Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Anche in questa occasione pubblico con grande piacere un interessante articolo apparso sul numero di giugno 2023 del mensile “Poliziamoderna” a firma del DIRIGENTE SUPERIORE T. SFP DELLA POLIZIA DI STATO DOTTOR GIOVANNI ALIQUO’ (articolo editato da Mauro Valeri).
L’articolo, partendo dall’analisi delle “Norme sull’ufficio per il processo in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, e della legge 27 settembre 2021, n. 134 (decreto legislativo – esame definitivo)” traccia un esaustivo panorama di quelle norme destinate a creare un collegamento tra procedimento penale e civile in materia di tutela dei soggetti deboli asserite vittime di reati endofamiliari come i maltrattamenti e la violenza domestica.
Rinviando per l’illustrazione dei singoli istituti giuridici all’articolo qui sotto riportato, mi piace fare alcune riflessioni prendendo lo spunto da quei collegamenti che il Legislatore ha inteso formalizzare tra procedimento civile e penale con lo scopo precipuo di rendere pronta, concreta ed effettiva la tutela dei soggetti deboli che praticamente sempre sono le vittime dei reati che si consumano all’interno della famiglia: i minori e le donne.
Ancora una volta assistiamo ad un legittimo e quasi emergenziale intervento del Legislatore volto a tutelare i c.d. soggetti deboli (donne e minori, appunto) spesso vittime dei reati che si consumano in famiglia e che proprio per questo NON si esauriscono (e, direi, non posso esaurirsi) in ambito penale ma riverberano le loro conseguenze (per le vittime ma anche per l’offender) anche su quei diritti ricompresi nel diritto di famiglia.
Il Legislatore (anche in ottemperanza a normativa sovranazionale) ha inteso creare un meccanismo di coordinamento e di rafforzamento della sinergia tra diritto penale e civile di tal che le due sfere del diritto coinvolte nel caso della consumazione di reati in ambito familiare, il Giudice civile (anche in fase cautelare) ed il Pubblico Ministero possano intervenire (anche con procedure e provvedimenti a cognizione sommaria) con la massima collaborazione per la migliore e più pronta tutela delle vittime (ed in primis di soggetti minori vittime anche di violenza assistita).
Si tratta di comunicazioni ed informative che necessariamente devono giungere dal Pubblico Ministero e dal Giudice penale (che solitamente per primi intervengono in un contesto di urgenza) al Giudice della famiglia ma non solo.
A ciò si aggiunge il dovere (sempre da parte del PM) di deposito di atti delle indagini preliminari e di quelli dell’ istruttoria sommaria della procedura di ammonimento (da parte del Questore) al Giudice civile che potrà disporre provvedimenti cautelari di allontanamento e protezione delle vittime nonché regolare in modo specifico le visite ai minori da parte del sospettato.
Inoltre, maggiori informazioni alla vittima coinvolta nel procedimento civile la cui controparte è l’indagato: verranno notificati alla vittima e depositati in seno al procedimento civile:
- i provvedimenti inerenti la misura cautelare applicata all’indagato,;
- l’avviso di conclusione delle indagini a carico dell’indagato;
- le sentenze di merito.
Questi ed altri gli istituti previsti dal Legislatore per rendere concretamente efficace la tutela delle donne e dei minori sospette vittime di abusi e maltrattamenti.
Devo dire – da Difensore che il più delle volte si occupa della difesa degli incolpati di reati di genere e/o frutto di una patologica relazione familiare – che la normativa in esame è sicuramente preziosa ed utile (e credo anche efficace ma è ancora presto per dirlo) ma, inevitabilmente, quando si spostano (o, ancora meglio, si devono spostare per evidenti ragioni di opportunità) gli equilibri tipici della tutela comparata e contemporanea dei diritti delle asserite persone offese e quelle dell’asserito offender, è sempre dietro l’angolo la violazione dei diritti costituzionali (ed in special modo il diritto di Difesa) dell’accusato nonché il principio di innocenza.
Si pensi alla situazione – nemmeno tanto rara – che un soggetto accusato di maltrattamenti in famiglia sia allontanato dal domicilio ed impossibilitato (per decisione del Giudice civile “informato” dal PM assignatario del procedimento penale) a far visita e frequentare i figli preadolescenti. In caso di assoluzione (magari dopo mesi o anni dai provvedimenti di urgenza del Giudice del procedimento civile) sarà stato in ogni caso fortemente penalizzato, oltre che dal procedimento penale (che di per sé è già una pena tanto più se un accusato è poi assolto), anche in sede civile che così pesantemente lo ha colpito limitandolo nei suoi diritti genitoriali (per non dire delle ripercussioni sui bambini piccoli dall’aver percepito il padre come un soggetto pericoloso obbligato ad abbandonare la casa e, appunto, i figli).
Forse la prassi applicativa potrà evitare le conseguenze peggiori di un errore giudiziario; ma se è vero come è vero che la sinergia tra Giudice Civile e PM rende più pronta e concreta la tutele delle possibili vittime, è anche vero che la medesima collaborazione può rendere più profonda le lesione dei diritti dell’accusato.
