Il concetto medico di capacità di intendere e di volere si discosta da quello prettamente Giuridico. La Corte di cassazione precisa le differenze tra le due interpretazioni e la necessità di una perizia anche a fronte del Giudice peritum peritorum.
Affrontiamo in questo articolo redatto dalla Dott.ssa Del Pero – psicologa forense collaboratrice dello Studio legale de Lalla – il delicato tema della possibilità per il consulente tecnico della difesa di assistere in aula all’esame ed al controesame dei testimoni che si succedono durante il dibattimento.
Il tema è attualissimo – sebbene abbia un portato tecnico a prima vista piuttosto complesso – e di immediata evidenza è l’importante contraccolpo che la questione ha nel nostro processo penale.
Si pensi, invero, al fatto che il nostro processo si sta sempre più caratterizzando per la grandissima rilevanza della prova scientifica in tutti i suoi campi e settori e come questa abbia – ovviamente – imposto all’accusa ed alla difesa (oltre che al Giudicante con la perizia) di avvalersi di esperti chiamati a pronunciarsi sul tema scientifico che rappresenta di sovente la chiave di volta dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
Si pensi anche all’eventualità (peraltro sempre più frequente) che, anche a prescindere dall’acquisizione di una prova scientifica o dell’espletamento di una perizia, il Difensore si avvalga anche della collaborazione di un consulente nell’ambito della trial consultation (il più delle volte uno psicologo forense; Vedi: https://www.studiolegaledelalla.it/cose_da_sapere/trial-consultation-difesa-penale/) per lo studio e l’attuazione della migliore e più efficace escussione testimoniale.
Ebbene, in tutti questi casi, si presenta la necessità che il consulente della Difesa (impegnato nella ricerca e valutazione della prova scientifica e/o ausiliario del difensore per l’esame ed il controesame dei testimoni) assista all’escussione degli altri testi sebbene egli stesso testimone incluso nella lista testi della Difesa.
Il consulente, infatti, solamente assistendo alle altre deposizioni potrà avere tutti gli elementi per svolgere efficacemente i propri compiti: il consulente per la prova scientifica dovrà assistere alla deposizione del collega nominato dall’Accusa per confutarne la posizione mentre il consulente per la preparazione dell’esame e controesame dovrà essere in aula durante l’escussione dei testi per adiuvare il Difensore nella conduzione della cross examination.
Tuttavia, l’art. 149 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. (regole da osservare per l’esame dei testimoni) prevede espressamente che: “1. L’esame del testimone deve avvenire in modo che nel corso della udienza nessuna delle persone citate prima di deporre possa comunicare con alcuna delle parti o con i difensori o consulenti tecnici, assistere agli esami degli altri o vedere o udire o essere altrimenti informata di ciò che si fa nell’aula di udienza” di tal che il consulente della difesa – se inserito nella lista testi precedente depositata dal Difensore – parrebbe non poter assistere alle deposizioni degli altri testi.
Peraltro, l’inserimento del consulente nella lista testi è la norma perché solo con la deposizione la Difesa può far entrare nel fascicolo del Dibattimento l’apporto del proprio esperto nominato. Questo accade principalmente nel caso della prova scientifica e massimamente quando il giudice ha disposto una perizia (e le parti hanno, quindi, nominato un consulente di fiducia); ma anche nel caso dell’ausilio dell’esperto per la preparazione della cross examination (in difetto di perizia) posto che l’esperto figura normalmente anche quale consulente (inserito nella lista testi) per la valutazione della testimonianza c.d. debole ovvero del minore e dell’infermo di mente.
Quindi, se da una parti la prassi raccomandabile e le migliori linee guida sembrano rendere fondamentale l’assistenza del consulente all’esame testimoniale della altre parti; la norma di attuazione sopra richiamata sembrerebbe escludere tale possibilità quando il consulente della Difesa (come accade nella maggioranza dei casi) è anche inserito nella lista testi presentata precedentemente dall’avvocato.
La norma in esame, però, ha subito diverse valutazioni ed interpretazioni nel tempo così come delineato nell’articolo qui sotto riportato di pugno della Dottoressa Del Pero.
*********************
In un altro articolo precedentemente pubblicato ci siamo occupati della trial consultation e dei possibili compiti ricoperti dallo psicologo nella collaborazione con l’avvocato nel procedimento penale.
Uno degli ambiti in cui lo psicologo può essere d’aiuto in fase extraprocessuale riguarda la preparazione di interrogatori e, soprattutto, controinterrogatori, volti ad ottenere un certo tipo di informazioni dai testimoni chiamati a deporre. Molto spesso però a questa fase di preparazione non può seguire un’assistenza diretta in fase dibattimentale in quanto se il CTP (Consulente Tecnico di Parte) è inserito in lista testimoniale talvolta gli viene negata la possibilità di presenziare all’esame degli altri testimoni chiamati in aula.
Invero, la giurisprudenza di merito segue due distinte e contrapposte linee: da una parte il principio stabilito dall’art. 149 norme att. c.p.p. “Regole da osservare prima dell’esame testimoniale” stabilisce che prima della propria deposizione non è possibile comunicare con alcuna delle parti o difensori o CT, assistere alle dichiarazioni degli altri testi ed essere in generale informati di quanto sta accadendo in aula. Ne consegue che il CTP, rientrando in lista testimoniale, non dovrebbe in alcun modo conoscere l’andamento dell’attività istruttoria dibattimentale in quanto la sua natura processuale sarebbe equiparabile a quella di qualsiasi altro testimone, così come confermato dalla sentenza della Suprema Corte Sez. III, n. 10808/2014. Seguendo le indicazioni di questo articolo del codice di procedura l’unico modo per il CTP di assistere all’intero dibattimento sarebbe quello di deporre come primo teste in modo da non violare la norma con la sua presenza in aula (Assise Rovigo, 28.12.1992, in Giust. Pen., 1993, III, p. 291; Trib. Torino, 8.6.1990, in Giur. It., 1994, II, p. 78).
