola molestia: tutte condotte che singolarmente rappresentano dei reati punibili con pene assai più lievi rispetto a quelle previste per lo stalking).
Attaccare, smontare, confutare, mettere in dubbio l’elemento della reiterazione e dell’unicità delle singole condotte è, dunque, il primo passo per addivenire ad un esito più favorevole per l’imputato di stalking; fermo restando (come detto) che potrà essere accusato (ed eventualmente condannato) per i singoli reati eventualmente ravvisabili nei fatti descritti nell’imputazione.
Stalking e misure cautelari.
Come noto, le misure cautelari personali sono misure in qualche modo restrittive della libertà personale che intervengono prima che sia pronunciata una sentenza di condanna.
Stante la deroga al regime ordinario che vieta la restrizione della libertà personale prima di una sentenza passata in giudicato (divieto di carcerazione preventiva), i requisiti perché si possa disporre una misura cautelare sono molto rigidi e ciò a tutela della persona che ne potrà essere sottoposta e quindi patirà la restrizione.
Oltre alle note misure cautelari (si pensi alla custodia cautelare in carcere, agli arresti domiciliari), nella materia dello stalking è stata introdotta una misura ad hoc:
– quella del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla vittima.
Applicando tale misura cautelare il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla persona offesa, dai prossimi congiunti di questa o da persone legate da relazione affettiva o convivenza con la persona offesa.
Inoltre, il giudice può prescrivere all’imputato di mantenere una determinata distanza dai predetti luoghi e vietare di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con la persona offesa e le altre persone sopra menzionate.
Perché si possa disporre tale misura è necessario che, fermo restando il rispetto dei principi generali (gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari) che vi sia puntuale verifica in termini modali e temporali della vicenda denunciata e oggetto delle indagini.
I gravi indizi (nel caso specifico dello stalking) sussistono quando vengono accertati – con quel grado di certezza consentito dalle attività svolte durante le indagini preliminari – episodi di violenza e minaccia, per mezzo di documenti quali referti medici relativi ad eventuali lesioni patite. I fatti devono essere letti in modo univoco e complessivo, tenendo conto dell’eventuale occasionalità delle condotte denunciate oppure l’eventuale sistematicità modale e temporale delle condotte aggressive, violente e mortificanti la dignità della persona offesa.
Non basta certo – e per certi aspetti non dovrebbe nemmeno bastare soprattutto nel caso in cui i rapporti tra le parti sono fortemente deteriorati da tempo – la sola versione della vittima non supportata da alcun riscontro esterno.
Il difensore dell’accusato giocherà un ruolo fondamentale per evidenziare la carenza dei requisiti per disporre misure cautelari, sia prima che queste vengano disposte, che successivamente, per chiederne un riesame, cioè una rivalutazione.
Già durante le indagini preliminari ed eventualmente in occasione dell’applicazione di una misura cautelare in danno dell’incolpato, il ruolo del difensore è fondamentale per smontare la tesi accusatoria e ipotizzare soluzioni alternative e difensive, nonché per effettuare indagini difensive che possano evidenziare elementi a favore dell’accusato.
Tuttavia, occorre considerare che la giurisprudenza si è espressa a favore dell’applicazione della misura cautelare anche quando la patologia di ansia in capo alla vittima non sia scinetificamente provata (la Corte di Cassazione afferma che la misura cautelare deve prevenire tale patologia eventuale). Ma qual è allora l’entità e la qualità della prova da raggiungere perché siano accertati i gravi indizi di colpevolezza necessari perché si proceda a disporre la misura? Al di sotto di quale misura l’accusato non può essere sottoposto alla restrizione della propria libertà nello spazio?
Una risposta univoca non c’è.
Tuttavia la Cassazione si è espressa affermando che deve essere considerata la finalità cautelare di queste misure e quando i comportamenti lesivi sono numericamente imponenti e si protraggono nel tempo (come nel caso di un centinaio di telefonate al giorno per quattro mesi) il danno è implicito e non è necessario provarlo con referti medici, né è necessario che la molestia sfoci in una patologia conclamata: la tutela cautelare serve proprio ad arrestare le molestie prima che il disagio sfoci in vera patologia.
Il difensore, però, potrà evidenziare ad esempio una preesistente patologia affine a quella lamentata, così ipotizzando che il disagio o il malessere della vittima non sono riconducibili ai fatti ascritti all’accusato, oppure potrà evidenziare le ragioni dei contatti frequenti con la vittima oppure, ancora, la loro reciprocità sintomatica di contatti non abusivi (e molesti) ma rientranti nei canoni della “normalità” di quella che può essere, ad esempio, una separazione conflittuale.
Stalking e ammonimento.
Prima ancora della denuncia, chi ritiene di essere vittima di stalking può attivare un procedimento “parapenale” segnalando i fatti e chiedendo che nei confronti del presunto colpevole sia emesso un provvedimento amministrativo di ammonimento.
Si tratta di un’ammonizione orale con cui il Questore invita il presunto stalker a tenere una condotta conforme alle legge.
Tuttavia, a garanzia dei diritti dell’accusato, è previsto che, in linea generale, allo stesso sia dato avviso dell’avvio del procedimento perché possa essere sentito in ordine agli addebiti mossigli.
Non avendo potere giurisdizionale, il Questore investito della questione apre un procedimento amministrativo improntato alla celerità, assumendo le informazioni del caso e sentendo l’accusato. Le finalità dell’istituto dell’ammonimento del Questore sono quelle tipicamente cautelari e preventive: il provvedimento è preordinato a che gli atti persecutori non siano ripetuti e non abbiano esiti irreparabili. Essendo queste le finalità, il provvedimento deve avvenire in tempi rapidi, funzionali ad interrompere l’azione persecutoria.
Tuttavia, se vi sono ragioni d’urgenza, è legittimo che il destinatario del provvedimento non sia interpellato in anticipo; ciò, di fatto, provoca una lesione del diritto di difesa e del contraddittorio, visto che – in tal caso di urgenza -l’ammonimento può essere emanato esclusivamente sulla base degli elementi forniti dal solo soggetto interessato all’adozione del provvedimento (la vittima). La parte interessata, però, può agire per il riesame del provvedimento amministrativo. Naturalmente, le particolari esigenze di celerità devono essere ben motivate e sorrette dalle ragioni del convincimento del Questore in quanto, in termini generali, l’accusato di stalking deve essere sentito prima dell’emissione del provvedimento di ammonimento. Dare notizia dell’avvio del procedimento solo diversi mesi dopo l’esposto presentato dalla presunta vittima di atti persecutori impedisce al diretto interessato di partecipare proficuamente al procedimento. Secondo il Consiglio di Stato deve dunque essere dato avviso al presunto stalker perché l’ammonimento deve seguire solo all’esito di un apprezzamento circa la plausibilità e verosimiglianza delle vicende esposte dalla persona denunciante, tutti gli elementi raccolti dal Questore concorrono a formarne il convincimento circa la fondatezza della richiesta di provvedere.
La giurisprudenza ha affermato che alla limitata partecipazione al procedimento da parte dell’ammonito consegue difetto di istruttoria, poiché l’interessato, nel controdedurre in giudizio su molte circostanze a lui addebitate, ha la possibilità di provare che, ai fini di una corretta formazione del proprio convincimento, il Questore deve necessariamente acquisire una serie di ulteriori valutazioni la cui mancanza non consente di avere un chiaro e completo quadro della vicenda e quindi di provvedere correttamente.