Introduzione dell’Avv. Giuseppe Maria de Lalla
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VIOLENZA DOMESTICA, DI GENERE E SUI MINORI
a cura del Dott. Giovanni Aliquò
(Editing: Mauro Valeri)
1. LE RIFORME DEL PROCESSO CIVILE E PENALE
Con le leggi 27 settembre 2021 n. 134 e 26 novembre 2021, n. 206, il Parlamento ha delegato il Governo a emanare distinti decreti legislativi finalizzati a predisporre misure per l’efficienza, rispettivamente, del processo penale e di quello civile e altre misure ritenute urgenti per la razionalizzazione dei relativi procedimenti e di istituti connessi. Abbiamo già avuto modo di trattare di questi due provvedimenti su questa stessa Rivista (1), anticipando come, oltre alle norme d’immediata vigenza, sarebbe risultato d’interesse verificare in un momento successivo il contenuto delle disposizioni di attuazione.
Il governo ha attuato le deleghe ricevute dal Parlamento per il processo civile (nonché strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, diritti delle persone e delle famiglie e esecuzione forzata) con il dlgs 10 ottobre 2022, n. 149 (entrato in vigore il 18 ottobre 2022), e per il processo penale (nonché sistema sanzionatorio e giustizia riparativa) con il dlgs 10 ottobre 2022, n. 150 (entrato in vigore il 30 dicembre 2022).
Molteplici gli aspetti che meritano l’attenzione degli operatori del diritto, trattandosi di una riforma che, come abbiamo avuto modo di dire, ha un ampio respiro e che ha principalmente mirato a riscrivere regole sostanziali e processuali essenziali e, in larga misura, il sistema stesso dei processi e dell’esecuzione civile e penale, al fine di assicurarne la maggiore snellezza e rispondenza ai principi dell’ordinamento giuridico (2).
Qui vorremmo specificamente richiamare e approfondire alcune osservazioni che, in materia di violenza di genere e domestica, abbiamo già avuto modo di iniziare a compiere con riguardo all’attività di polizia, anche alla luce dell’attuazione delle due deleghe.
2. PARTICOLARE TENUITÀ DELL’OFFESA E REATI DEL CODICE ROSSO
Innanzitutto, torniamo a osservare come il legislatore sia stato particolarmente attento, ab initio, a escludere tassativamente le fattispecie di violenza di genere e domestica del carattere di particolare tenuità dell’offesa, non consentendo l’applicazione dell’art. 131 bis cp (esclusione della pena per particolare tenuità del fatto) a tutte le condotte riconducibili alle fattispecie di cui alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza domestica (3), tanto se consumate o tanto se nella forma tentata. L’applicazione dell’istituto di favore del 131 bis cp resta, pertanto, preclusa per tutti i reati contemplati dal c.d. (Codice rosso (4), ovvero 1) maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 cp. fattispecie non espressamente contemplata nelle esclusioni in quanto il suo minio edittale, stabilito in tre anni, la sottrae all’applicazione dell’istituto); 2) costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558 bis); 3) violenza sessuale, aggravata e di gruppo (articoli 609 bis, 609 ter e 609 octies cp); 4) atti sessuali con minorenne (articolo 609 quater cp); 5) corruzione di minorenne (articolo 609 quinquies cp); 6) atti persecutori (articolo 612 bis cp); 7) diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612 ter cp); 8) lesioni personali aggravate e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 582 e 583 quinquies, aggravate ai sensi dell’articolo 576, primo comma, nn. 2,5 e 5.1 e ai sensi dell’articolo 577, primo comma n.1 e secondo comma) (5).
3. COORDINAMENTO CIVILE-PENALE
L’art. 1, comma 23, della legge n. 206/2021 ha, poi previsto, tra i principi e criteri direttivi, che, in presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere debbano essere assicurate, nell’ambito del processo civile, le necessarie modalità di coordinamento con altre autorità giudiziarie, anche inquirenti. Per attuare tale principio l’art. 6 dlgs n. 149/2022 ha novellato l’art. 64 bis disp. att. cpp (6) , al fine di assicurare un ancora maggiore coordinamento tra le autorità giudiziarie penali e civili nei procedimenti in cui possa emergere ogni forma di violenza domestica o di genere. Sono posti, in specie, a carico del Pubblico ministero penale particolari doveri d’informazione nei confronti del giudice civile, ogni qual volta egli proceda per reati commessi in danno del coniuge, del convivente o di persona legata da una relazione affettiva, anche ove cessata, e risulti la pendenza di procedimenti civili relativi alla separazione personale dei coniugi, allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, allo scioglimento dell’unione civile o alla responsabilità genitoriale.
In tali casi il pubblico ministero penale deve darne notizia senza ritardo, al competente giudice del “Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie” (7), che procede, trasmettendo copia delle ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, nonché copia dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e degli atti di indagine, purché non coperti dal segreto di cui all’art. 329 del codice. Allo stesso giudice deve essere, altresì, inviata, a cura della cancelleria, copia della sentenza che definisce il processo o del decreto di archiviazione.
Nel medesimo modo si provvede quando si procede per reati commessi in danno di minori dai genitori, da altri familiari o da persone comunque con loro conviventi, nonché dalla persona legata al genitore da una relazione affettiva, anche ove cessata, ed è pendente procedimento relativo alla responsabilità genitoriale, al suo esercizio e al mantenimento del minore.
