Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Il presente intervento si occupa di commentare una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sent. nr. 31668/2016) la quale analizza l’ipotesi di non comparizione del querelante all’udienza dibattimentale quale strumento di remissione tacita della querela.
Il tema è di interesse poiché – nella pratica – capita spesso che il querelante non compaia nel corso del dibattimento dopo aver manifestato e formalizzato la propria pretesa punitiva (per mezzo della querela).
Come detto, si tratta di un fenomeno piuttosto frequente complice anche l’arco temporale che separa la formalizzazione della denuncia-querela dal vero e proprio processo in seno al quale il Giudice ha il dovere di emettere la Sentenza.
Ci si è chiesti spesso – e per questo l’intervento è delle Sezioni Unite della Cassazione – se l’assenza del querelante nella fase di merito potesse comportare una remissione tacita della querela ovvero se la predetta assenza si potesse mutuare per una volontà (espressa per fatti concludenti) della supposta vittima del reato di NON voler proseguire nella pretesa punitiva.
Ovviamente, tale interrogativo si pone solo per i reati procedibili a querela (e non già per quelli perseguiti anche senza impulso della persona offesa ovvero di ufficio) per i quali è prevista la possibilità della remissione della querela ovvero dell’interruzione del procedimento penale alla luce della volontà di colui che ha diritto di querela di non proseguire nel giudizio.
La remissione della querela, invero, è l’atto di manifestazione della volontà da parte della persona offesa di non voler più perseguirne penalmente l’autore.
Il riferimento è, in particolare, all’art. 152 commi 2 e 3 c.p., il quale dispone che la remissione della querela (che estingue il reato) può essere processuale (cioè nel corso del giudizio) o extraprocessuale (ovvero quella resa al di fuori del processo) e che, in particolare, quella extraprocessuale può espressa o tacita.
Vi è remissione tacita quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela (ovvero nella pretesa punitiva).
Il nostro ordinamento non specifica gli atti o i comportamenti dai quali ricavare una volontà di remissione tacita della querela posto che l’art. 152, comma 2, terzo periodo, c.p., come detto, attribuisce valore di remissione al compimento da parte del querelante di fatti definiti incompatibili con la volontà di persistere nella querela lasciando agli interpreti del diritto (Giudici e Avvocati) il compito di individuarli specificatamente.
Il recente intervento della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite che qui si commenta, ha in materia mutato radicalmente il costante orientamento giurisprudenziale ove si era sempre sostenuta l’inidoneità della mancata comparizione del soggetto/querelante (anche a fronte di uno specifico e formale avviso da parte dell’organo Giudicante) ad integrare gli estremi della remissione tacita di cui all’art. 152 c.p. stante l’inidoneità di tale condotta omissiva di essere interpretata quale rappresentazione della volontà della persona offesa di abbandonare la pretesa punitiva in giudizio.
Le Sezioni Unite, con un orientamento opposto a quello per lungo tempo adottato dai Giudici, hanno statuito che la mancata presentazione in udienza del querelante deve essere interpretata quale totale disinteresse dello stesso alla celebrazione del processo ovvero quale inequivocabile manifestazione della volontà di abbandonare la pretesa punitiva nei confronti del denunciato.
A giudizio degli Ermellini, quindi, la condotta del querelante che, espressamente avvertito dal Giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela e senza che la medesima persona offesa invochi e documenti un impedimento legittimo a non presenziare, l’assenza di dibattimento del querelante verrà interpretata come abbandono dell’istanza di punizione e varrà quale remissione (extraprocessuale) tacita della querela medesima.
Tuttavia, in difetto di un previo e specifico avvertimento del Giudice che l’assenza del denunciante in dibattimento sarà valutata quale remissione tacita della querela, anche se il querelante non dovesse essere presente, tale condotta NON potrà essere considerata remissione tacita.
Dovrà quindi essere il Giudice a:
– Disporre la notifica al querelante del verbale di udienza ove sarà annotato che la sua assenza verrà ritenuta remissione tacita della querela;
– Verificare alla successiva udienza che il querelante – se assente – abbia effettivamente ricevuto la notifica di cui sopra.
Va pertanto considerata come legittima la prassi per la quale il Giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela in caso mancata comparizione del querelante (l’avvertimento non sarà quindi un atto autonomo ma verrà inserito nella citazione della persona offesa quale testimone).
Secondo l’art. 531 c.p.p. la remissione tacita dell’atto di querela per mancata comparizione del denunciante determina l’estinzione del reato oggetto d’imputazione; effetto che (secondo il medesimo articolo al comma II^) si determina anche qualora NON via la prova dell’esistenza di una causa di procedibilità come, appunto, la querela.
I giudici precisano anche che in tale contesto normativo teso a rafforzare le esigenze informative alle vittime dei reati (alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo) va certamente considerata come legittima – ed anzi auspicabile – una prassi alla stregua della quale il Giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura dì inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante.
Una simile opportuna iniziativa, prosegue il Collegio, appare anche in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, comma 2 Cost., favorendo definizioni del procedimento che passano attraverso la verifica dell’assenza di un perdurante interesse della persona offesa all’accertamento dell’eventuale responsabilità penale del denunciato e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di attività processuali ed alla conseguente decisione del Giudice alle quali la persona offesa dimostra di non avere più interesse (appunto: non presentandosi nel corso del processo).
Si riporta qui di seguito la massima della sentenza in commento:
“Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela”.
Cass., Sez. Un., sent. 23 giugno 2016 (dep. 21 luglio 2016), n. 31668.
(articolo redatto dalla Dott.ssa Giulia Bino e dall’Avv. de Lalla. Ogni diritto riservato).
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