L’analisi della disciplina dell’ammonimento del Questore è utile per la corretta comprensione del quadro generale con cui il legislatore ha stabilito che il reato di stalking – “normalmente” perseguibile solo a querela di parte nel termine di sei mesi –diventa procedibile d’ufficio se preceduto da ammonimento.
Le conseguenze sono, quindi, di non scarso rilievo, ed è bene che il procedimento teso all’ammonimento sia seguito da un difensore, già nella fase iniziale. Vale la pena di ricordare che se un reato è perseguibile a querela, la parte interessata può decidere di rimettere la querela, anche a fronte di un risarcimento o una proposta transattiva, laddove, invece, il reato è perseguibile di ufficio, la persona offesa non potrà in alcun modo neutralizzare la potestà punitiva dello Stato che si estrinseca nel procedimento penale (anche quando vedesse ridimensionate le conseguenze e le reazioni denunciate a suo tempo, magari dettate da impulsi del momento).
E se la richiesta del provvedimento di ammonimento per atti persecutori è infondata? Chi l’ha richiesta rischia di essere condannato per calunnia? Secondo la giurisprudenza che si è espressa sul punto finora, non è configurabile il reato di calunnia, anche quando si siano prospettate circostanze non veritiere nella richiesta di ammonimento. Il reato di calunnia, giova ricordarlo, si configura quando con querela, denunzia, richiesta o istanza all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità, qualcuno incolpi altri pur sapendolo innocente. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, poiché l’ammonimento è finalizzato a scoraggiare atti persecutori e a far sì che i comportamenti “censurati” non siano ripetuti e non abbiano esiti irreparabili (finalità preventiva), ci si trova in una fase del tutto preliminare all’azione, il cui esercizio rimane del tutto eventuale e, anzi, l’emissione dell’atto amministrativo, quando ne sussistano i requisiti, mira proprio ad escludere l’esercizio dell’azione penale. Poiché nessuna azione penale è esercitata, nessuna “accusa” può ravvisarsi in senso tecnico nel prospettare circostanze all’interno di un sollecito al Questore di provvedere all’ammonimento. Attesa la natura esclusivamente preventiva dell’ammonimento – continua la sentenza di legittimità – “neppure in via ipotetica, l’atto proposto” può “produrre l’instaurazione di un giudizio penale, che costituisce l’essenza del reato di calunnia ipotizzato, sicché anche l’espressione in essa di circostanze non vere”, se pure potrà dar luogo a legittime richieste risarcitorie, “non è idonea a realizzare l’ipotesi di reato”; è dunque escluso il pericolo di un inutile svolgimento dell’attività giudiziaria (che è l’altro bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice della calunnia insieme all’onore e alla libertà personale del soggetto incolpevole). Infatti, la richiesta di un atto tipico di natura amministrativa, qual è l’ammonimento richiesto al Questore, non consente all’Autorità amministrativa di farne d’ufficio denuncia all’Autorità giudiziaria. Peraltro, non trattandosi di un tipico atto previsto dalla norma che incrimina la calunnia (art. 368 c.p.) l’Autorità amministrativa non ha l’obbligo di riferirne all’Autorità giudiziaria.
Gli ordinamenti anglosassoni sono stati i primi ad affrontare specificamente il problema della definizione normativa del fenomeno. Alcune leggi definiscono lo stalking come “l’intenzionale, malevolo e persistente comportamento di seguire o molestare un’altra persona”. Alcuni Stati richiedono che insieme alle molestie sia presente una “minaccia credibile“, cioè una minaccia (verbale o scritta di violenza) rivolta alla vittima, e che sia verosimile che il persecutore intenda e abbia la possibilità di dare attuazione a tali minacce. Alcune leggi indicano come necessario un “tipo di condotta” in cui il persecutore (o stalker) “consapevolmente, intenzionalmente e ripetutamente” pone in essere nei confronti di una persona specifica una serie di azioni (ad esempio mantenersi in prossimità o esprimere minacce verbali o scritte) prive di alcuna utilità legittima e tali da allarmare, molestare o suscitare paura o disagio emotivo in una persona ragionevole. In alcuni Stati, quando manca l’elemento di minaccia esplicita, si considera meno grave il reato e le pene e i provvedimenti sono meno gravi; altri lo considerano semplice “molestia”. In Canada esiste il delitto di “molestia criminale“, che consiste nel “molestare intenzionalmente o imprudentemente un’altra persona in uno dei modi specificamente indicati, e cioè: a) pedinano la vittima o comunicando direttamente o indirettamente con la stessa o con suoi conoscenti; b) spiando e sorvegliando i luoghi dove la persona presa di mira o un suo conoscente risiede, lavora o comunque si trova; c) mettendo in atto condotte minacciose di qualsiasi tipo dirette alla vittima o a suoi familiari, tali da indurre la stessa a temere ragionevolmente per la sua sicurezza” (cfr. per ulteriori specificazioni Abrams KM, Robinson GE. Stalking part 1: an overview of the prob-lem. Can J Psychiatry 1998; 43:473- 6). Anche il Regno Unito si è dotato di una normativa che prevede che “una persona non deve attuare una condotta che sa o che dovrebbe sapere essere causa di molestia ad un’altra“; “se una persona ragionevole in possesso delle medesime informazioni penserebbe che la condotta dell’imputato corrisponde a molestia, ciò significa che il crimine è stato commesso“. “Occorre peraltro dimostrare che l’imputato sapeva o avrebbe dovuto sapere che la sua condotta avrebbe causato timore di violenza nella vittima“. La normativa britannica prevede che, nel caso di semplice abuso verbale, per integrare la fattispecie punibile è necessario che gli atti di molestia siano ripetuti almeno due volte. In presenza di altre condotte, invece, quali quelle di inviare doni o omaggi floreali non graditi, la soglia di punibilità è più alta (cfr. Parrott HJ. Stalking: evil, illness, or both? Intern J Clin Practice 2000;54:239-42). // Provvedimenti inibitori possono essere emanati secondo la legislazione della federazione australiana, secondo la quale è possibile ingiungere al molestatore di non entrare in un’area geografica definita attorno all’abitazione della vittima, pena l’aggravante del reato o l’esecuzione dell’arresto e/o la fine della sospensione condizionale di una pena detentiva per stalking già giudicata.
Con la collaborazione della Dott.ssa Annalisa GASPARRE
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Una volta avviato il procedimento di ammonimento il querelante può denunciare direttamente oppure denunciare per un singolo reato che non rientra negli atto persecutori? Per esempio : fra gli atti persecutori rientra il fatto che l’offeso è stato sputato. dopo l’avvio all’ammonimento, il querelante può denunciare il singolo fatto come lesione all’onore e decoro ?
Ho letto con molta attenzione la Sua mail con i numerosi quesiti che mi pone.
La prego di contattarmi in privato.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Purtroppo mi trovo in una situazione simile. Ho avuto unastoria con un uomo sposato che si è rivelato dopo la fine della storia per paura che potessi dire qualcosa alla moglie violento, aggreesivo e mi ha picchiato. Io purtroppo, e molto stupidamente gli ho inviato vari sms ed email anche per capire questo comportamento. A volte si dimostrava amico, il giorno dopo mi minacciava e questo per anni. Ora dopo avermi minacciato e picchiato mi ha detto che mi denuncia ed ha sms ed email. io invece non posso dimostrare nulla: nè minacce e nè botte. Che bella legge .