Il legislatore ha voluto rafforzare questo coordinamento tra Uffici del pubblico ministero penale e giudici civili siccome, come si evince dalla Relazione illustrativa unita al provvedimento, i risultati raggiunti nello scambio informativo non erano stati soddisfacenti, sia per la pregressa mancanza di espressa individuazione, da parte della legge, del soggetto responsabile della comunicazione sia per le difficoltà incontrate, da parte del pubblico ministero o del giudice penale, ad avere contezza della pendenza di procedimenti civili di separazione o relativi all’esercizio della responsabilità genitoriale connessi con quelli penali di loro stretta competenza. L’ostacolo da superare, in altre parole, è quello della “reciproca conoscenza del dato e del suo scambio”, auspicandosi che “tali problemi potranno in parte essere risolti tramite l’estensione dell’utilizzo della Consolle del pubblico ministero da parte delle Procure della Repubblica, che tramite l’accesso telematico ai registri di cancelleria civile del tribunale consente di appurare la pendenza di procedimenti che vedono coinvolti l’indagato e la persona offesa”.
4. IL RUOLO DELLE AUTORITÀ DI PUBBLICA SICUREZZA
Su questo punto sovvengono le considerazioni già svolte in occasione del primo commento della legge 26 novembre 2021, n. 206 (8), lì dove, con riguardo al ruolo che deve essere svolto dalle Autorità di pubblica sicurezza per la tutela dei minori ai sensi del novellato articolo 403 cc, si prevede che “Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio o pericolo per la sua incolumità psico-fisica e vi è dunque emergenza di provvedere, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione” (9). In tali casi, non di rado, a questo provvedimento – che deve essere assunto con tempestività rispetto al manifestarsi del rischio ma anche con ogni cautela, per evitare accuratamente il rischio di vittimizzazioni secondarie (10), è immediatamente partecipato dall’Autorità al competente pubblico ministero presso il futuro Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie – conseguono anche parallele azioni penali. Ecco, allora, che, previe intese verbali anche con il competente pubblico ministero penale, sarà buona prassi che sia la stessa polizia giudiziaria a dare almeno sintetica notizia anche al giudice civile, che deve provvedere alla definitiva protezione del minore, dell’esistenza di eventuali procedimenti di cui all’art. 64 bis disp. att. cpp di cui abbia avuto notizia.
Piu in generale, al fine di agevolare le comunicazioni tra Giustizia penale e civile, sarà opportuno che, in tutti i casi di denunce o indagini relative a fattispecie riconducibili al predetto art. 64 bis, la polizia giudiziaria provveda, ove possibile, ad accertare direttamente – sentendo le persone interessate e i professionisti che eventualmente le assistano – se siano in corso procedimenti civili di cui all’art. 64 bis disp. att. cpp, dandone notizia al pubblico ministero procedente con opportuno risalto.
5. TUTELE IN AMBITO CIVILE E AMMONIMENTO DEL QUESTORE
Ulteriormente, la Riforma introduce, sempre in materia di violenza di genere e domestica, un visibile potenziamento delle tutele in ambito civile. Al Libro II del Codice di procedura civile, in particolare, dopo il Titolo IV è stato inserito il “Titolo IV bis-Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”.
Tra le disposizioni contemplate da questo nuovo Titolo, al Capo I troviamo subito una previsione che, in relazione all’adozione del provvedimento di tutela del minore da parte dell’Autorità e a chiusura del sopra ricordato articolo 403 cc, vincola il giudice, a pena di nullità del procedimento, alla nomina del curatore speciale del minore.
Il successivo Capo III, Sezione I, titolato “Della violenza domestica o di genere” (artt. Da 473 bis. 40 a 473 bis.71) (11) , ricomprende norme da applicarsi nei procedimenti civili “in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori” (art. 473 bis.40). Si introduce in tal modo un vero e proprio rito speciale a ulteriore tutela di particolari categorie di vittime di questi abusi e violenze (12).
Va subito rimarcato che l’insieme di tali disposizioni, lungi dal risultare estraneo all’interesse e alle responsabilità delle Autorità di pubblica sicurezza e degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza (ancor prima di quelli della polizia giudiziaria), ne esalta il ruolo di protagonisti della prevenzione avanzata.
L’art. 473 bis.41 cpc, infatti, prevede che la vittima degli abusi, nell’introdurre dinanzi al giudice civile il ricorso finalizzato a ottenere un provvedimento a sua protezione, debba, tra l’altro indicare “…gli eventuali procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze”. Lo stesso articolo precisa come al ricorso debba essere “allegata copia degli accertamenti svolti e dei verbali relativi all’assunzione di sommarie informazioni e di prove testimoniali, nonché dei provvedimenti relativi alle parti e al minore emessi dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità”.
Già da queste disposizioni appare evidente come il legislatore abbia espressamente distinto tra gli atti formati dall’Autorità giudiziaria e da quelli provenienti da altra pubblica Autorità, tra i quali senza meno deve ricomprendersi l’ammonimento del questore e tutti gli atti, nella misura in cui essi siano ostensibili (13), utilizzati per la sua motivazione.
Tra l’altro, il successivo articolo 473 bis. 42, comma 5, prevede espressamente che il giudice civile, con il decreto di fissazione dell’udienza, possa richiedere, tanto al pubblico ministero quanto alle altre Autorità competenti, “informazioni circa l’esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate, definiti o pendenti, e la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto”. L’articolo 473 bis.44, in merito all’ulteriore istruttoria, prevede che il giudice civile possa acquisire rapporti d’intervento o relazioni di servizio redatti dalle forze dell’ordine, se sono relativi ad attività d’indagine coperta da segreto (14).