Appare comunque chiaro che la ratio posta alla base dell’articolo precedentemente citato risiede nell’esigenza di evitare contaminazioni nelle dichiarazioni dei testi: potrebbe rappresentarsi il caso infatti di un testimone che rimanga influenzato da quanto dichiarato precedentemente da un altro soggetto e che per questo motivo allinei la sua dichiarazione a quella udita in aula.
Se questa è la ratio che guida il principio stabilito dall’art. 149 norme att. c.p.p. appare comunque chiaro che il CTP, non essendo testimone casuale del fatto per cui si procede, ma membro del pool difensivo a tutti gli effetti, non incorrerebbe nel rischio di essere influenzato nelle sue dichiarazioni da quanto dichiarato da altri testimoni per due ordini di ragioni:
1. La sua natura di testimone è diversa da quella degli altri soggetti in lista testimoniale: le sue dichiarazioni infatti non sono frutto di una conoscenza diretta dei fatti in quanto vissuti in prima persona, ma si tratta invece di asserzioni a carattere tecnico
2. Il consulente, contrariamente a quanto disposto dall’art. 149 norme att. c.p.p., ha facoltà di acquisire informazioni relative ai fatti per cui si procede, limitatamente al quesito posto dalla parte e alla sua specifica competenza professionale
Seguendo questi spunti si giunge all’altro orientamento giurisprudenziale (Cass., Sez. III, n. 35702/2009) che vede invece investire il CTP di una natura processuale diversa da quella del semplice testimone, così come differenziato dall’art. 468 c.p.p. che prevede specificatamente una differenziazione di periti, consulenti tecnici e testimoni.
Inoltre, l’articolo 501 c.p.p. descrive particolarmente le norme per l’esame di periti e consulenti tecnici, differenziandoli chiaramente dai semplici testimoni. Secondo una particolare interpretazione di questo articolo si estendono ai consulenti tecnici le norme per l’esame dei testimoni e non già anche quelle precedenti l’esame.
L’articolo 149 norme att. c.p.p. stesso, tra l’altro, disciplina che il testimone non possa comunicare prima della propria deposizione con alcuna delle parti, o difensori, o consulenti tecnici, differenziando esso stesso la diversa qualità processuale tra i due soggetti chiamati a deporre.
Inoltre tra i poteri conferiti alla persona del consulente tecnico di parte vi sono la possibilità di conferire con soggetti che possono potenzialmente riferire informazioni utili per le indagini difensive e la facoltà di accedere ai luoghi e alla documentazione, così come espressamente indicato negli artt. 391 bis e sexies c.p.p.
In merito si è pronunciato anche il Tribunale di Reggio Calabria in data 12 novembre 2015: il Giudice Alberto Romeo si è espresso positivamente in riferimento alla richiesta della difesa di far presenziare in aula il proprio consulente tecnico di parte durante l’esame dei testimoni, pur essendo tale CTP inserito anch’esso nella lista testimoniale.
Il Giudice, dopo aver ascoltato le articolate argomentazioni motivanti la richiesta formulata dalla difesa, ha deciso così in merito all’istanza:
– Rifiuto del rilievo secondo cui i consulti tecnici utilizzerebbero una forma d’impegno diversa da quella dei semplici testimoni per il fatto che la formula prevista dall’art. 226 c.p.p. viene utilizzata unicamente dai periti al momento del conferimento dell’incarico;
– Accettazione del riconoscimento dell’innegabile diversità di ruolo assunto dal consulente tecnico rispetto al semplice testimone, seguendo le motivazioni esposte precedentemente nel corso dell’articolo, e valutando come strumentale per i difensori la presenza dei CTP durante la cross examination, soprattutto nel caso in cui si rilevino questioni di natura tecnica di particolare difficoltà per cui il supporto del professionista risulti necessario al difensore per poter meglio affrontare l’esame e il controesame.
– Rigetto della richiesta della parte civile volta ad ottenere il rinvio dell’udienza per consentire anche ai propri CTP di presenziare all’udienza in quanto la loro assenza non risultava imputabile ad altre parti e avrebbero potuto in ogni caso leggere i verbali di udienza.
Per completezza si rimanda alla lettura dell’intera sentenza.
Si vuole inoltre sottolineare come il Legislatore abbia inteso ulteriormente indicare il CTP come possibile “soggetto di prova” (Kostoris 1993, psg. 306) durante l’escussione dibattimentale attribuendogli quindi un valore maggiore rispetto a quello di semplice ausiliario e consigliere della parte (art. 233 c.p.p.). ulteriormente il codice all’articolo 422 c.p.p. indica tra le prove decisive utili ai fini di sentenze di non luogo a procedere i consulenti tecnici, affiancandoli ai periti e ai testimoni.
Ciò è fondamentale, non solo perché anche in questi articoli si ribadisce la diversa natura di testimoni e consulenti, differenziandoli e nominandoli rispettivamente, ma perché fornisce alla consulenza tecnica extraperitale il valore di mezzo di prova tipico, distinto sia dalla perizia che dalla semplice testimonianza.
PER SAPERNE DI PIÙ:
Brescia G. (2015) Manuale del perito e del consulente tecnico nel processo penale. Maggioli Editore
Questo articolo ha 0 commenti