Gentile Signora,
ho letto con molta, molta attenzione la Sua drammatica storia riassunta nelle poche righe che mi ha inviato.
Ovviamente, visto il tenore di questo sito e, soprattutto, il mio profilo professionale posso e devo risponderLe solo tecnicamente.
Sotto questo profilo Le posso garantire che il nostro diritto prevede che eventualmente la prova della colpevolezza dell’imputato può basarsi anche sulla sola testimonianza della persona offesa se la stessa rispetta i crismi della logicità e credibilità.
I migliori saluti.
Avv. Giuseppe Maria de Lalla
Buongiorno Avvocato,
qualche anno fa sono stato vittima di stalking da parte dell’ex della mia attuale compagna. Qualche giorno fa è giunta la sentenza a 9 mesi di reclusione. Sicuramente ricorerà in appello, sempre che la richiesta non venga rigettata. In quel caso, volevo chiederle, bisgonerà procedere con un nuovo processo in cui chiamare nuovamente tutti i testimoni ? Ed ancora, io mi sono costituito parte civile lesa, posso avviare il processo civile per il risarcimento dei danni subiti o devo ancora attendere che l’imputato, oramai, condannato in I grado ricorra in appello ? Grazie per il tempo che vorrà accordare a questi miei dubbi.
Egregio Signore,
ho letto con molta attenzione la Sua articolata mail.
Innanzitutto, Le consiglio vivamente di partecipare ogni Suo dubbio al Collega che l’ha assistita durante il primo grado del processo: saprà chiarire ogni Suo dubbio.
Secondariamente (e brevemente):
1) Durante il secondo grado (ovvero in Appello) normalmente NON sono citati i testimoni (già escussi in primo grado). Il procedimento è CARTOLARE e, quindi, si svolge sui documenti e sugli atti del primo grado (e, quindi, anche delle trascrizioni delle testimonianze del primo grado). C’è una RESIDUALE ipotesi di rinnovazione delle testimonianze a precise condizioni di legge: consulti il sito nella sezione “cose da sapere” e troverà una spiegazione dettagliata (usi la barra di ricerca in alto a destra nella home page digitando la parola “appello”).
2) Può pretendere dal condannato il risarcimento solo quando la Sentenza sarà passata in giudicato (dopo l’appello o eventualmente la cassazione). MA se è stata disposta in primo grado una PROVVISIONALE IMMEDIATAMENTE ESECUTIVA (e questo lo potrà leggere nella sentenza di primo grado o, ancora meglio, potrà chiederlo al Suo difensore) può pretendere il pagamento subito dopo il deposito della sentenza del primo grado del processo.
Non potendo in questa sede approfondire gli argomenti necessari, La rinvio al sito e La saluto cordialmente.
Avv. Giuseppe Maria de Lalla
Sono stato accusato dal mio ex compagno di stalking. Dopo un esposto, una querela denuncia, un’integrazione di querela per richiesta di misure cautelari, e, infine, costituzione di parte civile, sono stato rinviato a giudizio, il quale giudizio si dovrebbe celebrare mediante processo a febbraio del prossimo anno.
Il PM ha stralciato cinque anni della nostra storia perché nei primi atti di difesa ho dimostrato in modo inequivocabile, con un corposo carteggio (tra cui numerose fotografie, pagine intere di diari che tengo puntualmente da più di trent’anni, email, trascrizioni di sms), che il denunciante ha avuto a che fare con me fino a un paio di mesi prima che lui si rivolgesse alla questura. Le domando, visto che da quando ho saputo dell’esposto non l’ho più visto, se non per alcune email in cui gli chiedevo di restituirmi una cifra di soldi che gli avevo imprestato (somma di denaro confermata dallo stesso denunciante), è possibile richiedere una perizia psichiatrica prima ancora di arrivare al dibattimento, chiedere una dettagliata relazione della sua cartella clinica dalla quale si evince che ai tempi degli atti presentati nelle varie sedi istituzionali, era sotto effetto di farmaci antipsicotici e dopaminergici (che alterano in maniera considerevole la psiche della persona)? Mi spiego: io le mie prove le ho portate e diciamo le ho consumate tutte. Il capo di accusa mi ha visto cambiare in maniera considerevole l’arco temporale dell’accusa. Nonostante ciò il PM ha chiesto il rinvio a giudizio. Non sono sereno al cento per cento, nonostante le rassicurazioni dei miei avvocati. Volevo smontare le sue accuse minando i pilastri cardini su cui si baserebbe l’accusa di stalking. Grazie per l’attenzione.
Egregio Signore,
ho letto davvero con grande attenzione la Sua lunga mail e – come spesso mi succede in questa sede – non posso prima di tutto che specificare che è per me davvero difficile esprimermi in una situazione del genere senza aver visto nemmeno un atto del procedimento che La riguarda.
In casi simili al Suo – ovvero reati come gli atti persecutori che implicano complesse e spesso durevoli relazioni interpersonali – non è possibile nella pianificazione della difesa prescindere dalla conoscenza di tutta la storia personale dei soggetti coinvolti.
Peraltro, mi sembra di capire che Lei ha due avvocati e, quindi, credo sia assistito egregiamente dai Colleghi: essere sereni al 100% da imputati è davvero difficile.
Ciò premesso, posso sbilanciarmi osservando:
– spesso nei reati di stalking la persona offesa rimane coinvolta ed interagisce con l’offender anche successivamente alla denuncia. Tale eventualità non elimina automaticamente il reato ma, certamente, è una circostanza che deve essere attentamente valutata poiché appare piuttosto singolare.
– spesso non è opportuno illustrare all’accusa (il PM) ed alla persona offesa (al suo legale) tutti gli elementi di difesa PRIMA del processo poiché è possibile che essi “adeguino” l’accusa contradicendo le difese opposte in fase di indagine (ovvero subito dopo la fine delle stesse ma prima del processo) di tal che l’incolpato si trova ad affrontare il processo quando – diciamo – le sue argomentazioni hanno già in parte esaurito la loro efficacia.
– NON è possibile prima del processo richiedere accertamenti sulla capacità della persona offesa al momento dei fatti. E’ possibile chiedere una perizia al momento del processo ma bisogna avere delle argomentazioni assolutamente valide altrimenti il Giudice rigetterà la richiesta. E’ semmai possibile già prima del processo avere un parere da un consulente della difesa (psicologo forense o psichiatra) e depositare in atti la consulenza SOLO al momento in cui il consulente viene citato dalla difesa come testimone (per tale motivo lo Studio del sottoscritto si avvale della trial consultation nei casi come il Suo ovvero della collaborazione di uno o più esperti di psicologia forense. Sul punto la rinvio alle trattazioni che troverà sul sito).
– certamente per smontare l’accusa di atti persecutori è necessario prendere in considerazione punto per punto i singoli episodi che compongono il capo di accusa.
Mi contatti eventualmente se intende approfondire il tema.
I miei migliori saluti.