Il pubblico ministero e le altre autorità competenti debbono corrispondere a tale richiesta entro quindici giorni. È evidente come il legislatore abbia voluto notevolmente rafforzare quel canale “alternativo” che, per la protezione delle vittime di violenza nelle relazioni familiari, era stato previsto, per vero senza grande successo, fin dal 2001 (15). Da ciò deriva che tanto più saranno accurati gli atti raccolti e prodotti dall’Autorità e dagli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza per motivare il provvedimento di ammonimento, quanto più il giudice civile, chiamato a decidere su un ricorso per l’applicazione di una misura di protezione, sarà agevolato nella delibazione del caso e, dunque, sarà in grado di offrire una più immediata ed efficace protezione delle vittime.
All’esito di questo procedimento con istruzione anche sommaria, nel quale le parti non sono tenute a comparire personalmente all’udienza – e verso le quali, ove comparse, il giudice deve normalmente astenersi dal procedere al tentativo di conciliazione e dall’invitarle a rivolgersi a un mediatore familiare – il giudice può, infatti, adottare, sulla base dell’istruttoria compiuta, i provvedimenti ritenuti più idonei a tutelare la vittima e il minore. Tra questi provvedimenti, in particolare, gli ordini di protezione che, oltre alla cessazione delle condotte abusanti, possono prevedere, con l’eventuale intervento dei servizi sociali, obblighi di fare e di non fare a carico del maltrattante (16).
Per l’attuazione degli ordini di protezione il giudice civile può direttamente avvalersi della Forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
La sommarietà del provvedimento (17) finalizzato all’emissione dell’ordine di protezione è finalizzata a garantire, in chiave di prevenzione ed effettiva tutela delle vittime, l’insieme dei diritti e delle libertà che la minaccia proveniente da relazioni familiari patologiche, se non immediatamente governata e contenuta, può anche irrimediabilmente compromettere.
Al proposito, va ricordato che anche nel caso di recenti arresti, la Cedu, pur riconoscendo che l’Italia abbia adottato una legislazione efficace e che offre alle Autorità, in applicazione alla Convenzione di Istanbul, un diversificato quadro giuridico di strumenti finalizzati a prevenire e contrastare le violenze di genere e in ambito domestico, ha osservato come, poi, il sistema difetti nella fase attuativa di questa protezione.
A fronte, perciò, di tali nuove misure introdotte nel processo civile che potranno e dovranno essere oggetto d’attenzione anche da parte delle Autorità di pubblica sicurezza, per quanto di loro competenza, sia per la tutela d’urgenza dei minori sia per quanto attiene le vittime di violenza di genere e domestica, sembra opportuno ricordare che la Corte di Strasburgo ha più volte riaffermato, nelle sue pronunce in materia, i “principi generali” che sostanziano il “diritto alla sicurezza” secondo la Convenzione (18) .
6. DIRITTO ALLA SICUREZZA E TUTELA DEI MINORI
L’art. 2 della Cedu, invero, impone agli Stati e ai suoi magistrati e funzionari di adottare effettive misure operative preventive per proteggere una persona la cui vita è minacciata dalle azioni criminali di terzi (19).
Secondo tale principio, le Autorità, “se sanno o avrebbero dovuto sapere che esiste un rischio reale e immediato per la vita di una determinata persona a causa degli atti criminali di un terzo, devono adottare, nell’ambito dei loro poteri, tutte le misure che si possono ragionevolmente attendere da essere per evitare tale rischio”. La portata e il contenuto di tale obbligo, nel contesto della violenza domestica, sono stati recentemente chiariti dalla Corte come segue (20):
a. Le autorità devono reagire immediatamente alle denunce di violenza domestica.
b. Quando tali denunce vengono portate a loro conoscenza, le autorità devono stabilire se esiste un rischio reale e immediato per la vita della o delle vittime di violenza domestica che sono state individuate, e devono a tal fine procedere a una valutazione del rischio che sia autonoma, proattiva ed esaustiva. Le autorità devono tenere debitamente conto del contesto particolare che caratterizza le cause in materia di violenza domestica nel valutare il carattere reale e immediato del rischio.
Quando tale valutazione mette in evidenza l’esistenza di un rischio reale e immediato per la vita altrui, le autorità hanno l’obbligo di adottare misure operative preventive. Tali misure devono essere adeguate e proporzionate al livello di rischio rilevato (21). Tali principi sono stati da ultimo ribaditi in una recente pronuncia della Cedu (22), con la quale, nel ricostruire l’aggiornato quadro giuridico attraverso il quale si determina in Italia il corretto esercizio del potere/dovere delle Autorità di garantire effettiva tutela al minore, viene espressamente valorizzato il sopra richiamato articolo 1, comma 23, lett. b), della legge di delega 26 novembre 2021, n. 206, ove si prevede che, nei procedimenti in cui si sia in presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere, siano assicurate alle vittime adeguate misure di salvaguardia e protezione.
La Cedu ha ripetutamente precisato che è giustificata l’ingerenza delle Autorità nella vita privata e familiare quando essa sia necessaria per proteggere la salute e i diritti di una vittima o per prevenire la commissione di delitti al cui rischio essa sia esposta. Sono le Autorità nazionali – tra le quali quelle di pubblica sicurezza – che hanno il compito di adottare le indispensabili misure di protezione di una persona la cui integrità fisica o psicologica sia minacciata in contesti di violenza domestica.
