L'utilizzo nel processo penale della Prova video. Sia in fase di indagini preliminari che nel corso del dibattimento.
Lo scorso 6 febbraio sono entrati in vigore i Decreti Legislativi nn. 7 e 8 del 2016 che, in esecuzione della legge delega n. 67/2014, hanno introdotto rilevanti modifiche alla disciplina sanzionatoria dei reati prevedendo rispettivamente l’abrogazione di alcuni reati con riqualificazione come illeciti civili e la depenalizzazione di altri reati con conversione in illeciti amministrativi.
In particolare, il D.lgs. n. 8/2016, che disciplina la depenalizzazione, prevede sostanzialmente la trasformazione di numerosi reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda) in illeciti amministrativi (puniti, dunque, solamente con una sanzione amministrativa).
Nello specifico la depenalizzazione di cui si tratta è stata attuata dal legislatore attraverso:
a) una depenalizzazione generalizzata relativa a tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria ad esclusione:
– di quelli previsti dal codice penale
– di quelli previsti da altri testi normativi espressamente indicati nel decreto delegato: si tratta del Testo Unico immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) e di altri testi normativi elencati in un apposito allegato che riguardano diverse materie (come, ad esempio, armi ed esplosivi, ambiente, territorio e paesaggio, sicurezza pubblica, edilizia e urbanistica, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, etc.).
Con la depenalizzazione generalizzata, dunque, non sono indicati i singoli reati depenalizzati, ma una categoria generale (ovvero reati puniti con la sola pena pecuniaria); pertanto, sarà l’interprete a dover individuare di volta in volta se una determinata fattispecie sia interessata dalla novella legislativa (tenuto conto delle esclusioni di cui si è detto sopra).
Solo a titolo esemplificativo alcuni reati interessati dalla depenalizzazione sono:
– guida senza patente ex art. 116, comma 15 CdS (sempre che non vi sia reiterazione della condotta nel biennio, essendo prevista in questo caso la pena dell’arresto fino ad un anno);
– aborto clandestino, limitatamente alla condotta della donna che cagioni l’interruzione della propria gravidanza (art. 19, comma 2, l. n. 194/1978);
– alcuni delitti di contrabbando, numerosi contenuti nel D.P.R. n. 43/1973.
b) una depenalizzazione nominativa relativa a reati specificatamente individuati puniti con pene detentive sole, congiunte o alternative a pene pecuniarie, presenti sia nel codice penale, sia in leggi speciali.
Per quanto riguarda i reati previsti dal codice penale, sono stati depenalizzati:
– art. 527 c.p. (atti osceni): il primo comma è stato depenalizzato, mentre il secondo comma viene trasformato da ipotesi aggravata a fattispecie autonoma di reato;
– art. 528 c.p. (pubblicazioni e spettacoli osceni): i primi due commi sono depenalizzati, mentre i commi 3 e 4 conservano la natura di reato quali fattispecie autonome;
– art. 652 c.p. (rifiuto di prestare la propria opera in occasione di tumulto);
– art. 661 c.p. (abuso della credulità popolare);
– art. 668 c.p. (rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive);
– art. 726 c.p. (atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio).
Per quanto riguarda la depenalizzazione dei reati previsti da leggi speciali, in questa sede indichiamo, in quanto ipotesi maggiormente ricorrente, l’art. 2 comma 1 bis d.l. 463/1983 in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti qualora l’omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui: tale fattispecie viene fatta rientrare, dunque, nell’ambito dell’illecito amministrativo.
Alla luce di tale intervento normativo, si pone il problema di quali siano le conseguenze sul piano pratico, in particolar modo con riferimento ai procedimenti penali pendenti o già definiti con sentenza che abbiano ad oggetto reati ad oggi depenalizzati.
Diverse sono, infatti, le ipotesi prospettabili a seconda della fase in cui si trova il procedimento:
– se i procedimenti penali per i reati depenalizzati dal decreto sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabile, sulla base del principio generale di cui all’art 2 comma 2 c .p. (“nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata sentenza di condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”) il giudice dell’esecuzione (anche dietro presentazione di apposita istanza da parte dell’interessato), revoca la sentenza o il decreto ai sensi dell’art. 673 c.p.p., dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti.
In tal caso gli atti del procedimento non vengono trasmessi all’Autorità Amministrativa e non viene applicata alcuna sanzione (essendo il procedimento penale già stato definito).
– se i procedimenti penali per i reati depenalizzati risultano pendenti alla data di entrata in vigore del decreto:
a. se non è stata esercitata ancora l’azione penale l’autorità giudiziaria (nella specie il pubblico ministero), entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dispone la trasmissione all’autorità competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data; in tale ultima ipotesi, ovvero se il reato è estinto, il Pubblico Ministero avanzerà richiesta di archiviazione del procedimento al Giudice per le indagini preliminari competente (e l’accoglimento della richiesta comporta che gli atti non debbano essere trasmessi all’Autorità Amministrativa);
b. se è già stata esercitata l’azione penale il giudice pronuncia, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente (salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa);
c. se è già stata pronunciata sentenza di condanna (ma non ancora definitiva) il giudice dell’impugnazione dichiara che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decidendo sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
Il D.lgs. n. 7/2016 realizza, invece, la depenalizzazione di alcuni reati attraverso la loro abrogazione con conseguente trasformazione in illeciti civili puniti (oltre che con il risarcimento del danno) con una sanzione pecuniaria irrogata dal giudice civile (avanti al quale la parte interessata potrà far valere i propri diritti eventualmente lesi dalla condotta illecita oggi abrogata).
Nella specie, vengono abrogati cinque reati, perseguibili a querela, di competenza del Tribunale monocratico o del Giudice di Pace, di seguito elencati:
1. art. 485 c.p. (falsità in scrittura privata);
2. art. 486 c.p. (falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato);
3. art. 594 c.p. (ingiuria);
4. art. 627 c.p. (sottrazione di cose comuni);
5. art. 647 c.p. (appropriazione di cose smarrite);
Quanto all’articolo 635 c.p. (danneggiamento) viene abrogato solo il primo comma (ovvero la fattispecie perseguibile a querela), mentre viene riformulato l’intero articolo prevedendo al (nuovo ) primo comma quali fattispecie autonome di reato (perseguibili d’ufficio) le circostanze aggravanti prima previste al comma 2 n. 1 e n. 2 (“chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia..ovvero in occasione del delitto previsto dall’art. 331” – interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità) a cui si aggiunge un’ulteriore condotta, ovvero quella di aver commesso il fatto “in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico”.
Per quanto riguarda gli effetti dell’abrogazione relativamente ai procedimenti penali definiti o ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto n. 7/2016, valgono le considerazioni sopra svolte in materia di depenalizzazione (come prevista dal d.lgs. n. 8/2016), con la differenza che nessun atto verrà trasmesso da parte dell’autorità giudiziaria in quanto spetterà all’interessato (ovvero la parte offesa) proporre eventualmente l’azione ai sensi dell’art. 2043 c.c. avanti al competente giudice civile al fine di far valere i propri diritti (al risarcimento del danno e alla restituzione), cui potrà seguire l’applicazione di una sanzione civile pecuniaria.
(articolo redatto dalla Dott.ssa Silvia Meda dello Studio Legale de Lalla. Ogni diritto riservato).
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