Avv. Giuseppe Maria de Lalla
Buonasera… vorrei avere risposta ad alcune domande…
Purtroppo il mio ex ragazzo venendo a conoscenza del fatto di dover rientrare in carcere per una sentenza di un reato da minorenne una delle ultime sere ha dato di matto, distruggendomi la macchina e nei giorni seguenti cercandomi in tutti i modi seppur in toni pacati per “fare pace” …. purtroppo sono stata costretta a proseguire con le denunce perchè sono stata esonerata da lavoro e di questi tempi ho dovuto tutelare la mia persona. I carabinieri sottolineavano a fine denuncia il fatto che io avessi un minimo di paura per i suoi comportamenti e il fatto che fossi stata costretta a cambiare le mie abitudini.
Ora. Lui è in carcere per quella sentenza da minore.
Gli verrà dato anche il reato per stalking?
Per quanto tempo ?
P.s. Non ha una fedina penale pulita, ed è già stato dentro per reato di stalking di cui sono venuta a conoscenza da poco.
Gentile Signora,
mi da davvero delle informazioni frammentarie.
Non posso ora dirLe con certezza quali reati il Pubblico Ministero contesterà al Suo fidanzato.
E’, infatti, il Pubblico Ministero che formulerà l’ipotesi accusatoria.
Da come mi racconta – e da come è formulata la denuncia così come redatta dai CC – mi sembra che il reato di atti persecutori sia effettivamente una possibilità concreta.
E’ proprio il riferimento al:
– timore da lei patito
– e dalla necessità di cambiare le Sue abitudini di vita
che mi fa pensare che il PM contesterà il reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p..
Naturalmente, una volta che il PM avrà contestato il reato dovrà essere provato anche in sede processuale.
Sotto questo aspetto potranno anche pesare i suoi precedenti penali per lo stesso reato.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
innanzitutto la voglio ringraziare per concedermi il suo tempo, purtroppo non riesco ad essere meno prolisso.
In data 17 Novembre 2014 ho avuto un lunghissimo battibecco con insulti reciproci con un altro utente di twitter. Su twitter sono presente con il mio nome e cognome mentre quest’altra persona ha un profilo che non conduce ad una identità. Non conoscevo questa persona che ha cominciato a darmi dell’idiota per via di un battibecco precedente con un altro utente (in questo caso invece il battibecco era abbastanza civile, serrato ma relativamente civile infatti si è estinto dopo poco comunque) . Effettivamente la situazione è sfuggita di mano ad entrambi e gli insulti si sono fatti sempre più pesanti da tutti e due i lati. Questa persona con un foltissimo numero di followers (640 ad oggi) ha cominciato a contattare una miriade di altre persone perché il tutto si tramutasse in un insulto di gruppo. Ci sono riusciti perfettamente. Sono andato in pappa, ad un certo punto ho avuto una miriade notifiche con insulti/attacchi in tutte le salse . Ho provato a bloccare l’utente ma era inutile: un po’ perché lui continuava anche se lo avevo bloccato ed un po’ perché poi mi arrivavano le risposte di ogni suo amico che mi insultava a sua volta. Questa persona è arrivata a proferire bestemmie verso un mio congiunto scomparso. A questo punto ho completamente perso il controllo augurando a questa persona la morte con dei fantomatici riti voodoo. Ho ingenuamente pensato che chi di tastiera ferisce di tastiera perisce e francamente ero veramente arrabbiato. Ho commesso uno sbaglio: ho continuato a inviare messaggi a questa persona incessantemente per alcune ore augurandogli ogni male mentre l’altro mi insultava solo saltuariamente. Il mio account su twitter è stato moderato. Ne ho aperto un’altro ed ho fatto l’aberrante scoperta che questa persona aveva fatto una ricerca ed incrociando i dati in suo possesso era riuscito ad ottenere una lista di altri dati che non avevo assolutamente intenzione di condividere con twitter (ad esempio il mio indirizzo! ma ho il dubbio che possa avere anche il mio numero telefonico di casa) e li ha diramati ai suoi amici. Uno in particolare (credo un avvocato ma non saprei) ha più volte minacciato di farmi causa per stalking (credo volesse dire ai danni dell’utente con il quale ho avuto il diverbio più lungo ma non sono sicuro), ha addirittura cominciato a passare i miei dati sensibili a persone anche su Facebook che si sono sentite in diritto di insultarmi/attaccarmi a loro volta, l’avvocato, (lo chiamo così per comodità ma effettivamente ignoro se lo sia o meno) addirittura mi ha contattato da più profili perché il primo l’ho bloccato il primo quasi istantaneamente) . A questo punto anche il secondo account è stato moderato visto che sono stato segnalato nuovamente in massa a twitter. Per poter avere diritto di replica ne ho aperto un terzo(nel frattempo continuavano ad arrivare notifiche e prese per i fondelli anche sul primo account!). Adesso mi vogliono anche fare causa! AIUTO! non so che fare! Sono sicuro di non aver commesso reato a rispondere agli insulti con altrettanti insulti! Io non conosco neanche il nome (reale) dell’utente con il quale ho avuto il lunghissimo diverbio, come posso essere uno stalker di un’identità fittizia non riconducibile ad una persona reale e magari a centinaia di km da dove abito? Ho cercato su internet e sul reato di stalking ho trovato scritto che per configurarsi il reato ci deve essere una minaccia che possa avere un riscontro nella realtà, ma se non so neanche chi è, è possibile che mi venga veramente contestato questo reato? Sinceramente ho paura che mi si accusi di una cosa che non avrei potuto fare neanche avessi avuto la reale intenzione di portarla compimento (ho detto che se mi avesse detto le stesse cose in faccia l’avrei pestato). Possibile che queste persone possano diramare in giro i miei dati accusandomi di essere uno stalker e che mi minaccino anche di fare causa? Io non voglio fare causa a nessuno ma ho paura che qualcuno si presenti alla mia porta (hanno l’indirizzo!) sia per darmi botte che per contestarmi reati ipotetici! Non voglio fare causa a nessuno e non vorrei fosse fatta a me AIUTO! Non riesco a dormire e mi si chiude lo stomaco!
La ringrazio
D.
Egregio Signore,
nella sua mail mi espone molti quesiti ai quali cerco di dare un riscontro preciso ed esaustivo.
Dalla descrizione dei fatti che mi ha rappresentato e dal contesto nell’ambito del quale si sono verificati sembrerebbe configurabile il reato di cui all’ art. 660 cp molestia o disturbo alle persone .
Invero, da quello che scrive mi pare di aver compreso che si trattasse di messaggi contenenti insulti, parolacce, epiteti, battute ironiche che Lei e un altro utente del social network vi sareste rispettivamente inoltrati e che successivamente lei avrebbe ricevuto da altri soggetti ignoti.
La Giurisprudenza, negli ultimi anni, a fronte di un utilizzo sempre più diffuso dei social network è intervenuta spesso al fine di indicare quali potessero essere le fattispecie di reato ravvisabili nelle condotte degli utenti.
A tal proposito, in data 12 settembre 2014 veniva pubblicata dalla Corte di Cassazione – Sez. I Penale la sentenza n. 37596/2014 la quale ha qualificato la piattaforma del noto social netwok Facebook quale “luogo” aperto al pubblico in cui può essere commesso il reato di molestie.