Cosicché la Corte di Strasburgo ha avuto modo di ritenere non conformi agli obblighi discendenti dall’articolo 3 della Convenzione gli interventi delle Autorità che, per quanto non siano rimaste totalmente passive, non abbiano comunque impedito all’aggressore, in una conosciuta cornice di pregresse violenze domestiche, di perpetrare, pur in sede di visite giudiziariamente concesse, nuove violenze contro la vittima (23).
Tanto, peraltro, nel più generale quadro di tutele assicurate dall’art. 31 della Convenzione di Istanbul del 2011, lì dove si prevede che gli Stati debbano assumere tutte le misure necessarie per garantire che il diritto di affidamento o di visita avvenga in modo da non compromettere i diritti e la sicurezza delle potenziali vittime e dei minori. Il tema affrontato, ancora una volta, dalla Corte, dunque, è quello dell’effettività della protezione che, nell’ambito della violenza domestica, deve essere prontamente assicurata a tutela dei “supremi interessi del minore”, in una cornice in cui tutte le Autorità (e, dunque, nella protezione avanzata e preventiva, anche quella di pubblica sicurezza) sono chiamate a cooperare e interagire tra loro per conseguire tale essenziale fine.
Nel caso di specie, relativo al pericolo corso dalle vittime durante le visite concesse a un genitore violento, l’analisi del sistema dell’affido condiviso e del diritto di visita effettuata dal Grevio (24) , avrebbe fatto emergere, di fatto, scarsa attenzione da parte delle Autorità italiane verso i fenomeni di violenza domestica che, pur a fronte di disposizioni formali di legge e del giudice, si verifichino di fatto in presenza di minori e in occasione degli incontri tra il maltrattante e i minori stessi (25).
La Corte, richiamando largamente anche le conclusione del rapporto del Grevio del 13 gennaio 2020 sull’Italia e censurando questa volta le decisioni del tribunale italiano, ha in generale osservato come lo Stato ha il dovere di trovare sempre un giusto equilibrio tra i contrapposti interessi, restando inteso che tra questi resta sempre primario il “supremo interesse alla sicurezza del minore”, sottolineando l’importanza di assicurare la protezione del minore con ogni prontezza in quelle situazioni che possano “minacciare gravemente la sua salute e il suo sviluppo”. A tal fine le Autorità dello Stato hanno l’obbligo positivo di individuare e attuare praticamente misure che offrano, con tempestività, effettività e ragionevolezza, protezione contro gli atti di violenza e i maltrattamenti. Solo in tal modo, secondo la Corte, potranno essere garantiti la dignità umana e il superiore interesse del minore. In vista di quanto si è sopra detto circa i doveri d’intervento del questore, ai sensi dell’articolo 403 cc (26), deve ricordarsi che i maltrattamenti in famiglia commessi da una persona nei confronti di un adulto ma in presenza del minore si considerano commessi anche contro il minore stesso e, dunque, devono essere sempre oggetto di una valutazione dell’Autorità che ne abbia notizia, al fine dell’adozione di un immediato provvedimento preventivo di protezione dello stesso, ove ne sia riconosciuta la sussistenza dei presupposti e altri non vi provveda (27).
7. QUESTIONI APERTE
La Riforma del processo civile e penale, con intenti deflativi, ha allargato notevolmente il numero dei reati perseguibili a querela.
Lasciando ad altra occasione l’analisi degli effetti delle nuove misure in materia di esecuzione della pena e di giustizia riparativa sulle condanne per i reati di violenza domestica e di genere, val qui la pena ricordare, per quanto riguarda le attività di polizia giudiziaria, che per delitti più ordinariamente riconducibili al quadro della violenza domestica o di genere procedibili a querela, come il 609 bis, 612 bis e 612 ter del cp, la norma transitoria dell’art. 85 del dlgs n. 150/2022 prevede che, ove essi siano stati commessi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso, si continui a procedere d’ufficio quando il fatto è connesso con un delitto ora divenuto perseguibile a querela della persona offesa in base alle disposizioni della Riforma.
I delitti di violenza sessuale, atti persecutori e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti sopra richiamati, infatti, benché tutti ordinariamente perseguibili a querela di parte, diventano perseguibili d’ufficio nel caso in cui a essi sia connesso un reato perseguibile d’ufficio (v. artt. 609 septies, comma 4, n. 4, 612 bis, comma 4, 612 ter, comma 5 cp). La norma in esame garantisce dunque che, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2022, la vittima non debba proporre querela, ove in origine si dovesse procedere d’ufficio per la ragione detta e il reato connesso sia ora, a seguito della Riforma, invece procedibile a querela (28).
Da ultimo, osserviamo che la Riforma in esame abbia trascurato di considerare alcuni aspetti che avrebbero potuto essere oggetto dell’intervento, come quello dell’allineamento tra Ammonimento per violenza domestica e quello per atti persecutori, quali presupposti di fatto per consentire – cosa che oggi è prevista solo per l’ammonimento per atti persecutori – la procedibilità d’ufficio dei reati di violenza domestica e di genere procedibili a querela di parte.
Ugualmente si sarebbe potuto sanare il difetto di coordinamento normativo tra l’art. 380, comma 2, lett. l ter cpp, che, a seguito delle modifiche della stessa Riforma (legge 27 settembre 2021, n. 134), ha, da un lato, reso obbligatorio l’arresto in flagranza del responsabile del reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento della casa familiare e del divieto di avvicinamento alla parte offesa (art. 387 bis cp), ma poi, ai sensi dell’art. 280 cpp che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure cautelari personali coercitive, non consente la custodia cautelare in carcere.
Accade, così, che, mentre la polizia giudiziaria è obbligata ad arrestare il soggetto colto in flagranza di violazione dei provvedimenti cautelari disposti dal giudice a favore della vittima di violenza domestica, il giudice, in fase di udienza di convalida del provvedimento (art. 391 cpp), non possa poi disporre una misura cautelare coercitiva poiché:
I limiti edittali della pena del reato di cui all’articolo 387 bis cp sono inferiori a quelli previsti dall’articolo 280 cpp;
Egli, quindi, deve, ai sensi dell’articolo 391, comma 6, cpp. e 121 disp. att. cpp, rimette immediatamente in libertà l’arrestato.
Confidiamo che su questi come su altri punti possano porre presto rimedio l’Atto Camera 439 o i paralleli Atti Senato n. 92 e 327 (29), presentati nel corso di questa XIX Legislatura, nei quali i temi da ultimo richiamati e altri concernenti la velocizzazione delle indagini e la prevenzione della violenza domestica hanno ottenuto e potranno ricevere opportuna attenzione.
NOTE
1. Sia consentito rinviare a quanto già esposto nell’inserto di Poliziamoderna del numero di dicembre 2021 per la Riforma in materia penale, e di quello del numero di marzo 2022 per la Riforma in materi civile.
2. Giorgio Spangher, “Giudice e pubblico ministero nella riforma Cartabia. Alcune prime riflessioni”, in Rivista di Polizia, nov.-dic. 2022, pagg. 861 e ss., mette, tra l’altro, in evidenza l’espansione, nella fase delle indagini preliminari, dei poteri di controllo del Gip sull’attività del Pm, fino all’intrusione nella stessa qualificazione del fatto oggetto della notitia criminis.
3. Convenzione fatta a Istambul l’11 maggio 2021, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77.
4. Legge 19 luglio 2019, n. 69, “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.
5. L’art. 1 comma 21, lett. a) della l. 27 settembre 2021 n. 134 escludeva espressamente che, tra i reati presuntivamente esclusi dalla possibilità di essere giudicati come di particolare tenuità, potessero essere ricompresi quelli riconducibili alla Convenzione di Istanbul. In sede di attuazione della delega l’articolo 131 bis, come codificato dall’articolo 1, comma 1, lett. c), del dlgs 10 ottobre 2022, n. 150, il legislatore ha inteso enumerare espressamente e con precisione i reati da escludere dall’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, inserendovi, tra gli altri, i delitti, consumati o tentati previsti dagli articoli: “…omissis… 558 bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583, secondo comma (n. 3, perdita di capacità di procreare), 583 bis (mutilazione degli organi genitali femminili), 593-ter (interruzione della gravidanza non consensuale), 600 bis, 600 ter, primo comma, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 undecies (adescamento di minorenni), 612 bis, 612 ter, …omissis…”. Come si vede un elenco che, più ampio di quello del catalogo del Codice rosso, è tuttavia coerente con le previsioni della Convenzione di Istanbul. Il generico riferimento ai “reati”, contenuto nell’art. 131 bis cp, deve far ritenere, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. Sez. 5, n. 17348 del 9 gennaio 2019, Giuliani, Rv. 276629-01) che restino escluse anche quelle fattispecie che, per effetto dell’applicazione di circostanze attenuanti, autonome o a effetto speciale (cfr. art. 131 bis, quarto comma, cp), o nella forma del tentativo (cfr. art. 56, secondo comma, c.p.) sarebbero punite con una pena inferiore alla soglia del minimo edittale genericamente previsto, dal momento che il catalogo dei reati deve intendersi comprensivo anche di tali delitti (cfr. Corte suprema di Cassazione – Ufficio del massimario – Servizio penale, Relazione su novità normativa – La Riforma “Cartabia”, rel n. 2/2023 del 5 gennaio 2023, pag. 225).
6. Introdotto dall’art. 14 della legge n. 69/2019, c.d. Codice rosso. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 36, comma 2 del dlgs 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197, le disposizioni dell’art. 64 bis disp. att. cpp si applicano ai procedimenti iscritti successivamente al 28 febbraio 2023.
7. Il Tribunale per i minorenni è stato sostituito, dal dlgs n. 149/2022 (Riforma Cartabia), con il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Tuttavia, la denominazione Tribunale per i minorenni, che volutamente nel testo si sostituisce con quella introdotta dalla Riforma, resterà ancora in uso fino al 17 ottobre 2024, in quanto l’art. 49, comma 1, dlgs n. 149/2022, con riguardo alle disposizioni istitutive del nuovo Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, dispone che esse abbiano “…effetto decorsi due anni dalla data della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale e si applicano ai procedimenti introdotti successivamente a tale data”.
8. V. inserto di Poliziamoderna del numero di marzo 2022.
9. Con riguardo ai doveri della pubblica Autorità che abbia adottato il provvedimento in parola, si ricorderà come il secondo comma del medesimo articolo 403 cc prevede che essa ne dia “…immediato avviso orale al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, nella cui circoscrizione il minore ha la sua residenza abituale; entro le ventiquattro ore successive al collocamento del minore in sicurezza, con l’allontanamento da uno o da entrambi i genitori o dai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, trasmette al pubblico ministero il provvedimento corredato di ogni documentazione utile e di sintetica relazione che descrive i motivi dell’intervento a tutela del minore”.