La Suprema Corte ha infatti specificato che le suddetto condotte (ovvero i messaggi) sarebbero riconducibili al reato di cui all’art. 660 c.p. per la natura di “luogo virtuale” aperto all’eco di chiunque utilizzi la rete di un sociale network o community.
La Cassazione rileva a tal proposito che “di fatto, sembra innegabile che la piattaforma sociale Facebook rappresenti una sorta di agorà virtuale. Una “piazza immateriale” che consente un numero indeterminato di “accessi” e di visioni, resa possibile da una evoluzione scientifica, che certo il legislatore non era arrivato ad immaginare. Ma che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio anzi impone di considerare”.
Pertanto, qualora dovesse ancora ricevere messaggi da parte di utenti del social a Lei rivolti potrebbe adire la competente autorità giudiziaria per il reato di cui all’art. 660 c.p.
Dalla descrizione da Lei effettuata non mi pare le sia imputabile il reato di stalking, il quale prevede ai fini della sussistenza alcuni requisiti specifici che allo stato non sussistono.
(risposta redatta dall’Avv. Elvira La Ferrera dello Studio de Lalla).
Egregio Avvocato,
purtroppo oggi sono stato convocato al Comando dei Carabinieri della mia località per ricevere un verbale di identificazione, elezione domicilio e nomina del difensore, in seguito ad una denuncia-querela sporta nei miei confronti da una mia ex, per il reato di molestie e disturbo delle persone.
Il rapporto con questo soggetto si è interrotto nel mese di febbraio di questo stesso anno. Ne tempo trascorso abbiamo comunque avuto modo di contattarci reciprocamente e pacificamente. Ogni tanto le mandavo dei messaggi cortesi e gentili ai quali non rispondeva. Un giorno mi ha detto di non voler esser più disturbata, di avere un nuovo fidanzato. Le ho detto di esser contento per loro, ma che questo mi faceva star male e soffrire. Le ho detto che mi sarebbe piaciuto saperlo prima, che me ne avrebbe potuto parlare personalmente e non fuggendo ignorandomi. Insomma, da persone civili. Quindi lei stessa mi chiama e mi spiega ogni cosa. Subito dopo, piangendo, mi richiama per dirmi che il suo fidanzato, al quale aveva detto della nostra conversazione, stava andando da lei per punirla ed avere il mio numero di telefono. Chiude e non la sento più. Qualche tempo dopo scopro che esiste un profilo Facebook con il nome di un uomo che si dichiara suo fidanzato con data di fidanzamento in un periodo nel quale ancora stavamo insieme. Le scrivo una mail molto gentile e corretta, senza alcun insulto per dirle che uno scherzo del genere mi ha fatto molto male. Ma che auguravo loro ogni bene e tutta la serenità possibile. Questo “falso” profilo scompare magicamente!!! Poi mi arriva la richiesta di amicizia su Facebook di una donna con nome a me sconosciuto. Le chiedo chi fosse e se ci conoscessimo. Nessuna risposta e non accetto l’amicizia. Ma scopro, tramite la correlazione di un suo indirizzo email che conoscevo, che il profilo era ed è tutt’ora suo. Quindi le chiedo l’amicizia sul suo vero profilo, spiegandole che non aveva senso quello che aveva fatto. Da qui partono una serie di SMS nei quali dichiara di denunciarmi per stalking, pubblica un mio SMS con numero di telefono pubblico, visibile a tutti. Infatto ho dovuto chiedere al mio operatore di cambiare numero. Da questo momento ogni contatto si è bloccato. Non ho più risposto ne ricevuto comunicazioni, sono andato dai Carabinieri a spiegare la faccenda e mi hanno consigliato di attendere. Avrei voluto denunciarla io per violazione della privacy. Oggi scopro che mi ha denunciato-querelato (non si capisce bene) per molestie e disturbo alla persona.
Come mi consiglia di comportarmi? A me sembra uno stalking al contrario, ovvero configura atteggiamenti provocatori nei miei confronti affinché la contattassi per poter, poi, fare la denuncia. Tutto molto subdolo.
Cosa mi consiglia di fare? Che genere di configurazione potrebbe scaturire da tutto questo? La ringrazio moltissimo e mi scuso per il disturbo.
Egregio Signore,
ho letto la sua lunga mail che ripercorre la vicenda piuttosto intricata.
Come lei sa, il verbale di identificazione è il primo passo del procedimento penale.
Lei ha la possibilità di nominare un difensore di fiducia oppure di farsi difendere da quello nominato di ufficio.
Le raccomando in primis di eleggere domicilio presso lo Studio del difensore affinché le notifiche siano effettuate presso il professionista.
Per venire alla Sua situazione in riferimento alla denuncia che è stata sporta mi è piuttosto difficile indicarle fin d’ora la linea difensiva più opportuna.
Sicuramente posso precisarle che:
1) deve affidarsi al difensore di ufficio oppure nominarne uno di fiducia ma deve essere quel professionista che le indica la strada migliore da seguire.
2) deve cominciare a documentare nel modo più preciso possibile i contatti che ha avuto con la persona offesa (mail, messaggi, telefonate etc.);
3) in particolare deve chiedere i tabulati delle chiamate in entrata ed in uscita dal suo cellulare;
4) deve depositare una istanza ex art. 335 c.p.p. per avere contezza della qualificazione effettiva del reato, del numero del procedimento e dell’identità del PM che sta indagando.
5) NON deve più avere ALCUN CONTATTO con la persona offesa
Questi sono i primi passi per organizzare una difesa quanto più efficace possibile.
Può eventualmente contattarmi privatamente.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Gentile avvocato, le avevo scritto precedentemente per un’accusa di stalking. A settembre si va a processo, la prima udienza di smistamento è già stata celebrata.
In questi giorni però l’avvocato del querelante ha scritto in forma del tutto confidenziale al mio di avvocato dicendo che il suo assistito, visto che è molto provato, alla modica di 10 mila euro (dopo che si era costituito parte civile chiedendo un danno non inferiore ai 55 mila euro!) da dare col tempo che voglio, mi verrebbe da dire in comode rate, ritirerebbe la querela così il dibattimento non si celebrerebbe. Il mio avvocato non si pronuncia e non mi consiglia niente. Io che ho ottimi elementi per dimostrare che non ho fatto alcuno stalking, che al massimo, ma proprio alla peggio, il reato potrebbe essere derubricato a molestie telefoniche, mi sento molto arrabbiato e non voglio cedere. Lui ha piantato tutto sto casino per estorcermi dei soldi come se già dimostrato, non glieli avessi già dati. In questo modo si ritirebbe dalle scene, si paga le spese legale coi miei soldi e non avrebbe nessuna conseguenza. Io mi sento invece offeso, e denigrato e ho una profonda dignità e rispetto per il mio lavoro, che presuppone una deontologia. Ritengo questo un reato e non voglio assolutamente piegarmi. A fronte di consiglio, che il mio avvocato non vuole darmi, premesso dopo avermi elencato i pro e i contro, lei cosa farebbe?
Ho letto con molta attenzione la ricostruzione della Sua vicenda.
Purtroppo, anche in questo caso come spesso succede con richieste come la Sua, non posso che dirLe che mi mancano gli elementi concreti (gli atti del procedimento) per potremi pronunciare con la giusta attendibilità.
Inoltre, non desidero sostituirmi ai Colleghi ed addirittura farlo senza nemmeno conoscere gli atti!