10. Corte europea dei diritti dell’uomo, Sezione Terza, ricordo n. 36328/20, B. v. Russia, sentenza del 7 febbraio 2023, che condanna lo Stato per non avere adottato, a favore di un minore vittima di abusi sessuali, le particolari cautele dovute, nella fase degli interrogatori di indagine, per evitare la vittimizzazione secondaria, adottando le precauzioni di cui agli articoli 30 e seguenti della Convenzione di Lanzarote del 1° luglio 2010.
11. In vigore dal 28 febbraio 2023
12. Sulle definizioni di violenza di genere e domestica, sia consentito rinviare a quanto ho avuto modo di proporre nel mio “La violenza domestica. L’ammonimento del Questore. Diritti, responsabilità, poteri e altri strumenti per la prevenzione della violenza di genere”, Pisa, 2020, pagg. 27 e ss. – 268 e ss.
13. Si ricorderà che, ai sensi dell’art. 3, comma 4, del dl 14 agosto 2013, n.93, in ogni atto del procedimento per l’adozione dell’ammonimento di cui al comma 1 devono essere omesse le generalità del segnalante, salvo che la segnalazione risulti manifestamente infondata. La segnalazione, inoltre, può essere utilizzata soltanto ai fini dell’avvio del procedimento.
14. Si tratta del segreto di cui all’articolo 329 del cpp o, come ritenersi sulla base della speciale deroga prevista dalla legge, anche di quello conseguente alla particolare garanzia di anonimato di cui all’articolo 3, comma 4, del dl 14 agosto 2013, n. 93.
15. Con l’art. 2 della legge 4 aprile 2001, n. 154
16. L’art. 473 bis.70 cpc prevede che il giudice ordina al coniuge o conviventi, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e ne può disporre, con l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento al beneficiario dell’ordine (in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone), il divieto di portarsi in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che rimangono prive di mezzi adeguati, anche facendola detrarre direttamente dalla retribuzione del maltrattante.
17. Tali provvedimenti, proprio in ragione della sommarietà del procedimento per la loro adozione, ex art. 473 bis.70 cpc hanno validità non superiore a un anno e possono essere prorogati, su istanza di parte o, in presenza di minori, del pubblico ministero, soltanto se ricorrano gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.
18. Sul “diritto alla sicurezza” come “diritto di libertà” ed effettiva garanzia della protezione e del bilanciamento dei diritti fondamentali della persona, rinvio all’insuperato pensiero del Maestro Carlo Mosca, “La sicurezza. Valori, modelli e prassi istituzionali”, Napoli, 2021, pag. 389 e ss..
19. Tale principio è stato formulato, per la prima volta, nella Sentenza (ricorso 87/1997/871/1083) della Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, Osman c. Regno Unito, del 28 ottobre 1998, §§ 115-16).
20. Con riguardo alla sopra riportata declinazione del principio del “diritto alla sicurezza” nella cornice specifica della violenza domestica, v. Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande camera, ricorso n. 62903/15, §§ 157-189, Kurt c. Austria, del 15 giugno 2021.
21. In tal senso va ricordato che l’Italia, in ragione della mancanza di tempestive iniziative giudiziarie finalizzate a contenere condotte abituali di violenza domestica, poi sfociate in gravi fatti di sangue, e dunque per la mancata protezione delle vittime, dopo la storica sentenza Corte europea dei diritti dell’uomo della Sezione Prima, ricorso n. 41237/14, Talpis c. Italia, è stata, anche di recente, nuovamente oggetto di condanne con due Sentenze della medesima Sezione della Corte: la prima, Ricorso n. 32715/19, M.S. c. Italia, del 7 luglio – 7 ottobre 2022; la seconda nel ricorso n. 10929/19, Landi c. Italia, del 7 aprile – 7 luglio 2022.
22. Corte europea per i diritti dell’uomo, Sezione prima, I.M. e altri c. Italia – Sentenza su ricorso n. 25426/20 del 10 novembre 2022 – 10 febbraio 2023. Nella sentenza sono richiamati gli analoghi provvedimenti R.V. et altri c. Italia (n. 37748/13, del 18 luglio 2019 e, con particolare riferimento alla violenza domestica, l’arresto Landi c. Italie (n. 10929/19, del 7 aprile 2022).
23. Oltre alla già ricordata Sentenza Cedu, Sez. Prima, n. 32715/19, M.S. c. Italia, del 7 luglio – 7 ottobre 2022, v. K. C. Slovacchia, n. 7510/04, § 49, 31 maggio 2007, e altri c. Italia e Bulgaria, n. 40020/03, § 105, 31 luglio 2012, e O. c. Turchia, n. 33401/02, § 176, Cedu 2009.
24. Group of experts on action against violence against women and domestic violence (Grevio), Organismo indipendente di esperti il cui funzionamento è stabilito dall’articolo 66 della Convenzione di Istanbul e che è responsabile del monitoraggio dell’implementazione, presso gli Stati membri, della sopra ricordata Convenzione di Istanbul. Il Rapporto di valutazione sulle misure legislative e le altre misure adottate dall’Italia per dare effettività alla Convenzione è stato pubblicato il 13 gennaio 2020. Il Grevio, il 14 giugno 2022 ha pubblicato il suo terzo Rapporto generale (relativo all’anno 2021) nel quale, oltre ai temi tradizionali della violenza di genere contro le donne e di genere, un particolare focus è stato dedicato alla violenza prodotta contro i minori nell’affidamento, nelle visite e domestica. L’Italia, con documento n. IC-CP/Inf (2023) 5, prodotto alla Comitato delle Parti della Convenzione il 1° marzo 2023, ha fatto il punto di situazione sullo stato di implementazione in Italia delle raccomandazioni del Grevio di cui al Documento del Comitato delle parti n. ICCP (2018) 6 del 30 novembre 2020. Le conclusioni italiane saranno oggetto di discussione nel prossimo meeting del giugno 2023. Si tratta di importanti documenti alla cui lettura si rinvia per delineare con precisione e completezza il quadro normativo vigente in Italia e quello delle misure complessivamente adottate.