Sarebbe davvero un comportamento a dir poco non professionale.
Le consiglio semmai di richiedere una consulenza contattandomi privatamente anche telefonicamente.
Cordialità.
Avv. G.M. de Lalla
Salve, volevo delle informazioni.
Praticamente il 13 gennaio 2015 sono stato accusato per stalking, e hanno proceduto in maniera molto veloci è sono stato ammonito verbalmente con tutto che io ero innocente. Ormai è andata così. Io vorrei sapere quanto mi dura l’ammonimento? E potrò prendere il porto d’armi?
Aspetto la sua riposta con ansia.
Grazie e cordiali saluti.
Dimenticato pure di dirle, la mia fedina penale è macchiata per colpa di questo ammonimento verbale amministrativo? Grazie
Mi può mandare un email pure della sua risposta? Grazie
L’ammonimento del Questore è un procedimento di natura amministrativa.
Questo implica che il casellario giudiziario – la c.d. fedina penale – di chi è ammonito NON abbia alcuna indicazione.
Non è, infatti, una condanna che segue il processo penale.
Avv. G.M. de Lalla
Ho letto con attenzione la Sua mail.
L’ammonimento del Questore ha la particolarità di NON avere un limite temporale.
Non ha una durata ed una scadenza.
Sotto questo aspetto si tratta di un provvedimento davvero afflittivo.
Non esiste nemmeno una procedura codificata di “revoca” dell’ammonimento.
Il risultato è che ad una consultazione dello SDI (la banca dati delle forze dell’ordine accessibile solo alle forze di polizia) Lei risulterà sempre come soggetto ammonito (senza contare che il reato di stalking o atti persecutori sarà nel Suo caso procedibile di ufficio e non a querela di parte proprio a seguito dell’ammonimento).
Vi è la possibilità – decorso un lasso di tempo considerevole – di attivare una procedura di cancellazione di ordine burocratico con apposita istanza inviata al Ministero dell’Interno.
Ma, come detto, questo è possibile dopo diverso tempo dall’emissione dell’ammonimento e si tratta di una procedura “di ripiego” non pensata specificatamente dal Legislatore per tale eventualità.
Avv. G.M. de Lalla
Buongiorno,
mi pone diversi quesiti ai quali risponderò schematicamente in modo da essere più chiaro possibile.
– Non comprendo a quale revoca si riferisca nella Sua. Posso dirle che una annotazione sullo SDI può essere cancellata con apposita istanza al Ministero dell’Interno e non ci sono tempistiche codificate.
– la cancellazione può essere chiesta quando l’iscrizione non ha più legittimità (ad esempio se riguarda condanne in sede penale DOPO che è intervenuta la riabilitazione);
– sullo SDI (database consultabile solo dagli ufficiali di PG) è riportata l’emissione dell’ammonimento e non tutti i particolari sul quale esso di basa;
– l’ammonimento è stato pensato dal Legislatore proprio senza una durata temporale e ciò acuisce sicuramente la gravità del provvedimento che virtualmente è “per sempre”.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Sono stato licenziato sul lavoro perchè il mio datore mi ha comunicato che una collega mi ha denunciato per ben 3 volte ai carabinieri per minacce e pedinamenti mai avvenuti, le ho solo scritto su facebook che ero innamorato di lei quando non ancora era stata assunta, ma io attualmente non ho nessun richiamo verbale dal questore o altro. Ho impugnato il licenziamento ed ho querelato la collega per calunia . Cosa mi consiglia ?
Sicuramente è necessario avere contezza se e quali procedimenti penali sono pendenti nei Suoi confronti.
Consiglierei di depositare istanza ex art. 335 c.p.p. presso la Procura di competenza in modo da avere tutte le informazioni del caso (numero RGNR del procedimento, reato ipotizzato e nome del PM).
Cosi potrà depositare la nomina del difensore con elezione di domicilio.
Poi bisogna attendere l’avviso di conclusione delle indagini per avere conoscenza degli atti a Suo carico (le denunce).
Ha fatto bene ad opporsi al licenziamento. Questo magari le darebbe l’opportunità di conoscere maggiori particolari e magari anche il contenuto esatto delle denunce.
Il fatto che il procedimento penale a Suo carico sia attualmente in fase di indagini preliminari le impedisce allo stato di fare di più posto che le indagini – e quindi gli atti durante le indagini – sono segrete.
Solo con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. potrà avere accesso al fascicolo delle indagini preliminari.
Eventualmente ci contatti.
Cordialità.
Avv. Giuseppe Maria de Lalla
nel 2010 una collega mi denunciò per stalking dopo che tra noi ci fu una storia sentimentale e ke il sottoscritto volle interrompere per ragioni private,la collega volle accanirsi nei miei riguardi appunto denunciandomi.dalle indagini poi svolte dalla P.G.non emersero elementi atti ad una mia condanna, anzi il P.M. archiviò il caso con la motivazione: non esistono neppure astrattamente elementi atti ad istruire una condanna per il reato ascritto, per cui si chiede l”archiviazione. nonostante ciò subii un ammonimento da parte del questore che malgrado la presentazione di tutto l”incartamento necessario, ancora oggi non riesco ad avere la cancellazione di quanto anzidetto. cosa mi consiglia di fare.
grazie anticipatamente per l”attenzione e mi scusi per la punteggiatura, il P C ogni tanto fa le bizze.
Effettivamente uno dei grossi problemi dell’ammonimento è proprio questo: pare essere un provvedimento che “non muore mai” nel senso che una volta emesso è molto difficile provvedere ad una sua cancellazione.
Non c’è, peraltro, una disciplina in tal senso.
Direi che l’iniziativa migliore da prendere è quella di scrivere al Questore competente – ovvero quello che l’ha emesso – allegando la documentazione (ovvero la richiesta ed il decreto di archiviazione) e chiedendo che sia annullato e cancellato anche dallo SDI (ovvero il sistema informatico interforze).
Le ripeto: si tratta di una iniziativa dettata dal buon senso e non dalla normativa che sul punto non c’è.
Eventualmente, anche alla luce della risposta negativa del Questore interpellato si potranno poi prendere altre iniziative.
Cordialità.
è stato emesso dal questore un ammonimento chiesto da mia moglie con cui siamo in fase di separazione chiesta da lei perche essendo allontanatasi da casa senza farmi sapere nulla io la ho cercata telefonicamente e mediante messaggi. Ho provveduto come previsto nell’ammonimento stesso a fare ricorso gerarchico al prefetto , spiegando le mie ragioni e allegando tutta una serie di documenti , per la revoca del provvedimento. Dopo oltre 2 mesi non ho avuto ancora alcun riscontro . Vorrei sapere quanto è la validità temporale dell’ammonimento ricevuto, perché anche in prefettura non hanno saputo darmi una risposta.grazie
Buongiorno,
ho letto con attenzione la sua mail.
Lei non lo specifico ma – ovviamente – parto dal presupposto che lei abbia fatto ricorso gerarchico dopo la notifica dell’avvenuto ammonimento.
Purtroppo, e questa è davvero una pecca della disciplina legale, l’ammonimento NON ha una durata fissata dalla legge.
Si potrebbe quasi dire che l’ammonimento è davvero per sempre. Almeno sulla carta.
Tale vuoto legislativo ha davvero – a mio giudizio – dei profili di incostituzionalità.
Io direi che la cosa migliore è agire come segue:
– informarsi direttamente in Prefettura con il numero di protocollo dell’esito del Suo ricorso gerarchico. Questo è fondamentale.
– se il ricorso è stato rigettato, può fare una richiesta di REVOCA dell’ammonimento al Questore. E’ una procedura sui generis che non è concretamente disciplinata dalla Legge ma non vi altra possibilità di interloquire con l’autorità che ha disposto l’ammonimento.
All’esito della richiesta al Questore deve attendere l’esito della stessa.
Le ripeto: si tratta di una soluzione, diciamo, empirica. Ma la disciplina legale non pare dare ulteriore possibilità dopo il rigetto del ricorso gerarchico al Prefetto.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Avvocato ho un problema molto grave … io amo il mio fidanzato ma purtroppo in 9 anni ke stiamo insieme abbiamo passato tantissime difficoltà lui mi ha tradito dopo 6 anni poi io l ho perdonato ora stiamo insieme da 2 anni di nuovo ma ultimamente stavamo ritrascorrendo un periodo di litigi vari anche perché da sempre le nostre famiglie sono in conflitto con il nostro rapporto perché noi si ci amiamo ma ci litighiamo spesso … addirittura tempo fa arriverà mo anche alle mani … io da quando abbiamo fatto pace ho cambiato comportamento sono più calma e anche lui devo dire la verità solo che ultimamente stavamo di nuovo ripercorrendo questo tunnel nero e dopo varie giornate trascorse ad isultarci una sera io stanca delle sue minacce gratuite e del suo comportamento inrispettoso verso la mia famiglia ho dovuto ripeto dovuto fare denuncia xke tutto era successo sotto Asa mia in maniera abastanza accesa c9n la mia famiglia avanti e dato ke sono ignorante in materia con l’accompagnamento di un mio familiare sono andata prima in ospedale a referto re ke mi aveva dato uno skiaffo e poi in questura per denunciare il tutto ma fondamentalmente è stata una scelta dettata dall ira e dal fatto di volerlo punire … sono andata a kiedere la revoca dopo 2 giorni ma hanno detto ke non si poteva fare io ho paura perchè lui è un bravo ragazzo e di famiglia molto umile … con pokissime possibilità economIke molto ignoranti ma sono brave persone io non voglio ke vada in galera per questa cosa Ke ho fatto con pura ingenuità volevo solo farlo mettere paura e dargli una lezione xke determinate parole vanno pesate prima di dirle e vari atteggiamenti anche per favore sto in ansia da 3 giorni mi ci sono anke rivista con lui xke sto troppo male del fatto ke lo sono andati a prendere e ha dovuto trascorrere una notte in caserma voglio annullare tutto come devo fare ? Sono disperatissima sono una stupida !!!!
Signora ho letto la Sua lunga e accorata mail.
Mi sembra di capire che il Suo fidanzato sia libero e indagato ma non sottoposto a misura cautelare.
Questo prova il fatto che – evidentemente – i fatti denunciati non sono eccessivamente gravi sebbene siano stati considerati procedibili di ufficio e non a querela (altrimenti avrebbe potuto rimetterla).
Attualmente mi sembra che il pericolo che il giovane vada in galera sia piuttosto remoto.
In ogni caso, non posso esprimermi con sicurezza poiché non conosco il tenore della denuncia con esattezza.
Credo che l’iniziativa migliore sia quella che il Suo fidanzato nomini un difensore che proceda a depositare richiesta ex art. 335 c.p.p. che è una domanda per sapere se:
– si è indagati;
– per quale reato;
– chi è il magistrato che in daga.
– il numero del procedimento.
Con queste informazioni – e, in particolare, il reato per il quale si procede – sarà possibile approntare la migliore difesa anche in questa fase preliminare.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Salve. Sono una ragazza di 26 anni. Purtroppo ho avuto una storia di 3 anni con un uomo piú grande di me di 14 anni. 6 mesi fa all’improvviso sparisce. Ho provato a cercarlo lo chiamavo inviavo sms ma niente cell chiuso. Ero molto preoccupata perché lui soffre di depressione e molte volte mi chiamava quando non stava bene e io correvo a casa sua. Una mattina gli ho mandato un sms dicendogli che sarei passata da casa sua perché ero molto preoccupata non lo sentivo da due settimane ne sms niente scomparso. Cosi dopo il lavoro sono andata a casa sua. Ho suonato ma nulla di colpo mi sono vista arrivare una volante dei carabinieri . Ho pensato gli é successo qualcosa. No era per me. Lui esce di casa io ero immobile non riuscivo a capire si avvicina il maresciallo e mi chiede i documenti io tremando li ho dati e gli chiedo cosa stesse succedendo, e lui mi chiese perché mi trovavo li.. Gli spiegai il motivo il maresciallo vedendomi piangere dalla la paura ha chiamato i miei genitori per farmi venire a prendere. Dicendomi che lui non voleva essere disturbato perché non mi amava piú e di rifarmi una vita. Vedevo che lui firmava qualcosa ma ero sconvolta non ho capito nulla. Lo ammetto sono stata ingenua. Così i carabinieri mi hanno portato in commissariato per aspettare che i miei genitori venissero a prendermi. Da quel giorno ho chiuso tutto ho cambiato numero e quando lo vedo cambio strada. Anche perché ho una paura terribile. Solo che ho paura che quella sera abbia fatto qualcosa firmando delle carte. Io che non ho mai fatto del male neanche ad una mosca. Vi ringrazio per avermi ascoltata e mi scuso se mi sono dilungata in discorsi personali.
Gentile Signora,
ho letto con attenzione la Sua mail.
E’ opportuno per la Sua migliore difesa che nomini un difensore di Sua fiducia se non l ha già fatto.
Io in questa sede posso solo darle alcune scarne indicazioni.
Innanzitutto la invito a vedere la cosa nella prospettiva reale: si tratta di un procedimento direi non di una gravità smisurata (almeno stando a quanto Lei mi racconta).
Depositi una richiesta in Procura ex art. 335 c.p.p. e così potrà appurare:
– il numero del procedimento;
– il nome del magistrato a cui è stato affidato;
– l’accusa formalizzata.
Se di reato di atti persecutori si tratta, la forma meno grave (credo proprio la Sua) la querela è ritirabile dal denunciante.
In ogni caso, allo stato, mi sembra di capire che non sia nemmeno certo che il suo ex fidanzato l’abbia denunciata.
Forse la cosa migliore sarebbe incaricare un difensore di scrivere una brevissima lettera al Suo ex al fine di appurare questa circostanza invitandolo – se del caso – ad una soluzione stragiudiziale della triste vicenda.
Insomma, ci sono diverse possibilità per risolvere questa vicenda nel migliore dei modi.