25. Invero il caso contempla anche il caso della parte che, direttamente oggetto di violenza domestica e anche a protezione dei figli, si era rifiutata di portare gli stessi a nuovi e programmati incontri e, per tale motivo, si era vista sospendere la responsabilità genitoriale.
26. Nonché agli effetti dell’aggravante di cui all’articolo 572, comma 2, del cp (come novellato dalla l. n. 69/2019) e anche per la successiva attuazione di quanto previsto dagli articoli 330 e 333 del codice civile.
27. La Corte di cassazione, Sez. 3 – sentenza n. 21024 del 28/04/2022 – 30/05/2022, Rv. 283204 – 01 ha dichiarato “manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 572, comma secondo, cp. per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio per le condotte di maltrattamento tenute in presenza del minore e per quelle realizzate in suo danno, venendo in rilievo una scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore non manifestante irragionevole, posto che la ratio dell’aggravante è correlata all’esigenza di elevare la soglia di protezione di soggetti deboli mediante la tutela dell’integrità psicologica e di quella fisica degli stessi, l’una suscettibile di essere compromessa nel caso in cui il minore sia spettatore di violenza in ambito familiare e l’altra ove sia egli stesso vittima di violenza”.
28. Sul punto v. Gian Luigi Gatta, “L’estensione del regime di procedibilità a querela nella riforma Cartabia e la disciplina transitoria dopo la l. n. 199/2022, in Sistema penale, Scheda 2 gennaio 2023. L’autore, che compie un prima, efficace disamina degli effetti prodotti sull’ordinamento penale dall’estensione della procedibilità a querela a molti reati in precedenza procedibili d’ufficio. In merito alla disposizione dell’articolo 85 sopra richiamato (e per quel che riguarda specificamente le fattispecie d’interesse per la violenza domestica e di genere), esclude, con condividibile ragionamento, che tale norma possa contrastare con il principio di retroattività della legge penale più favorevole, al quale pur sembra derogare impedendo gli effetti più favorevoli fino al 30 dicembre 2022, con lesione del principio di cui all’art. 3 della Costituzione. Ciò in quanto l’Autore accede “… alla tesi della natura non integratrice delle norme richiamate dalle citate disposizioni del codice penale”, cosicché “la procedibilità d’ufficio del delitto connesso rappresenta un presupposto di fatto per l’applicazione della legge penale, indifferente a successive modifiche normative”. Gatta, al proposito, ricorda come la Cassazione abbia escluso che venga meno la procedibilità d’ufficio della violenza sessuale, ai sensi dell’art. 609 septies, co. 4, n. 4 c.p., qualora venga abolito un connesso reato procedibile d’ufficio (cfr. Cass., Sez. III, 31.1.2019, n. 17070, Rv. 275943; Cass., Sez. III, 29.11.2011, n. 1190, Rv. 251908).
29. A.C. 439, XIX Legislatura, “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica”. Presentato alla Camera: 24 ottobre 2022 – Assegnato il 10 gennaio 2023 (non ancora iniziato l’esame). L’Atto in parola riprende, sostanzialmente, l’Atto Senato n. 2530 rappresentato nella XVIII Legislatura. Similmente, sempre nella XIX Legislatura, l’Atto Senato n. 92, Modifiche al codice di procedura penale, al codice penale e ulteriori disposizioni in materia di contrasto alla violenza domestica e di genere, presentato in data 13 ottobre 2022 e assegnato alla 2ᶺ Commissione permanente (Giustizia) in sede redigente il 14 febbraio 2023, e il n. 327 ddl “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica” (titolo breve: Contrasto alla violenza domestica e di genere) presentato in data 16 novembre 2022, assegnato alla 2ᶺ Commissione permanente (Giustizia) in sede referente l’11 gennaio 2023. Entrambi tali due ultimi Disegni, analoghi nei testi, sono stati riuniti il 2 maggio 2023 e, dal 3 maggio 2023, sono in corso di esame nella Commissione giustizia del Senato (v. Fascicolo del 7 maggio 2023 https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/56060.pdf). Ambedue i testi, tra l’altro, estendono l’applicabilità dell’ammonimento del questore per violenza domestica a ulteriori condotte che possono assumere valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l’integrità psico-fisica delle persone, nel contesto delle relazioni familiari e affettive. Sempre nel campo delle misure preventive, i due progetti consento l’applicabilità, da parte dell’autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati commessi nell’ambito dei fenomeni di violenza di genere e della violenza domestica e ai soggetti che, già ammoniti dal questore, risultino indiziati dei delitti di percosse, lesioni, violenza privata, minacce aggravate, violazione di domicilio e danneggiamento, commessi nell’ambito di violenza domestica. Le pene dei reati suscettibili di ammonimento sono inoltre aumentate quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito da questore e, sempre nei confronti dell’ammonito, si procede d’ufficio per taluni reati ordinariamente perseguibili a querela di parte.