Trovi un difensore di cui si fida e si faccia spiegare ogni passo necessario e poi proceda.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Scrivo per un mio carissimo amico quarantenne. Ha avuto una storia durata circa due anni con una ragazza di 23. Di carattere apparentemente solare e sereno,si è rivelata subito aggressiva e problematica. Gelosia, possessività,e modi bruschi all’ordine del giorno. Con noi amici odio malcelato dietro a sorrisini e gentilezza. La loro situazione si aggrava perché lui perde il lavoro ed è solamente lei a portare lo stipendio a casa. Questo diventa pretesto per impedirgli ogni contatto sociale e di volontariato che faceva ed accollargli la gestione in toto dei lavori casalinghi. Quando lui trova una possibilità lavorativa, lei puntualmente gliela preclude(no lontano da casa, no troppe ore fuori, no colleghe donne ecc.ecc.) rinfacciandogli poi il fatto di contribuire solo con lavori saltuari al bilancio famigliare. Tutto precipita quando lui decide di riprendere in mano la sua attività di volontariato, liti feroci ed accuse si susseguono ed ogni volta lei chiama sua madre(donnone altrettanto aggressivo) ed il patrigno che abitano molto distante , i quali si precipitano facendo drammi e minacciando. Chiaramente non vedono di buon occhio la relazione. Poi arriva un nuovo amico di lui, carino, giovane e con lavoro fisso. E lei s’innamora. Sposta la residenza a casa sua e con il pretesto di un litigio per gelosia se ne va , lasciando le sue cose e gli animali adottati. Il mio amico dà di matto: scrive lettere deliranti di passione, si fa 400 km in macchina solo per parlarle, implora perdono pur non avendo fatto nulla. Poi scopre la nuova relazione di lei e si sente tradito. E continua a commettere errori, telefonate mute, sms insultanti, finchè il tutto esplode quando lei va a riprendersi i suoi effetti personali in compagnia del nuovo fidanzato ed un suo amico. Lui si fa trovare in casa nonostante avesse detto di essere via e appena sente la voce di lui scoppia una rissa nella quale ha la peggio. Le forze dell’ordine arrivano e lui viene ricoverato. La ragazza , pur essendo illesa, si fa mettere un collare ortopedico perché dice di aver subito uno strattone. E partono le denunce reciproche per aggressione. Nel frattempo il mio amico ritrova la lucidità, comincia a guardare oltre, trova lavoro, porta avanti la sua associazione di volontariato, incontra una nuova compagna. Di tanto in tanto purtroppo manda un sms alla ex per parlarle dei suoi animali e lei gli risponde sempre con durezza e questo scatena risse verbali via telefono. Poi più nemmeno questo . La ragazza lavora in un capannone su una strada di grande traffico. A volte il mio amico ci passa davanti per andare a lavorare e di averla vista fuori che fumava. Non si è mai avvicinato.Lei riconosce l’auto e si convince che lui la stia controllando, fa partire la denuncia per stalking. Gli aveva scritto “ti rovino” e ci riesce. Passano un paio di mesi durante i quali lui non ha più nessun tipo di contatto. Sabato mattina viene chiamato dalla procura per aggiornamenti sulla denuncia per aggressione subita, va a sentire volontariamente con la nuova ragazza e viene arrestato per stalking. il diritto a due telefonate e scompare in carcere. Ad oggi che è lunedì non sappiamo nulla. Rischia di perdere il lavoro, sua madre ha dovuto anticipare 1400 euro di avvocato per l’istanza. Ed è ancora dentro, un incensurato.
E’ possibile una cosa del genere? C’era da aspettarselo? Si può operare con carcerazione preventiva in un caso simile?
Grazie per il suo aiuto.
Ho letto attentamente la sua mail.
La storia è piuttosto articolata ma – devo dire – sono vicende che purtroppo si ripetono molto spesso.
La risposta è: si malauguratamente può succedere poiché, come saprà, il reato di atti persecutori è perseguito molto attivamente dalle forze dell’Ordine e dai Giudici e, peraltro, in questo caso mi pare non manchino elementi suggestivi che – anche solo ad una prima lettura – depongano per la sospetta commissione di tale reato.
Mi lasci poi consigliarle di porre ogni domanda al difensore nominato poiché mi sembra il professionista più qualificato in questa fase per rispondere agli interrogativi che mi pone (conosce sicuramente gli atti al momento disponibile meglio di me).
Mi limito ad osservare che:
– innanzitutto i parenti hanno il diritto di sapere in quale carcere è recluso;
– possono attivarsi fin d’ora per andare a trovarlo chiedendo i permessi necessari;
– entro 5 giorni dall’applicazione della misura verrà fissato L’INTERROGATORIO DI GARANZIA davanti allo stesso GIP che ha applicato la misura cautelare. In quel caso è MOLTO MOLTO MOLTO importante preparare al meglio l’interrogatorio con l’indagato e provvedere quantomeno a reperire la documentazione per chiedere i domiciliari o altra misura meno afflittiva. Ripeto: è una fase che va studiata molto bene alla luce della richiesta di applicazione della misura formulata dal PM e dell’ordinanza emessa dal GIP di applicazione della misura. La detenzione cautelare è applicabile quando ogni altra misura risulta inidonea. L’incensuratezza e la distanza di domicilio sono senz’altro elementi da rimarcare.
Con le informazioni che ho, non posso spingermi oltre.
Cordialità.
Avv. GM de Lalla
Salve,
sono una mamma preoccupata per la figlia che è incappata in una brutta situazione.
Vorrei chiarimenti su
cosa rischia una persona senza precedenti penali che viene denunciata per stalking?
Escludiamo la violenza fisica, la condotta contestata si è concretizzata in minacce di diffusione di materiale privato inviato dalla vittima durante la relazione (minacce cui è seguita una parziale azione in tal senso), violenza privata, diffamazione e ricatto.
La vittima, mia figlia, è entrata per un mese e mezzo in un vortice di paura che le provocato attacchi d’ansia (le hanno prescritto lo xanax) e una sostanziale modifica delle proprie abitudini di vita (ha smesso di uscire da sola la sera), nonostante sia stato emanato un ordine restrittivo in capo allo stalker.
Anche se lei è contraria perchè non vuole avere ancora a che fare con questo soggetto, io e mio marito stiamo valutando di agire per chiedere i danni che questo soggetto ha causato (mia figlia attualmente fa psicoterapia) nella speranza che sia un ulteriore deterrente a simili condotte future laddove la sanzione non sia sufficiente a modificare il modus operandi del soggetto (recidivo).
Ho letto attentamente la Sua mail.
Mi pare di poter affermare che gli elementi per ritenere il reato commesso ci siano tutti (me li ha elencati dettagliatamente Lei).
E mi sembra di capire anche che il procedimento penale si avvia alla fase dell’accertamento del merito.
E’ possibile per Sua figlia costituirsi parte civile ed anche per Lei e Suo marito come vittime mediate (anche se questa ipotesi può essere rigettata dal Giudice).
La costituzione di parte civile nel processo penale permette di chiedere un risarcimento per la sofferenza patita dalla vittima ed anche le spese vive sostenute collegate agli eventi per i quali vi è processo e sono altresì rifuse le spese legali sostenute per la costituzione.
Tenga presente che la costituzione di parte civile permette anche al difensore della vittima di affiancare l’accusa pubblica (il PM) e di portare in giudizio documenti, testimoni e controinterrogare i testimoni delle altre parti; quindi non solo un modo per chiedere un risarcimento ma anche una modalità per partecipare effettivamente al processo.
Sta a voi la scelta ma, in ogni caso, Sua figlia deve sapere che verrà in ogni caso chiamata a testimoniare.
Se desidera altre informazioni mi scriva in privato o mi contatti, cordialità.
Avv. GM de Lalla